In qualche modo

Un incontro casuale, un tradimento non previsto, un inconveniente e una soluzione.

“Ehi, allora ciao, eh? Divertiti.” mio figlio corse via senza neanche salutarmi o girarsi indietro, impaziente di raggiungere gli altri ragazzi per un intero pomeriggio di sport.

Al mio fianco una madre era nella stessa situazione, anche lei era arrivata un po’ in ritardo e anche suo figlio era corso via senza salutarla. Ci guardammo con uno sguardo di intesa e di compatimento.

“Eh, dobbiamo abituarci…” commentai, “Crescono e presto ce li ritroveremo adolescenti ribelli e poi fuori di casa senza che neanche ce ne accorgiamo.”

“Eh, già.” fece lei sconsolata.

La guardai. Era una donna sulla quarantina, come me, piuttosto alta e dal fisico slanciato. Aveva lunghi e bellissimi capelli biondi mossi e un viso un po’ spigoloso ma di un certo fascino. Indossava una camicetta bianca e dei jeans che le fasciavano un gran bel culo. Ai piedi aveva dei sandali col tacco.

“È la prima volta che lo porta a questo camp estivo?” domandai per rompere il ghiaccio.

“A questo sì.” mi rispose e poi mi spiegò che lei non era di questa città, ma di una vicina, la mia stessa, quindi lo aveva portato qui apposta.

“Ah, e quindi come fa? Resta qui tutto il pomeriggio?”

“Eh, credo di sì.”

“Se vuole riporto io a casa suo figlio, tanto abitiamo nella stessa città.”

“Ah, la ringrazio, ma magari la prossima volta.”

“Sì, capisco. Beh, se vuole lasciarmi il suo numero di telefono poi ci organizziamo.”

Lei si fermò (stavamo camminando verso le nostre auto) e mi guardò sospettosa.

“Tutto questo perché voleva il mio numero di telefono? Ci sta provando per caso.” lo disse con tono in parte scherzoso e in parte serio.

“Ehehe.” ridacchiai io cercando di mantenerla sul tono scherzoso. “Era solo per organizzarci per una prossima volta…”

“Ah, meno male…” commentò lei con ironia.

“Però ammetto che lei fa venire molta voglia di provarci.” azzardai una battuta per sondare il terreno.

“Ah… è un complimento immagino.” con tono indagatore ma con una punta di ironia.

“Sì lo è… non ci siamo neanche presentati: Marco.”

“Federica, piacere.” mi allungò la mano. Invece di stringerla feci un leggero gesto come di baciamano. Lei mi sorrise.

“Allora, Federica, posso offrirle almeno un caffè, per scusarmi del mio maldestro approccio.”

Lei si guardò attorno sotto il sole, si scosse il collo della camicia per il caldo.

“Magari una birra più che un caffè.”

“Vada per una birra.”

Trovammo un bar e ci sedemmo a chiacchierare. L’atmosfera si rilassò molto. Era una donna simpatica e piacevole. Il tono del nostro discorso rimase tutto su una sottile linea di cortese corteggiamento da parte mia e di risposte appropriate da parte sua. Passammo a darci del tu e a raccontarci un po’ di noi.

Dopo un’oretta seduti al tavolino fuori dal bar sotto l’ombrellone, guardammo entrambi l’orologio.

“Eh, i ragazzi ne avranno ancora per almeno tre ore.” dissi. Federica non commentò.

Mi guardai attorno sulla piazza assolata.

“Puoi aspettarmi qui, torno fra cinque minuti.” le dissi.

“Nessun problema, non ho nulla da fare.” mi rispose con un sorriso.

Quando tornai la trovai ancora sorridente e rilassata.

“Senti, Federica, ti voglio chiedere una cosa. Spero che tu non te ne abbia a male, ma ti trovo così bella e affascinante che rimpiangerei di non aver provato a chiedertelo. Se non vuoi basta che mi dici di no, senza nessun problema.”

“Dimmi” mi disse sporgendosi verso di me e mostrando così non una chiusura a priori.

“Vedi quell’hotel.” dissi indicando dall’altra parte della piazza. “Sono andato dentro, ho chiesto se hanno una stanza libera per questo pomeriggio. Ce l’hanno. Io vorrei passarci il resto del tempo, prima di andare a riprendere i ragazzi, in tua compagnia. È una pazzia, lo so, ci conosciamo appena, ma credo che in poco tempo si sia formata una certa intesa e tu sei troppo intrigante per lasciare perdere.”

Il suo sguardo era coperto dagli occhiali da sole e per questo non era del tutto perscrutabile. L’espressione era interlocutoria. Forse non si aspettava una proposta del genere ma nello stesso tempo non la stava rifiutando senza pensarci.

“Non ho mai fatto cose del genere.” mormorò.

