Un uomo e due donne, madre e figlia, troppo simili fra loro nelle voglie, nei vizi e nel commettere errori di gioventù.
I
L’ultima foto che abbiamo insieme penso sia quella per la festa di compleanno dei 18 anni di sua figlia Elisabetta. All’epoca io ne avevo 30 e Manuela 38. Dopo due anni le cose sono un po’ cambiate. Manuela ebbe Elisabetta a 20 anni e, pur amandola alla follia, ammette che fu un errore di gioventù. Il padre era un uomo molto più grande di lei, molto benestante ma con un piccolo difetto: era sposato. Provvide al mantenimento della figlia versando una notevole somma che doveva servire anche a chiudere definitivamente la faccenda e a zittirla. Elisabetta non lo ha mai conosciuto. Manuela ha cercato a lungo un sostituto per il padre di Elisabetta, puntando quasi sempre uomini più vecchi di lei. Poi ha trovato me, 3 anni fa. Manuela lavorava come impiegata nella stessa fabbrica in cui io faccio i turni da operaio. All’inizio la nostra era nata come una storia di solo sesso. Io ero il suo amante giovane e prestante, mentre lei stava ufficialmente con un dirigente della stessa società. Ammise che era venuta a sapere delle mie “qualità” di amatore da una segretaria con la quale saltuariamente scopavo. Nel giro di un mese aveva mollato il suo uomo, si era di conseguenza licenziata, e aveva deciso di provare una storia seria con me, provando a rivoluzionare le caratteristiche che aveva sempre cercato in un uomo, visto che i precedenti erano tutti falliti. Non so se fu effettivamente quel cambio, ma la nostra storia ha funzionato per gli ultimi 3 anni. Mai una storia era durata così a lungo per lei e anche io potevo dire lo stesso. Manuela è una donna bellissima, dal temperamento, dai colori, dai lineamenti e dalle proporzioni tipicamente mediterranei. Elisabetta è la sua fotocopia più giovane e più filiforme, a parte il colore nordico degli occhi e dei capelli che deve aver ereditato dal padre e, se la genetica non mente, da qualche avo di Manuela.
II
Un giorno di due anni fa ero a casa, reduce dal turno di notte. Manuela era rientrata per la pausa pranzo per mangiare insieme. Lavorava in uno studio di commercialisti e mi arrapava tantissimo per come si vestiva tirata ed elegante. Mi piaceva, a me che ero un semplice operaio, giocare a fare il suo capo che la costringeva ad un rapporto sessuale. Non era la prima volta che la sbattevo sul tavolo, le alzavo prepotentemente la gonna e le abbassavo le mutandine e la fottevo, possibilmente nel culo. A lei piaceva, aveva sempre avuto una indole da sottomessa (tra questo e la ricerca di partner più anziani qualche psicologo ci avrebbe ricamato sopra). Il mio notevole membro (questa era la qualità decantata dalla suddetta segretaria) stava entrando e uscendo con foga da Manuela che, sotto di me, ansimava e godeva. Io, che ero in vista della porta, vidi improvvisamente entrare in casa Elisabetta che, secondo i nostri calcoli, avrebbe dovuto essere ancora a scuola a quell’ora. Mi fermai, impietrito e lo stesse fece la ragazza vedendo la scena. “Noooo, non fermarti, no. Dai rompimi il culo! Dai!” urlò Manuela, inconsapevole della presenza della figlia. Io ed Elisabetta ci fissammo un attimo negli occhi. Poi la vidi arretrare, dopo aver indugiato per un attimo con lo sguardo sulle mie parti basse, e richiudersi la porta alle spalle. “Sììì, cosììì. Sfondami!” mi comunicò felice Manuela quando ripresi a scoparla. Mangiammo e, dopo circa un’ora, rientrò Elisabetta, all’ora che noi avevamo preventivato. Si salutò con la madre, che stava uscendo per tornare al lavoro, ed io cercai invano di cogliere in lei qualche reazione a ciò che aveva visto. Con me non disse niente. Le servii il pranzo che era avanzato. “Non c’era il prof all’ultima ora. Oggi siamo usciti prima.” mi informò. Non fece alcun altro cenno all’accaduto. Io pensai che ormai era matura, sapeva che queste cose succedevano e non ne era rimasta scandalizzata. Da quel giorno, però, il suo atteggiamento verso di me cambiò. All’inizio mi chiesi se non fosse che semplicemente stava diventando donna, però mi sembrava sempre più provocante ed allusiva.
