Il disguido

I – lui

sto sbrigando le formalità alla reception dell’hotel. al mio fianco sento nascere una discussione. da brandelli di conversazione colgo che c’è stato un disguido ed una persona si ritrova senza la stanza prenotata.

non ci faccio molto caso anche se, a livello quasi sub cosciente, colgo qualcosa di familiare. una voce. femminile.

guardo la scena. io lei la conosco.

II – lui

lei sembra fuori di sè. intervengo. chiedo quale è il problema. ci impiega qualche istante a riconoscermi. liceo, sì, tanti anni fa.

la più bella della classe. una di quelle che tutti si voltavano a guardare nei corridoi.

dico che può stare da me, tanto ho una doppia. il receptionist si rilassa. non era facile trovarle un altro alloggio nelle vicinanze, con la fiera e tutto il resto.

è contenta. mi abbraccia. ma come va? che fine hai fatto? da quanto è che non ci vediamo? una ridda di domande.

III – lui

chiacchiere a cena. scopriamo di lavorare nello stesso settore. rievochiamo i ricordi.

“al liceo ti eri accorta che ero innamorato di te? o all’epoca ero troppo sfigato perchè mi considerassi?”

“un po’ lo sapevo. ma anche io ero un po’ sfigata, giravo solo con quelli grandi.”

“già, me li ricordo i tuoi fidanzati. ti venivano a prendere con i macchinoni.”

“avevo 18 anni… quanti errori che ho fatto. ero ingenua, facevo tutto quello che volevano. è stato con tutti così. a scuola era pieno di bravi ragazzi, ma io solo con i delinquenti.”

“in che senso facevi tutto quello che volevano?”

“diciamo che per fortuna all’epoca non c’era youtube.”

IV – lui

“certo che sei cambiato. io a 18 anni, se ti vedessi ora, mi butterei ai tuoi piedi.”

“anche io a 18, se avessi visto una come te ora, avrei fatto lo stesso. ma lo farei anche ora.”

“sì, tu mi vorresti come ero a 18.”

“no. a 18 eri bella. ora sei meglio. certo, se ne avessi 18 probabilmente farei come hanno fatto quelli con cui sei stata. ti plagerei. ora, probabilmente, sei incontenibile. si vede. hai una sensualità che allora non avevi. anche se ancora ricordo una tua interrogazione alla lavagna. in minigonna. ancora la ricordiamo.”

“che porci.” dice aggiustandoti una ciocca di capelli che le è finita sugli occhi.

V – lui

in stanza lei vede la vasca e dice di averne proprio bisogno, dopo questa giornata. si toglie i tacchi e si massaggia i piedi.

dopo poco apre la porta del bagno. è avvolta in un asciugamano.

“fra cinque minuti entra pure, così continuiamo a chiacchierare. tanto c’è la schiuma che mi copre.”

non capisco quanto siano innocenti le sue parole.

VI – lui

fa caldo qui dentro. lei tiene gli occhi chiusi, con la nuca adagiata contro il bordo della vasca. troppa schiuma. non intravedo nulla. solo ogni tanto tira fuori un piede e lo appoggia gocciolante fuori dall’acqua. piedino curato, regolare, sexy. la curva del polpaccio, la caviglia sottile.

è una sauna. non ce la faccio più. “spogliati pure” mi consiglia con molta tranquillità.

sono seduto su uno sgabello in fianco alla vasca. in boxer.

mi chiede, con tutta la naturalezza del mondo, se le insapono la schiena. un tatuaggio in basso sparisce nascosto dalla schiuma e suggerendo l’allargarsi della curva della schiena verso le natiche.

poi però devo uscire, che deve finire di lavarsi, e lo faccio nascondendo l’erezione nei boxer.

VI – lui

il me stesso di 18 anni mi avrebbe dato del coglione. il suo sogno erotico nudo, bagnato e disponibile e io? niente. i messaggi erano contraddittori. il rapporto fra noi era di imbarazzata confidenza.

abbiamo dormito nel letto matrimoniale. non l’ho sfiorata. sonno agitato. mi sveglio con la gola arsa. vado in bagno a bere. rientrando in camera, nella penombra data dalla luce che filtra tra le tende vedo il suo corpo steso e sudato. la camica da notte è risalita. la rotondità delle chiappe è quella che mi ricordavo. troppo buio per scorgere qualcosa dove esse si incontrano.

torno in bagno e mi faccio una sega.

VII – lui

facciamo colazione insieme, poi è venuto il momento di salutarci. entrambi abbiamo la giornata piena. ci scambiamo i recapiti. sta andando via. la fermo.

“scusa. ho una domanda… ma tu questa notte avresti fatto anche altro?”

“altro cosa? cosa intendi?” ha capito benissimo. si vede da come sorride.

“intendo, se io ci avessi provato, avresti fatto sesso?”

mi guarda sottecchi.

“perchè non provi a sentire se la stanza la puoi tenere anche stasera?”

se ne va. non riesco a distogliere gli occhi dalle sue gambe.

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