Fantasie a turno

Una coppia gioca alternandosi nel soddisfare le fantasie dell’altro.

“Che ne dici se stasera è il mio turno?”

Francesca disse questa frase come se niente fosse, mentre si truccava allo specchio davanti al suo lavandino nella stanza dell’hotel in cui alloggiavamo.

Io ero praticamente nella sua stessa posizione, davanti al mio lavandino, e mi stavo facendo la barba. Addosso avevo soltanto un asciugamano legato in vita, dato che ero appena uscito dalla doccia. Francesca invece era già quasi vestita.

Eravamo a Milano, come spesso ci capitava. Io ero lì per lavoro e lei spesso mi seguiva quando i miei appuntamenti erano vicini al weekend, come quel venerdì.

Stavo insieme a Francesca da poco. Entrambi reduci da un matrimonio fallito. Lei aveva poco più di 30 anni all’epoca, una decina meno di me. Tra noi si era formata in breve tempo una forte intesa, soprattutto dal punto di vista sessuale in contrasto con la condizione che entrambi avevamo vissuto nella vita coniugale. Lei era una donna calda, disponibile ad assecondare le mie voglie e determinata a soddisfare anche le proprie.

E quella frase, apparentemente innocente, si riferiva proprio alla nostra vita sessuale. Per questo quando la pronunciò io rimasi per un attimo bloccato. Si riferiva ad una cosa che un po’ temevo, che speravo si fosse dimenticata.

Poche settimane prima, infatti, in una delle nostre gite milanesi, l’avevo convinta a soddisfare una delle mie fantasie erotiche. Dopo un po’ di insistenza lei aveva accettato di assecondarmi. In cambio aveva detto che una delle volte successive sarei stato io a dover accontentare lei. Quando aveva detto così io non ci avevo dato molta importanza, avevo troppa voglia di realizzare un mio sogno erotico. E poi ancora non sapevo cosa voleva lei.

E così quella sera ci eravamo vestiti eleganti e sexy, soprattutto lei. E l’avevo portata in un club per scambisti. Volevo vederla fare sesso con altri uomini, con tanti uomini insieme. Lei nuda in mezzo ad altri corpi. Francesca non rifiutava a priori esperienze simili ma era stato per lei comunque difficile lasciarsi andare in quel modo insolito. Era anche per lei una fantasia quella di trovarsi in mezzo a più uomini, ma non aveva forse mai pensato di farlo veramente.

Il giorno dopo mi aveva espresso la sua soddisfazione per ciò che aveva fatto la sera prima, unita comunque ad uno sconvolgimento emotivo che la pratica le aveva lasciato. E a quel punto, quasi un po’ come vendetta, mi aveva detto quale era la fantasia che lei avrebbe voluto che io le permettessi di vivere.

Io avevo abbozzato. Non potevo rimangiarmi la promessa che le avevo fatto ma cercai di non parlarne molto e di non tirare più fuori il discorso, sperando che lasciasse perdere.

Fino a quella mattina. A quell’annuncio.

Deglutii nervoso e mi appoggiai al lavandino, con sconforto. Ma senza darlo troppo a vedere, lei mi aveva accontentato, io dovevo essere all’altezza. Se lo meritava. E poi, ma cercavo di non ammetterlo neanche a me stesso, in realtà un po’ ero incuriosito dalla sua proposta.

“Che ne dici? È finalmente la sera giusta?” mi disse venendo dietro di me. Di sicuro aveva colto il mio turbamento emotivo.

“Fo… forse.” balbettai.

Francesca mi alzò l’asciugamano da dietro, tastandomi il culo con desiderio.

“Dai… non vedo l’ora.” mi sussurrò con voce roca mordendomi un orecchio.

Il mio asciugamano si slacciò e cadde a terra ed io rimasi nudo. In contrasto con lei che era vestita. Si inginocchiò dietro di me, mi afferrò il cazzo e iniziò a segarmelo con una mano e intanto mi stampò sonoramente un bacio su una chiappa. Poi ridacchiò.

“Ti ho lasciato il segno col rossetto. Hai un bel paio di labbra disegnate sul culo. Non pulirti, voglio che te le porti dietro tutto il giorno. Fino a stasera.”

Sottolineò la parola “stasera”.

“Beh… mi sembra che l’idea non ti dispiaccia poi così tanto…” disse indicando il mio cazzo che intanto aveva guadagnato in consistenza e dimensioni. “Bene, lo sai che la mia fantasia funziona solo se è gradita anche da te.”

Io abbassai gli occhi, ammettendo implicitamente le sue parole. Come avrei fatto ad affrontare la giornata lavorativa con in testa questo tarlo inseritomi da Francesca su quello che avremmo fatto quella sera?


