Arte oscena

Un artista, una sua opera oscena, un passato trasgressivo che lei confessa al suo fidanzato. Un passato che può tornare.

“Allora? Tra i tuoi fidanzati sono quello con cui hai fatto il sesso migliore?” chiesi tronfio ed orgoglioso dopo averla fatta godere ripetutamente con dita, cazzo e lingua.

“S-sì.” rispose Clara, la mia ragazza.

Ok, non dovevo competere con molti altri fidanzati da quel che sapevo. Clara aveva 29 anni e prima di me aveva avuto tre storie durate qualche anno ciascuna e un paio di tentativi di pochi mesi. Se ci aggiungiamo altri due con cui era stata da giovanissima e quasi non ci aveva fatto nulla potevo bullarmi di essere il più bravo tra otto persone.

Però la risposta di Clara era stata ben poco convinta.

“Non ti ho sentita convinta, sono il più bravo o no?” la incalzai scherzando.

“Tra i miei fidanzati… sì. Sei il più bravo.” mi rispose.

Soddisfatto della risposta assunsi una posa per mettere in mostra i muscoli e ridacchiai insieme a lei. Poi però la sua frase mi rigirò in testa e mi accorsi che aveva messo troppa enfasi sulla parola fidanzati.

“Aspetta, aspetta. Intendi che tra i non-fidanzati c’è qualcuno migliore di me?”

Clara alzò le spalle e fece un’espressione di chi non vuole dire troppo.

“Ma tu…” mi portai la mano al mento per riflettere e ricordare. “Tu non mi hai mai detto di aver fatto sesso con altri che non fossero i tuoi fidanzati.”

Clara distolse lo sguardo.

“Dai, smettila.” mi disse.

“No, no. Cos’è questa storia? Cosa mi nascondi?”

“Va be’…” scrollò le spalle. “Non ti ho detto proprio tutto tutto del mio passato.”

“Ah, no? Racconta, allora. Di chi non mi hai parlato? Dai, dimmi tutto. Non mi offendo mica se era più bravo di me, tanto avrò tempo per diventarlo. Ahaha” ridacchiai anche per farle capire che mi interessava il discorso ma che non lo prendevo troppo sul serio.

“Be’, non credo che tu…” si interruppe.

“Non credi cosa? Che possa diventare più bravo di questo… di questo… uomo misterioso? Perché? Chi era? Rocco Siffredi? Ahahaha”

“Dai, basta, non mi va di parlarne.” si girò dandomi le spalle un po’ rabbuiata.

“Ok, ok. Stavo scherzando, eh. Ero solo curioso. Non volevo offenderti.”

“Nessuna offesa, ma ora basta.”

Io avrei volentieri continuato a fare sesso, ma con la mia parlantina avevo rovinato tutto. Accettai mestamente la conclusione della serata di piacere e mi preparai per dormire. Quello a cui aveva accennato Clara, però, mi era rimasto in testa e prima o poi la curiosità me la sarei tolta.


“C’è stato uno di cui non ti ho mai parlato.” esordì così, Clara, qualche sera dopo.

Eravamo in vacanza e stavamo passeggiando sul lungomare. Era tardi c’era ormai poca gente in giro. Ci eravamo seduti su un muretto, rivolti verso il mare. Guardavamo il buio, le poche luci che punteggiavano l’orizzonte. Le presi la mano e la lasciai parlare, senza farle troppe domande. Capivo che voleva liberarsi di un ricordo.

