Quello stronzo del mio amante

E dei suoi amici

Il mio fidanzato dell’epoca era carino, gentile, affettuoso, romantico. Lo amavo e mi amava. Facevamo l’amore, ogni tanto. Mi faceva godere, qualche volta.

Il mio amante dell’epoca era stronzo, egocentrico, sgarbato. Mi trattava male e io mi facevo trattare male. Scopavamo, tutte le volte che riuscivo a vederlo. Mi faceva godere come non mai, sempre.

Forse la mia fortuna era che abitava in un’altra città e quindi vederlo era complicato. Ogni volta che capitava, poi, dicevo a me stessa che era l’ultima volta. Poi passava qualche settimana e la voglia si rifaceva sentire e lo chiamavo. Poi resistevo e facevo in modo di non vederlo. Allora mi chiamava lui e io correvo, come una cagnolina in calore.

Avevo poco più di vent’anni, lui ne aveva più di quaranta. Era qualche settimana che non lo vedevo e avevo voglia di farmi scopare come sapeva scoparmi lui, con la sua esperienza e la sua mente perversa. Mi faceva cose che non volevo che mi facesse, a mente fredda. Ma quando ero con lui si imponeva e io ero contenta che si imponesse, così facevamo quelle cose così porche e proibite e io non mi sentivo in colpa. Mi raccontavo la bugia che era lui ad obbligarmi, che non ero io che non sapevo fare a meno di essere una sgualdrina.

Lo odiavo quando sembrava che stesse facendomi un favore a scoparmi, quando sembrava che non gliene fregasse niente di me e che per lui ero solo un buco in cui infilare il suo cazzo. Anzi tre buchi, di cui uno da sempre sua esclusiva. Lo odiavo perché in quei momenti non potevo nascondermi e dovevo ammettere che avevo voglia di lui, che non sapevo farne a meno.

Avevo fatto fatica ad organizzarmi per quel pomeriggio. Avevo dovuto trovare una scusa credibile col mio fidanzato per andarmene quel sabato, prendere un treno ed andare nella città del mio amante di nascosto. Ma alla fine ce l’avevo fatta e mi si prospettavano ore ed ore di scopate in una camera d’albergo, da amanti clandestini. Scopavamo nei motel oppure direttamente in auto, in luoghi nascosti. Io di nascosto dal mio ragazzo, lui dalla moglie.

Però quella volta mi fece veramente incazzare. Io avevo organizzato tutto, ero riuscita ad andare da lui mentre di solito veniva lui da me, e quando ero arrivata e mi era venuto a prendere in stazione era venuta fuori la novità.

“Ma come devi andare a giocare a tennis con i tuoi amici? Ma sono venuta apposta, per passare delle ore con te a scopare e tu preferisci i tuoi amici?”

“Sì, andiamo dopo a scopare, non potevo rimandare.”

“Ma sei stronzo! Non sai le cose che ho dovuto fare per organizzarmi e tu mi snobbi così? Riportami pure indietro, torno a casa, te la scordi stavolta.”

“No, adesso non rompi i coglioni, vieni con me e poi andiamo a scopare, c’è tutto il tempo.”

“Vaffanculo.”

E così mi ritrovai in un circolo tennis fuori città, lontano da tutto a guardare quello stronzo che giocava con i suoi amici.

“Lei è la troia che mi scopo.”

Mi aveva presentato così a loro, che mi avevano guardato e avevano apprezzato con invidia. Che cafone. Ma quando lo disse un brivido mi percorse, mi piaceva essere trattata da puttana da lui. Anche se ero ancora incazzata.

“Oh, finalmente avete finito. Adesso possiamo andare?” lo incalzai dopo che era uscito dal campo. I suoi amici erano entrati nello spogliatoio, io volevo che venisse subito via con me. Avevo voglia, non ce la facevo più.

“Sì, con calma, adesso andiamo. Non c’è fretta.”