Io e Francesca ci ritrovammo quella sera per cena. Io alla fine ero riuscito a distrarmi e a gestire i miei incontri di lavoro senza pensare troppo alla serata. Lei invece era andata in giro per negozi e per turismo ed aveva acquistato scarpe e un vestito sexy che già sfoggiava.

Era allegra ed euforica. Mi raccontò cosa aveva visto e volle sapere a grandi linee come era andata la mia giornata. Poi andò ad illustrarmi i suoi piani per la serata. Si era informata, aveva selezionato i locali giusti e aveva scelto quello da cui partire. Glielo avevano consigliato alla reception dell’hotel. Questo mi mise un po’ in imbarazzo perché rendeva in qualche modo palese le nostre intenzioni, anche se con sconosciuti.

E proprio in quel locale ci recammo dopo cena e dopo essere ripassati in hotel a cambiarci. Francesca infatti si tolse, con mio dispiacere, quel bel vestito sexy e si vestì quasi da uomo. Si tirò anche su i capelli, in modo che sembrassero corti.

“Così mi si noterà di meno in quel locale.” mi spiegò. Io feci una smorfia come risposta. “Smettila.” mi disse dandomi uno schiaffetto. “Ti piacerà, e lo sai.”

Non era l’unica donna in quel locale, anzi. Ma probabilmente era una delle poche prevalentemente etero. Così come per me dal lato maschile.

Prendemmo da bere, io qualcosa di forte, e ci piazzammo in un punto da cui potevamo osservare buona parte degli avventori di quel discopub.

“Dai, troviamo qualcuno di adatto.” mi urlò Francesca nell’orecchio per sovrastare la musica. Io la guardai e poi mi guardai attorno come fece lei.

In realtà non stavo realmente cercando qualcuno. Non ci riuscivo. Non vedevo nessuno che mi piacesse in qualche modo, ma di fatto non stavo neanche guardando. Era come se rifiutassi l’ipotesi.

Francesca ogni tanto mi diede di gomito e poi indicò qualche ragazzo. Io scuotevo la testa e lei poi mi dava ragione. Poi vidi il suo viso illuminarsi.

“Quello!” mi urlò indicando in mezzo alla folla che ballava. “È perfetto.”

Io non riuscii a capire a chi si riferiva. Lei mi lasciò e si buttò in mezzo alla gente. Quasi la persi mentre si infilava tra i corpi che si agitavano a ritmo di musica. Poi la vidi interrompere un biondino giovane. Lei gli disse qualcosa nell’orecchio, lui sembrò non capire. Poi le lo trascinò via e li persi di vista.

Pochi minuti dopo eravamo fuori in strada sul marciapiede. La musica del locale si percepiva ovattata.

“Eccolo.” mi disse trionfante vedendolo uscire dalla porta. Il biondino si mise le mani in tasca, si guardò attorno e poi vide Francesca che gli faceva gesti per farsi notare.

“Ciao.” disse rivolto a me e porgendomi la mano. Era indubbiamente un bel ragazzo. Francesca aveva buoni gusti.

“Ciao.” gli risposi imbarazzato.

“E così vorresti provare a scopare con un maschio.” commentò lui. Io avvampai ma per fortuna era buio e non si notò.

“Ma… veramente è più lei che vuole vedermi che lo faccio con un uomo…” bofonchiai.

“Lascialo perdere. Vuole farlo anche lui, solo che ancora non lo sa.” intervenne lei stringendomi per un braccio. “Allora, ti piace?” gli chiese speranzosa.

Lui mi guardò da capo a piedi, con un sorrisetto.

“Bell’uomo. Molto maschio. Mi piace.”

In un certo senso fui orgoglioso di quel suo apprezzamento. Anzi, mi fece proprio piacere. Percepii il suo desiderio riguardo al mio corpo. Era una cosa che da una donna era più difficile capire. Le donne che avevo avuto mi avevano sempre desiderato in modo più generico, forse Francesca esclusa. La voglia di un uomo era più fisica, più diretta al mio corpo.

Salimmo su un taxi a cui dicemmo l’indirizzo del nostro hotel. Lui ci avrebbe seguito sul suo scooter.

“Ma cosa gli hai detto per convincerlo?” le domandai curioso a bassa voce.

“Gli ho detto che ero lì col mio uomo che voleva fare una esperienza gay.” rispose lei a voce un po’ troppo alta per non farsi sentire dal tassista. Le feci il gesto di abbassarla.

“Così? Diretta?”

“Certo. Infatti pensava di non aver capito. Allora siamo andati in un posto più tranquillo e gli ho spiegato tutto.”

“E cosa voleva sapere?”

“Prima di tutto perché ero andata da lui. E gli ho spiegato perché mi piaceva.”

“E perché ti piaceva proprio lui?”

“Dai, l’hai visto? È perfetto. Come nelle mie fantasie. Giovane, carino, un po’ efebico, lievemente effemminato ma non troppo, con un bel corpo, un bel culetto soprattutto.”

