Puttana

Avevamo iniziato così, per gioco. Alessandro, il mio ragazzo mi aveva scattato qualche foto mentre ero nuda o in lingerie e le avevamo pubblicate su un social network, ovviamente in maniera anonima. Erano state apprezzate, il mio corpo piaceva molto, ed avevamo acquisito un certo seguito, continuando a pubblicarne altre. Ad un certo punto qualcuno ci aveva offerto dei soldi per avere qualche foto in più, qualche foto senza censura. Poi per avere un video o una registrazione della mia voce che gli diceva di masturbarsi. Un altro volle acquistare delle mie mutandine usate. Uno volle regalarmi un completino intimo per ricevere delle mie foto con quello indosso. Alla fine queste piccole donazioni da parte dei miei ammiratori diventarono una integrazione al nostro bilancio di coppia. Io avevo solo un lavoro part-time e anche Alessandro non è che guadagnasse tantissimo. Inoltre il gioco mi piaceva, mi piaceva mostrarmi, mi piaceva esibirmi davanti ad un pubblico, anche se virtuale. Ci spingemmo anche oltre alle semplici foto erotiche. Partimmo da mie foto esplicite per poi passare a video di me che mi masturbavo fino a filmarci mentre facevamo sesso.

Poi, un giorno, arrivò quella proposta. Un uomo distinto e apparentemente facoltoso, più vecchio di noi di una decina d’anni, ci invitò ad una cena per conoscersi e allegò a questa proposta una donazione molto sostanziosa. Rimanemmo un po’ interdetti e spiazzati da questa richiesta. Ci interrogammo su cosa fare, se restituire i soldi e rifiutare l’invito o se accettarlo. Fino a quel momento eravamo rimasti anonimi, senza l’intenzione di incontrare nessuno. Scrissi all’uomo e ci conversai per un po’, per conoscerlo meglio. Non si sbottonò molto ma sembrava molto determinato e per certi versi rassicurante.

“Amore, io lo voglio incontrare.” dissi ad Ale una sera mentre mi muovevo sinuosa sopra di lui col suo cazzo dentro.

“Davvero? Sei sicura?” mi chiese premuroso mentre con le mani mi afferrava le tette.

“Sì… mi eccita l’idea.”

“Ti eccita? Cosa ti eccita?”

“Mi eccita che ci abbia dato tutti quei soldi solo per incontrarci… mi fa sentire come una puttana.”

“E ti piace sentirti così?”

“Siiiiì…” risposi mugolando e impalandomi ancora meglio sul cazzo di Ale che era diventato ancora più duro.

“Ricordati che ci sarò anche io. Lui a parlato di noi due ed io non ho intenzione di mandarti da sola.”

“Lo so, lo so. E quasi ancora più eccitante che ci sia anche tu. E comunque tranquillo, ha parlato solo di una cena. Non faremo niente di più.”

“Ma lui vorrà sicuramente qualcosa di più.” aggiunse sospettoso.

“Sì, ci chiederà sicuramente qualcosa in più. Forse di guardarci mentre scopiamo o forse vorrà scoparmi lui. Decideremo sul momento e faremo solo quello che vogliamo veramente fare. Nel caso chiederemo altri soldi, comunque.”

“Sei proprio una puttanella…” mi disse spingendo con forza il suo cazzo dentro di me.

“Mm, sì. E ti dispiace?”

“No… inizia a piacermi questo tuo nuovo aspetto di troia.”


L’appuntamento era in un ristorante piuttosto costoso di una città vicino alla nostra. Non eravamo abituati a frequentare certi ambienti ed io ero molto incerta se il mio abbigliamento sarebbe stato consono alla situazione. L’uomo, il cui nome era Paolo, mi aveva chiesto di andare vestita in modo sexy ed elegante. Probabilmente il mio look soddisfava appieno il primo aggettivo e un po’ meno il secondo.

Paolo fu bravo a metterci a nostro agio. Chiacchieramo del più e del meno per buona parte della cena, fino al momento in cui la sua proposta si fece più esplicita. Si rivolse direttamente ad Alessandro, invece di parlare con me. Per certi versi la trovai una mancanza di rispetto visto che quello che stava andando a chiedere mi coinvolgeva direttamente molto più che al mio ragazzo. Ma in realtà, nel contesto della sua richiesta, rendeva tutto ancora più intrigante, dato che in quel modo iniziava a trattarmi da puttana.

“Allora, Alessandro.” iniziò il discorso, “Io vorrei affittare la tua ragazza Chiara per serate o weekend. Mi serve una come lei.”

“Affittare?”