“Cazzo, io ho il treno da prendere, non c’è così tanto tempo…”

“Insomma, hai proprio voglia di cazzo… non ti basta mai…”

“Ehm sì…” mi imbarazzava ma mi piaceva ammetterlo con lui.

“Quindi vuoi scopare?”

“Sì.”

“Subito?”

“Il prima possibile.”

“Ok.”

Mi prese per un braccio. Mi trascinò dentro allo spogliatoio. I suoi amici non sembrarono troppo sorpresi, seppur già mezzi nudi.

Non avevo indosso molti vestiti. Scarpe basse, una gonnellina con sotto un perizoma, una t-shirt. Era estate e faceva caldo. Per questo non impiegò molto a spogliarmi. Io provai a contrastarlo, ma senza convinzione. Poi mi coprii dagli sguardi degli amici con le mani, come potevo. Ero nuda davanti a degli sconosciuti. Mi spinse nella zona docce, mentre intanto si abbassava i pantaloncini.

“Scusateci un attimo, la scopo un po’ e poi vi lascio le docce libere.”

Mi ritrovai in ginocchio sulle piastrelle delle docce. Venni inondata dal getto d’acqua, inizialmente freddo, poi tiepido. Lui mi porse il cazzo ed io glielo presi in bocca, come facevo sempre. Come mi piaceva fare. Adoravo il suo cazzo.

Poi mi tirò su e mi sbattè contro il muro. Il mio seno schiacciato contro le piastrelle della parete. Il suo cazzo duro che si faceva largo fra le mie chiappe. Mi sentii sopraffatta e mi piacque. Il suo cazzo mi entrò nella figa, già calda dopo tutta quell’attesa.

Mi accorsi di alcune presenze non previste. I suoi amici si erano affacciati e ci guardavano. E commentavano con parole che una ragazza avrebbe dovuto considerare insulti e che invece mi inorgoglivano.

Mi fece godere, ancora più velocemente del solito. Lo insultavo mentre venivo. Mi aveva costretto ad una cosa non concordata, di fronte ai suoi amici. Lo insultavo ma mi piaceva. Quanto mi sentivo troia nelle sue mani e col suo cazzo dentro.

Si svuotò dentro di me, dopo diversi minuti. Poi mi lasciò lì, accovacciata sul pavimento delle docce degli spogliatoi del circolo tennis. L’acqua continuava a cadermi sopra, lavando via la vergogna e le tracce della scopata.

I suoi amici, dopo essere stati spettatori, entrarono nella zona docce. A differenza di prima erano completamente nudi. Li guardai, loro mi guardarono. I loro cazzi si vedeva che erano appena stati turgidi e non avevano perso del tutto la consistenza. E forse guardandomi e ripensando alla scena che avevano appena visto si stavano di nuovo ringalluzzendo. O almeno così mi sembrava nell’uomo sotto la doccia più vicina a dove ero io, mentre se lo insaponava.

Mi tirai un po’ su, rimanendo però sulle mie ginocchia. Lo guardai. Lui mi guardò. Anche gli altri due, più lontani, mi lanciavano delle occhiate. Andai verso di lui, muovendomi a gattoni sul pavimento di piastrelle bagnate. Gli presi il cazzo in mano e poi, immediatamente, in bocca.

Gli altri due spensero le loro docce e si avvicinarono. Io iniziai un pompino fatto come meglio potevo, come il mio amante diceva che sapevo farli benissimo, a differenza del mio ragazzo che non aveva mai fatto quegli apprezzamenti. Ma forse ero anche io che glieli facevo con meno passione. O meglio, con più amore ma meno da porca.

Con la coda degli occhi notai due cazzi dritti ai miei fianchi. Li presi con le mani, senza lasciare quello che avevo in bocca.

“Che puttana.” commentò qualcuno.