“Sei riuscita a notarlo?”

“Certo. Non dirmi che non l’hai guardato anche tu.”

“E poi? Che altro ha chiesto?”

“Voleva sapere cosa volevi fare.”

“E tu cosa gli hai detto?”

Francesca mi guardò sorridendo maliziosa.

“Non ti dico cosa gli ho detto. Gli ho descritto quello che io pensavo tu avresti fatto. E lui ha gradito quelle ipotesi.”

“Ma cosa devo fare con lui? Non sarai tu a dirmi cosa fare?”

“No… io voglio guardarti, voglio che fai quello che ti piace, quello che ti ispira, quello che hai voglia di fare con un altro maschio…”

“Ma io pensavo che…”

“Voglio vedere emergere il tuo lato omosessuale… voglio essere solo spettatrice… è questa la mia fantasia…”

Abbassai il capo, un po’ sconfortato. Non ero sicuro di riuscire a farlo, di riuscire a renderla felice. Quando poi lo rialzai mi parve di scorgere un sorrisetto di scherno nel tassista, che secondo me aveva sentito tutto. Ma a quel punto chi se ne fregava. Ormai ero in ballo. E non mi sarebbe importato neanche entrare nell’hotel e passare davanti alla reception in tre, io, lei e il ragazzo, dopo che Francesca quel giorno aveva chiesto informazioni su locali gay della zona. La vita sessuale era la mia e cosa pensassero degli sconosciuti era ininfluente.

La mia paura ora era quella di uno sotto esame. Dovevo fare felice Francesca facendo una cosa che non mi veniva del tutto naturale. Avevo timore che il mio cazzo non rispondesse a dovere. Pensai di concentrarmi più sul fatto che ci fosse lei a guardarmi, quella era una cosa che mi eccitava molto.


Appena entrati in camera Francesca si andò a sedere sulla poltroncina nel punto più in ombra della camera da letto.

Il ragazzo invece, con molta naturalezza, iniziò a spogliarsi ed io, un po’ titubante, lo imitai. Poi andò in bagno per lavarsi ed io lo seguii.

Guardai il suo corpo. Era un bel corpo. Ok, non ne ero attratto come da un corpo femminile ma oggettivamente era gradevole. Era pochissimo peloso e quello mi facilitava nel non trovarlo troppo diverso da quello femminile. Il culetto poi era effettivamente tondo e carino, quasi da ragazza. Lo osservai mentre, seduto sul bidet, se lo lavò approfonditamente, infilandosi con facilità diverse dita dentro.

Poi ci ritrovammo entrambi nudi, ciascuno davanti ad un lavandino, così come eravamo stati io e Francesca quella mattina quando lei mi aveva annunciato i programmi per la sera. Lo guardai. Aveva una posa quasi da donna mentre si guardava allo specchio. Notai che mi osservava nel riflesso. Capii di piacergli e cominciai ad eccitarmi.

Nonostante la giovane età appariva esperto e tranquillo, molto più di me, e prese in mano la situazione. Anzi prese in mano proprio il mio cazzo che si stava indurendo e tirandomi per quella mia appendice mi condusse in camera. Sentii un sussulto di piacere di Francesca nel vederci arrivare così. Poi lui si inginocchiò e prese in bocca il mio cazzo.

Potevo non guardarlo, potevo chiudere gli occhi e così immaginare che inginocchiata davanti a me ci fosse una ragazza. Ma io lo sapevo. E sapevo che l’unica donna presente era seduta a guardarmi mentre un ragazzo mi succhiava il cazzo. E poi l’avrei capito comunque. Un maschio, almeno quel maschio, ha uno stile diverso nel succhiare. Sa che cosa sta facendo, sa che sensazioni provoca con ogni tocco. E cazzo se era bravo nel farlo!

Se lo avessi lasciato continuare ancora un po’ gli sarei venuto in bocca. E non volevo. Non volevo arrivare al godimento così presto. Sapevo che poi forse avrei voluto interrompere tutto. E Francesca non se lo meritava. Quindi mi staccai. Lo tirai su e con poco garbo lo spinsi sul letto. Presi un preservativo e lo indossai. Lo girai. Avevo davanti un bel culo. Poteva essere un culo qualunque, di una ragazza magra. Se non fosse per quelle palle penzolanti.

Quasi con rabbia mi spinsi dentro di lui. A quel punto volevo scoparlo. Volevo fotterlo con forza. Volevo ribadire la mia mascolinità. Lui era un maschio ma se lo penetravo non perdevo nulla della mia virilità, anzi magari agli occhi di Francesca ne acquisivo ancora di più.

