Il volo

I

Mentre sono in coda per il check-in ho l’impressione che tutti quelli che mi guardano sappiano il motivo per cui sto prendendo quel volo. Probabilmente la mia percezione è falsata dal fatto che molti uomini mi guardano con interesse e molte donne con invidia o disprezzo a causa del fatto che il mio abbigliamento (scarpe col tacco, calze e minigonna) mi mette molto in evidenza.

Il sorriso dell’addetta al check-in mi sembra complice e malizioso e mi chiedo se la voglia che mi ribolle dentro sia così evidente all’esterno.

Ho paura che capisca quando consegno la mia piccola valigetta. Troppo piccola e leggera perché ci sia motivo di metterla nella stiva non avendo io altro bagaglio a mano.

Mi chiedo se anche le valigie imbarcate vengano passate ai raggi X e mi chiedo se l’addetto al controllo ne capirà il contenuto. E’ proprio per questo timore che non l’ho voluta portare con me. Non volevo vedere l’espressione del poliziotto mentre gli compariva sullo schermo la mia collezione di giocattoli sessuali. Oltretutto sarei apparsa troppo nervosa, con il rischio che mi chiedessero di aprirla davanti a tutti.

E’ una scena che mi sono figurata la sera prima. Mi sono masturbata pensando che mi venisse chiesto, davanti a tutti, di mostrare che quelli erano soltanto dei peni di gomma, molto grossi ma soltanto peni di gomma. C’ero io, in mezzo alla sala dei metal detector, che mi spogliavo e mi infilavo ovunque quegli oggetti, aiutata da una poliziotta.

Nella sala d’attesa prima dell’imbarco mi sembra che mi guardino tutti e che commentino a bassa voce con i vicini. Vorrei alzarmi ed urlare:

“Cazzo! Ma ce l’ho scritto in faccia che sto prendendo un aereo solo per andare a farmi scopare?”

Invece mi alzo, ma mi dirigo verso i bagni. Sento le mutandine bagnate, non posso andare avanti in queste condizioni, devo darmi una calmata.

Sull’aereo mi siedo e vicino a me c’è un uomo distinto che non perde occasione di lasciar cadere lo sguardo sulle mie gambe. Mi guardo attorno. Cerco un potenziale partner. Non che abbia veramente intenzione di scopare sull’aereo, ma mi piacerà fantasticare a riguardo, magari scambiando anche qualche sguardo malizioso. Non trovo qualcuno all’altezza. Anche tra gli steward non vedo della buona merce. Se proprio dovessi scegliere credo che opterei per la hostess con i capelli neri e lo chignon. E’ veramente bella, assomiglia ad una attrice inglese.

II

Il volo atterra e penso che l’ho fatto di nuovo. Ho preso un aereo con il solo scopo di venire a farmi sbattere. Lo faccio in media due volte all’anno. Non dico niente a nessuno. Il mio ragazzo sa che sparisco due giorni, non sa dove vado, con chi e cosa faccio. Sa che non deve fare domande e che io non risponderei. E’ un piccolo accordo tacito.

L’uomo che mi aspetta mi accoglie all’aeroporto con una rosa in mano. Ci abbracciamo e baciamo con passione. Io non resisto e faccio scivolare una mano fra i nostri corpi e glielo tasto da sopra i pantaloni. E’ proprio come me lo ricordavo.

In auto non facciamo molta conversazione. D’altronde non abbiamo molto da raccontarci. Non conosciamo quelle che sono le nostre vite al di fuori di questi incontri sporadici. Sostanzialmente siamo degli sconosciuti. Io faccio salire la gonna. Le mie gambe sono in bella mostra, fasciate dalle autoreggenti. Mi abbasso un po’ le mutandine e mi stimolo con due dita, che poi gli faccio annusare e leccare. Poi gli abbasso la cerniera lampo ed estraggo il suo fallo imponente. Gli faccio una lenta sega che non ha lo scopo di farlo venire, ma solo di tenerlo sull’attenti, una sega di compagnia, diciamo fra noi. Non voglio certo sprecare una sua venuta qui in macchina.

