Quando si dice MILF…
Ero stato un po’ titubante nell’accettare la proposta di Giulia, la mia nuova ragazza, di passare tre settimane nella sua casa sul litorale toscano. Il posto era bellissimo, la casa grande e dotata anche di piscina e io avevo una gran voglia di passare del tempo con lei. C’era solo un piccolo inconveniente: avremmo convissuto con sua madre.
Stavo insieme a Giulia da pochi mesi, l’avevo conosciuta all’università, ed era una ragazza bellissima. La amavo e la adoravo, ma non sapevo se ero pronto ad entrare così presto in confidenza con la suocera, tanto da passarci insieme le vacanze.
Giulia mi tranquillizzò, la madre era una donna simpatica, giovanile (aveva poco più di quarant’anni, avendo avuto Giulia più o meno alla nostra età) e non ci avrebbe creato problemi. Dunque accettai e pensai che almeno non ci sarebbe stato anche il padre, dato che i genitori di Giulia erano separati.
L’impatto iniziale fu positivo: la bellezza della casa e del luogo superava di gran lunga la compagnia forzata ed inoltre la descrizione di Giulia era stata veritiera, la madre Olimpia era una bella donna, alla mano e amichevole.
Tutto dunque sembrava promettere una vacanza perfetta, ma il primo inconveniente si manifestò la sera stessa. Avevamo cenato, chiacchierato un po’ in giardino e poi eravamo andati a letto. Nella penombra della stanza aspettavo che arrivasse Giulia dal bagno e intanto un po’ mi segavo da sotto ai boxer pregustando una bella scopata. Quando lei si mise a letto, con indosso mutandine e una t-shirt, mi diede un bacio e mi augurò buonanotte e poi si girò dall’altra parte. Io aspettai qualche istante e poi andai ad abbracciarla e baciarla focosamente, mentre le facevo sentire l’erezione contro il fianco.
“No, fermati.” mi disse respingendomi.
“Ma come? Non vuoi?” chiesi sinceramente stupito, fino ad allora Giulia raramente si era tirata indietro quando si trattava di fare sesso.
“No, qui non ce la faccio.”
“Come non ce la fai?”
“Con mia madre nell’altra stanza che dorme… non sono a mio agio.”
“Ma dai, mica ci sente. Facciamo piano.”
“No, non riesco.”
Insistetti a lungo, incredulo della sua reazione, ma non ci fu nulla da fare. L’unica cosa che ottenni è che mi facesse una sega. La mia voglia di sesso, amplificata dalla vacanza e dalla presenza della mia stupenda ragazza, venne sfogata in un poco partecipe movimento della sua mano, su e giù per il mio cazzo.
La convivenza con Olimpia, dunque si rivelò sì frustrante, ma non per i motivi per cui io temevo, ma bensì per la scarsa voglia di sesso che la sua presenza limitava nella mia ragazza.
Io che non vedevo l’ora di passare le vacanze con lei, dopo mesi di scopate quasi clandestine sfruttando le brevi assenze dei nostri coinquilini, o sfruttando anfratti e luoghi isolati, fui costretto a non poter sfogare i miei desideri.
Mi ritrovai così a svolgere sessioni solitarie di masturbazione sotto la doccia e prima di andare a letto e incappai anche in alcuni episodi rischiosi.
Come detto la madre Olimpia era una donna ancora molto bella, dal fisico che non dimostrava la sua età. Una delle prime mattine mi svegliai e Giulia non era nel letto a fianco a me. Mi spostai verso la zona giorno e la vidi di spalle che armeggiava in cucina. Fui piacevolmente colpito dal suo look: indossava un bikini alla brasiliana coperto solo da un corto pareo legato in vita e praticamente trasparente. Il suo bel culetto, dunque, era in bella vista. Mi avvicinai in silenzio ed ero pronto ad agguantarlo e palparlo come facevo sempre quando mi bloccai appena in tempo.
Non era Giulia, era la madre che io, un po’ assonato, avevo scambiato per lei da dietro. Rimasi immobile e terrorizzato dall’errore che avevo quasi commesso. Lei si girò, stupita di trovarmi a così pochi centimetri da lei, e mi salutò allegra e calorosa. Subito dopo comparve in cucina anche Giulia.
