Scrittura privata (1a parte)

Incontro tra “scrittori”

“Voglio farti scrivere un racconto dei tuoi.” con questo messaggio il rapporto tra me e Claudia aveva fatto un passo in avanti inaspettato.

Io e lei ci seguivamo da anni e oltre a leggere, apprezzare e commentare i rispettivi racconti erotici che ognuno di noi due pubblicava su un sito, ci scambiavamo spesso messaggi e chiacchieravano di argomenti quasi sempre legati all’erotismo. Qualche volta avevamo anche ipotizzato di incontrarci dal vivo ma alla fine non se ne era mai fatto niente.

Non capii subito cosa volesse dire con quel messaggio, pensavo semplicemente che volesse suggerirmi degli spunti, magari raccontandomi qualcosa che le era successo, come già era capitato in passato. Invece quella volta lei aveva in mente qualcosa di diverso.

“Incontriamoci.” mi spiegò poi. “Di nascosto, in un hotel. Incontriamoci e segui le mie istruzioni, poi ne potrai scrivere, raccontando cosa ti ho fatto.”

“Cioè, io dovrei obbedirti e fare tutto quello che mi dici. Anche se non voglio?”

“Vorrai fare tutto, te lo assicuro. Ormai ti conosco, dopo aver letto tutto ciò che la tua mente erotica ha partorito.”

“E poi? Cioè ci incontriamo, tu mi fai fare quello che vuoi e finisce lì?”

“Sì… oppure no. Se sarai bravo, se obbedirai a tutto allora ti concederò un secondo incontro dove i ruoli saranno invertiti. Io farò tutto quello che mi chiederai. Mi sembra uno scambio equo e interessante per entrambi. E possono venir fuori due bei racconti.”

“Ok. Ci sto.”

“Ah, non ho dovuto insistere tanto.”

“Ti aspettavi di dover insistere? Vuol dire che non mi conosci fino in fondo, allora.”

“No, in realtà lo sapevo che, porco come sei, avresti accettato. Ero io che dovevo convincere me stessa.”


Claudia probabilmente ci pensava da tempo a quel nostro incontro particolare e aveva curato tutto nei dettagli. Fino al giorno prima non mi aveva rivelato in che hotel di una città a metà strada fra le nostre ci saremmo visti. Soltanto poche ore prima mi mandò tutte le indicazioni.

Entrai un po’ timoroso nell’hotel, chiesi alla reception se c’era una prenotazione per il nome che mi aveva detto lei. Mi dissero di sì, che la stanza era già pagata per le poche ore per cui ci serviva e che la persona che mi aspettava aveva detto di darmi le chiavi e farmi salire e che sarebbe arrivata più tardi. Ero molto nervoso mentre salivo con l’ascensore al piano, non sapevo cosa aspettarmi ma la cosa mi sembrava già intricata e ben architettata come i racconti che scriveva lei.

La stanza era intonsa e vuota, come se non ci fosse ancora entrato nessuno, tranne un particolare. Sul letto c’era una busta. La aprii e trovai un messaggio scritto a mano da Claudia.

“Benvenuto, porco. Il primo ordine è di indossare la benda. Il secondo è che non potrai mai toglierla fin quando io non sarò andata via. Il terzo ordine è di mandarmi un messaggio quando sei pronto e aspettarmi. Il quarto ordine è di restare vestito. Ci divertiremo.”

Feci quello che c’era scritto mentre dentro ai miei pantaloni già cominciavo ad avere una reazione.

Passarono pochi lunghissimi minuti mentre mi abituavo al buio ed ascoltavo ogni minimo rumore, seduto sul bordo del letto. Poi udii la porta della stanza aprirsi e un rumore di passi di tacchi sulla moquette.

“Ciao, maiale.” la voce di Claudia.

“C… ciao…” balbettai.

“Bravo, hai fatto quello che ti ho ordinato. D’ora in poi devi fare ogni cosa che ti dirò, senza obiettare e senza protestare. Non devi parlare se non interpellato. Hai capito?”

“S… sì.”

“Bravo. Ora alzati in piedi e resta fermo.”

Mi alzai. Esitai un attimo per trovare l’equilibrio. Avevo poco sangue alla testa e senza vedere niente non avevo riferimento. Percepii il rumore di lei che si toglieva probabilmente un cappotto e lo appoggiava da qualche parte. Poi sentii che si era avvicinata a me, col suo corpo che sfiorava il mio. Sentii il suo respiro sulla mia pelle.

Poi una mano si appoggiò sul mio petto e le dita si insinuarono negli spazi tra un bottone e l’altro della camicia. Con estrema lentezza cominciò a spogliarmi. Io ero immobile e fremevo dalla voglia di rimanere senza vestiti. Era estenuante la cura con cui mi liberò uno alla volta di tutto ciò che indossavo. Ma prima che passasse a spogliarmi anche nella parte inferiore mi fece venire i brividi con lunghi e lievi tocchi delle sue unghie sul mio petto, sui miei addominali e sulla schiena.

