In mostra, in vendita

Una donna si mette in mostra e attira gli sguardi degli uomini fino a farle scoprire qual è il prezzo…

Ero in trasferta per lavoro. La giornata era andata bene. Finito di fare quel che dovevo fare mi ero dedicata a un po’ di shopping nelle vie del centro. Mi sentivo euforica e avevo osato qualche acquisto insolito. La sera stessa, andando a cenare ad un ristorante vicino all’albergo, li avevo sfoggiati. Un abito lungo con la gonna con ampi spacchi e due fasce che si incrociavano sul davanti coprendo i seni e chiudendosi dietro al collo lasciando scoperta la schiena. Era un abito piuttosto provocante, difficile da portare, ma quella sera, da sola in una città diversa dalla mia, mi sentivo in grado di osare un po’. Data la foggia del vestito lo portai senza reggiseno e, in un impeto di trasgressione aggiuntiva, decisi di non indossare neanche le mutandine. Avevo voglia di sentirmi libera e di sentirmi bella anche se chiaramente non avevo intenzione di farlo scoprire a nessuno. Ai piedi indossavo dei sandali appena comprati, dal tacco alto e con una serie di lacci incrociati sul piede che li rendevano molto sexy.

Ero seduta ad un tavolino esterno del ristorante che dava su una via pedonale. Sedendosi il vestito tendeva ad aprirsi e a lasciare scoperta buona parte delle gambe che tenevo accavallate. Capii ben presto di essere una gran bella visione per tutti gli uomini che passavano, per gli altri commensali e per i camerieri. Notavo i loro sguardi. Notavo i mariti che passeggiavano insieme alle mogli e che con la coda dell’occhio si accorgevano delle mie gambe nude, o della schiena nuda, e facevano di tutto per osservarmi senza farsi notare. Mi fece ridere l’imbarazzo del cameriere che, distratto, si incartò più volte nel prendere le ordinazioni, forse anche per prolungare la sua presenza al mio fianco. Qualcuno passando borbottò dei commenti lusinghieri, qualcun altro un po’ più offensivi. Mi sentivo osservata, mi sentivo desiderata, mi sentivo bella. Non erano sensazioni da tutti i giorni, non da quando la mia età si avvicinava agli ‘anta’.

Terminata la cena avevo voglia di salire in camera e masturbarmi per sfogare l’eccitazione che avevo accumulato mettendomi in mostra in quel modo. Nello stesso tempo desideravo restare ancora un po’ in esposizione per gli sguardi maschili e allupati. Mi piaceva la situazione, riuscivo a sentirmi a mio agio anche perché nessuno aveva osato importunarmi in nessun modo. Si limitavano a guardare e forse a immaginare. Mi piaceva pensare che qualcuno di loro, arrivato a casa, mi avrebbe dedicato una sega.

Avevo pagato, stavo per alzarmi per andare via quando un uomo si appoggiò con le mani allo schienale della sedia di fronte a me mi rivolse la parola con tono mellifluo.

“Complimenti signorina, è uno spettacolo da guardare.”

Era un uomo piuttosto robusto e un po’ volgare come aspetto. Aveva almeno una decina di anni più di me, forse anche più, forse era ben oltre ai cinquanta o non li portava benissimo. Non lo trovai del tutto gradevole come aspetto e anche come atteggiamento. Cercò di essere galante seppur provandoci in maniera piuttosto esplicita. Io cercai di essere piuttosto fredda, di non essere scortese pur mantenendo una certa distanza. Lui si prese la libertà di sedersi al mio tavolo. La sua presenza mi provocava sensazioni contrastanti. Non avevo intenzioni di dargli corda e men che meno di accettare le sue avances, ma nello stesso tempo la cosa mi lusingava. Dopo aver ricevuto tutti quegli sguardi pieni di desiderio ora avevo un uomo che avrebbe chiaramente voluto portarmi a letto. Non era il mio tipo ma era eccitante percepire la voglia che aveva di me e che gli avevo fatto venire semplicemente mettendomi in mostra.

La mia parte razionale, però, voleva liberarsi di lui ma complice l’euforia di quella sera e forse anche qualche bicchiere di vino di troppo, mi venne in mente una idea molto stupida per liberarmi di lui. Non mi resi conto subito della cazzata che stavo facendo. In quel momento mi sembrava una idea geniale e così dalla mia bocca uscirono le seguenti parole:

“Guarda che non sono qui per farmi corteggiare. Sono una escort, sto lavorando, quindi per favore, se mi lasci stare…”

Ero convintissima che a quelle parole si sarebbe dileguato. E invece mi spiazzò.

“Va bene. Quante rose vuoi?”

“Eh?” risposi un po’ nel panico.

“Quanto vuoi per un’oretta con te?”

“Ehm…” dovevo sparare una cifra, che fosse sufficientemente alta da farlo desistere ma non troppo da sembrare realistica per una escort. Solo che non avevo idea di quali fossero le cifre di mercato. “Cinquecento.” sussurrai alla fine.

Lui mi guardò da capo a piedi, valutandomi.

“Sei un po’ cara…” disse ed io sospirai sollevata. “Ma sei così bella che li meriti. Ovviamente a questa cifra fai tutto, vero? Anche il secondo canale?”

Lui tirò fuori il portafoglio e diede un rapido sguardo alle banconote. Si guardò attorno fino a trovare quello che cercava.

