Estremità

Nella casa in cui abitavo come studente universitario eravamo rimasti io, Rebecca e Martina. Gli altri nostri coinquilini avevano già finito gli esami per quella sessione ed erano tornati dalle proprie famiglie.

Era sera ed io e le due ragazze eravamo sul divano, a guardarci una serie tv.

“Posso?” chiese ad un certo punto Rebecca e senza aspettare una mia risposta si stese lateralmente sul divano allungando le gambe fino ad appoggiare le sue caviglie sulle mie cosce.

“Ah, fai pure.” risposi sorpreso dal gesto ma non del tutto contrariato.

Da un po’ di tempo le due ragazze avevano capito che con me si potevano prendere un po’ di libertà e sfruttare la mia gentilezza nei loro confronti. Mi piacevano entrambe, in modi diversi, e per questo avevo assunto con loro un atteggiamento un po’ da zerbino.

Rebecca era piccolina, un po’ paffutella, con capelli neri a caschetto. Martina invece era più alta, con un fisico più da bellezza classica e una folta chioma di capelli ricci rossastri.

La serie tv che stavamo guardando non mi interessava più di tanto ma la guardavo più per stare in loro compagnia che per altro. Dal momento in cui Rebecca aveva appoggiato i suoi piedi su di me, però, la mia attenzione venne distratta. Era scalza. Fino a prima aveva indossato delle pantofole senza calzini per cui avevo davanti a me, appoggiati sulle mie gambe, i suoi piedi nudi.

Trovavo bellissimi i suoi piedi. Erano piccoli come piacevano a me e li teneva arcuati in un modo che trovavo molto sexy. Non riuscii più a guardare la televisione. Il mio sguardo era catturato da quelle due estremità. Concentrandomi su di essi percepii anche un leggerissimo odore. Non mi dispiaceva neanche quello, anzi rendeva tutta la situazione stranamente eccitante.

“Ti danno fastidio?” chiese lei ad un certo punto, indicandoseli.

“Eh? No… no…” risposi confuso.

“Ah, ok. Vedevo che li stavi fissando.”

“Eh… sì.”

“Che c’è? Ti piacciono?” fu Martina ad intervenire. Lei era sicuramente una ragazza molto smaliziata e dopo avermelo chiesto mi guardò con un’aria divertita e ammiccante.

“Eh?” borbottai. Guardai Martina per un attimo. Poi i piedi di Rebecca che intanto li stava un po’ muovendo, poi Rebecca stessa. E di nuovo i piedi, da cui ero catturato.

“Ti piacciono i miei piedi?” chiese Rebecca con un apparente sincero stupore.

“S… sì… hai dei bei piedi…” ammisi borbottando.

“Davvero?”

Martina intanto continuava a sogghignare, forse aveva già capito più di entrambi noi.

Io annuii.

“Beh, grazie. Non me l’aveva mai detto nessuno.” disse Rebecca.

Tornarono a concentrarsi sulla tv. Io invece finsi soltanto. I miei occhi erano puntati sempre sui piedi della ragazza. Più li guardavo più ne ero affascinato.

“Beh, visto che ti piacciono, se vuoi fargli anche un massaggio io non mi offendo, eh?” disse dopo qualche minuto Rebecca, un po’ scherzando ma anche un po’ seriamente.

Io ridacchiai in risposta. Poi dopo un po’ ne presi effettivamente uno tra le mani. All’inizio timidamente, poi sempre con più sicurezza, cominciai ad accarezzarne prima uno poi l’altro. Rebecca reagì con un mugolio di approvazione. Dopo averli così a lungo osservati, toccarli era ancora più intrigante. Erano morbidi al tatto.

“Abbiamo capito che ti piacevano i suoi piedi, ma non così tanto…” fu Martina dopo un po’ a fare questo commento. Entrambi ci girammo verso di lei e vedemmo che stava indicandomi tra le gambe.

Speravo non se ne accorgessero ma non sapevo come fare. La reazione era stata incontrollabile. Fin da quando li aveva appoggiati su di me e messi in bella vista il mio cazzo aveva cominciato a gonfiarsi. Era rimasto durello fino a quando avevo iniziato il massaggio. A quel punto si era eretto del tutto, premendo contro il tessuto elastico dei miei pantaloni da casa. Avevo una bella erezione, ben evidente a chiunque avesse guardato, nonostante la penombra della stanza.

“Ma…” gridò Rebecca ridendo subito dopo. “Davvero ti ho fatto questo effetto? Cioè i miei piedi ti fanno questo effetto?”

“Ehm… sì…” era inutile negare.

“Sei un feticista?” mi chiese Martina.

“No, no…” mi affrettai a smentire. Non mi sentivo tale. Però in quella situazione avevo sentito una attrazione più forte del solito per i piedi a cui fino a quel momento non avevo mai dato troppa attenzione.

“Però ti è venuto duro solo a guardarglieli…”

“E a toccarmeli.” aggiunse Rebecca. “Non ci credo. Ma davvero?”