“Sì. Affittare o comprare, come preferisci. In ogni caso sarebbe mia in quei momenti.”

“E cosa dovrebbe fare per te in quei momenti.”

“Be’, tutto ciò che voglio. Sì, anche sesso ovviamente. Ma non la forzerei a fare nulla, so che farebbe tutto ciò che le chiedo perché piacerà anche a lei. Credo di avere capito che tipa è.”

“E che tipa sarei?” intervenni io nella conversazione ma venni ignorata.

“Ma non mi serve solo per il sesso.” continuò Paolo. “Mi serve per fare affari. La porterei a delle cene, a delle feste, con gente importante. Avere una bella ragazza al proprio fianco aiuta in quei momenti.”

“Soprattutto se la ragazza è disponibile a…” insinuò il mio ragazzo.

“Bravo, vedo hai capito. Lo sapevo che eravate persone intelligenti.”

“In pratica ti serve una escort.”

“Sì. Quello è il nome politically correct. Personalmente preferisco il termine puttana e sono sicuro che anche Chiara ha un brivido ogni volta che glielo si dice.” si girò a guardarmi negli occhi, mettendomi in soggezione.

“E allora perché non chiami una escort?” provò a insistere Ale.

“Perché sono un edonista. In tutto ciò che faccio cerco il massimo del piacere. E rivolgermi ad una professionista sarebbe sicuramente efficace e soddisfacente. Ma nulla a che vedere col piacere mentale di portare una brava ragazza a prostituirsi per il proprio piacere e per il piacere del suo ragazzo. Se prendessi una escort ci godrei io e forse un po’ lei se è appassionata in quello che fa. In questo modo invece godiamo in tre e godiamo molto di più.”

“In tre?” chiese Ale alterandosi un po’. “Che razza di godimento sarebbe il mio?”

“Fidati. Ti piacerà. Se ti piace mostrarla a sconosciuti, se ti piace che la guardino mentre fa sesso, il prossimo passo sarà concederla a sconosciuti. Ti ecciterà e lei diventerà sempre più troia. Chi non vuole che la propria ragazza diventi sempre più troia?”

Alessandro sembrava poco convinto. Io non dicevo niente ma sotto sotto mi ero eccitata a sentire quelle parole. Paolo ci guardava sornione.

“Non pretendo una risposta ora. Andate a casa. Scopateci su e decidete. Poi mi fate sapere. Le condizioni sono chiare. Un paio di volte al mese per una serata o per un weekend. Farà tutto ciò voglio io, ma saranno tutte cose che vorrà fare anche lei, con me o con altri. Ah, dimenticavo, il compenso sarà molto più di quello che vi ho dato stasera.”

A quell’ultima frase strabuzzai gli occhi e guardai Alessandro che sembrava contrariato. Paolo mi sorrise e mi sussurrò, dando per scontato che avremmo accettato:

“Ci divertiremo, cara.”


Non ne parlammo nel tragitto verso casa. Ale appariva di cattivo umore. Io ero pensierosa. Quando fummo nel letto mi salì sopra e mi immobilizzò stringendomi i polsi. Mi prese quasi con forza, senza badare molto al mio piacere come invece faceva sempre. Mi scopò con vigore, mi fece anche un pochino male in certi momenti. Non sembrava lui.

“Mi stai scopando come se fossi una puttana?” gli dissi ad un certo punto per provocarlo.

“Perché? Lo sei forse?” mi rispose rabbioso.

“Sì, sì! È tutta la sera che mi sento una puttana!” urlai.

“Cosa vorresti dire?” aumentò ancora la spinta dentro di me.

“Voglio dire che… che voglio accettare l’offerta di Paolo.” ebbi un orgasmo mentre davo questa risposta.

“Cazzo dici? Sei una troia!”

“Sì, sì. Voglio essere la tua puttana.”

“La mia?”

“La tua… e di Paolo.”

“Stronza.” esclamò mentre mi schizzava dentro.

Si accasciò sopra di me. Non continuammo la conversazione, ma certe cose erano state dette. La sua reazione non era stata chiarissima, ma avevo capito che ormai l’ipotesi gli era entrata anche a lui in circolo e cominciava ad eccitarlo. Non ci saremmo fermati.


Il momento più difficile fu fare il primo passo fuori dalla porta di casa, su tacchi altissimi con plateau e vestita solo con una minigonna veramente mini, un paio di autoreggenti a rete e una canottiera scollata e aperta sulla schiena, senza reggiseno.

Sembravo, ed ero, una troia. Mi augurai che nel breve tragitto tra la porta di casa, l’ascensore, il portone, il cancelletto che dava sulla strada dove l’auto di Paolo mi stava aspettando, non mi vedesse nessun vicino. Abitavamo in un piccolo paese e la cosa si sarebbe sicuramente saputa.

