Il biglietto

I – lei

eurostar venezia-milano. sto andando a fare un colloquio. vestita elegante e professionale.

un vicino di posto. tra i quaranta e i cinquanta. brizzolato e abbronzato. ha indosso abiti molto costosi. loquace, ha voglia di parlare. fa il brillante, fa battute. gli rispondo.

da quel momento si rivolge solo a me. mentre parla ci infila dentro molti complimenti, espliciti o mascherati. e lentamente gli argomenti di discussione virano verso la sfera privata. con accenti pruriginosi.

II – lei

è un produttore di calzature di alta moda. negozi a milano. è sposato. mi parla delle modelle, di quel mondo. dice che le donne normali sono molto più interessanti delle modelle.

parla di eleganza. di seduzione. dice che le ragazzine di oggi sono troppo omologate. io invece si vede che sono già una donna, nonostante abbia poco più di vent’anni. con una come me partirebbe all’istante.

è appena stato in brasile. per alcune sfilate. mi spiega quanta poca sensualità ci sia in un gruppo di modelle, completamente nude, che indossano le sue scarpe. e quanto sexy siano invece le sue scarpe indosso ad una donna per strada.

III – lei

gli sembro una che sa quello che vuole. dice che lui le donne le conosce. a partire dalle scarpe. guarda i miei stivali. dice che sono aggressivi ma non troppo, che testimonia che non ho bisogno di ostentare sensualità.

gli chiedo se fa così con tutte. se spara nel mucchio sperando che qualcuna abbocchi.

lui cerca di sedurre solo quelle che lo meritano. io sono una di quelle. consapevole che con me non sono i trucchi quelli che funzionano. ma doveva attirare la mia attenzione in qualche modo. e ora che l’ha fatto sa che io sono curiosa di verificare le doti di amatore che lui tanto ha decantato. sa che mi piacerebbe sentirmi migliore di una modella, bellissima ma fredda. io, sexy e bollente.

IV – lei

stiamo entrando a milano. mi lascia un biglietto da visita. mi dice che con quello posso avere uno sconto nel suo negozio. e se ci vado oggi, che c’è lui, mi regalerà delle scarpe.

pensa di comprarmi con delle scarpe?

mi chiede se voglio fare un weekend a parigi. possiamo partire anche subito. dico che non è con l’ostentazione della ricchezza che mi può attirare.

non è con quello, dice lui. è con il fascino, il mistero, con il proibito, con scene da film in cui mi sentire protagonista. è con la curiosità. con la consapevolezza che tante altre hanno accettato e accetterebbero. ho mai scopato guardando la torre eiffel?

V – lei

non lo illudo, salutandolo scesi dal treno. gli dico che dovrebbe smetterla di fare la corte a chi potrebbe essere sua figlia. lui dice “a dopo”, io rispondo “sì, come no.”

verso sera, fatto il colloquio, vado in via montenapoleone. tiro fuori il suo biglietto. guardo l’indirizzo.

entro nel negozio. c’è, sta parlando con due signore ingioiellate. mi vede e le abbandona quasi subito. ultimo tentativo di fare colpo su di me.

“cosa vuoi? scarpe o parigi?”

“milano”

VI – lei

non so se conosca veramente la testa delle donne. siamo tante, diverse e complicate. di sicuro ne conosce i corpi.

arrivati in un suo appartamento mi ha spogliata, leccata, accarezzata. mi ha fatto venire con la lingua. volevo sentirlo dentro di me. “dopo”, ha detto, “non ho vent’anni, devo risparmiarmi.”

ha voluto che tenessi addosso sempre un paio di scarpe, prese dal suo negozio. dopo le puoi tenere, ha detto.

mani appoggiate al muro. gambe dritte in bilico sui tacchi. corpo piegato ad angolo retto. così mi ha preso, col suo cazzone. “è grazie a lui che ho fatto carriera”, ha detto. l’ho sfilato e l’ho portato più in su, verso l’altro buco. “ecco, proprio così”

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