Venexiana

Opere d’arte in vendita e opere d’arte sessuali

Ammetto di averlo giudicato subito male. Lo vidi entrare nella mia piccola galleria d’arte dietro San Marco e subito lo inquadrai come il classico americano grezzo e arricchito. Le apparenze d’altronde non facevano che confermare quel pregiudizio. Uomo grosso, imponente, con barba incolta, vestito da turista, dunque inelegante, sebbene con capi che si vedevano essere costosi. Un cinquantenne accompagnato da una ragazza poco più che ventenne, belissima, statuaria, dal fisico più che perfetto e vestita inappropriatamente e lussuosamente da sera e che lui trattava chiaramente da fidanzata di sua proprietà.

Quando entrò, dunque, sperai che si trattasse di un buon cliente dal punto di vista economico, sperai in qualche suo acquisto sostanzioso, ma mi approcciai a lui celando un mio intimo disprezzo.

Venni smentita dai fatti, ma per fortuna solo a metà. Si dimostrò infatti interessato ad alcune opere che esponevo e disposto a sborsare cifre importanti per il loro acquisto ma si dimostrò anche persona raffinata e intenditrice di arte, a dispetto del suo apparire così grezzo. Parlava un buon italiano dal forte accento americano perché, mi spiegò, aveva studiato in Italia da giovane, proprio perché appassionato di arte italiana.

Iniziammo così una lunga, lunghissima, conversazione che spaziò per vari campi della cultura italiana. Non cronometrai la durata ma penso che si fermò nella mia galleria per almeno un’ora. Nel frattempo la sua giovane e bella fidanzata sembrava scocciata ed annoiata non essendo interessata e anche, probabilmente, non capendo la nostra conversazione. Ma non sembrava avere con lui un rapporto per il quale potesse dire la sua. Doveva probabilmente sopportarlo e adeguarsi alle sue volontà in cambio della vita lussuosa che lui le consentiva di fare. D’altronde, pensai in modo cinico, una così con uno così non poteva che starci insieme per i soldi e lui una così non poteva che portarsela dietro per sfoggiarla e per portarsela a letto.

Le sorprese che quell’uomo di nome Marvin mi avrebbe riservato quel giorno però non si limitarono al suo sfoggio di cultura. Alla fine della nostra chiacchierata, dopo aver concluso gli affari con gli accordi su dove avrei dovuto spedire i quadri e la statuetta che aveva scelto, lui mi rivolse uno strano invito. Già durante il nostro dialogo si era profuso in una serie di complimenti nei miei riguardi, sulla mia eleganza, sul mio stile, sulla mia bellezza italica. Non avesse avuto al fianco quello schianto di ragazza avrei interpretato il tutto come un tentativo di abbordaggio, di seduzione. Però la sua proposta finale tanto sembrava avere quello scopo. Insistette infatti perché io quella sera andassi a cena con lui, e con la sua ragazza Natalie ovviamente, perché voleva proseguire la conoscenza con me e sviscerare gli interessi che avevamo in comune. Mi propose uno dei ristoranti più costosi di Venezia. Io, incuriosita e anche lusingata dalla sua insistenza, accettai l’invito.

Quando la coppia americana se ne andò telefonai a mio marito, per avvisarlo del mio nuovo programma serale.

“Ma chi è questo?” mi chiese.

“È un americano. Sembra avere un sacco di soldi. Meglio che me lo tengo buono che magari mi fa altri acquisti.” gli spiegai in parte mentendo dato che la cena non sembrava finalizzata a fare altri affari ma solo a fare ulteriore conoscenza.

“Ma non è che ci vuole provare con te?” insinuò sospettoso mio marito.

“Ma figurati! Avresti dovuto vedere a chi era accompagnato! Una come me non gli può interessare neanche alla lontana.”

“Perché? Con chi era?”

“Prova a costruirti mentalmente l’immagine di una bellissima modella bionda. Te la sei immaginata?”

“Sì.”

“Ecco, questo qui sta con una più bella di quella che ti sei immaginato!” esagerai un po’ ma neanche tanto, ero rimasta veramente colpita dalla perfezione fisica di quella ragazza.

“Oh… davvero?” disse mio marito rimanendo quasi senza parole.

“Sì, te lo giuro. Lui è interessato all’arte che vendo, non certo a me.”

“Beh, non buttarti giù. Sei una donna bellissima anche tu.”

“Sì, ma non come lei e soprattutto ho quasi trent’anni in più.”

“Beh, comunque se lui è interessato a te lei mandala da me…” ridacchiò mio marito scherzando.

“Eh, ti piacerebbe…” gli risposi.

Prima di cena passai da casa a cambiarmi. Indossai il vestito più elegante che avevo che sicuramente costava quanto un singolo accessorio di quelli che avrebbe indossato Natalie. Ai piedi misi le mie Louboutin Pigalle. Sarebbe stata una lunga camminata sul selciato delle calli veneziane fino all’hotel di lusso presso il quale avremmo cenato ma l’occasione lo meritava.