Quando salii sull’auto la prima cosa che mi diede Paolo fu un lungo sguardo di compiacimento su tutto il mio corpo, ben poco nascosto alla vista. Poi tirò fuori una busta e me la porse. La aprii e vidi una mazzetta di soldi. Mi emozionai e mi vergognai di quella mia emozione. Feci per infilarla nella borsetta ma poi dissi a Paolo.

“Aspetta.”

Chiamai per telefono Alessandro che appena rispose mi disse preoccupato:

“Tutto bene?”

“Sì, scendi un attimo.”

Ale arrivò ed abbassai il finestrino perché venisse da me. Gli porsi la busta con i soldi. Lui l’aprì e strabuzzò gli occhi.

“Li vale tutti, questa ragazza.” commentò Paolo.

“Di.. divertitevi…” balbettò Ale.

Paolo partì rombando e appena fummo poco lontani allungò una mano ponendomela fra le gambe.

“Voglio controllare se hai fatto ciò che ti ho detto.” dissi e subito infilò un paio di dita nella figa. “Brava, sei senza mutandine. E sei tutta depilata. E sei pure già bagnata.”

Mi tirai su la gonna per evitare che si bagnasse. Feci tutto il tragitto in auto completamente esposta, con Paolo che mi masturbava, inumidendogli il sedile in pelle della sua macchina.

La destinazione di quella serata era una festa di inaugurazione. Paolo mi istruì su quello che avrei dovuto fare.

“Sii carina con tutti. Lasciati ammirare, sii ammiccante, ma non troppo esplicita. Ma non andare oltre con nessuno, non finché ti dirò io che devi farlo. Devono desiderarti ma nessuno deve avere nulla finché non sarò sicuro che io avrò qualcosa in cambio da loro.”

“Ma cosa dovrò fare? E con chi?”

“Vedremo. Devo capire chi sarà l’uomo giusto da oliare per ottenere ciò che voglio.”

Era tutto estremamente degradante quello che mi stava dicendo. E mi eccitava. E per questo mi vergognavo. E quindi mi eccitavo ancora di più. Ero fradicia.

Durante la festa Paolo mi presentò a diverse persone, per lo più uomini più anziani, come la sua nuova ragazza. A volte lui si appartava per discutere con qualcuno. Io ne approfittavo per mangiare e soprattutto bere qualcosa dal buffet. Nei momenti in cui ero sola si fece avanti qualche uomo, anche qualche ragazzo della mia età, ma dopo qualche sorriso di circostanza li congedavo tornando dal mio uomo.

Ad un certo punto della serata Paolo mi tenne al suo fianco mentre parlava con un uomo sulla cinquantina. In un momento in cui questo venne distratto da un cameriere con un vassoio con sopra dei flute, Paolo mi parlò all’orecchio.

“È lui l’uomo. Portalo con te in bagno. Fagli un pompino. Ma solo un pompino, non di più. Lui è solo uno degli ingranaggi.”

Appena detto questo Paolo si allontanò, lasciandomi sola con l’uomo. Gli sorrisi e bevvi un sorso dal flute che lui mi porse. Poi gli parlai, ammiccante, e mi aggrappai al suo braccio.

“Mi può accompagnare verso i bagni, sa, con questi tacchi se ho il sostegno di un bell’uomo per camminare è meglio.”

“Con piacere.” disse lui offrendomi il braccio perché potessi procedere a braccetto con lui.

Non ci fu bisogno di dirsi molto altro. Lui sapeva benissimo cosa stavamo andando a fare. Entrò con me nei bagni e non fu sorpreso di vedere che mi inginocchiavo davanti a lui slacciandogli i pantaloni. Tirai fuori un cazzetto ancora non del tutto duro che anche dentro la mia bocca non crebbe molto di dimensioni. Fu un pompino rapido. Lui mi aspettò fuori dal bagno mentre mi sciacquavo.

Tornammo da Paolo che disse che mi stava cercando.

“La sua ragazza aveva bisogno della toilette, l’ho accompagnata per galanteria.” disse l’uomo quasi fosse un messaggio concordato.

“La ringrazio.” rispose Paolo che mi diede un bacio sulla bocca che mi sembrò quasi un firma del patto che io avevo contribuito a siglare con quella fellatio in bagno.


Rientrai a casa che era notte fonda, anzi quasi mattina ormai. Alessandro dormiva ma non lo trovai a letto, era sul divano di fronte alla televisione accesa ma ferma sulla schermata di una piattaforma di streaming. Mi avvicinai a lui, per dargli un bacio.