Nel fare quella domanda spostò leggermente il suo piede andando a toccarmi l’erezione.

“Oh, davvero.” commentò poi sentendo la mia consistenza.

Io sobbalzai di piacere a sentirmi toccare, per di più proprio con l’estremità che mi aveva causato quella eccitazione.

“Oddio, scusa.” disse Rebecca quasi imbarazzata per la mia reazione.

Poi ridacchiò insieme a Martina che dal canto suo stava cambiando posizione sul divano e, vidi con la coda dell’occhio che si stava sfilando un calzino. Subito dopo avvicinò il suo piede nudo al mio viso.

“E i miei? Ti piacciono anche i miei?” chiese maliziosa.

I piedi di Martina erano molto diversi. Più affusolati e nervosi, con un tatuaggio tribale sul collo del piede. Forse non rispecchiavano il mio canone preferito ma li trovavo estremamente sexy anche loro, per certi versi anche di più.

Annuii sopraffatto dal loro agire mentre il suo piede si avvicinava sempre più alla mia faccia. Anche del suo potevo sentire l’odore e avevo una gran voglia di… non sapevo bene cosa…

Aprii la bocca, tirai fuori la lingua e mi feci avanti per leccarglielo. Lei subito rise sentendo solletico. Poi si abituò alla sensazione e lasciò che giocassi con la mia lingua tra le sue dita.

“Che porco feticista…” commentò divertita.

Con una mano stavo continuando a massaggiare un piede di Rebecca, ma con l’altra afferrai la caviglia dell’altro e lo spostai dato che era scivolato di nuovo, non so quanto volontariamente, contro il mio cazzo duro.

“Non vuoi?” mi chiese lei.

“No.” mormorai io premendo forte con la mia mano contro il mio cazzo. Stavo per venire e volevo evitarlo.

Le due ragazze capirono il mio disagio e ritirarono a sè le loro gambe, lasciandomi libero. Io strinsi la bocca, mi concentrai ed evitai di sborrare in quel modo che avrei trovato molto umiliante. Loro ridacchiarono per la mia reazione.

“Ce lo fai vedere?” interruppe il silenzio sempre Martina, la più spregiudicata.

“Cosa?” risposi io come se ci fosse bisogno di chiederlo.

“Facci vedere l’effetto che ti hanno fatto i nostri piedini.”

“No… no…” bofonchiai alzandomi in piedi e facendo per andarmene.

“Dai…” miagolarono quasi in coro. Anche la più timida Rebecca era ormai pienamente coinvolta nelle provocazioni nei miei confronti.

Mi girai e le vidi che protendevano i loro piedi verso di me, arcuandoli e muovendoli in modo irresistibilmente sexy.

“Ti ci lasciamo giocare quanto vuoi…” promisero.

“O… ok…” sussurrai. Ero in loro totale controllo. Avrei fatto tutto quello che mi chiedevano. La visione dei loro piedi mi mandava fuori di testa e mi faceva venire voglie inedite di sottomettermi a loro. In realtà sul momento non capivo bene quelle sensazioni. Agivo di istinto. Fu dopo a ripensarci che capii cosa avevo provato.

Mi abbassai un po’ i pantaloni e feci uscire dalle mutande la punta del cazzo, tenendola però in mano. In pratica non stavo mostrando quasi niente a loro.

“No, spogliati del tutto. Su.” mi intimò Martina.

“Nudo?” chiesi ingenuamente.

“Nudo.”

Mi spogliai nascondendo però alla loro vista il mio cazzo fino alla fine. Poi vinsi il pudore e glielo piazzai davanti agli occhi.

“Ah, però, mica male.” fu il loro commento. Mi vergognavo e mi sentivo orgoglioso allo stesso momento. “Dai avvicinati.” mi dissero attirandomi con i loro piedi.

Mi inginocchiai davanti al divano e mi lasciai toccare ovunque dalle loro estremità inferiori. Sul viso, sul petto, sul cazzo. Non mi fecero una vera sega coi piedi, ma solo leggere pressioni, veloci sfioramenti, piccoli colpetti alle palle col collo del piede. Non resistetti e mi presi il cazzo in mano per segarlo un po’.

“Dai segati per noi.” suggerì Martina mentre si stava alzando.

Disse a Rebecca di lasciare i suoi piedi in basso mentre lei in piedi veniva dietro di me. Mi accarezzò sulla nuca e si avvinghiò al mio corpo con una sua gamba, muovendo il suo piede contro il mio petto e anche più in basso.

Non potevo resistere ancora molto a tutte quelle stimolazioni fisiche e mentali e quindi sborrai inondando i piedi di rebecca, sopra e sotto. Le ragazze risero. Rebecca si lamentò che l’avevo sporcata tutta, ma in modo bonario.

“Non vorrai mica lasciarla in queste condizioni?” mi disse Martina dopo che mi fui ripreso da quell’orgasmo così intenso e produttivo. “Puliscila.” mi ordinò.

