La festa continua
Mi ero buttato in mezzo alla gente che ballava alla festa. Stordito dalla musica e dal movimento mentre ripensavo e cercavo di fissare nella memoria le scene a cui avevo assistito e partecipato. Era stato tutto molto eccitante.
Non potevo rimanere con quella coppia. Mi avevano fatto chiaramente capire che volevano restare soli. Più lui di lei, sicuramente. Ma se avessi finto di andarmene e mi fossi nascosto per continuare ad osservarli e ad ascoltarli avrei assistito ad una loro conversazione interessante, quella di una coppia reduce da una trasgressione non prevista, non pianificata e forse non del tutto sotto il loro controllo.
“Sei rimasta soddisfatta?” le avrebbe chiesto lui ad un certo punto. Forse aggiungendo anche un appellativo volgare.
Lei lo avrebbe guardato, pensierosa. Poi avrebbe scosso la testa.
“Non del tutto.” avrebbe risposto.
“Perché, cosa volevi ancora? Cosa non ti è bastato, troia?”
“Lo volevo in bocca. Volevo assaggiarlo. Volevo la sua sborra in gola.”
“Fanculo, stronza, non è che puoi andare in giro a succhiare il primo che passa.”
“Mi hai chiesto se ero soddisfatta? Ti ho detto cosa mi ha lasciato insoddisfatta. Ti ho detto la voglia che avevo e che ho ancora, perché non me la sono tolta. Perché tu non hai voluto.”
“Appunto. Non ho voluto. Non puoi incazzarti con tuo marito perché non vuole che succhi il cazzo ad un altro.”
“Non sono incazzata con te. Sono incazzata con me.”
“Perché?”
“Perché avrei dovuto farlo lo stesso. A prescindere da te. Volente o nolente.”
“E che cazzo! Le trasgressioni si fanno in due, si fanno se entrambi siamo d’accordo.”
“Sì, ma in realtà lo volevi anche tu, solo che non lo sapevi in quel momento.”
“Che cazzo dici?”
“Scommettiamo?”
“In che senso?”
“Com’è il tuo cazzo adesso?”
“Moscio, come vuoi che sia?”
Lei lo tastò da sopra i pantaloni. Era vero. Dopo il super lavoro di pochi minuti prima, si era quietato.
“Ora io ti racconterò cosa potrebbe succedere ancora stasera e se al termine della mia descrizione il tuo cazzo sarà ancora moscio hai ragione te, è vero che non vuoi che la tua mogliettina succhi il cazzo di quell’uomo. Se invece sarà duro ho ragione io e ti sarebbe piaciuto che io glielo succhiassi ma non hai avuto le palle di lasciarmelo fare.”
“E chi e cosa si vince nei due casi della scommessa?”
“Mi sembra ovvio cosa si vinca.”
Più o meno questa è la conversazione che avvenne mentre io ero tornato a ballare, e non sapendone nulla rimase piacevolmente sopreso nel ritrovarmi ad un certo punto lei davanti a me, in mezzo alla pista. Ballava sensuale e mi guardava. Mi aveva cercato, non era comparsa lì casualmente. Era sexy ed elegante nel suo vestito a tubino. Non vidi lui, invece.
Ballammo vicini per qualche minuto. Lei molto provocante, si strusciava su di me, mi eccitava. Io mi chiedevo cosa volesse, cosa dovessi fare, se era un nuovo approccio o se era la conclusione del precedente. Poi lei mi tolse ogni dubbio, avvicinandosi e sussurrandomi qualcosa nell’orecchio. Anzi, vista la musica alta dovette urlarlo per farsi sentire.
“Voglio succhiarti il cazzo.”
Non le diedi una risposta. Non c’era bisogno di una risposta. Mi trascinò fuori dalla bolgia di gente che ballava e io la seguii di buon grado.
Stavamo per uscire dal palazzo in cui c’era la festa ed io la fermai.
“E tuo marito? Dov’è? Lo sa? È d’accordo?”