Si svegliò, bofonchiando e grugnendo.

“Che cazzo di ore sono?” si lamentò. “Quanto cazzo sei stata fuori?”

Stavo per rispondergli anche se forse non voleva veramente saperlo, ma lui aggiunse un frase, con tono di disprezzo.

“… fuori a fare la puttana.”

Mi ferì un po’, per il modo in cui l’aveva detto, ma allo stesso tempo mi fece sentire in colpa. Era stato tutto un gioco erotico di coppia ma effettivamente avevo forse esagerato e non avevo riflettuto troppo sulla sua possibile reazione.

“Ma amore, adesso sono qui, sono tornata, sono la tua ragazza, ero una puttana solo per gioco…” provai a rimediare.

Lui mi scacciò e fece per alzarsi per andare a coricarsi nel letto. Io provai a fermarlo.

“Aspetta… se pensi che io sia una puttana, almeno lasciami esserlo per te…”

Infilai una mano nei pantaloni del suo pigiama, cercando il suo cazzo. Glielo presi in mano e glieli abbassai. Mi chinai su di lui per prenderglielo in bocca, ma il suo cazzo non dava segni di vita. Provai a segarlo un po’, a leccarlo. Intanto gli accarezzai il petto, ma niente da fare. Restò moscio.

“Sono stanco…” mormorò e mi scacciò per alzarsi. “E poi mi sono già segato fin troppo questa sera.” aggiunse a bassa voce mentre andava verso la camera.

In un certo senso quell’ultima frase mi rassicurò. Per lo meno aveva passato la serata a masturbarsi, probabilmente pensando a me. Forse dunque quella sua reazione era data solo da un momento di sconforto, ma per il resto aveva vissuto anche lui in modo eccitante quella serata. Pensai che dovevo solo lasciare passare la notte e poi si sarebbe tutto sistemato.

Alessandro andò a stendersi sul nostro letto. Io invece andai in bagno per darmi una ripulita dopo quella notte trasgressiva.

In bagno mi guardai allo specchio. Guardai la mia faccia. Era quella di una puttana? Quella notte lo ero stata. E mi era piaciuto, ma solo perché era tutto concordato anche con il mio ragazzo. Avrei voluto rifarlo, sempre con la sua complicità. Ero ancora eccitata se ripensavo a ciò che avevo fatto. Mi toccai. Non mi era bastato. Avrei tanto voluto il cazzo di Alessandro in quel momento. Mi serviva non solo per placare le mie voglie ma anche per rimettere a posto le cose. Ero una puttana ma ero la sua ragazza.

Tornai in camera. Lui era steso al buio. Non sapevo se stesse dormendo, ma da come si mosse quando mi stesi al suo fianco capii che era ancora sveglio. Si era girato dandomi le spalle.

“Non vuoi sapere cosa ho fatto?” gli chiesi sussurrandogli con voce dolce.

Lui grugnì una risposta incomprensibile. Io decisi che non mi sarei fermata.

“Non vuoi sapere che l’ho succhiato nel bagno ad uno sconosciuto solo perché Paolo voleva che glielo succhiassi, per i suoi interessi?”

“Puttana.” sibilò.

“Non vuoi sapere come poi mi ha scopato Paolo, in macchina, fermi in un parcheggio?”

“…”

“Come mi ha preso… come mi ha trattato… come un corpo a sua disposizione…?”

“…”

“Non vuoi sapere se c’era qualcuno che ci ha visto in quel parcheggio… un guardone che si segava e che poi ha mostrato il suo cazzo attraverso il finestrino… in modo che io… non vuoi sapere tutto questo?”

“No.”

“Perché?”

“Perché sei una puttana…”

Allungai la mano attorno al suo corpo e la misi fra le sue gambe. Lui provò a bloccarmi ma non ci riuscì. Trovai il suo cazzo che, a differenza di prima, era diventato durissimo.

“Però mi pare che ti piaccia che io lo sia…” gli sussurrai nell’orecchio con malizia. “Nonostante le troppe seghe che già ti sei fatto stasera pensando alla tua ragazza che faceva la puttana con un altro, eh?”

Lui grugnì un lamento.

Scivolai su di lui, facendolo girare sulla schiena e puntandomi il suo cazzo fra le gambe.

“Dai, scopa la tua puttana… che è così puttana che non le sono bastati i cazzi che ha preso stasera e vuole quello che è solo suo…”

“Sì, ma lo vuole nella fica che non è solo mia…”

“È tua… e di chi paga per averla…”

“Puttana.”

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