Feci così colazione osservando le due donne e cercandone le differenze che non erano poi così tante e non sempre a favore della più giovane. Potei osservare il culo di Olimpia per tutto il tempo e valutare come, oltre ad essere messo più in evidenza rispetto a quello della figlia, era leggermente più in carne e forse per questo quasi più bello.
Quella sera, senza premeditarlo, mi venne un pensiero diverso dal solito durante la mia quotidiana sega. Immaginai di scopare in cucina, con lei piegata a novanta sul tavolo, solo che non ero più così sicuro di chi fosse la lei protagonista delle mie fantasie.
A questi turbamenti se ne aggiunse un altro, poche sere dopo. Mi alzai di notte per andare in bagno e per andare a bere. Tornando verso la nostra stanza passai davanti alla porta della stanza di Olimpia. Appena superata mi bloccai. Con la coda dell’occhio avevo colto qualcosa. Tornai indietro e sbirciai dentro. Dalla finestra filtrava la flebile luce esterna che andava a disegnare la sagoma del corpo sul letto. Cercai di aguzzare la vista e vedere meglio che potevo, per confermare l’impressione che avevo avuto e che mi stava facendo drizzare il cazzo. Olimpia dormiva completamente nuda e la sua schiena e il suo culo assumevano una posa molto eccitante. Le gambe erano leggermente aperte e, se non fosse stato buio, avrei avuto una visione completa della zona della figa e dell’ano.
Tornai a letto, eccitato e turbato. Giulia al mio fianco dormiva. Io non riuscii a prendere sonno e, per aiutarmi, mi tirai una sega, lì a fianco a lei.
Per fortuna durante le sere successive uscimmo un po’ noi due soli per andare a divertirci e in quelle occasioni Giulia si rivelò disponibile a trasgredire un po’. Si fece scopare nel buio della spiaggia e mi fece un pompino sul retro di un discoteca.
Una sera rientrammo e trovammo per terra un biglietto lasciatoci dalla madre:
“Sono in compagnia di un amico, quindi non disturbatemi. Ciao”
Guardai Giulia stupito.
“Non sapevo che tua madre…”
“Neanche io…” rispose lei, apparentemente seccata dalla cosa.
Inutile dire che quella novità mi incuriosiva parecchio. Faticai a prendere sonno e, quando sentii che Giulia dormiva profondamente mi alzai. Passai davanti alla stanza di Olimpia, stavolta con la porta chiusa, e provai invano ad ascoltare se sentivo rumori provenire dall’interno. Ma ero troppo curioso e troppo eccitato. Pensai di uscire e andai in giardino, avvicinandomi alla porta finestra della sua stanza. Mi sembrava di udire un leggero ansimare. Mi nascosi e cercai un punto da cui riuscire a guardare dentro. Non vedevo nulla, era troppo buio, fin quando il passaggio di un’auto nella strada cambiò brevemente la luminosità della scena.
Benedii il traffico che nonostante l’ora tarda mi consentì di memorizzare diversi fotogrammi: prima Olimpia che si faceva scopare cavalcando l’uomo sotto di lei, poi Olimpia che si metteva a pecorina e si faceva prendere da uno apparentemente giovane e fisicato.
“Potrei quasi essere io.” mi venne da pensare mentre mi segavo in giardino.
Ero ancora nascosto in giardino quando lui se ne andò e riuscii a vedere lei a piedi nudi e con solo una vestaglietta corta da notte lasciata aperta sul davanti che lo accompagnò fino al cancelletto, salutandolo con un breve pompino.
A quella visione schizzai.
Il giorno dopo successe un altro piccolo episodio che si aggiunse alle cose a cui pensare durante la masturbazione. Stavo facendo la doccia dopo la giornata passata al mare quando mi accorsi che avevo lasciato in camera l’asciugamano. Cominciai così a chiamare a gran voce Giulia per chiederle di portarmelo.
“Hai bisogno?” sentii al di là della porta e allora spiegai la situazione.
“Te lo porto io.” mi disse.