“Era il periodo in cui stavo con Massimo. Avevo… 22, quasi 23 anni. Ti ho parlato di Massimo. Lui era un po’ intellettuale. Gli piaceva andare a vedere le mostre di artisti contemporanei. Mi portò a questa inaugurazione. Ricordo che avevo dei sandali col tacco e un vestitino fin troppo corto che continuava a salirmi lungo le cosce appena mi muovevo. Mi sentivo un po’ a disagio, era come se fossi vestita da discoteca in mezzo a signore vestite da sera. Non ero adatta al luogo. L’artista era uno scultore, un pittore, un fotografo, esprimeva la sua arte con varie tecniche. Le sue opere erano abbastanza, come dire, scandalose, per quello che ne capivo. Cioè molte rappresentavano atti sessuali o comunque avevo richiami di quel tipo, almeno io così le interpretavo. Mi turbavano. E mi turbò l’autore. Era presente e teneva banco intrattenendo i visitatori. Era un tipo strano. Alto, tra i quaranta e i cinquant’anni, con barba e baffi e capelli un po’ lunghi e spettinati. Era vestito da… artista. Non saprei definirlo meglio. Massimo andò da lui e gli fece qualche apprezzamento sulle opere. Lui non gli diede molto ascolto, ma si fissò su di me. Mi guardò. Mi scrutò con quegli occhi profondi sotto le sopracciglia incolte. Mi scansionò, mi lesse dentro, mi sentii quasi violata. Ma anche lusingata. Mi guardava come fossi un’opera d’arte. Mi bastò quello per sentirmi desiderata e mi eccitai, anche se subito non compresi cosa fosse quella sensazione che sentivo. Mi fece una domanda, mi chiese se avevo mai posato per un artista. Mi disse che avrei dovuto farlo, che ero una musa ispiratrice. Io risi, mi schermii. Mi lasciò il suo biglietto. Dopo questo episodio ci allontanammo da lui e con Massimo commentai quel suo atteggiamento. Lui rise e disse che era soltanto un vecchio marpione come tutti gli artisti, uno che ci prova con tutte. Sminuì la cosa. Io invece mi ero sentita veramente interessante per l’artista. Diversa dalle altre. Nel corso della serata avevo colto altri sguardi da lui verso di me, da lontano. Quando sapevo che forse mi stava guardando evitavo di abbassarmi continuamente il vestito che non voleva sapere di stare al suo posto.”

“E quindi poi sei andata a posare per lui?”