III
Quando avevo i turni di notte dormivo durante il giorno. Manuela era al lavoro ed Elisabetta o studiava o usciva con le amiche. Mi risvegliai pensando di essere solo in casa. Era estate, era caldo ed andai in cucina a bere un bicchiere d’acqua in boxer. Passai davanti alla camera di Elisabetta ed udii un rumore. La porta era socchiusa e istintivamente guardai dentro. C’era Elisabetta sul letto e sopra di lei un ragazzo nudo si muoveva in modo convulso. Lei mi vide e ci guardammo negli occhi. Mi fece un sorriso che sembrava testimoniare che non fosse infastidita dalla mia presenza e anzi, che la porta lasciata socchiusa non era forse stata casuale. L’essere vista da me sembrò accenderla: allungò le mani per artigliare le chiappe del ragazzo e spingerlo ancora di più dentro di lei mentre cominciò ad urlare il suo piacere. Ma mentre lo faceva non distoglieva lo sguardo da me che, da parte mia, ero impietrito e incapace di allontanarmi da una scena che mi stava eccitando, come testimoniava il mio membro che faceva capolino dai boxer. Il ragazzo venne e si spostò da sopra di lei, rimanendo a pancia in giù, ma stendendosi al suo fianco. Elisabetta, evidentemente non ancora soddisfatta, iniziò a toccarsi venendo poco dopo in maniera plateale, soprattutto rivolta a me. La sera dopo, quando scopai con Manuela, non riuscivo a non pensare che Elisabetta dalla sua stanza sentiva i nostri mugolii e probabilmente si masturbava. Tutto ciò mi eccitava a dismisura e Manuela se ne accorse, apprezzando molto quanto la feci godere e non sospettando minimamente il motivo della mia foga.
IV
Erano circa le tre di notte. Ero rientrato da poco dal turno ma l’adrenalina che avevo in corpo non mi permetteva di andare subito a dormire, per cui stavo facendo zapping tra le trasmissioni notturne. Sentii le chiavi girare nella toppa. Era Elisabetta che tornava dalla discoteca. Mi passò davanti. Era uno schianto, con una minigonna inguinale e un top che le esaltava il seno. Andò in cucina a bere e poi tornò da me. Con noncuranza si tolse le scarpe con il tacco a spillo e venne a sedersi per terra, proprio tra le mie gambe aperte. “Come mai non sei a dormire?” mi chiese guardando verso la tv. “Sono ancora troppo in tensione per il lavoro. Quando sono alla fornace l’adrenalina mi rimane in circolo per ore.” “Si sente, sei caldo.” mi disse appoggiandomi una mano sulla coscia. Rimanemmo un po’ in silenzio, fingendoci rapiti dal telefilm che davano in quel momento. “Stasera ho fatto un pompino ad un ragazzo nel bagno della discoteca.” mi disse Elisabetta, girandosi verso di me, con tutta la naturalezza del mondo. “Ah.” non seppi che altro commentare, cercando di non notare come la sua testa fosse pericolosamente vicina alle mie parti basse che quindi dovevo sforzarmi di tenere a bada. “Era un gran figo, con un fisico della madonna. Però è stato una grossa delusione. Ce l’aveva piccolo ed è venuto dopo 30 secondi.” mi informò sorridendo. “Ah-a”. commentai. Lei mi guardò per qualche secondo. “La mamma dorme?” mi chiese e, non so perché, quell’accenno a Manuela mi fece cadere le barriere. Il mio membro si stava visibilmente ingrossando, sotto i pantaloncini. Annuii. Elisabetta tirò di lato una gamba dei pantaloncini facendo uscire da sotto il mio cazzo che si stava indurendo. Lo soppesò e lo osservò per un attimo per poi infilarlo lentamente nella sua boccuccia. Io, incapace di reagire e di fermarla, lasciai cadere la testa all’indietro. “Questo sì che è un cazzo degno di tal nome!”, “La mamma ti ha scelto bene.”, “Mi piace il suo sapore dopo una giornata di lavoro.” questi furono alcuni commenti che fece, interrompendosi ogni tanto. La avvisai quando sentii che stavo per venire, ma non si spostò. La vidi ingoiarsi tutto.