Spensi così l’acqua in attesa della mia ragazza. La sentii entrare ed aprii così il vetro della doccia per farmi passare l’asciugamano. In quel momento scoprii che madre e figlia non solo si assomigliavano viste da dietro ma che anche la voce era uguale, soprattutto se ascoltata da sotto lo scroscio della doccia. Mi ritrovai infatti Olimpia nel bagno che mi allungava l’asciugamano. Io, nudo e gocciolante, rimasi interdetto e dunque in mostra per lunghi istanti.
Ripensando più tardi alla scena ero sicuro di aver notato in lei uno sguardo lungo tutto il mio corpo con una pausa prolungata sul mio sesso. Non me lo ero solo immaginato, era successo. E questo mi eccitava.
Nei giorni successivi non ci furono altri episodi degni di nota, ma mi bastava vedere Olimpia girare per casa in bikini o poco più per provocarmi eccitazione, più di quanto mi eccitasse Giulia in quei giorni.
Poi accadde che Giulia scoprì di dover tornare in città per sistemare alcune cose burocratiche per l’università per il periodo all’estero che la aspettava dopo l’estate. Mi offrii di accompagnarla, ma lei si rifiutò dicendo che non voleva costringermi a passare qualche giorno al caldo a non far nulla. Disse che nel giro di due giorni, massimo tre, sarebbe tornata. Insistetti un po’, con l’idea che avremmo potuto passare il tempo a scopare nella sua casa visto che le sue coinquiline non ci sarebbero state. Quando però anche Olimpia mi invitò a restare lì con lei le mie fantasie erotiche si trasformarono e mi spinsero a preferire qualcosa di molto più incerto e improbabile.
Quella sera, poco dopo che Olimpia andò a dormire, io mi appostai appena fuori dalla sua stanza, per spiarla. Prima di spingermi ad osservarla rimasi di lato rispetto alla porta, ascoltando i rumori. Avevo troppa paura che potesse vedermi. Ad un certo punto sentii quello che sembra un ansimare accompagnato ogni tanto da quello che poteva essere il rumore liquido di dita che rovistano nella vagina. Volevo vedere ma temevo che un mio movimento l’avrebbe percepito. Mi limitai così ad udire l’intensificarsi dei suoni fino a quello che era chiaramente un picco di godimento.
Quando tornai nel mio letto feci lo stesso, masturbandomi a lungo. Mi chiedevo se quello che lei aveva fatto fosse una sorta di richiamo per me, se volesse che io mi facessi avanti, ma pensavo che queste idee fossero soltanto frutto della mia fantasia di ventenne.
Il mattino dopo c’era già molta luce quando sentii qualcuno che mi svegliava.
“Su, sveglia, dormiglione.”
Aprii gli occhi e mi trovai Olimpia a pochi centimetri di distanza. Mi disse qualcosa che però non capii o dimenticai subito dopo. Mi rivoltai nel letto e mi liberai anche delle lenzuola. Dopo alcuni istanti, il tempo di riacquistare consapevolezza, mi accorsi che avevo le mutande alle caviglie, reduci dalle seghe fatte prima di addormentarmi e che avevo così il cazzo nudo in bella vista, tra l’altro impreziosito da una poderosa erezione mattutina.
“Oh, cazzo.” dissi coprendomelo istintivamente con le mani mentre lei me lo stava guardando sorridente.
“Puoi anche fare a meno di coprirlo. Alla mia età ne ho visti parecchi e tu non hai nulla di cui vergognarti.”
Io ero imbarazzatissimo anche se le sue parole mi facevano piacere.
“Dai, su svegliati che è tardi. Ho bisogno di te. Devi aiutarmi a spostare delle cose.”
Rimasi imbambolato a guardarla, senza muovermi.
“Allora? Devo tirarti su per quello per farti alzare?” mi disse ridendo e indicando il mio cazzo che non dava segni di riposo.
Non so che espressione feci nel sentire questa battuta. Probabilmente un misto tra l’implorante e lo spaventato. Dopo qualche secondo lei, con l’aria a metà fra la spazientita e la divertita, mi prese effettivamente in mano il cazzo e cominciò a tirare, facendomi alzare e scendere dal letto. Facemmo qualche passo con lei davanti ed io dietro tirato per il cazzo e poi lei si fermò e mi fece passare davanti dandomi anche una piccola sculacciata.
“Dai, su, vai a prepararti.” disse indicando il bagno.