Il cazzo che avevo in bocca spruzzò la sua sborra che io ingoiai il più possibile. Gli altri due, a quel punto, volevano entrambi avere lo stesso trattamento e non più la semplice sega da parte mia. Ne scelsi uno, ma l’altro non si accontentò di rimanermi in mano. Mi prese per i fianchi e mi sollevò. Mi aggrappai ai fianchi di quello a cui lo stavo succhiando. Però erano bagnati e scivolosi. Ero praticamente piegata a novanta, con il torso parallelo al pavimento e le gambe dritte. Però cadevo in avanti, scivolando. L’uomo dietro di me mi afferrò i capelli, tirandomeli e facendo in modo che restassi dritta. Mi fece un po’ male ma mi piacque. Intanto il suo cazzo sondava il terreno tra le mie gambe.

“Che puttana.” stavolta era stato il mio amante a dirlo mentre mi guardava scopata dai suoi amici.

Un cazzo in bocca e uno in figa. Tutta bagnata dalla doccia e dai miei umori. Non erano sensazioni fisiche migliori del solito ma l’intera situazione mi stava facendo impazzire e quindi era un orgasmo quasi continuo.

Io e quattro uomini, tre dei quali appena conosciuti. Mi sentivo più troia che mai. Quello stronzo del mio amante mi aveva cacciato in una situazione che non avrei mai immaginato. Non ero più incazzata con lui.

Quello dietro di me, mentre mi scopava, mi infilò un dito, credo un pollice, nel culo. Mollai il cazzo che avevo in bocca per mugolare di piacere.

“È quella che adora prenderlo in culo, lei, vero?” sentii che chiedeva al mio amante. Il fatto che non lo avesse chiesto a me era degradante, quasi insultante, ma lo trovai perversamente corretto. Io in quel momento ero un pupazzo nelle loro mani, il mio destino era deciso dal mio amante e non da me. La me stessa razionale avrebbe trovato aberrante una cosa simile, ma quando ero eccitata queste cose degradanti e tabù le trovavo irresistibili.

Non aspettò la risposta, o forse lui gliela diede a gesti, o forse era una domanda retorica. Il suo cazzo entrò prepotente nel mio culo e poco dopo lì dentro si svuotò. Il cazzo che avevo in bocca invece ancora resisteva e quando l’uomo dietro si fece da parte, ne volle prendere il posto.

Ero sulle ginocchia e con le spalle appoggiate a terra. Il culo in alto. Culo che venne visitato dal cazzo che fino a pochi secondi prima era nella mia bocca. Poi fu il turno del mio amante e infine dell’altro che si era ripreso dalla sborrata in bocca. Quattro cazzi nel culo, tre in bocca, due in fica: il resoconto del post partita di tennis.

“Quando hai il treno?” mi chiese il mio amante quando salii in auto con lui.

“Più tardi.” risposi laconica.

“Ti porto in stazione?”

“Che cazzo dici?”

“E dove vuoi andare?”

“Non andiamo in motel?”

“Ah… pensavo…”

“Cosa pensavi?”

“Che ti fosse bastato.”

“Sono venuta per scopare tutto il pomeriggio. Siamo a metà pomeriggio.”

“Che puttana che ti ho fatto diventare. Invitiamo anche i miei amici o loro ti sono bastati?”

“No… loro mi sono bastati…” risposi incerta.

“Bugiarda. Non pensi di aver sprecato una occasione e di poter rimediare?”

“Che occasione?”

“Avevi quattro cazzi tutti per te e c’è stato solo un momento in cui ne avevi due dentro insieme e uno era in bocca.”

“E quindi?”

“E quindi… dimmi tu cosa potremmo fare invece in un comodo lettone di un motel.”

“Intendi…?”

“Sì… dillo.”

“Averne due dentro… in fica e culo…”

“E magari un terzo, in bocca.”

“E un quarto in mano.”

“Andiamo, troia?”

“Andiamo.”

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