Chi dorme non piglia pesci

E neanche arrivare in ritardo aiuta…

“Ok, ok… ho capito… sì, lei è già arrivata… non ti preoccupare… tienici aggiornati. Ciao.”

Misi giù il telefono e guardai Elena, la nostra ospite per quella sera, alzando le spalle. Le spiegai la situazione. Mia moglie Chiara era rimasta bloccata a causa di un incidente in tangenziale e sarebbe arrivata tardi per quella cena a casa nostra a cui avevamo invitato Elena, una sua amica. Elena fece un sorriso di circostanza, io le dissi che noi potevamo intanto iniziare a mangiare, che dovevo solo finire di preparare le ultime cose, lei mi chiese se avevo bisogno di aiuto e poi disse che potevamo anche aspettare un po’ per vedere se la situazione di Chiara si sbloccava.

Intanto le offrii da bere. Elena si sistemò sul divano mentre io ero in piedi appoggiato al tavolo. Facemmo il gesto del brindisi e buttammo giù un sorso di vino. Elena poi mi sorrise.

“Ti ricordi l’ultima volta che siamo stati da soli noi due?” mi domandò con tono ammiccante.

Io tossii nervosamente ed annuii. Era quello il motivo per cui il ritardo di Chiara mi aveva messo un po’ a disagio, non per altro. Tra me ed Elena, un paio di anni prima c’era stato un episodio piccante.


Quell’estate io e Chiara eravamo andati in vacanza con la sua amica Elena e con il suo compagno dell’epoca, un certo Fausto. Li avevamo ospitati nella casa di Chiara in Sardegna, dove noi andavamo tutti gli anni.

“Cosa dici? Proviamo a proporglielo? È tua l’amica, per me non c’è problema.” dissi a Chiara mentre stavamo discutendo sul proporre o meno ai nostri ospiti di andare in una delle più belle e isolate spiaggette dei dintorni, una delle nostre preferite.

Non ci sarebbe stato nessun problema, se non fosse che quella spiaggia era abitualmente frequentata da nudisti. Io e Chiara eravamo abituati, non avevamo problemi a stare nudi al mare, lo facevamo spesso, ma non sapevamo se la sua amica e il suo compagno sarebbero stati d’accordo o si sarebbero scandalizzati.

Alla fine glielo chiedemmo. Furono un po’ titubanti, forse Fausto più di Elena, ma accettarono, magari più per non sembrare bacchettoni che per sincera adattabilità a quella situazione. La bellezza della spiaggia per fortuna compensò l’imbarazzo iniziale e poi, un po’ come tutti, si abituarono a quella condizione e non ci fecero più caso.

Elena era una bella donna. Mi piacque vederla nuda e mi piacque notare che il suo sguardo si soffermava spesso sul mio corpo, sulle mie parti intime. In un confronto con Fausto ne uscivo di certo meglio io. Elena aveva un folto pelo nero tra le gambe a differenza di Chiara che si depilava. Ammetto che, abituato alla figa liscia di mia moglie, quella novità catturava la mia attenzione.

Alla fine fu una piacevole giornata. Noi fummo contenti di essere andati nel nostro posto preferito, loro furono divertiti dall’aver sperimentato quella novità.


Era una delle ultime notti di vacanza. Era caldo. Non riuscivo a dormire, come spesso mi capitava. Mi alzai, andai in cucina a bere. Mi aggirai scalzo e nudo per la casa. Normalmente avrei indossato qualcosa sapendo che avevamo ospiti ma essendo notte fonda ed avendo passato insieme del tempo nudi in quella spiaggia pensai che se avessi incrociato qualcuno non sarebbe stato un problema. Andai sul balcone, a prendere un po’ di fresco.

Dalla nostra casa si scorgevano le luci lungo la linea di costa. Restai qualche istante ad osservare il panorama notturno. Poi sentii un rumore, vicino a me, che mi fece sobbalzare e mi fece girare all’improvviso.

“Oddio…” esclamai. “Mi hai spaventato.” mormorai appena mi resi conto di chi fosse stata la sorgente del rumore.

Era Elena, seduta sulla sdraio.

“Scusa.” disse lei.

“No, scusa tu, non ti avevo visto…” le dissi girandomi del tutto e appoggiandomi al parapetto del balcone. In quel momento mi ricordai di essere nudo. Istintivamente portai una mano a coprirmi le pudenda, ma cercando di non far notare troppo il gesto per non attirare troppo l’attenzione ed ottenere l’effetto contrario.

“Ero qui a prendere del fresco, non riesco a dormire.” commentò Elena e mi parve che il suo sguardo percorresse il mio corpo.

“Ah, anch’io. Soffro d’insonnia.”