Nel tragitto mi accorsi che qualche sguardo maschile ancora lo facevo girare. Avevo quasi cinquant’anni ma mi tenevo in forma e vestita in quel modo facevo la mia figura. Il fascino non mi era mai mancato, i corteggiatori neanche, ma quella situazione era insolita. Ero un po’ nervosa, a dire il vero. Non sapevo bene che intenzioni avesse Marvin, il suo modo di fare era stato ambiguo oppure era solo la differenza culturale o sociale fra noi che non me l’aveva fatto comprendere del tutto. Era stato sicuramente più sfacciato di tanti altri uomini che mi avevano invitato ad uscire con ben più chiari intenti.

La cena fu piacevole. Anzi spettacolare nella proposta culinaria e gradevole nella compagnia. Marvin si confermò uomo dai molteplici interessi e dalla cultura ampia. Aveva un amore per l’Italia superiore a quello di molti miei connazionali. La sua ragazza Natalie, invece, si confermò non essere molto di più che una bella, anzi stupenda, statuina. Parlammo per lo più in inglese ma non aveva argomenti per entrare nella conversazione. Ma quanto era bella! Ogni tanto mi accorgevo che mi imbambolavo a guardarla. Non osai pensare a quanto ne sarei rimasta rapita se fossi stata un uomo.

Marvin a fine della cena ordinò un superalcolico. Io e Natalie rifiutammo. Lei oltretutto si alzò dicendo che sarebbe salita subito in camera. La salutai, convinta che non l’avrei più rivista, e la ammirai mentre usciva dalla sala con il suo incedere sinuoso. In quel momento tutti gli sguardi di tutti i presenti erano puntati su di lei. Marvin sorrideva soddisfatto per l’effetto che la sua ragazza provocava in chiunque.

Chiacchierammo ancora un po’ e poi lui scoprì le carte. Lo fece in modo tranquillo, naturale, come se mi stesse semplicemente dicendo quali opere d’arte voleva acquistare ancora dalla mia galleria. Era evidentemente un uomo abituato a comandare, a dire agli altri cosa voleva da loro e a non sentirsi rispondere dei rifiuti.

“Venga in camera con noi, signora Elena. La serata è appena iniziata.”

“In camera? Ma… perché?”

“C’è bisogno che glielo spieghi? Una bella donna italiana come lei dovrebbe averlo capito subito cosa volevo da lei. Bella, elegante, piena di cultura, amante dell’arte. Lei è come l’Italia, e io amo l’Italia.”

“Ma io… io sono sposata.” ero spiazzata, non sapevo cosa dire. Sinceramente non sapevo neanche se volevo rifiutare la sua offerta o no.

“Non le ho chiesto di sposarmi. Le ho chiesto solo una notte, io, lei e… Natalie.”

Quel riferimento alla sua ragazza mi confuse ancora di più. Marvin voleva fare sesso con me. Ma forse ancora di più voleva che io e la sua ragazza lo facessimo tra noi. E questa prospettiva mi esplose in testa come una rivelazione divina. Non avevo mai fatto sesso con una donna. Sì c’era stato qualcosa da ragazza, con una mia amica, ma ero talmente inesperta che non lo consideravo neanche ed era così lontano nel tempo. Non che non ci avessi mai pensato negli anni successivi, ma era sempre rimasta una cosa di quelle che si pensano ma non come possibili realtà. Ed ora avevo quella ipotesi fattibile: sperimentare del sesso lesbico con la ragazza più bella che avessi mai visto dal vivo. E con lui, invece? Avrei dovuto fare sesso anche con lui e lui fisicamente non mi piaceva per nulla. L’impressione sgradevole che avevo avuto la prima volta che l’avevo visto era stata cancellata dalla sua piacevolezza intellettuale ma rimaneva comunque dal punto di vista fisico. Mi dava l’idea di essere un uomo viscido, uno a cui, in condizioni normali, mai avrei pensato di concedermi. La bella e la bestia sembravano. Il contrasto fra loro rendeva tutto ancora più perverso. E la perversione si era ormai insinuata nella mia testa.

Salimmo in camera. Io lo seguii senza dire una parola, quasi assente. Entrammo e trovammo Natalie sul letto. Era nuda a parte un paio di scarpe col tacco che io mai mi sarei potuta permettere. Si stava masturbando con un vibratore. Smise appena ci sentì arrivare e ci venne incontro felice di vederci. Così fredda e apatica era sembrata fino alla cena e così viva, calda e coinvolta mi apparì in quel momento. Diede un bacio veloce a lui e poi venne davanti a me. Si chinò leggermente, essendo più alta di me, e le nostre labbra di toccarono. Morbide, profumate. Mai avevo avuto quella sensazione baciando un uomo. Le nostre lingue si intrecciarono.

