Scambio di potere

Il taxi mi lasciò di fronte all’ingresso del ministero. Scesi stando attenta a dove appoggiavo i tacchi a spillo sui sanpietrini e poi mi diressi sculettando incerta verso la portineria. Mi chiesi cosa pensasse il tassista e cosa pensassero le guardie nel vedere una bella donna agghindata come per una serata di gala avvicinarsi ad uno dei palazzi del potere nazionale. Probabilmente erano abituati a vederne di ogni, in quanto ingranaggi di basso grado di un sistema non immacolato.

Feci il nome del mio appuntamento. L’addetto alla portineria fece una telefonata. Dopo poco un commesso mi raggiunse e mi fece cenno di seguirlo. Procedeva spedito ed io feci un po’ di fatica a tenere il suo passo tra i tacchi e la gonna stretta. Camminammo per corridoi ormai vuota a quell’ora, prendemmo un ascensore e poi arrivammo di fronte ad una porta di legno.

“Il dottore ha detto di essere impegnato al momento. Aspetti una decina di minuti e poi provi a bussare.” mi spiegò l’uomo, prima di lasciarmi in quell’anticamera vuota e poco illuminata.

Il palazzo sembrava vuoto. Era un venerdì sera. Quasi tutti se ne erano andati. Io ero lì, seduta su un divanetto, nel mio vestito appariscente. Ero un po’ nervosa, ma pronta.

Quando entrai nell’ufficio di quell’uomo di alto rango lui era al telefono nonostante avesse risposto al mio bussare dicendomi di entrare. Mi fece cenno di accomodarmi su una delle poltrone di fronte alla sua scrivania mentre lui concludeva la conversazione. Mi sedetti accavallando le gambe in maniera sensuale. Lui notò il gesto. Mi squadrava dal momento in cui ero entrata.

Chiuse la telefonata senza convenevoli e altrettanto senza convenevoli iniziò la conversazione con me. Mi chiese di esporgli la mia richiesta, il motivo per cui avevo ottenuto quell’appuntamento. Me l’ero preparata, sapevo che avrei avuto pochi minuti di attenzione. Doveva capire bene il problema, in modo che poi avrei potuto usare le mie armi per convincerlo. Mi ascoltò con attenzione, non tradendo nessuna emozione e annuendo impercettibilmente. Mentre esponevo il problema il suo sguardò cambiò. Non stava più guardando una donna attraente piombata nel suo ufficio un venerdì sera, ma era concentrato sulla questione.

“Ho capito.” disse in tono neutro senza aggiungere altro e interrompendo la mia spiegazione.

Toccava a me fare la mossa successiva, quella decisiva per fare sì che la mia richiesta non si perdesse in mezzo a quella di tanti altri. E sapevo cosa dovevo dire.

“È stato l’avvocato T. ha dirmi di rivolgermi a lei.”

Il dirigente ministeriale alzò un sopracciglio. Quel nome gli aveva fatto capire che non ero una sprovveduta e che già sapevo. Era come una parola d’ordine. Infatti il suo tono cambiò. Prima ero soltanto una potenziale sgualdrina, una che forse si era vestita per far colpo e per irretirlo sperando di ammaliarlo, ma poi ero diventata senza nessun dubbio una mignotta, una che era pronta a tutto per ottenere quello che voleva.

“L’avvocato allora le avrà già spiegato. Le avrà già parlato di me, del mio modo di lavorare.”

Io annuii improvvisamente intimorita. Il gioco cambiava, dovevo andare in scena.

“Bene.” disse e si lasciò andare all’indietro contro lo schienale della sua poltrona girevole.

Rimase lì in attesa. Toccava di nuovo a me. Mi alzai, mi sistemai l’orlo della gonna con le mani e poi camminai lentamente per aggirare la sua scrivania. Mi misi tra lui e il mobile. Rivolgendo verso di lui la schiena. Anzi il culo.

Il vestito era molto aderente. Portavo delle calze velate con la riga dietro sostenute da un reggicalze. Al di sopra di esso, in modo che fossero facilmente sfilabili, avevo indossato un perizoma che mi lasciava scoperto il culo, se solo mi fossi alzata la gonna. E fu quello che iniziai a fare, ondeggiando sensuale.

“Cosa le ha detto l’avvocato?” mi disse lui con tono deciso.

“Mi ha spiegato qual è il suo ruolo, qual è il suo potere. Le cose che può controllare, che può muovere. E mi ha spiegato che sono in tanti a chiedere i suoi favori.”

“Non sono favori, è il mio lavoro.” mi corresse quasi sdegnato.

“Mi scusi, mi sono espressa male. Io so bene che il mio caso è solo uno fra tanti. So bene che ciò che le ho chiesto è perfettamente legittimo, non le sto chiedendo nulla che non vada bene. Devo solo sperare che lei trovi il tempo di occuparsene.”

