Una donna per bene ha un segreto nel suo passato e se questo segreto riaffiora è difficile tenerlo sotto controllo.
Quella serata era stata l’apoteosi di mia moglie. Da alcuni anni a capo dell’azienda di famiglia stava finalmente ottenendo i riconoscimenti per il suo lavoro. Era una donna bellissima, elegante, colta, raffinata e indipendente. In un mondo di uomini sapeva spiccare per determinazione e risolutezza. Ero molto orgoglioso di lei e del fatto che le sue qualità venissero premiate.
Quella serata era stata perfetta e lei aveva intrattenuto conversazioni con tante delle persone presenti. Tutto era andato bene fino ad un momento. L’avevo vista chiacchierare brevemente con un uomo e mi ero accorto che il suo umore era cambiato. Si era innervosita e mentre tornavamo a casa ancora non le era passato.
Provai ad indagare, mentre guidavo verso casa, per capire cosa fosse successo per farle cambiare stato d’animo, ma non mi rispose in modo soddisfacente.
“Chi era quell’uomo?” provai a chiedere.
“Quale?” rispose con tono sulla difensiva.
“Ti ho visto parlare con uno e subito dopo ti sei rabbuiata, come se fosse successo qualcosa.”
“No, no, niente.” troncò il discorso e non riuscii a cavarle altro e proseguimmo il viaggio in silenzio.
Arrivati a casa parcheggiai l’auto nel vialetto e poi mi avviai verso la porta.
“Aspetta.” mi disse lei e mi prese la mano. “Vieni di qua.” mi trascinò verso il retro della nostra abitazione. Io la seguii senza capire cosa volesse fare.
Si appoggiò al muro e mi tirò verso di lei per baciarmi in modo appassionato.
“Scopami.” mi disse risoluta.
“Qui?” chiesi io stupidamente.
“Qui.”
“Mah…”
“Fallo e basta.”
Abbassai la testa per baciarle i seni mentre con la mano mi infilavo fra le cosce per i consueti preliminari che sapevo l’avrebbero fatta eccitare.
“No. Fermo. Scopami e basta.” disse armeggiando con la mia cintura.
Io cercai di fare come chiedeva anche se non mi veniva naturale farlo in quel modo. Di solito tra noi c’era sempre molta passione ma in maniera delicata e dolce. Fui quindi comunque titubante nell’infilarmi dentro di lei, spesso se affrettavo i tempi lei non gradiva quindi procedetti piano.
“Dai, su. Sbattimi.” mi intimò tirandomi verso di lei.
Io rimasi un po’ interdetto, stupito da questo suo comportamento.
“Allora? Sii uomo. Non ti piace sbatterti la tua donna?”
“Certo che mi piace.” dissi io punto sull’orgoglio.
“E allora fallo.” disse e si girò appoggiando le mani al muro e rivolgendomi le terga. “Fai finta che io sia una puttana.”
La presi per i fianchi e mi infilai dentro di lei scostando appena le mutandine.
“Strappamele.”
“Cosa?”
“E che cazzo! Ma sei capace o no?” fece cadere le mutande a terra e poi mi prese in mano il cazzo. Se lo puntò in mezzo al culo e mi guardò con aria di sfida.
“Fottimi. Cazzo!”
Mi aveva posizionato all’ingresso del suo culo, la troia, e questo mi diede quel vigore che mi era mancato fino a quel momento. Spinsi e le entrai nel culo. Lei urlò.
“Sì! Così!”
Mi sfogai su quella che a stento riconoscevo come mia moglie per la foga che ci metteva nell’essere sodomizzata.
***
Il modo in cui mi scopò mio marito quella sera non servì a placare i ricordi che erano riaffiorati dopo l’incontro avvenuto poche ore prima. C’era una cosa che lui non sapeva del mio passato: degli avvenimenti che risalivano a prima che mi conoscesse, a prima che ci mettessimo insieme per poi sposarci. Lui sapeva che ero una ragazza proveniente dall’alta società, una ragazza ben educata di buona famiglia. Questo ero stata tutta la vita e questo sarei sempre stata, tranne in quei due anni, poco dopo averne compiuti venti in cui tutta l’educazione e la repressione che avevo subito durante l’adolescenza si ribellò.