Già, Francesca. La sentivo. Ansimava. Si stava toccando probabilmente. Le piaceva vederci e questo mi stava eccitando. Cazzo se mi eccitava! Davo spettacolo per lei. Stavo scopando i maschio per il piacere di lei. Ma anche per quello del ragazzo, che gradiva molto il mio cazzo nel culo.

E anche per il mio piacere. Dovevo ammetterlo. Mi stava piacendo. Non importava il sesso di chi avevo sotto. Era sesso. Era trasgressione. Era perversione. E mi piaceva.

Cambiammo posizione diverse volte. Volle essere scopato a pancia in su e a gambe aperte, come nella posizione del missionario con una donna. Poi volle stare sopra lui. Mi elogiava, a me e al mio cazzo durissimo e grosso. Mi inorgogliva. E alla fine venni.

Rimasi sul letto ansimante e spossato. Lui mi venne sopra, abbracciandomi teneramente. Mi baciò in bocca. Io subito lo respinsi. Ma sentii un sospiro di piacere da quella poltroncina nel buio. E allora lo lasciai fare. Venne col suo corpo sul mio. Si strusciò su di me. Sentii il suo cazzo duro sfregare sul mio che era un po’ morbido ma ben presto si riprese. Cazzo contro cazzo. Uno più duro dell’altro. Mi fece venire di nuovo. A pochissima distanza dal primo orgasmo. Quasi persi i sensi.

Lui non era ancora venuto. E mentre io ero così inerme scivolò in basso. Sentii la sua punta dura farsi largo nelle mie zone più intime.

“Ehi, aspetta…” dissi spaventato. Non pensavo sarebbe successo. Lui si bloccò, gentile ma evidentemente deluso.

“Vai, fallo…” si sentì sussurrare da parte di Francesca.

E lui la ascoltò, nonostante il mio “no” detto fra i denti.

Sentii il mio buco aprirsi inesorabilmente. Un po’ di dolore, nonostante la delicatezza del gesto. E poi mi scopò e fece in quel modo sparire tutta la virilità che sentivo di aver ribadito fino a poco prima. Mi fece sentire femmina, di fronte alla mia di femmina e questo amplificava quel senso di vergogna nel praticare quel gesto da sempre attribuito solo agli omosessuali.

Cercai con gli occhi la mia donna. Fu istintivo anche se in quel momento non volevo essere visto da lei. E invece fu salvifico. La vidi che mi guardava con occhi pieni di lussuria e di piacere. Si avvicinò, uscendo dall’ombra ed entrando in gioco nonostante avesse detto di voler essere solo spettatrice. Mi accarezzò.

“Sei bellissimo.” mi disse. “Siete bellissimi.”


“Ammettilo, ti è piaciuto.”

La mattina dopo Francesca era euforica. Non parlava d’altro che di quello che era successo la sera prima. Io cercavo di sviare.

“Ma cosa vuoi che dica? Che sono bisex?” sbottai dopo un po’.

“No. Non lo sei. Si vedeva benissimo ieri sera che non eri bisex.”

“E quindi perché dovrei ammettere che mi è piaciuto?”

“Perché ti è piaciuto. Si capiva anche quello. Ma lo so che non sei attratto dagli uomini. Però so che sei così porco e perverso che fare sesso con un uomo ti è piaciuto. Paradossalmente ti è piaciuto proprio perché sei etero. È stata la trasgressione a piacerti. Oltre alle sensazioni fisiche, ovviamente, quelle non hanno sesso.”

“Va bene, allora ok. Mi è piaciuto. Contenta?”

“Sì. Molto.” rispose Francesca ridacchiando.

“E quindi ora che sei contenta, cosa vuoi?”

Fece finta di pensarci su, col dito sul labbro, la bocca aperta e gli occhi che girovagavano per la stanza.

“Ora voglio che mi scopi. Come hai fatto con lui ieri sera. Che in fondo una cosa che degli uomini ti piace più che delle donne c’è. Che se li scopi sei sicuro che li inculi anche! Ahahaha”

Mi voleva provocare, e solo per farsi prendere con ancora più vigore. La sodomizzai senza pietà, proprio come voleva.

“Adesso però tocca di nuovo a te.” dissi sfruttando la mia posizione di forza.

“A far cosa?”

“A soddisfare una mia voglia…”

“Va bene. Se poi tocca di nuovo me…” ribatté con furbizia.

“Ok.” accettai fingendo di farlo controvoglia.

“E cosa vuoi che faccia?”

Feci finta di pensarci su. In realtà lo avevo deciso da tempo.

“Tocca a te l’esperienza omosessuale. Voglio vederti con una donna.”

Lei si girò. Fece la finta scandalizzata. Poi acconsentì con uno sguardo da porca.

“Oh, ok.”

“Allora ci stai?”

“Sì…” rispose lasciando qualcosa in sospeso, che poi mi svelò al mio affondo successivo nel suo culo. “E non hai la minima idea di cosa ti chiederò io poi…”

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