“Qualche giorno dopo. Mi rigiravo fra le mani quel biglietto da visita e dentro di me sentivo il richiamo dell’incognito, della trasgressione, del desiderio. Avevo capito che dietro alla sua proposta c’era qualcosa di sessuale. Non mi illudevo che mi avesse semplicemente trovato bella e volesse ritrarmi. Quindi sapevo che se fossi andata da lui, se solo l’avessi chiamato, sarebbe stato un primo passo di una mia possibile infedeltà. Ma Massimo era così noioso. Scopavamo poco e io ardevo di voglia. Trovai il coraggio. Lo chiamai. E lui capì subito chi ero. Si ricordava di me. Mi disse di passare nel suo atelier quando volevo, a qualsiasi ora. Era in un periodo creativo, lo avrei trovato sempre lì. Ci andai. Era in una zona industriale dismessa, in un edificio apparentemente disabitato, all’ultimo piano, in un grande loft. Mi venne ad aprire. La prima cosa che notai fu che era scalzo, poi alzando lo sguardo vidi che non indossava niente a parte un pareo legato in vita. Il pareo non era del tutto coprente. Sotto si intuiva che fosse nudo. Più che altro si intuiva la sagoma del suo sesso che tendeva la stoffa. Rimasi un po’ interdetta da quella visione. La posizione sembrava quella di un cazzo a riposo, ma il volume che si intuiva era ben superiore a quello di tutti i ragazzi che avevo avuto. Lui non mi degnò di molta attenzione. Si limitò ad aprirmi la porta e farmi entrare. Capii che stava creando. Era all’opera. Lo seguii. C’era una tela su cui lui imprimeva dei segni con un pennello e una macchina fotografica su un cavalletto puntata verso un vecchio divano semi distrutto con sopra dei cuscini e una modella. La modella era una ragazza di colore, dal corpo flessuoso e da una voluminosa chioma di capelli ricci. Era nuda e distesa sui cuscini. Mi disse di unirmi a lei. Non era una domanda, sembrava un ordine. Io esitai un attimo. Gli chiesi timidamente se dovevo spogliarmi. Lui neanche mi rispose. Fissava la tela oppure andava a scattare una foto mentre la modella assumeva varie posizioni. Io mi spogliai. Indugiai prima di sfilarmi anche le mutandine, ma poi feci anche quello e raggiunsi la modella sul divano. Lui si esaltò. Elogiò i nostri corpi, il contrasto fra le nostre pelli. Cominciò a scattarci delle foto. Io ero un po’ in imbarazzo e un po’ eccitata, tra lo sguardo di lui e il contatto tra i nostri corpi nudi. Lei era bellissima, un viso perfetto ed un corpo che mi attraeva. Fu la prima volta che sentii dei desideri bisessuali. Le fissai con desiderio il pelo riccio e curato che aveva fra le gambe. Dopo ci spostammo. Mi fece mettere in una zona dell’atelier adibita a studio fotografico, con il telo bianco dietro che crea uno sfondo uniforme. Mi disse di assumere varie pose, mi scattò delle foto. L’altra ragazza si mise a fianco di lui e mentre lui era impegnato a inquadrarmi si inginocchiò e gli slacciò il pareo che cadde ai suoi piedi. Era nudo anche lui e gli vidi il cazzo che prima solo si intuiva. Io sgranai gli occhi. Era enorme. Penzolava tra le sue gambe. Lei cominciò ad accarezzarglielo con mani e labbra. Lui la ignorò, ma così non fece il suo cazzo che si eresse in tutta la sua gloria. Mi venne in mente una delle opere che avevo visto nella mostra, intitolata: ‘Cazzo d’artista’. Era una scultura a forma fallica, realistica ma, pensavo esagerata nelle dimensioni. Invece capii che era esattamente il calco del suo cazzo. Un cazzo bellissimo, appena poco curvo, con le vene in rilievo e la cappella scoperta perfettamente proporzionata. La ragazza glielo succhiava, anzi forse meglio dire che ne era in adorazione. Io ero eccitata a vedere quella scena e nelle foto che mi scattò si poteva facilmente intuire.”

“Quindi poi glielo succhiasti anche tu? Lo hai scopato? Lo avete fatto in tre? Dimmi.” ero curioso ed eccitato a sentire questo racconto anche se cominciavo a sentirmi inadeguato nei confronti di quell’artista.

“No. Non quel giorno. Quel primo giorno lui non mi ha neanche sfiorato. Non ha accennato a farmi nulla o a farsi fare nulla. Li ho guardati mentre scopavano. Lui poi mi ha detto di tornare quando volevo. Sembrò quasi una prova, un esame. Se fossi tornata era chiaro che sarei stata disposta a tutto. Passai qualche giorno a pensare al suo cazzo. Feci l’impietoso paragone con quello di Massimo. Mi domandai che differenza ci sarebbe stata a sentire l’uno e poi l’altro. Ma non era solo quello. Era tutta la figura di quell’uomo che mi attraeva e intrigava. Sembrava così libero mentalmente, così in grado di farti superare ogni timore. Era uno che sembrava trasformare in opera d’arte tutto ciò che toccava. La ragazza in ginocchio che gli succhiava il cazzo non l’avevo percepito come un pompino qualunque, era sembrata una performance artistica. E io volevo farne parte.”

“Quindi sei tornata da lui.”

“Sono tornata. E poi ancora. Ogni giorno.”

“E ci hai scopato.”