V
Doveva essere ora di pranzo anche se mi sentivo ancora molto sonno. Doveva essere ora di pranzo perché Manuela era rientrata e mi stava svegliando. Sentivo il suo corpo su di me. Mi stava toccando il cazzo, era salita sopra di me, se lo stava infilando nella vagina. Che bel risveglio. Allungo una mano e le palpo il culo. Con l’altra vado sul seno. C’è qualcosa di strano. La natica e la tetta sono diverse, sono più piccole. Apro gli occhi: la penombra non mi permette di vedere, ma non ne ho bisogno. Non è Manuela quella sopra di me. E’ Elisabetta. Deve essere ancora mattina, è estate e lei non va a scuola. Ecco perché sono così stanco, non ho dormito quasi nulla. Ci impiego un attimo a reagire. Lei intanto mi sta già cavalcando. Il mio cazzo la riempie. “No.” provo a dire, poco convinto. “Sssshh” mi fa lei, mettendomi un dito sulle labbra.
VI
“Sta dormendo Eli?” mi chiede Manuela mentre stiamo apparecchiando per il pranzo. “Sì, non l’ho ancora vista.” rispondo con un tono di giustificazione che evidentemente stona con la domanda innocente che mi ha fatto lei. “Mmmm, ho una certa voglia…” mi fa lei avvicinandosi in modo languido. “Se facciamo piano…” mi tasta il pacco. “No, dai.” rispondo io, temendo di non farcela dopo che la figlia mi ha letteralmente sfiancato tutta la mattina. “Come no? Non vuoi? Che ti succede? Non dici mai di no!” “Sono stanco…” provo a giustificarmi. “Ehi, stai invecchiando? Non sei più lo stallone di una volta? Devo farmi sbattere in ufficio per farmi passare la voglia?” Pungolato mi riprendo. Sento il cazzo crescere e afferro Manuela, la giro e la scopo senza pietà. Lei cerca di placarmi, non perché non apprezzi, ma perché teme di svegliare la figlia che è proprio quello che invece spero io.
VII
Nei mesi successivi scopai più con Elisabetta che con Manuela, la quale comunque, percependo forse qualcosa a livello inconscio aumentò comunque le sue richieste di attenzioni sessuali. Vivevo questa vicenda in maniera quasi distaccata. Sapevo che era sbagliato ma, nello stesso tempo, non ero in grado di porvi fine. La poco più che diciottenne Elisabetta era una furia, con la stessa esuberanza della madre amplificata dalla giovane età, dalla voglia di imparare e sperimentare. Anche lei, però, capì ben presto che ci stavamo cacciando in una situazione pericolosa. Ogni volta che terminavamo una scopata assumeva un’aria colpevole e diceva che dovevamo smettere. Io le davo ragione, ma puntualmente ci ricadevamo subito promettendoci a vicenda: “Solo ancora una volta.” Speravo che Elisabetta trovasse dei suoi coetanei con cui sfogarsi e questo, grazie anche alla sua acquisita spigliatezza con il sesso, avvenne. Ma non servì per diminuire gli incontri con me. Anzi spesso tornava delusa dalle prestazioni dei suoi ragazzi e voleva rifarsi. In lei rividi la stessa pulsione auto-distruttiva che doveva avere avuto Manuela, alla sua età. La stessa fascinazione verso gli uomini maturi, la stessa voglia di trasgressione. C’era una cosa che non considerai. Manuela mi aveva raccontato di come, con il padre di Elisabetta, aveva cercato, ingannandolo, di farsi beccare dalla moglie di lui, sperando che poi lui sarebbe rimasto con lei lasciando la consorte. I tentativi non andarono a buon fine per la estrema prudenza dell’uomo. Mi fidavo di Elisabetta e pensavo che lei volesse tenere la cosa nascosta ancora più di me. Non fu così. Mi mentì riguardo all’orario di rientro della madre e organizzò tutto per farci cogliere in flagrante da lei. Ero lì, in mezzo al nostro salotto, con il cazzo ben piantato nel culo di Elisabetta, quando sentii l’urlo disperato di Manuela.
VIII
Io continuo a lavorare in fabbrica. Ho due famiglie da mantenere. I bambini sono nati praticamente nello stesso momento. Madre e figlia hanno scoperto di essere incinte entrambe e c’erano pochi dubbi su chi fosse il padre. Hanno deciso di rimanere unite. Di crescerli insieme. Io invece non li potrò mai vedere. Non saprebbero come spiegare loro la cosa. Si augurano che non si assomiglieranno troppo anche se, se la genetica non mente, in comune avranno molto.