“Ottimo, c’è un bancomat proprio lì.” esclamò. “Hai una stanza qua vicino?”

Io annuii debolmente. Dentro di me si stavano accavallando un sacco di pensieri. Avevo un po’ paura. Non sapevo come cavarmi fuori da questa situazione ma nello stesso tempo una parte di me la pensava diversamente. L’idea di essere pagata, l’idea che un uomo fosse disposto a pagarmi così tanto per scoparmi perché mi trovava così arrapante mi aveva fatto crescere il calore fra le gambe. Mi stavo eccitando. La fantasia di essere una prostituta l’avevo avuta spesso ed ora stava avendo la meglio sulla mia parte razionale. Inoltre il fatto che quell’uomo non mi piacesse molto e che quindi non sarei mai andata con lui in condizioni normali rendeva il tutto ancora più follemente eccitante. Mi sembravo pazza ma qualcosa in me si era acceso e non sapevo spegnerlo.

Lo accompagnai al bancomat. Lui era tronfio e orgoglioso di camminare a braccetto con una figa come me, anche se ci era riuscito solo perché avrebbe pagato. Se durante la serata mi ero sentita come un’opera d’arte esposta in un museo ora mi sentivo come un piatto che stava per essere mangiato. E mi piaceva, non so perchè ma mi piaceva.

Salii con lui in camera e in ascensore lui cominciò a toccarmi e palparmi. Si accorse che sotto non avevo nulla.

“Cazzo che troia che sei. Mi sa che li vali tutti i cinquecento.” esclamò arrapato. Tutto il suo modo degradante di trattarmi non faceva altro che eccitarmi ancora di più.

L’ultimo barlume di razionalità e di indecisione svanì quando lui in camera tirò di nuovo fuori il portafogli e, contandole una a una, appoggiò dieci pezzi da cinquanta sul comodino. Quel gesto di potere tramite il denaro ebbe la forza di vincere ogni mia ultima resistenza.

Era brutto, era grasso, non mi piaceva. Non ci avrei mai scopato. Ma avevo appena scoperto qual era il mio prezzo.

Il sesso però mi piacque. Lui aveva un discreto cazzo e lo sapeva usare. Era molto vigoroso e si rivelò parecchio resistente durante tutta l’ora che passò con me. Ebbi diversi orgasmi, non so se per merito suo o per tutta l’eccitazione della serata.

Come preannunciato nel ristorante volle usufruire anche del “secondo canale”. Non lo facevo da parecchio, col mio corrente compagno non lo avevo mai fatto. Mi augurai di essere ben pulita dato che non mi ero preparata. Non fu subito facile prenderlo e sentii un po’ di male all’inizio ma dovetti dissimulare. Una escort di alto livello come mi ero spacciata non avrebbe dovuto avere nessun problema a prenderlo in culo.

“Cazzo che bel culo che hai. E come lo prendi bene. Ti piace, vero? Lo fai per soldi ma anche perché ti piace scopare, vero? Non sai stare senza un bel cazzone nel culo, eh?”

“Sì, sì, sì…” urlai i miei orgasmi capendo a mala pena cosa mi stesse dicendo quel porco.

***

Ero nuda sul letto sfatto. Lui se ne era andato. Girai la testa e vidi le banconote sul comodino. Poi chiusi gli occhi e mi masturbai ripensando a tutti momenti della serata. Io in mostra al ristorante sotto gli sguardi allupati. Lui che tirava fuori i soldi per pagarmi. Lui che mi fotteva il culo opprimendomi con tutto il suo peso.

Prima di andarsene mi aveva chiesto il numero, per potermi reincontrare e io mi ero incartata non sapendo come giustificare il fatto che non glielo volessi dare. Allora lui aveva aggiunto.

“Tranquilla. L’ho capito che non sei una vera escort. Facciamo così, ti lascio il mio e tu mi prometti che quando prenderai un nuovo numero per usarlo per il tuo primo annuncio da escort me lo comunicherai.”

“Cosa ti fa pensare che io farò una cosa del genere?” risposi brusca sulla difensiva.

“Ho visto come hai guardato i soldi quando ti ho pagato. Ho visto quanto ti piace essere guardata e quanto ti piace scopare. Credo che fra un po’ ti mancheranno le sensazioni che hai provato stasera e forse ti mancherà avere anche cinquecento euro in più sul comodino. Le so riconoscere, io, le troie.”

Si sbagliava. Si sbagliava. Continuavo a ripetermelo. Ma continuavo a pensare alle sue parole e a dirmi che non sarebbe mai successo. Poi guardavo i soldi e mi masturbavo.

6 commenti su “In mostra, in vendita”

  1. Ottimo.. Se posso dare un sufferimento, mi sarei aspettato qualche riferimento in più all’ignaro ‘corrente compagno’ durante il racconto (una telefonata, qualche messaggio, ecc.).. avrebbe reso il tutto ancora più piccante..

    1. Grazie del suggerimento. Poteva starci in effetti, ma mi sono concentrato solo su di lei. Lo tengo come spunto per un prossimo racconto.

  2. Ogni tanto ci vorrebbe un sequel …come in questa storia. Si potrebbe sviluppare,le sue sensazioni al ritorno a casa, la preparazione e alla vita parallela gli abiti magari qualche modifica fisica un tatuaggio un piercing … altro. E poi come diceva Giuse i riferimenti all’intero compagno

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