Non avevo mai sgarrato, non avevo mai fatto nulla che la mia famiglia non volesse, ero sempre stata brava e buona. La vita universitaria però, i primi anni in cui uscivo dal controllo parentale, fece nascere in me alcune voglie trasgressive fino ad allora sopite. Avevo un ragazzo, un bravo ragazzo, uno che piaceva a mia madre.
Una sera dovevo uscire con una mia amica. Ci eravamo date appuntamento in un locale per bere qualcosa. C’era un gruppo che suonava. Poco dopo essere arrivata la mia amica mi avvisò che non sarebbe venuta. Ero da sola, in un locale pieno di sconosciuti. Per un attimo mi sentii completamente libera. Libera da tutti, libera di fare tutto quello che volevo.
Passai la serata seduta ad un tavolino vicino al palco, con una birra fra le mani. Passai la serata a guardare il gruppo che suonava e a farmi guardare dal bassista. Era lì a pochi metri da me e mentre suonava non la smetteva di fissarmi. Era più vecchio di me, ma non era brutto. Ricambiai lo sguardo e iniziai con lui una specie di gioco. Mi sentii strana, eppure avevo bevuto solo una birra, ma dentro di me ribollivo. Mi sentivo viva come non mi ero mai sentita prima.
Più tardi, quella sera, ero nel parcheggio del locale. Erano andati ormai via tutti. C’eravamo solo io, il mio motorino, quel bassista e il suo furgone dove il suo gruppo teneva gli strumenti. Parlavamo, di cosa non ricordo. Mi offrì una canna. Io non avevo mai fumato ma non glielo dissi e provai con voglia.
Poco dopo ero inginocchiata davanti a lui e gli stavo succhiando il cazzo. Anche quello non l’avevo mai fatto al mio ragazzo, ma anche quello non glielo avevo detto e lo avevo fatto golosamente. Poi aveva aperto il furgone, aveva fatto un po’ di spazio e mi aveva fatto salire, mezza nuda. Si era frugato nervosamente nelle tasche della giacca. Mi chiese se io avevo un preservativo, ma io alzai le spalle. Mi chiese se prendevo la pillola.
“Cazzo.” esclamò. “Senti, sei bellissima, non posso resisterti. Sono sicuro che sei sana e fidati che lo sono anche io. Dai girati.”
Io non capii bene che intenzioni avesse, so solo che quella situazione mi stava piacendo tantissimo. Lo sentii appoggiarsi dietro di me.
“Rilassati. Respira. Lasciati andare.”
Il suo cazzo, umido di saliva, entrò nel mio buco posteriore, ovviamente vergine fino ad allora. Dunque quello era il famoso sesso anale di cui avevo solo sentito parlare. Mi sembrava bello.
La cosa durò pochissimi secondi. Un auto entrò nel parcheggio e i suoi fari ci illuminarono per un attimo. Scappammo dentro ridendo come matti. Lui preso dalla foga mise in moto e partì con ancora i pantaloni alle caviglie. Le mie mutande rimasero sull’asfalto.
Passammo quella notte insieme. Facendo sesso. Il giorno dopo mi riportò a prendere il mio motorino. Le mutande invece non le trovai.
Rimasi a vivere da lui quasi due anni. In quel periodo tagliai quasi del tutto i ponti con la mia famiglia che ovviamente, appena appresa la mia nuova condotta di vita (pur sapendo pochissimo perché io non raccontai nulla) fu decisamente contraria e fece di tutto per farmi rinsavire, creando soltanto l’effetto opposto.
Lui era un po’ sbandato. Quasi quarant’anni, quindi quasi venti più di me, si alternava fra lavoretti saltuari, la musica, le canne e il sesso, tanto sesso. Non faceva altro che scoparmi in tutti i modi e a me la cosa, in contrasto con la educazione puritana che avevo ricevuto, piaceva un sacco.