“Se ci ho scopato? La parola non rende. La prima volta che sono tornata abbiamo soltanto scopato. Per ore. Ero timorosa ma fui sorpresa dalla facilità con cui entrò in me nonostante le dimensioni. Faticavo a prenderlo in bocca ma scivolava dentro la mia fica come niente. Non ero mai stata così eccitata e bagnata. Fin da quella prima volta, poi, mi fece una cosa che non avrei mai immaginato. Ancora oggi mi chiedo quanto dovevo essere fuori di testa per non essermi rifiutata. Ero ancora vergine nel culo. E lui voleva infilarmi quel suo coso enorme. Non è che me lo ha chiesto, lo ha fatto succedere. Quasi glielo ho offerto io. E non so come fece ma entrò, quasi senza dolore. E provai l’orgasmo più potente che avevo mai provato. Per il cazzo nel culo, per la situazione.”

“Quindi diventò il tuo amante.”

“Non è la parola giusta. Io ero diventata una delle sue schiave sessuali. Con schiava non intendo che mi trattasse male, ma che ero totalmente dipendente dal sesso con lui. E lui ne approfittò coinvolgendomi in tutti i suoi giochi.”

“Quindi lo hai fatto non solo con lui.”

“Lo feci con quella modella. Fu fantastico. Il mio primo rapporto lesbo. La mia prima volta in tre. Lo feci con altre modelle. Lo feci con un suo amico. Lo feci con alcuni modelli. Lo feci con una signora sua fan. In tre, in quattro, in cinque. In un numero indefinito. Ho partecipato a orge. In me si sono infilati cazzi, dita, lingue che non so neanche a chi appartenevano.”

“Girava droga?” chiesi preoccupato.

“Girava, sì. Ma io non ho mai presa. Ero già drogata di sesso. Non riuscivo più a farne a meno. Pensavo solo a quello.”

“E Massimo? È per quello che ti ha lasciato?”

“Sì. Non ha mai saputo cosa facevo ma mi ha visto cambiare e anche io non ero più interessata a lui. Ero diventata appunto una drogata.”

“Mi è difficile immaginarti così. Mi è difficile pensare che tu sia la stessa persona che mi descrivi.”

“È difficile anche per me. Ed è difficile confessartelo. Spero che questo non rovini il giudizio che hai di me.”

Ci pensai su. Era sconvolgente. Non potevo crederci. Ma tutto ciò mi eccitava. Pensare che fosse stata così coinvolta in giochi e perversioni sessuali mi faceva impazzire di desiderio per lei. Le feci vedere che ero eccitato.

“Vorrei scoparti. Qui.” ma eravamo in un luogo pubblico.

“Anche io vorrei scopare. Avevo sepolto questi ricordi, farli venire fuori mi ha eccitato.”

Mi posizionai in piedi contro il muretto dove lei rimase seduta. Allargò le gambe avvinghiandosi a me con le stesse. Le scostai le mutande e mi tirai fuori il cazzo. Entrai in lei come niente. Lì sul lungomare, mentre attorno a noi la gente passeggiava.

“Continua.” le dissi.

E Clara continuò il racconto. L’elenco di ciò che aveva fatto sembrava l’elenco delle categorie di un sito porno. Mentre raccontava, il mio cazzo dentro di lei ogni tanto spruzzava, io mi fermavo, lui non perdeva del tutto il vigore e lo riacquistava a breve sentendo le parole di lei. A quel punto ricominciavo a muovermi quasi impercettibilmente dentro di lei e dopo un po’ venivo di nuovo.

“Mi hai detto tutto?” le chiesi alla fine. “Oppure ci sono cose che non mi dirai mai?”

“Ci sono cose che ho fatto che non dirò mai a nessuno.”

Rispettai la sua scelta anche se avevo intuito una delle cose che mi aveva tenuto nascosto, quando per un attimo aveva nominato il cane dell’artista.

“E come ne sei uscita da tutto questo?”