Mi portò con lei sul letto. Mi aiutò a spogliarmi. Rimasi anche io nuda e come lei non mi tolsi le scarpe. Che corpo perfetto aveva! Ero invidiosa e nello stesso tempo impaziente di toccarlo, di accarezzarlo, di assaggiarlo, di possederlo. Ci avvinghiammo l’una all’altra esplorando i nostri corpi con dita e bocca. Attorno a noi, sulle lenzuola, c’erano vari vibratori e falli di gomma di varie fattezze e dimensioni. Ci rotolavano contro mentre noi ci spostavamo sul letto. Natalie era esperta. Sapeva come toccarmi, dove toccarmi. Io cercai di ricambiare imitandola, spiazzata dal non dover dare piacere ad un uomo, come ero abituata a fare. Lei iniziò anche ad usufruire di quei giochi erotici che ci facevano compagnia. Lì uso su sé stessa e su di me. Mi penetrò con uno di essi. Me ne sfregò un altro, vibrante, sul clitoride e mi portò ad un orgasmo così intenso che quasi persi conoscenza. Da me se ne fece infilare dentro uno di dimensioni ragguardevoli. Uno più piccolo, invece, se lo infilò da sola nel culetto perfetto.

Ad un certo punto mi ricordai che non eravamo sole. Mi girai e vidi Marvin ai bordi del letto. Ci guardava rapito. Era nudo e si menava il cazzo sotto ad una pancia prominente. Aveva un cazzo piccolo. Dritto e apparentemente rigidissimo ma decisamente piccolo. Mi sorrise e allungò una mano per toccarmi. Per quanto lui non mi piacesse, la consapevolezza di essere in quella situazione di sesso a tre mi fece avvicinare nuovamente ad un orgasmo.

Proseguii il rapporto lesbo con Natalie. Ero golosa del suo corpo. Ero desiderosa che lei si dedicasse al mio con quel suo tocco gentile e sicuro che forse solo un’altra donna mi poteva dare.

Ad un certo punto mi ritrovai in posizione di pecorina dietro a Natalie che era praticamente nella mia stessa posizione. La stavo leccando. Figa e culo insieme. Che delizia che era. Non pensavo mi sarebbe piaciuto così tanto assaggiare una donna. Sentii Marvin salire sul letto, dietro di me. Poi sentii la sua lingua farmi quello che io stavo facendo alla sua ragazza, negli stessi posti. Poi Natalie allungò una mano e afferrò un grosso dildo nero. Me lo passò e mi pregò, in inglese, di infilarglielo nel culo. Io rimasi un attimo interdetta, mi sembrava troppo grosso per riuscirci. Non potevo credere che una dal corpo così perfetto volesse farselo violare in quel modo osceno. Marvin, compresa la mia esitazione, mi passò un tubetto di lubrificante, dicendo di usarlo. Unsi per bene il dildo e iniziai a spingerlo e ruotarlo per farlo entrare nell’ano della ragazza. Andavo piano, con cautela, fino ad un certo punto in cui, improvvisamente, a causa di una spinta alle mie spalle glielo spinsi fino a metà dentro. Lei urlò di piacere. Io pure, ma di spavento, perché la spinta che avevo sentito era stato Marvin che aveva approfittato della mia posizione per farmi quello che io stavo facendo a Natalie. Solo che invece che con un fallo di plastica, lui mi era entrato improvvisamente nel culo con il suo cazzo. Per fortuna di dimensioni non paragonabili a quelle dell’oggetto che tenevo in mano.

Quella penetrazione, così inaspettata ma nello stesso tempo così facile, mi piacque. Se lo era lubrificato bene e lo faceva entrare e uscire dal mio culo in modo rapido, indolore ed estremamente perverso.

Fu il rendermi conto della situazione in cui mi trovavo a dare il via ad uno degli orgasmi più intensi che avessi mai provato. Stavo facendo sesso con una ragazza bellissima e disinibita mentre il suo uomo, uno sconosciuto fino a poche ore prima, mi stava sodomizzando con mio evidente piacere.


Tante volte nella mia vita avevo camminato da sola nella notte veneziana col rumore dei miei tacchi che si espandeva per calli e canali. Alcune di queste volte tornavo da un incontro sessuale e in quelle occasioni in genere la sensazione di appagamento mi rendeva felice. Ma mai euforica come in quella occasione. Girai in un sottoportego buio, poco prima di arrivare davanti al portone di casa. Mi sollevai la gonna e mi masturbai, rivivendo tutte le scene sessuali a cui avevo partecipato quella sera. Ebbi un orgasmo. L’ultimo della serata e uno dei primi di una nuova fase erotica della mia vita.

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