“Mio marito… gli ho detto che l’avrei fatto, che lui fosse volente o nolente.”
“E lui che ha detto?”
“Gli è venuto duro. Allora gli ho detto che sarei venuta a cercarti. A quel punto si è incazzato. Ha detto che se ne andava. Mi aspetta in auto. Mi ha detto: vedi tu cosa devi fare.”
“E quindi tu cosa devi fare?”
“Voglio portarti là. Voglio salire in macchina con te e succhiartelo. Lui guarderà e si segherà, alla fine gli piacerà, lo so.”
In quel momento non ero lucidissimo. Avevo bevuto e avevo ballato. Poi c’era stata quell’incontro sessuale con quella coppia. Ora ero di nuovo eccitato e il mio sangue ignorava il cervello, a favore del cazzo. Avrei dovuto essere grato anche a quell’uomo, che mi aveva lasciato assistere, però provavo nei suoi confronti una sorta di rivalsa. Fosse stato per lui non avrei goduto delle grazie di sua moglie. Insomma, avevo voglia di essere un po’ stronzo.
“Aspetta, vieni con me.” dissi a lei e la trascinai di nuovo nel cortile dove la gente ballava, fino ad arrivare in un angolo un po’ buio. “Succhiamelo qui.” le ordinai.
Lei esitò. Non erano i suoi piani ma probabilmente la cosa la intrigava. Sembrò cercare una scusa.
“Ma… ma qui potrebbe vederci qualcuno.”
“Appunto…”
“E non c’è mio marito.”
“Appunto…”
Mi diede uno sguardo a metà tra il complice e l’incazzato.
“Tu sei un porco…”
“Sì.” le risposi alzando le spalle.
“Non sai quanta voglia ne avrei di farlo qui… e non mi dispiacerebbe per niente farlo alle spalle di mio marito… sarebbe eccitante mentre lui ci aspetta in macchina col cazzo duro… Ehi, fermo, che fai?”
Io mi stavo slacciando i bottoni della patta dei pantaloni, per far uscire il cazzo senza slacciare la cintura e il bottone principale.
“Dai, no, non posso…” disse lei mentre però si stava inginocchiando e fissava il cazzo con desiderio.
“Succhiamelo, troia… volente o nolente…”
“Non chiamarmi così…”
“Perché?”
“Perché mi piace…”
Me lo prese in bocca, ma proprio in quel momento si avvicinò qualcuno. Una coppia. Le feci capire che doveva venire su. Aderì al mio corpo per nascondere le evidenze di quello che stavamo facendo. Così ci ritrovammo con i visi a pochi centimetri di distanza. Venne spontaneo ad entrambi iniziare a limonare. Come per fingere che non stessimo facendo che quello.
“Ci hanno visto, secondo te?” mi chiese lei dopo un po’, quando li vedemmo allontanarsi dalla nostra posizione.
“Che tu fossi in ginocchio penso fosse evidente.”
“Dai, ok, basta. Andiamo da mio marito. Ho già fatto troppe cose che non avrei dovuto.”
“Ok.” dissi io e feci per rimettermi il cazzo dentro e riallacciarmi i pantaloni.
“No, lascia stare. Resta così.” mi fermò lei.
“Col cazzo di fuori?”
“Sì.” rispose e lo prese in mano, tirando.
Uscimmo così, camminando uno a fianco all’altra, mano nella man… ehm, cazzo nella mano.
Arrivammo all’auto dove ci aspettava il marito, salimmo entrambi dietro. Lei mi slacciò del tutto i pantaloni e li fece scendere alle caviglie. Poi si sporse in avanti tra i due sedili anteriori, per parlare col marito.
“Fammi sentire, amore… mmh, sì, sei duro… ti piace allora, eh?”
“Sei una troia…” bofonchiò lui.
“Dai, tu adesso metti in moto e guida… io intantooo… ooh…”
“Che c’è? Che hai?”