“A chi lo dici…” aggiunse lei.

Poi rimanemmo qualche istante in silenzio. Nessuno sapeva cosa dire. Poi parlò lei, tirandosi su in modo da rimanere seduta sul bordo della sdraio.

“Poi anche evitare di coprirti, ho già visto quello che c’era da vedere…” disse con una certa malizia.

“Ah, sì… scusa… è che dormo nudo… e non pensavo che ci fosse qualcuno sveglio…” provai a giustificarmi.

“E direi che non c’è niente che merita di essere nascosto.” aggiunse lei sorridendo.

“Ah… grazie.” risposi imbarazzato per il complimento.

Seguì qualche altro minuto di silenzio. Elena si alzò in piedi e si avvicinò al parapetto del balcone per osservare anche lei il panorama. Da dentro la casa si percepiva il leggero russare del suo compagno. Elena era in canottiera e mutande. O almeno credevo che avesse le mutande, nel buio non avevo avuto modo di scorgere sotto alla canottiera che le arrivava appena sotto al pube e che era tesa sul davanti dai suoi seni abbondanti.

“Ho sempre sofferto di insonnia.” mi disse sconsolata.

“Anche io. Siamo persone troppo sveglie.” dissi facendo una battuta.

“Già.”

“Tu prendi qualcosa?”

“Ogni tanto. Ma preferisco non diventarne dipendente.”

“Capisco.”

“Sai, c’è stato un periodo, qualche anno fa che il problema sembrava essersi risolto.”

“Ah sì? E hai capito il motivo?”

“Non ne sono sicura, ma era il periodo in cui stavo con Fabio, te lo ricordi?”

Io annuii. Grazie a Chiara conoscevo Elena da tanti anni e avevo avuto modo di conoscere vari suoi uomini. Lei dopo aver divorziato da suo marito aveva avuto un paio di fidanzati duraturi prima di Fausto. Il penultimo era appunto questo Fabio, uno che noi avevamo sempre pensato poco adatto a lei, infatti il loro rapporto sembrava essere sempre ricco di contrasti. Mi stupì quella sua affermazione che quando stava con lui dormisse bene, ma poi lei, sogghignando, mi spiegò il perché.

“Sai… lui mi scopava tutte le sere. Ne aveva sempre voglia. Voleva sempre fare sesso e mi lasciava esausta. Non so se era quello, ma dopo che mi scopava dormivo serena fino al mattino.”

“Ah.” dissi io non sapendo come commentare senza essere inopportuno.

“Forse è quello che mi ci vorrebbe… una bella scopata.” disse lei girandosi verso di me in modo apparentemente allusivo.

“Beh… vai a svegliare Fausto… non si offenderà…” dissi io mentre sentivo che il mio cazzo si stava ridestando a sentire questi discorsi. Cercai di girarmi leggermente per non farglielo notare.

Elena scosse la testa, sorridendo sconsolata.

“No… lui non è certo come era Fabio, sempre pronto…”

“Ah.”

Tra noi tornò il silenzio. Io mi girai per guardare verso l’esterno del balcone, mentre Elena tornava a sedersi sulla sdraio. In quel modo le davo le spalle, in quel modo il mio cazzo che era diventato barzotto poteva passare inosservato.

“Chiara dorme?” mi chiese lei e la domanda non sembrava innocente.

“Cre… credo di sì.” risposi io.

Nella mia testa avevo mille dubbi. Quelle mezze frasi e quell’atteggiamento di Elena sembravano indicare una cosa: lei aveva voglia di sesso e forse non aveva problemi a togliersela grazie a me. Lei però era una delle migliori amiche di mia moglie, che era a pochi metri di noi, così come il suo attuale compagno. Non avrei dovuto neanche pensare all’ipotesi di scoparmela. Neanche lei avrebbe dovuto pensarci. Allo stesso tempo mi eccitava l’idea. Mi piaceva lei come donna e mi piaceva la sua sensualità e queste allusioni che mi aveva lanciato.

Sentii un fruscio alle mie spalle. Intuii cosa potesse essere ma non mi girai per controllare. Era il rumore che avrebbe fatto una canottiera sfilata. Poi la sentii alzarsi e una mano si appoggiò delicatamente sulla mia spalla. Girai leggermente la testa. In quel momento il corpo di Elena si appoggiò al mio. Era nuda. Il suo seno era morbido contro la mia schiena. La sua mano scese lungo il mio fianco fino a sfiorarmi con le unghie l’esterno dei glutei.

“Che fai…” mormorai girandomi e incontrando così il suo volto a pochi centimetri dal mio.

Ci baciammo. Le labbra si aprirono e le lingue si attorcigliarono. Una sua mano mi tastò il cazzo che era già duro.