“A ripensarci non lo so bene. Ad un certo punto è finita. Credo che lui abbia perso l’interesse in me. Forse gli avevo dato tutto. Non poteva più corrompermi in nessun modo. E quindi ne ha cercato un’altra. E io ho percepito questo. Mi sono accorta che il suo desiderio non era più verso di me. Prima lo sentivo. Anche in mezzo ad una decina di persone io sentivo che lui mi voleva possedere. Anche se in quel momento stava scopando un’altra o un altro. E anche se in quel momento io ero scopata magari da tre uomini insieme. E senza il suo desiderio anche io non ne avevo più. E ho smesso di andarci. Quasi di punto in bianco.”

“E ti mancava poi tutta quella trasgressione?”

“Meno di quel che avrei pensato. Forse perché avevo fatto tutto. Era diventata una cosa facile. La vera trasgressione sarebbe stata una nuova storia sentimentale a quel punto. E quindi poi è arrivato Matteo e poi sei arrivato tu.”

“E ora ti manca?”

“A volte. A volte ci ripenso. Ripensarci mi eccita. Averti raccontato tutto mi ha eccitato.”

“Lo rifaresti? Intendo rifaresti alcune di quelle trasgressioni? Le rifaresti con me?”

“È una cosa diversa. Con te ho un certo tipo di rapporto. Non può diventare lo stesso che avevo con lui. Tu sei diverso da lui. Potrei fare certe cose ma sarebbero una cosa diversa.”

“Ti servirebbe di nuovo lui per riprovare certe sensazioni?”

“Forse. Lui o uno come lui.”

“Hai ancora il suo biglietto?”

Clara raccolse la borsetta appoggiata sul muretto. Tirò fuori il portafoglio e mi fece vedere il biglietto. Lo teneva insieme ad una fotografia di noi due.


“Mi piace come lo hai risistemato.” commentò Clara mentre camminava ancheggiando sui tacchi attraverso l’atelier dell’artista. Era vestita in maniera molto sexy.

Lui le faceva strada ed io ero un passo indietro. Mi guardavo attorno, guardavo le opere esposte e guardavo il culo della mia ragazza. Rapito da entrambe le cose.

Ci fermammo davanti ad un quadro appeso ad una delle colonne dell’open space.

“Ma questa…” iniziò a dire Clara.

Lui sorrise.

“Sei tu?” domandai io di fronte ad un quadro che era composto in parte dalla stampa di una fotografie e in parte da pennellate che ne completavano il disegno e da un patchwork di altri materiali. Il soggetto era Clara, anzi forse meglio dire il culo di Clara offerto in modo osceno.

“Non me l’avevi mai fatta vedere.” protestò amabilmente lei. “Non mi hai fatto mai vedere nessuna opera che mi raffigurasse, nonostante tutte le volte che ho posato per te.”

“Non rappresento la mia musa fintanto che lei stessa produce arte. Mentre eri con me la mia opera d’arte eri tu stessa. La tua sessualità esplosiva erano i miei quadri. Questo l’ho fatto quando hai smesso di venire.”

“Sai, ho sempre adorato il modo in cui riesci ad ammantare di filosofia dell’arte il fatto che vuoi solo fotterti delle belle ragazze.”

Ridemmo tutti assieme.

“Perché sei tornata qui?” le chiese lui dopo.

“Ho parlato di te al mio ragazzo.” disse indicandomi. “Voleva conoscerti.”

“No.” disse lui e noi lo guardammo stupiti. “Tu sei venuta perché raccontando di me a lui ti sei accorti che c’era una trasgressione che ancora ti mancava, nonostante tutto quello che ti ho fatto fare.”

“E sarebbe?” chiese Clara.

“Farti scopare di fronte al tuo amore.”

Io e Clara ci guardammo. Non l’avevamo previsto. O forse sì. Forse entrambi ci avevamo pensato a quell’ipotesi ma non avevamo osato dirlo. Clara era vestita come una che si vuole far scopare. E andare nell’atelier di quell’uomo che l’aveva trascinata negli abissi della lussuria non poteva che avere una conseguenza molto probabile.

“Mettiti lì.” disse lui senza ammettere repliche.