Io, appena entrato in bagno, cominciai ad eiaculare.
Per Olimpia apparentemente non era successo nulla, durante la giornata si comportò come sempre, senza fare cenno a ciò che era accaduto. Mi informò che a sera sarebbe uscita con un amico.
A cena passai tutto il tempo a guardarla senza farmi notare troppo per capire se indossasse qualcosa sotto alla t-shirt che le arrivava a inizio coscia. Poi andò a prepararsi. Dopo essere uscita dalla doccia si presentò davanti a me con un asciugamano arrotolato in testa ed uno legato sopra i seni. In mano aveva due grucce da cui pendevano due vestiti.
“Senti, ho bisogno di un consiglio da parte di un uomo. Questo o questo?”
I vestiti erano uno più sexy dell’altro e cercai di nascondere il principio di erezione che l’immaginarla con uno di quelli addosso mi provocava. Ne indicai uno, a caso. In quel momento sentimmo suonare alla porta.
“Oh, vai tu per favore. Fallo accomodare, digli che sono quasi pronta.” corse via e nel farlo le si aprì in parte l’asciugamano facendomi intravedere una figa depilata adornata da un tatuaggio.
Il suo compagno di serata era probabilmente lo stesso che avevo visto alcune sere prima ed era un ragazzo non molto più vecchio di me, con un fisico che dimostrava abituali frequentazioni di palestre. Scambiammo due parole, lui mi chiese chi io fossi e al sapere che ero il fidanzato della figlia mi fece un sorriso di approvazione.
Dopo qualche minuto Olimpia si fece vedere. Era uno schianto, con tacchi altissimo e vestito corto. I capelli, ancora bagnati, le cadevano sulle spalle dandole un’aria estremamente sexy. Se ne andò sculettando aggrappata al braccio di lui.
Passai la serata davanti all’inutile televisione estiva e poi andai a letto presto. Ad un certo punto li sentii rientrare. C’era ancora anche lui. Udii dei rumori e poi un leggero urletto da parte di lei.
“Aspetta, non qui. Andiamo in camera.” la sentii dire.
Quando capii che erano andati in camera e che avevano iniziato a scopare uscii dalla stanza. Avevano lasciato la porta socchiusa. Situazione perfetta perché riuscissi a spiare senza essere visto. Non riuscivo a vedere tutto ma vedevo a sufficienza per stamparmi in testa un sacco di immagini che avrebbero accompagnato le mie masturbazioni per lungo tempo.
Poi lui se ne andò, lasciandola stesa sul letto.
Aspettai fino quando fui sicuro che lei stesse dormendo profondamente. Entrai in stanza. L’odore di sesso era nell’aria. Dalla finestra entrava la luce dei lampioni e mi permetteva di vedere abbastanza bene. Lei era stesa a pancia in su, nuda e con le gambe aperte. Sul corpo si intravedevano in controluce gocce di liquido. Mi avvicinai, rapito. Portai il viso vicino alla figa. Annusai. Lei dormiva.
Osai appoggiarmi al letto, lentamente per non svegliarla. Ero in mutande. Mi inginocchiai per portare il volto più vicino possibile alla sua figa. Sentivo l’odore di entrambi. Senza pensarci, andando di istinto, tirai fuori la lingua e la leccai. Probabilmente così facendo le leccai via anche una dose di sborra di lui.
“Mmm, sei tornato?” mugolò lei dopo un po’. Io continuai a leccarla.
Quando capii che si stava risvegliando del tutto la presi e la girai a pancia in giù. Mi abbassai le mutande e le appoggiai il cazzo sul culo.
“Oh, sì, prendimi ancora.”
Senza dire una parola e tenendola ferma per le spalle scivolai dentro di lei, cominciando a pomparla. La scopai forte, fino a sborrare, e poi me ne andai lasciandola lì.
Il mattino dopo trovai la colazione pronta, mangiai e poi mi preparai per andare al mare. Trovai Olimpia in giardino che prendeva il sole in topless.
“Ha chiamato Giulia.” mi informò quando mi vide passare. “Ha detto che è ripartita, in giornata arriva qua.”
“Ah, ok.” risposi io e feci per andarmene.
“Peccato, eh?” commento Olimpia quando ero sul cancello. La guardai e mi sorrise.