“Mmh, tu sei pronto invece…” commentò soddisfatta. “In spiaggia mi ero chiesta come diventasse il tuo cazzo da duro… prometteva bene…”

“Elena…”

Con l’altra mano afferrò il mio polso e portò le mie dita fra le sue gambe. Sentii i suoi peli e poi le sue labbra umide e aperte.

“Cosa stiamo facendo?” le chiesi.

“Scopami. Ne ho voglia. In tutta questa vacanza lui non mi ha mai scopato. Mentre io sentivo voi che lo facevate, anche se cercavate di non farvi sentire…”

“Appunto… di là ci sono i nostri partner… non dovremmo…”

“Non vuoi farlo?” mi disse staccandosi e fermandosi per un attimo.

“Non è che non voglio… non posso… non devo… non dovrei.”

Elena mi sorrise. Era bellissima così nuda illuminata solo dalla luce della luna e da quella proveniente dai lampioni della strada sottostante. Poi si inginocchiò e prese il mio cazzo in bocca.

“Elena… no…” provai a dirle cercando senza una vera convinzione di spingerle via la testa.

Era golosa e vogliosa, si capiva. Aveva proprio voglia di sentire dentro di sé un cazzo duro.

“Allora non vuoi veramente?” mi chiese alzandosi e baciandomi.

“Elena…” dissi con tono misto tra il rimprovero e la supplica.

“Non mi vuoi?” ripetè staccandosi da me e appoggiandosi al parapetto chinandosi in avanti e spingendo all’indietro il culo.

Aveva un bel culo e in quella posizione era irresistibile. Guardai verso l’interno dell’appartamento, dove mia moglie stava dormendo o almeno così speravo. Il russare del compagno di Elena si era fatto più intenso. Mi spostai dietro di lei. La afferrai per i fianchi. Lei si spinse all’indietro, alla ricerca del mio cazzo.

“Dai scopami.”

“Elena…”

“È notte. Siamo in vacanza. Ciò che succede in vacanza rimane in vacanza. Nessuno lo saprà mai.”

Mi spinsi in avanti. La sua figa si aprì calda e accogliente. Elena emise un gemito.

“Fai piano.” le dissi preoccupato.

Lei si girò a guardarmi con un sorriso diabolico. Le piaceva questa mia paura di essere beccato che però era superata dalla voglia che lei mi aveva fatto venire.

La scopai così per alcuni minuti. Fino a sborrarle dentro dopo essermi assicurato che potessi farlo. Lei si morse le labbra per non urlare i suoi orgasmi nella notte. Poi tornammo ciascuno nel proprio letto.

“Dormito bene?” chiese Chiara a Elena il mattino dopo.

Lei le rispose sorridendo di sì e poi subito dopo guardando me. Mi sentii in colpa, ma mi venne anche il cazzo duro.


Elena era seduta sul divano. Indossava scarpe col tacco, calze e un vestito abbastanza corto che lo diventò ulteriormente quando lei accavallò le gambe in modo scenografico. Aveva in mano il bicchiere e mi guardava in modo seduttivo. Io feci finta di niente, a differenza del cazzo nei pantaloni che mi mandava segnali di risveglio.

“Fra quanto arriva Chiara?” mi chiese Elena.

“Ehm… credo che almeno un’ora le ci vorrà per arrivare a casa, vista la situazione.”

“Beh… direi che possiamo resistere ed aspettarla per mangiare. Dobbiamo solo trovare qualcosa da fare per fare passare il tempo…” disse sempre più allusiva.

“No, Elena, meglio di no…” provai a placarla. Non so perché, se non per senso del dovere.

“Perché no?” chiese lei. “È molto meno rischioso dell’altra volta.”

“Sì, ma…” non sapevo bene come oppormi, forse perché in realtà non volevo farlo.

“Non sai da quanto è che non scopo. Da quando ho lasciato Fausto… e quindi parliamo ormai di un anno…”

“Non hai avuto nessuno?”

“Solo le mie dita e i miei adorati vibratori. Dai, vieni qua, ho voglia di sentire un cazzo bello duro e bello caldo.”

“Ma… ma… Chiara è tua amica…”

“Ma io mica voglio rubarle l’uomo. Voglio solo prendere in prestito il cazzo per un po’, mentre a lei non serve.”

Io le lanciai un brutto sguardo. Non doveva farmi questo. Sapeva che non avrei resistito. Sapeva di avermi in pugno. Lei ignorò il mio rimprovero silenzioso e cambiò posizione sul divano. Si mise sulle ginocchia, con il culo in fuori e le mani appoggiate allo schienale. Poi si alzò il vestito e scoprì un culo coperto soltanto dai collant e da un perizoma.