Clara si spogliò di tutto tranne che dei tacchi. Lui si slacciò i pantaloni ed io ebbi modo di vedere il suo notevole organo sessuale. Clara non aveva mentito e non aveva esagerato.

“Mi è mancato questo culo. Non ne ho trovate tante brave come te a prenderlo.” disse palpandoglielo voglioso. “Vogliamo farglielo vedere al tuo fidanzatino come lo prendi? O ti vergogni troppo a fargli scoprire come puoi essere?”

“Non sono più abituata…” mormorò lei piegandosi in avanti. Le gambe le tremavano, la figa le si era schiusa e mostrava i segni inequivocabili dell’eccitazione. Lui intinse il suo cazzo nei suoi umori, fu impressionante vedere come la apriva. Poi spostò il cazzo nell’altro buco e spinse inesorabilmente.

Fu uno spettacolo magnifico. Fu una performance artistica. Vidi Clara godere come io non l’avevo e mai l’avrei fatta godere. Nei suoi occhi vedevo solo la parte bianca, poi ogni tanto riacquistava coscienza, mi guardava e il vedermi lì a fianco la faceva godere ancora di più.

Mi segai e venni sborrandole in faccia. Ma rimasi duro di fronte a quella scena.

“Ti piace che ti sto inculando la ragazza? Non sei incazzato con me?” mi chiese lui mentre continuava a fotterla.

“Mi… mi piace.” mormorai io.

“Dovresti incazzarti invece, la sto facendo godere come tu non sei capace di fare. Ti sto sminuendo ai suoi occhi. Sto rendendo il tuo cazzo inutile.”

“Ma… non credo…”

“Eddai. Sei senza palle. Fatti valere. Riprenditi il tuo ruolo. Sei tu il suo uomo.”

“E cosa dovrei fare?”

“Puniscimi. Puniscimi in qualche modo.”

Rimasi inebetito senza sapere cosa fare.

“Eddai. Devo dirti tutto? Hai anche tu un cazzo duro. Usalo.”

Per un attimo pensai di andare a infilarlo in bocca a Clara. Ma non mi sembrava un gesto con cui ristabilire il mio possesso su di lei, anzi, lui la stava comunque inculando, la bocca era un ripiego. Lei mi guardò. Lei lo conosceva, probabilmente sapeva a cosa alludeva con questo discorso. Forse le era già capitato di assistere a situazioni del genere.

“Dai, amore.” mi sussurrò.

Io mi spostai lentamente alle loro spalle. Guardai il culo di lui che faceva avanti e indietro. Non era un brutto culo ma era pur sempre il culo di un uomo cinquantenne. Non mi avrebbe mai attratto in altre situazioni. Ma il simbolismo di quello che stavo per fare mi eccitò. Mi posizionai dietro a lui e puntai il cazzo nella direzione del suo buco.

Fu quasi lui, col suo movimento avanti e indietro a incularsi da solo. Il mio cazzo entrò molto facilmente. Probabilmente era abituato a prenderne, probabilmente anche più grossi del mio. Clara sembrò percepire cosa fosse avvenuto ed iniziò a gridare ancora più rumorosamente il suo godimento.

“Oh, sì, amore, che stai facendo?”

“Lo sto inculando. Sto inculando l’uomo che osa fotterti davanti ai miei occhi.”

“Oh, sì, amore!”

Godemmo tutti e tre. Clara nel suo continuo e ininterrotto orgasmo che durava da diversi minuti. Lui svuotandosi nel suo culo e stringendo di conseguenza l’ano attorno al mio cazzo in modo pulsante. Io lo imitai poco dopo.

“Fermatevi qui. Chiamo degli amici.” propose lui mentre ci riprendevamo.

Poi ci lasciò soli. Io e Clara ci abbracciammo.

“Che facciamo?” le chiesi.

“Tu sei disposto? Sei pronto?”

“A cosa?”

“A sperimentare l’abisso della lussuria.”

“E tu? Tu sei disposta a caderci di nuovo?”