E non mi scopava solo lui. Divenni ben presto la groupie della sua band scalcagnata. Alla fine dei concerti mi scopavano tutti i componenti del gruppo, prima di tornare dalle loro mogli.
Poi aveva diversi amici a cui mi prestava o con cui mi scopava. Mi abituai ben presto ad avere un cazzo in figa, uno in culo e volendo uno in bocca. Per non parlare di quando invece portava delle amiche.
Ero la sua troia, la sua puttana, mi faceva fare tutto quello che voleva. Non sapevo dirgli di no. In momenti di magra lavorativa mi fece anche scopare con alcuni signori in cambio di soldi.
A me tutto ciò piaceva, o almeno così mi sembrava. Di sicuro godevo del contrasto con la mia vita precedente. Mi sentivo finalmente libera dal controllo dei miei genitori.
Il tutto durò fino a quando mi resi conto che ero di nuovo oppressa. In modo totalmente diverso da quello famigliare, ma non ero libera. Non potevo fare nulla che lui non volesse e improvvisamente capii che ero di nuovo al punto di partenza.
Lo lasciai. Tornai faticosamente alla mia vita precedente, riallacciai i rapporti con la mia famiglia ma stavolta cercando un nuovo equilibrio per mantenere la mia indipendenza. Poco tempo dopo conobbi il mio futuro marito grazie al quale tutto questo fu possibile.
Non raccontai a nessuno gli eventi di quei due anni. Cercai di nasconderli anche a me stessa per sfuggire a certe cose che mi avevano creato una certa dipendenza: il sesso innanzitutto.
E quella sera, quella serata di gala per la mia azienda, lo rividi. Era nella società che curava l’allestimento della sala e lo rividi dopo tutti quegli anni, invecchiato come lo ero io.
***
Quando mia moglie mi disse che doveva raccontarmi alcune cose del suo passato che non sapevo non immaginavo minimamente tutto quello che mi avrebbe detto. Durante il racconto della sua gioventù trasgressiva, ad un certo punto, mi preoccupai di non farle vedere che il mio cazzo si stava ingrossando al pensiero di lei che faceva quelle cose. Mi accorsi però che anche lei si stava eccitando nel racconto. Dopo un po’ non si trattenne più e proseguì nel racconto toccandosi esplicitamente davanti a me e venendo più di una volta.
Fu una scopata memorabile quella che avvenne dopo quella confessione. E tutte le scopate successive furono accompagnate da lei che mi descriveva più nel dettaglio alcune sue esperienze. Non mi ero mai lamentato della sessualità di mia moglie, ma non credevo che potesse arrivare ai livelli di trasgressione che mi raccontava. E tutto ciò mi eccitava.
La nostra vita sessuale ebbe un notevole risveglio dopo quelle rivelazioni però fu chiaro ad entrambi, dopo un po’, che in lei si era destato qualcosa che da tempo covava sotto la cenere e che io non sarei stato in grado di spegnere da solo.
***
La parte più difficile fu ricontattarlo e ammettere davanti a lui il motivo per cui volevo rivederlo. Fatto quello il resto venne naturale. Persino prepararmi e vestirmi da troia davanti a mio marito che mi guardava pur sapendo che non lo facevo per lui fu relativamente facile.
Per anni ero stata costretta e ingabbiata, poi avevo trovato una condizione di libertà sotto controllo. Ora mi sentivo in un equilibrio e sicura di me, tanto da potermi lasciare andare di nuovo. Lasciare andare del tutto, tanto da tornare succube.
Lui non era cambiato. Io con lui neanche. Mi faceva fare tutto quello che voleva. Fui di nuovo la sua troia. Forse anche più di vent’anni prima, perché tanto poi ero in grado di staccare, di tornare me stessa, di tornare da mio marito.
Ero di nuovo drogata di sesso, ma questa volta ero in grado di limitarmi, di controllarmi.
Forse.
Bello…!ma qua è necessario il seguito