“Se fai così te le rompo quelle calze.” le dissi sperando di frenare il suo impeto ma ottenendo invece l’effetto opposto.

“Fallo.” mi provocò scuotendo il culo.

Le andai vicino. Appoggiai il telefono sul divano e mi posizionai dietro di lei, indeciso sul da farsi, se fermarmi o approfittarne.

“Quante volte hai pensato a quella notte in questi due anni?” mi stuzzicò lei.

Io risposi dandole una sculacciata sul culo.

“Ti sei pentito di avermi scopato su quel terrazzo?” continuò lei.

“Stai zitta.” le dissi.

“Sai di cosa mi sono pentita io?”

“Smettila.” le abbassai le calze. Non si strapparono.

“Di aver smesso dopo solo una volta. Quando sono tornata a letto ero ancora eccitata. Mi sono toccata prima di addormentarmi. Ero piena della tua sborra. Mi sono masturbata con le dita sporche. Me le sono infilate dietro. Mi sono pentita di non essermi fatta fare anche il culo da te, ma capisco che non sarebbe stato facile. Non sarei riuscita a godere in silenzio in quel caso.”

“Taci, troia. Lo fai apposta, vero?”

“Cosa faccio apposta?” mi chiese lei girandosi e facendo la faccia innocente.

“A provocarmi evocando il sesso anale. Te lo avrà detto Chiara che ne vado pazzo. E magari ti avrà anche detto che lei non vuole farlo.”

“Ahaha.” rise di gusto. “No, non lo sapevo. Ma lo immaginavo. Dai, voi uomini siete facili da provocare promettendovi il culo.”

Mi faceva impazzire. Mi slacciai i pantaloni e mi abbassai le mutande e le feci sentire il mio cazzo duro fra le chiappe.

“Dai, vai a prendere un po’ di lubrificante e fammi il culo. Non so da quanto è che non me lo faccio sfondare.”

Mi aveva completamente in pugno. Corsi in camera con i pantaloni alle caviglie. Non potevo farmi sfuggire quella occasione. E fanculo alla fedeltà. Mica me la volevo sposare quella donna, volevo solo infilarle un attimo il cazzo nel culo. Non significava niente. Solo una perversione passeggera.

Quando tornai nel salotto Elena era al telefono, al mio telefono.

“Ciao Chiara.” disse. “Sì, ho risposto io perché ho visto che eri tu. Lui è andatò di là un attimo. Sì… ok… No, ti abbiamo aspettato. Abbiamo fatto un po’ di aperitivo intanto, ma se riesci ad arrivare mangiamo insieme. Sì… ok… bene. Sì, dai direi che possiamo aspettarti, non ti preoccupare, non è un problema.”

Mentre parlava con mia moglie Elena mi faceva gesti di darmi da fare e sculettava invitante. Voleva sentirmi mentre era al telefono con lei. Cominciai a pensare che il piacere di tradire un’amica fosse per lei un amplificatore sessuale. E per me? Cosa significava compiere materialmente il tradimento proprio mentre mia moglie ignara stava parlando con l’amica? Era trasgressivo, certo. Ma più di tutto avevo voglia di infilare il cazzo in quel bel culo. Mi faceva male da quanto era duro. E allora glielo appoggiai. Lei strinse i denti per non far sentire nel telefono nessun gemito sospetto. Forse le feci male, ma non lo diede a vedere fin quando chiuse la telefonata.

“Cazzo, scopami.” mi incitò a quel punto.

Io per un attimo mi raggelai. Vidi il telefono cadere sul divano ed ebbi l’impressione che la telefonata si fosse chiusa con qualche secondo di ritardo, il che avrebbe dato modo a mia moglie di sentire quella frase di Elena.

Un po’ spinto dal terrore di quella prospettiva e un po’ dalla rabbia nel caso Elena avesse commesso quell’errore, mi sfogai su di lei non andandoci piano nell’incularla, senza farmi troppi riguardi. Fu anche un modo per incolparla dell’azione che mi aveva spinto a fare, come se non fosse tutta colpa mia se non sapevo tenermi l’uccello nelle mutande.

Elena però sembrò apprezzare quella foga e, anzi, mi incitò a continuare e ad aumentare. Forse lei stessa la vedeva come una punizione che si meritava per il tradimento nei confronti dell’amica. O forse semplicemente le piaceva essere presa con forza.

Quando arrivò mia moglie si salutarono affettuosamente, la cena fu rapida e piacevole, la conversazione tranquilla e divertente. Tutto questo mentre Elena aveva nel culo la mia sborra e mentre io ogni tanto lanciavo occhiate verso il divano, nel timore che ci fosse ancora qualcosa fuori posto che potesse dare qualche indizio a Chiara di quello che era successo.

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