Un rapporto a distanza, separati da due schermi, ma collegati mentalmente.
Le istruzioni erano semplici. Dovevo farmi trovare vestita come se la nostra videochiamata fosse una normale conversazione di lavoro. Però dovevo inserire sotto le mutande, dentro alla mia fichetta, quel piccolo vibratore che lui poteva controllare da remoto, decidendo quando e quanto farlo vibrare.
Ero emozionata e impaziente. Risposi immediatamente appena lui mi chiamò. Eravamo entrambi inquadrati dal mento in giù. Lui era in giacca e cravatta. Anche io indossavo una giacchetta con sotto una camicia e nient’altro, non avevo messo il reggiseno. Sentivo già i capezzoli duri che sfregavano contro il tessuto. Sotto avevo una gonna elasticizzata e delle mutandine che si erano già inzuppate di umori da quando avevo inserito il vibratore, seppur ancora inattivo.
“Ciao.”
“Ciao, cara. Come va?”
“Bene… sono impaziente.”
“Impaziente?”
“Sì, di capire cosa vuoi farmi fare e di farlo per te.”
“Ti ho inviato una cosa. Inizia a leggerla ad alta voce. Lentamente.”
Controllai l’email e ne trovai una di lui. Sembrava un racconto. Mi sistemai sulla sedia, mi schiarii la voce ed iniziai a leggere:
<<Le istruzioni erano semplici. Dovevo farmi trovare vestita…>>
“Più lentamente.” mi interruppe. “Leggi più lentamente.”
<<Dovevo farmi trovare vestita comes se la nostra videochiamata…>>
“Brava. Così.” commentò.
Il racconto proseguiva. Sembrava descrivere esattamente la situazione in cui ci trovavamo. Ad un certo punto, improvvisamente, sentii la prima lieve vibrazione dell’ovetto inserito nella mia vagina. Fu breve ma mi colse di sorpresa. Interruppi un attimo la lettura emettendo un gridolino. Nel punto del racconto che stavo leggendo alla protagonista era accaduta esattamente la stessa cosa.
Andai avanti, con voce sempre più bassa e lenta, come descritto nel testo. E man mano che leggevo le vibrazioni si facevano più frequenti e intense, sia per me, sia nel racconto.
Lui mi guardava sorridente. Aveva una mano sul telefono, dal quale comandava il vibratore, mentre l’altra mano era sotto alla scrivania. Il braccio faceva un movimento lento e continuo.
Proseguire la lettura stava diventando sempre più difficile. Le vibrazioni mi portavano continuamente a ridosso di un orgasmo. Descrivere a voce alta quello che stavo provando, così come era scritto, mi aumentava l’eccitazione. Vedere lui evidentemente compiaciuto della situazione rendeva tutto ancora più intrigante.
Non feci in tempo a leggere la parte in cui la protagonista cominciava a godere perché l’orgasmo mi travolse. Lui non la smetteva più di farlo vibrare. Io con una mano mi stavo torturando un capezzolo dopo essermi aperta del tutto la camicia, mentre con l’altra mi ero alzata la gonna, avevo scostato il filo tra le chiappe e mi ero infilata un dito nel culo che pulsava impazzito.
Stavo sbrodolando sulla sedia. Lui intanto si era alzato in piedi rivelando il fatto che dalla cintola in giù non stesse indossando niente. Vidi il suo cazzo teso, gonfio e apparentemente enorme, forse un po’ deformato dall’obiettivo della webcam.
Mi sfregai il clitoride provocando degli schizzi di liquidi solo parzialmente contenuti dalle mutande, proprio mentre anche lui schizzava sul computer apparentemente incurante di dove sarebbe finita la sua sborra.
La sua immagine si deformò e si offuscò. Mi spiegò dopo che uno schizzo aveva colpito proprio la telecamera e mi disse anche, ridendo, che aveva fatto un macello sporcando schermo e tastiera. Ma ne era valsa la pena, aggiunse.
Anche io gli confermai che ne era valsa la pena, riprendendomi dalle scariche di piacere che si affievolivano lentamente.
Non seppi mai come si concludeva il racconto. Provai a rileggerlo per conto mio ma non arrivai mai alla fine. Godevo sempre prima, ripensando a quando avevo goduto davanti a lui che mi guardava, che ascoltava la mia voce sexy e che controllava l’intensità delle vibrazioni dentro di me.