Feci per alzarmi, per andare alla ricerca di un fazzoletto.

“Dove pensi di andare?” mi bloccò Margina appoggiando il suo peso sulla mia spalla. Io la guardai interdetto.

“Con la lingua.” mi intimò, spiegando perché non voleva che me ne andassi.

Deglutii nervosamente. Poi guardai Rebecca che aveva una faccia come per dire che fosse stato per lei non me lo avrebbe chiesto, ma se lo diceva Martina lei ci stava, in fondo era divertita da tutto ciò.

“Non hai mai assaggiato la tua stessa sborra?” mi chiese Martina.

Io la guardai, quasi spaventato, e non mi decisi su cosa risponderle.

“Non rispondermi.” risolse così l’empasse. “Se non lo hai mai fatto va bene, puoi alzarti e andare a prendere qualcosa con cui pulirla. Se invece lo hai fatto e venuto il momento di farlo di nuovo.”

Chinai la testa. Potevo mentire. Ma in realtà non volevo. Mi piaceva essere umiliato in quel modo da quelle due ragazze che mi piacevano entrambe, ognuna a modo suo. E quindi mi abbassai e ripulii con la lingua ogni centimentro quadrato dei piedi di Rebecca, andando anche a risucchiare tutto fra dito e dito.

Nel mentre Martina si era staccata da me e col suo piede continuava a stimolarmi colpendo in modo leggero il cazzo e le palle penzolanti. Tanto da farmelo tornare duro ancora prima che finissi di pulire i piedi della sua amica.

“Che porco. È già di nuovo duro.” commentò accompagnando il tutto con qualche sculacciata al mio culo per finire con la pressione del suo ditone contro il mio ano che per la posizione che avevo era ben esposto.

Quella situazione umiliante, io a leccare i piedi di una ragazza ricoperti dalla mia stessa sborra mentre l’altra alludeva per mezzo del dito del piede a farmi subire una penetrazione anale, fu troppo esplosiva psicologicamente. Ebbi una specie di nuovo orgasmo, a brevissima distanza dal primo, tanto che non ebbi quasi eiaculazione. Ma temo che loro intuirono comunque.


Nella mia testa, il mattino dopo, quello che era successo la sera prima era diventato simile ad un sogno. Non era successo veramente e in ogni caso sarebbe svanito come se facesse parte di questo mondo. Ero sicuro che non ne avremmo più parlato, che avremmo fatto finta di niente. Era una cosa troppo imbarazzante per tutti e tre se veniva tolta da quel momento di follia che ci aveva coinvolto. Eravamo coinquilini, amici e niente di più. Sarebbe stato il nostro segreto. Una cosa irripetibile e indicibile.

Ero in cucina a fare colazione quando sentii che una delle due si era alzata anche lei. Poco dopo la sentii uscire dal bagno e arrivare in cucina. Era Martina. Mi diede il buongiorno con un sorriso normale. Non aveva l’aria di chi avrebbe rinvangato l’episodio della sera prima. Mi tranquillizzai.

Poi notai una cosa. Era a piedi scalzi. Non l’avevo mai vista girare a piedi scalzi per casa. Aveva sempre almeno dei calzini. Lei si accorse che lo avevo notato e il suo sorriso da angelico si trasformo in diabolico.

Ci sedemmo a tavola, uno di fronte all’altra. Era l’unico modo per riuscire ad evitare di guardarle ancora i piedi nudi. Lei mi guardava in modo malizioso. Non dicemmo nulla.

Poi mi sentii toccare la gamba dal suo piede. Che poi risalì.

“No…” sussurrai.

Lei mi guardò con l’aria di chi sa di avermi in pugno.

Mi abbassai. Andai sotto al tavolo. Cominciai a baciarle i piedi. Poi anche i polpacci e risalii lungo le gambe. Lei si sedette in modo da essere in pizzo alla sedia. Allargò le gambe e si sollevò la gonnellona da casa che portava. Sotto era nuda. Tuffai la faccia nella sua fica, leccandola avidamente.

Speravo di portarla ad un orgasmo rapidamente, per concludere prima che si svegliasse anche Rebecca, ma per quanto potessi essere bravo non avrei potuto farcela. L’altra nostra coinquilina arrivò subito dopo, cogliendoci sul fatto. Non disse niente di particolare. Si scambiarono due parole fra ragazze e poi Rebecca si sedette nella sedia a fianco. Non prima di essersi sfilata le pantacalze che indossava ed essere così rimasta anche lei a piedi e fica nuda, pronta per essere adorata anche lei da parte mia.

L’episodio della sera prima, dunque, non sarebbe rimasto isolato ma era probabilmente diventato la nostra nuova normalità. Io ai loro piedi, sottomesso e adorante. Pronto a tutto pur di soddisfarle ed avere in cambio la possibilità di godere delle loro estremità. Bastava che loro me li mostrassero ed io sentivo l’impulso irresistibile di servirle.

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