“È un porco… mi sta toccandoooo…” io avevo infilato una mano sotto al suo vestito, trovandola ovviamente nuda dato che non le avevo mai restituito le mutande che si era tolta precedentemente.
“Si era detto che tu l’avresti soltanto preso in bocca… ehi amico, metti giù le mani…”
“No amore lascialo fare… mi sta… mmmh… mi sta… un dito… mmmh… nel cu… mmh”
“Basta, troia. Succhiagli il cazzo e basta. Questi erano gli accordi.”
“Ok, come vuoi, se proprio insisti ora gli succhio il cazzo…” disse lei e poi ridacchiò…
“Che troia…” disse lui mentre io lo pensavo dentro di me.
Lei si girò verso di me e si chinò per prenderlo in bocca. Io la fermai e le tirai su la testa tirandole i capelli. Sembrò apprezzare il gesto con un gemito. Intanto l’auto si era messa in moto.
“Spogliati nuda, completamente. È più bello se fai così.”
“Ok, porco.” rispose lei compiaciuta della mia idea.
Si sfilò con qualche difficoltà il vestito, visto lo spazio angusto, poi lo buttò davanti, per renderlo evidente al marito nel caso non se ne fosse accorto, distratto dalla guida. Poi si posizionò, con le ginocchia piegate, in modo da incastrare il culo nello spazio tra i due sedili anteriori.
“Cazzo, amore, se ti metti così le macchine che incrociamo ti vedono il culo…” si lamentò il marito. Oppure per esprimere approvazione.
Lei rispose mugugnando senza togliersi il mio cazzo dalla bocca e così proseguì per diversi minuti. Il marito guidava nella notte, io mi godevo il pompino.
Venni mentre eravamo fermi ad un semaforo di un viale. Il marito aveva approfittato della sosta per leccarle e morderle il culo che lei gli offriva. Io incrociai lo sguardo con un passeggero di un taxi che si era fermato al nostro fianco. Sgranò gli occhi nello scorgere in penombra il corpo nudo di lei e la sua testa che andava su è giù.
“Buono…” mormorò lei tirando su la testa e leccandosi le labbra.
“Troia…” sentii bofonchiare il marito, in coro col mio pensiero.
Al semaforo successivo lei aprì la portiera e scese, nuda com’era, per passare al posto davanti. Qualcuno la vide, probabilmente, ma fu solo un istante e forse non se ne rese neanche conto o non credette ai suoi occhi.
Diede un bacio al marito, in bocca. Non so quanto fossero ripulite le sue labbra.
“Dove ti riporto? Alla festa?” disse lui con tono freddo guardandomi attraverso lo specchietto retrovisore.
Stavo per rispondere di sì ma intervenne lei.
“No, andiamo a casa nostra, tutti e tre.”
“Non ti è ancora bastato, troia?”
“No.”
“Che cazzo vuoi, ancora?”
“Il tuo e il suo. Insieme. E poi magari… vi vedrei bene a fare qualcosa tra voi…”
“Troia… ma magari lui non può… o non vuole.” disse cercando in me una sponda per placare la moglie. Evidentemente viveva bene fino ad un certo punto la sua spregiudicatezza. Gli piaceva ma la temeva.
“È lo stesso.” disse lei ormai inarrestabile. “Viene con noi… volente o nolente… ma secondo me volente…”
Si girò a guardarmi sorridendo maliziosamente. Io ricambiai il sorriso. Il mio cazzo dava già segni di essere volente. Come si faceva a non esserlo con una così.
Magistrale per come hai ripreso il racconto riducucendolo a regola d’arte come nessun’altro poteva fare se non tu…mente irrimediabilmente perversa e porca!
Hai pensato a me vero quando scrivevi del pompino mentre si inginocchiava guardandosi intorno…poi l’insulto della troia..
Ti adoro
La tua musa
Elena T.
Ovviamente ho pensato a te, d’altronde il racconto è stato ispirato da quel tuo commento “volente o nolente” riferito a tuo marito
Adesso però portaci a casa.
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