“Sì. Insieme a te sì.”

“Ne usciremo, poi?”

“In due è più difficile.”

Arrivò gente di vario tipo, convocata da lui. Qualche modella bellissima. Qualche modello altrettanto bello. Signore e signori più attempati. Altri più giovani. Alla fine eravamo circa una dozzina di persone.

In mezzo all’atelier c’era una zona con un letto enorme e altri divani e cuscini per terra. Serviva a quello. A fare le orge. Dodici persone nude che si accoppiavano e si raggruppavano in vari modi, senza badare molto a relazioni esistenti e a differenze di sesso.

Vidi Clara presa da tre uomini contemporaneamente. Mi scopai la ragazza dal corpo più perfetto che avevo mai visto. Ebbi un rapporto omosessuale con uno dei modelli, mentre Clara mi guardava ammirata.

Su un tavolino ai limiti della zona adibita al sesso c’erano delle strisce di cocaina e del viagra. Vidi gente prendersi la prima, alcuni la sniffarono dopo averla messa sul culo di una modella. Io mi limitai alla pillola blu, per poter continuare a scopare oltre i miei limiti fisici.

Andammo avanti a lungo, fin quando crollai esausto per terra, sul tappeto. Dopo un po’ sentii una mano che mi sollevo la testa tirandomi per la fronte ed un corpo che si adagiava sul mio. Era lui, l’artista, il padrone di casa.

“Guardala.” mi disse.

Clara era uscita dalla zona del lettone ed era salita su un piedistallo, sullo stesso su cui era esposta un’opera. Il ‘Cazzo d’artista’, la copia originale. Si mise a gambe larghe e scese fino ad appoggiarsi alla punta di quel fallo in gesso dipinto.

“Le ho sempre proibito di farlo. Lo ha sempre voluto fare.” mi disse.

Tutti si erano voltati a guardarla. Era particolarmente scenografica, illuminata dalla luce che esaltava l’opera. Si calò sul fallo finto e la sua figa si aprì per accoglierlo. Poi si tirò su e la scultura luccicò madida di umori.

L’artista si posizionò meglio su di me con il suo corpo. Sentii il suo grosso cazzo posizionarsi tra le mie chiappe.

“Dovrei punirla per quello che sta facendo. Oppure dovrei punire te.”

Io mugugnai e cercai di divincolarmi, senza troppa convinzione. Il mio culo quella sera aveva perso la sua verginità. Mi era anche piaciuto, e parecchio. Ma l’idea di ricevere il suo enorme cazzo mi spaventava, anche se forse ero l’unico che quella sera non l’aveva preso.

Clara si lasciò cadere di nuovo sulla scultura ma stavolta facendosela entrare nel culo. Emise un gemito di piacere mentre il fallo le entrava completamente in lei. Aveva la figa spalancata, esposta ai nostri occhi. Iniziò a sfregarsela con una mano. Tutti noi la guardavamo in adorazione. Come fosse una sacerdotessa di un rito pagano.

Dietro di me la punta del suo cazzo iniziava a farsi largo dilatando il mio ano.

“No, fermo.” provai a lamentarmi.

Poi Clara iniziò a godere urlando. E squirtò copiosamente. Sotto di lei, quelli che si erano avvicinati di più ricevettero gli schizzi a bocca aperta.

Rilassai l’ano in quell’istante, rapito da quella scena perversa e oscena. Il cazzo di lui mi penetrò.

Chissà se lei mi aveva notato. Chissà se il suo godere bagnato era stato aiutato dal vedermi sottomesso a lui.

Le attenzioni di tutti passarono in breve tempo da lei a noi due. Tutti mi guardarono mentre venivo sodomizzato. Non so se anche Clara mi guardò perché abbassai la testa vergognandomi.

Fu l’ultima scena di quella serata. Fu l’inizio di un nostro percorso, nell’abisso della lussuria, dal quale forse un giorno ne usciremo.

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