Il momento in cui mi slacciò la cintura fu tanto atteso quanto fatto con lentezza. Sotto il mio cazzo stava già tendendo al massimo il tessuto elastico dei boxer, ma prima che lei anche solo me lo sfiorasse passarono lunghi minuti. Mentre faceva tutto questo Claudia si interrompeva per avvicinare la sua bocca al mio orecchio e sussurrarmi delle porcate legate a complimenti al mio corpo.

Ancor prima dei pantaloni però mi tolse le calze e si inginocchiò per baciarmi e leccarmi i piedi. Trovai strano questo gesto e per questo mi imbarazzai. Sembrava un gesto di sottomissione, ma il fatto di farmelo lei senza che glielo avessi chiesto, mi fece sentire ancora più in suo controllo.

L’ultimo indumento a rimanermi addosso, a parte la benda che sapevo che non avrei mai tolto, furono i boxer. Tante volte lei mi diede l’impressione di volermeli togliere, infilando le dita sotto l’elastico e facendole scorrere. Ma ogni volta poi le toglieva e lasciava schioccare l’elastico contro la mia pelle. La sentii ridacchiare.

Poi, prima di abbassarmele del tutto, le abbassò soltanto di dietro, scoprendomi il culo. Poi cominciò a sfiorarmelo, a palparmelo, a soffiarci contro, ad elogiarlo a parole. Sentii le sue mani che mi aprivano le chiappe e percepii il suo sguardo sul mio buco. Restai così esposto per lunghi secondi, col suo respiro che si insinuava fra le mie gambe, vergognandomi e sentendomi quasi umiliato dal modo in cui stava gustandosi la mia intimità più nascosta.

Poi liberò anche il cazzo, che ballonzolò duro per essere stato tirato verso il basso dai boxer abbassati all’improvviso. Non vedevo come e cosa stava guardando ma il suo viso doveva essere così vicino al mio cazzo che mi sembrava di percepirne il calore. Non me lo toccò con le dita, ma mi disse l’ennesimo ordine di quella giornata:

“Non azzardarti a venire. Se senti che stai per venire dimmelo. Sappi che se verrai prima che io ti dica di poterlo fare l’incontro finisce e non ce ne sarà un altro. Hai capito?”

“S.. sì..”

Sentii caldo e umido attorno alla cappella. Me l’aveva presa in bocca. Il primo contatto tra il mio cazzo e Claudia fu quindi con le sue labbra, la sua lingua e il suo palato. Fu molto brava, si capiva che le piaceva e che si gustava il mio cazzo per il suo piacere più che per il mio. Non voleva farmi venire, era stata chiara, ma voleva godersi il pompino da parte sua. Nonostante questo mi portò diverse volte molto vicino all’orgasmo ed io la avvisai prontamente, prima di esserci veramente vicino perché sapevo che non sarei stato capace di controllarmi.

Quando lei si stancò di avere il mio cazzo in bocca mi sentii quasi sollevato. Non sapevo quanto avrei resistito ancora.

“Ora ti voglio vedere bene. Mettiti sul letto e assumi le posizioni che ti dico.”

Le posizioni che mi disse di assumere furono tutte piuttosto oscene e l’espormi in quel modo senza pudore senza neanche vedere quella per cui mi esibivo mi faceva sentire totalmente in suo controllo. Quella sensazione contribuì a non far smosciare il cazzo neanche un po’, mantenendomi sempre costantemente ai limiti di un orgasmo più mentale che fisico.

“M.. ma…” balbettai ad un certo punto.

“Cosa ti ho detto prima?” rispose lei con tono duro.

“Di non parlare se non interpellato.”

“Ecco. Però dimmi, cosa volevi?”

“Mi… mi stavo chiedendo se tu… con le posizioni che mi dici di assumere… se mi stessi… ecco… fotografando?”

“Se anche lo stessi facendo non sarebbero affari tuoi, ma ti dispiacerebbe?”

“Di… dipende a cosa servirebbero le foto…”

“Per masturbarmi mentre leggo i tuoi racconti.”

“Ok.”

“Va bene. Ora basta, è venuto il momento che tu mi faccia godere, vieni qua.”

Mi prese la nuca e la spinse verso il basso. Mi ritrovai con la faccia pressata tra le sue cosce e la sua fica. Si era denudata senza che me ne accorgersi, o forse, a giudicare da quel che percepivo con la fronte e le spalle, si era solo alzata la gonna e sotto non aveva mutande ma solo un reggicalze e delle calze.

Il suo pompino era stato interminabile ma più corto del mio cunnilingus. E se il suo pompino non aveva portato a nessun orgasmo, la mia lingua fu causa di diverse godute da parte sua, difficilmente enumerabili dato che si fondevano l’una nell’altra. Tutte questi orgasmi però arrivarono verso la fine, dopo che lei volle cambiare spesso posizione, interrompendo proprio il piacere per non raggiungerlo subito.