“Neanche io, se questo può rassicurarti. Non mi è mai capitata una che mi colpisse in questo modo come te.”

“Ma io sono sposata.”

“Anche io. Non si tratta di rovinare matrimoni. Si tratta solo di un pomeriggio insieme.”

“Come faccio a…” si interruppe. Rimase meditabonda.

Non disse una parola nel tragitto tra il bar e l’hotel. Alla reception apparve nervosa e non si tolse neanche gli occhiali da sole, come per nascondersi il più possibile.

“Che pazzia che sto facendo…” mormorò mentre salivamo in ascensore. La baciai. Ricambiò passionalmente il bacio con la lingua.

Entrati in camera ci sembrò quasi di essere quegli amanti da film, incapaci di interrompere il bacio mentre ciascuno si spoglia in modo frenetico e aiuta l’altro a spogliarsi.

Io rimasi in mutande, lei in reggiseno, jeans e calzature. Si sedette sul letto e fece per slacciarsi i sandali.

“Non toglierli.” dissi e la aiutai a sfilarsi i jeans.

La tirai di nuovo in piedi e la spinsi contro il muro. Il fisico che metteva in mostra era quello che si intuiva da vestita, in forma e molto sexy. Con i tacchi era alta quanto me.

La baciai sul collo premendo il mio corpo contro il suo. Con una mano le palpai un seno da sopra al reggiseno. Lei mi toccò il cazzo da sopra i boxer. Mi sembrò di sentire da parte sua un mugolio di approvazione.

Si inginocchiò. Io guardai i suoi movimenti nello specchio che avevamo di lato. Mi abbasso le mutande, il mio cazzo spuntò fuori rimbalzando. Federica rimase come affascinata a guardarlo mentre ne saggiava con la mano durezza e dimensioni.

“Tutto ok?” chiesi io notando una certa titubanza e imbarazzo.

“Sì, è che… che mio marito non ce l’ha così…”

“Così come?”

“Così grosso.”

“È un problema?”

“No…” mi disse sorridendomi in modo malizioso.

Mi fece un breve e timido pompino. Poi la spostai sul letto. Le tolsi il reggiseno, le strizzai le tette e le leccai i capezzoli. Poi fu il turno delle mutande, che sfilai facendole alzare le gambe, avendo così accesso alla sua figa per un lungo e goloso cunnilingus.

Quando mi sembrò pronta mi tirai su. Lei mi guardava vogliosa con le gambe aperte.

“Oh merda, che cazzo di deficiente che sono!” imprecai io portandomi una mano sulla faccia.

“Che c’è?” chiese lei spaventata appoggiandosi sui gomiti.

“Merda, merda. Che idiota.”

“Cosa è successo?”

“Non ho un cazzo di preservativo. Mi sono completamente dimenticato.”

“Ah… neanche io ovviamente.”

Ripresi da terra le mie mutande e i miei pantaloni.

“Senti, scusa, vado alla prima farmacia e torno subito. Perdonami.” dissi mentre saltellavo per infilarmi i pantaloni. Indossai le scarpe e la camicia e senza neanche finire di abbottonarla ero sulla porta pronto per uscire.

“Fermati.” mi urlò Federica.

“Che c’è?”

“Non andartene. Se te ne vai mi lasci qui a pensare a quello che sto facendo e sono sicura che ad un certo punto la brava ragazza che è in me mi farà andare via. Se te ne vai non mi troverai al tuo ritorno.”

“E quindi, come facciamo?”

“Facciamo… senza. Io non ho altri partner oltre a mio marito e mi fido di te.”

“Ok… va bene… e per la contraccezione? Sei in giorni sicuri?”

Federica alzò gli occhi e calcolò mentalmente.

“No. Sono nei giorni più a rischio.”

“Cazzo.”

“Dai, vieni qui. Non ti preoccupare, in qualche modo facciamo.”

Mi denudai nuovamente e tornai sul letto. Ricominciai a leccarla, poi lei leccò me, poi ci masturbammo a vicenda, poi strusciai il cazzo sul suo monte di Venere, stimolandole il clitoride.

“Ho bisogno di averti dentro di me.” mi disse con voce roca mentre si girava a pancia in giù assumendo la posizione a pecorina.

Io ammirai quelle chiappe stupende e la presi per i fianchi, puntando il cazzo sulla sua apertura.

“Non lì.” fece lei allungando una mano dietro, prendendo il cazzo e spostandolo più in alto. Girò la testa e mi guardò con un sorriso diabolico. “Va bene?”

Non le risposi. Mi sputai sulla mano per poi bagnarmi il più possibile il cazzo e spinsi. Non fu agevole entrare tutto nel suo culo, ma con calma ce la feci. Federica, dopo momenti difficili, cominciò ad apprezzare e la sentii godere diverse volte fino a quando le schizzai tutto il mio orgasmo nell’intestino.

 

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