Arriviamo ad un motel, sperduto nella campagna, che è studiato apposta per ospitare coppie in cerca di una serata romantica o trasgressiva. Le sue camere sono arredate in modo da rendere evidente quale è l’attività principale che si fa in esse e anche le tariffe non prevedono necessariamente un pernottamento, ma anche solo qualche ora.

All’ingresso le formalità della reception si possono svolgere rimanendo direttamente in macchina. Per legge è necessario consegnare i documenti, ma in ogni caso, se io volessi, potrei starmene tranquillamente rintanata dalla mia parte e non farmi vedere dall’addetto. Invece, in quei casi, mi piace sempre farmi vedere per cui mi sporgo verso il finestrino del guidatore e mi tolgo gli eventuali occhiali da sole. Mi da un brivido mettermi in mostra davanti ad uno sconosciuto che mi guarda e sa che sto andando nella camera del suo motel per scopare insieme al mio compagno. In quel momento vorrei che a guardarmi ci fosse la stessa folla dell’aeroporto.

“Sì, guardatemi, sono una troia. Lui non è il mio uomo, è il mio amante. Scopa benissimo ed ha un cazzo enorme. Ed  io mi farò scopare in tutti i modi.”

Sto facendo questi pensieri quando sento che dice al ragazzo della reception una cosa che mi fa sobbalzare e mi fa bagnare fra le gambe.

“Aspettiamo delle altre persone, quando arrivano li indirizzi verso la nostra stanza, grazie.”

III

Se per il viaggio di andata mi sentivo nervosa e osservata, ma avevo l’eccitazione a spingermi avanti, per il viaggio di ritorno le cose vanno molto peggio. Sto tornando a casa, l’eccitazione sta scemando anche se ogni tanto viene rinvigorita dal ricordo della nottata appena trascorsa. In me sento crescere il senso di colpa per quello che ho fatto e, paradossalmente ma tipicamente da donna, per quanto mi è piaciuto quello che ho fatto. Inoltre mi sembra che il mio corpo, il mio volto riportino tutti i segni di quello che è accaduto e penso che chiunque mi guardi possa rivedere le scene da me vissute.

Il padre di famiglia che, dietro di me in fila per il check-in, ogni tanto mi guarda il culo lo fa solo perché ho un bel culo, oppure perché capisce che quel culo, poche ore prima, è stato sottoposto a ripetute penetrazioni?

La donna seduta al mio fianco mentre aspettiamo l’imbarco riuscirà a cogliere, tra gli effluvi del mio profumo, l’odore persistente del sesso e della sborra di cui sono stata ricoperta? Riuscirà a sentire l’odore della mia figa, che è libera sotto la gonna, non più coperta dalle mutandine che mi sono state strappate?

In aereo, con il mio vicino di posto, ho una conversazione di quelle banali, fra sconosciuti. Di quelle in cui non si dice nulla, ma servono per rompere un silenzio altrimenti imbarazzante. Ad un certo punto mi fa una domanda: “Viaggio di lavoro o di piacere?”. Io mi sento arrossire e rispondo, sorridendo fin troppo: “Di piacere, di piacere.” In quell’istante mi torna in mente l’immagine di me, presa da tre uomini contemporaneamente. “Di piacere.” ripeto sottovoce, senza farmi sentire.

Ora passeranno alcuni mesi. Pian piano mi crescerà dentro la voglia di prendere di nuovo l’aereo. Arriverà il momento in cui devo rifarlo, ma per alcuni mesi, per quanto sia una cosa che mi fa impazzire, non ne sentirò il desiderio. Per me è una sorta di ricarica, una ricarica sessuale. I prossimi mesi sarò carica ed il mio ragazzo ne beneficerà. Poi la voglia si assopirà lentamente, le scopate si faranno più rade e contemporaneamente sentirò la voglia del mio amante. I primi litigi con il mio ragazzo sono l’avvisaglia. Poi prendo il volo e ritorno trasformata. Probabilmente è per quello che non dice e non chiede niente. Mi ha capito e per questo è perfetto per me.

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