Al termine di tutto ciò lei sembrò volersi prendere una pausa o forse, pensai, i giochi erano proprio arrivati alla conclusione. D’altronde non sapevo se avrebbe voluto farsi scopare, anche se difficilmente poteva pensare che non l’avrei fatto io nel secondo incontro. Mentre mi interrogavo su come sarebbe continuato il pomeriggio la sentii armeggiare e rovistare in una borsa. Udii anche il fruscio di abiti che venivano tolti. Dunque aveva in mente altri giochi.

“Mettiti sul pavimento. Seduto sui talloni.”

Obbedii.

Con la mano mi afferrò la mandibola e mi infilò un pollice in bocca. Istintivamente lo succhiai.

“Sei stanco di lavorare di bocca?”

“No.” risposi pensando che fosse la risposta che voleva sentire.

“Bene. Perché voglio usarla ancora un po’.”

Dopo aver detto quello sentii qualcosa toccarmi le labbra. Qualcosa di rigido ma non troppo, qualcosa di plastica, di gomma. Aprii la bocca per accogliere quell’oggetto in bocca. Claudia mi prese con entrambe le mani la testa, tirandola verso di lei. Io quasi soffocai ed ebbi un moto di ribellione, andando all’indietro. L’oggetto uscì dalla mia bocca.

“Co… cos’è?” dissi incurante del fatto che non potessi parlare.

“Non lo hai capito?” disse lei ridacchiando. “Toccalo.”

Mi prese le mani e se le portò contro le sue cosce. Io tastai e le spostai. Sentii che indossava delle cinghie attorno ai fianchi e dal suo monte di venere spuntava la sagoma inequivocabile di un cazzo finto.

“Allora? Cos’è?”

“U… uno strapon.”

“Bravo. So che ti piace l’idea di essere sodomizzato tramite un cazzo finto da parte di una donna. Lo scrivi spesso nei tuoi racconti. O sbaglio?”

“No… non sbagli.”

“E quindi?”

“Quindi cosa?”

“Mettiti sul letto. A pecora. Apriti le chiappe. Lasciami ungere un po’ quel tuo bel buchetto. Così entrerò un po’ più facilmente per sfondarti il culo.”

“O… ok.”

Mi prese così, senza tanti complimenti, imponendomi tutto il potere che aveva su di me in quel momento. Nel suo modo di fare intravidi quasi un suggerimento su quello che avrei dovuto fare io nel secondo incontro quando sarebbe toccato a me. Sapevo che lei amava il sesso anale e lo amava fatto in maniera animalesca, con pochi scrupoli per la persona sodomizzata. Il suo modo di scoparmi, così poco femminile e che mi rendeva così poco maschile, era una spiegazione di come avrei dovuto prenderla io.

Mi fece sborrare mentre mi inculava. Un po’ grazie alle sensazioni piacevoli di ano e prostata, un po’ per la sua mano che ogni tanto andava a strizzarmi e carezzarmi le palle e un po’ per l’erotismo perverso della situazione. Io totalmente sottomesso alla mercé di una quasi sconosciuta che godeva nell’umiliarmi, sapendo che mi piaceva e pregustando il momento in cui mi sarei rifatto.

“Allora pensi che verrà fuori un bel racconto?” mi chiese dopo avermi scopato e comandato per qualche ora, mentre si rivestiva ed io ero steso sul letto, ancora nudo e con la benda sugli occhi.

“Penso di sì. Se ho il coraggio di confessare tutto.”

Mi aveva fatto sborrare altre volte, in altri modi, con mani o bocca. Io l’avevo fatta godere a mia volta con mani e lingua o strusciando il cazzo contro la sua fica, senza penetrarla. Non aveva voluto ed era stata quasi una punizione per entrambi. Avrebbe voluto sentirsi il mio cazzo dentro, ma aveva resistito convinta che l’attesa del secondo incontro in cui avrei avuto io il controllo lo avrebbe reso ancora migliore. Voleva lasciarmi con la voglia di rifarmi e di sfondarla, imponendo la mia mascolinità su di lei.

Per rifarsi della mancata scopata aveva però pensato bene di umiliarmi in altri modi. Forse proprio per provocarmi ulteriormente e scatenare una mia futura reazione. Un modo su tutti: mi aveva fatto stendere nella vasca da bagno per poi pisciarmi sul corpo. Sapevo che era un suo feticcio e lei sapeva che invece non rientrava fra le mie preferenze. Ma magari proprio per quello avrei avuto la voglia di ribattere con la stessa moneta.

Mi fecero quasi male gli occhi, nell’abituarsi alla luce quando mi tolsi la benda appena Claudia fu fuori dalla stanza. Prima di andarmene, e passare vergognandomi alla reception come se potessero intuire cosa fosse successo nella loro stanza, mi feci una sega, ripensando a tutto il pomeriggio. Non sborrai quasi niente, ero ormai svuotato, e ci impiegai un sacco prima di venire, ma intanto riordinai le idee per pensare a cosa e come raccontare quell’incontro privato. E poi cominciai a pensare a cosa farle quando l’avrei rivista.

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