“Può darsi che lo troverò. Come può darsi che stasera lei trovi il tempo per fare qualcosa.”

“L’avvocato mi ha raccontato quali sono i suoi gusti.” dissi nel momento in cui il tessuto elastico della mia gonna si liberò tutto in un colpo dell’ingombro delle chiappe, scattando all’insù e lasciando scoperto il mio culo.

L’uomo si sollevò dalla poltrona ma poi subito si inginocchiò, avvicinando il volto alle mie chiappe e appoggiandosi sopra delicatamente le mani. Afferrò l’elastico del perizoma ai lati e me lo abbassò. Poi mi dischiuse leggermente le natiche con le dita. Sentii il suo respiro sul mio ano. In quel momento qualcuno passò nel corridoio fuori dall’ufficio. Io rabbrividii.

“L’avvocato mi aveva parlato di lei. Sapevo che sarebbe arrivata. Mi aveva parlato del suo culo perfetto, ma la sua descrizione non rende giustizia.”

Con le due mani mi palpò le chiappe. Io mi piegai appoggiando il busto alla scrivania. Poi allargai leggermente i piedi, dandogli maggior accesso alle mie zone intime. Il nervosismo stava sparendo. Mi stavo eccitando, ma speravo lui non se ne accorgesse. Invece mi passò una mano contro la fica e sicuramente si accorse che gliela avevo bagnata. Era la situazione ad eccitarmi, il mio essere puttana con un uomo di potere, uno che normalmente non avrei degnato di uno sguardo.

“Le ha detto tutto di me, l’avvocato?”

Capii a cosa si stava riferendo e dissi di sì.

“Cosa le ha detto?”

“Mi ha detto… mi ha detto della sua passione per i culi femminili… della sua passione per violarli…”

Appena detta quella frase sussultai al sentire il rumore di uno sputo. Un grumo di saliva aveva colpito il mio ano, perfettamente al centro. La punta di un dito spalmò la saliva sui suoi contorni, spingendosi lievemente dentro. Era una preparazione più simbolica che effettiva. Non bastava certo quella lubrificazione e quella dilatazione per essere pronta a quello che stavo per subire.

“Le ha parlato anche di altro?” insistette lui.

Io ansimai al sentire che si alzava in piedi e si slacciava la cintura.

“Mi ha detto che lei è noto anche per un’altra cosa nell’ambiente, oltre che per la sua passione per la sodomia.”

“Per cosa sarei noto?”

“Per le dimensioni…”

Non feci in tempo a finire la frase che sentii una grossa cappella dura appoggiarsi tra le mie chiappe e iniziare a spingere per farsi strada attraverso il mio sfintere anale.

“Le dimensioni?” fece lui ma a me mancò per un attimo il respiro. Mi ero preparata, ma non abbastanza. Era grosso, larghissimo. E mi fece male. Gemetti di dolore.

“Vede, l’avvocato aveva ragione. Amo sodomizzare le donne. Amo farlo con quello che probabilmente è il cazzo più largo che mai hanno preso. Ma soprattutto amo farlo abusando del mio potere. Amo vedervi sottomettervi a me pur di ottenere qualcosa. Amo vedere come il vostro sacrificio si trasforma in un attimo in piacere. Sì, perché ora sente ancora male, ma appena il suo buco del culo si abituerà alla presenza ingombrante lei godrà. E se già si vergognava di scambiare il suo corpo in cambio di qualcosa, si vergognerà ancora di più di godere nel farlo. Vergognarsi di essere una puttana e poi vergognarsi di amare di essere una puttana. Lo sente? Sta già succedendo. Lei sta cominciando a godere, aiutata anche dalle mie parole. Io esercito il mio potere, la mia influenza e la uso per entrarle nel culo. Ma anche lei usa il suo potere, quello sopra cui è seduta tutti i giorni.”

Speravo che la smettesse di parlare. Già era sufficientemente umiliante provare quel piacere indicibile nel venire inculata in quel modo. Le sue parole amplificavano i miei pensieri osceni. Ma lui continuò. A parlare e a incularmi. Poi ad un certo punto si immobilizzò, proprio nel momento in cui era completamente dentro di me e le sue palle sfioravano le labbra della mia fica. Lo sentivo dentro, era grosso ma soprattutto era incredibilmente duro.

“Lei pensa di avere concluso lo scambio? Lei ha fatto la sua richiesta e io le ho preso il culo ed è finita qui?”

Io mi girai a guardarlo ed annuii, quasi spaventata.

“Secondo lei in questo modo chi di noi due ha più potere sull’altro?”

“Lei.” dissi senza esitare.

“Brava. Ma non per quello che pensa, anzi per quello che sente. Non è solo perché in questo momento la sto penetrando e lei è sottomessa. No. Io ho potere su di lei perché lei mi ha già dato quello che mi poteva dare e io ancora non ho fatto niente per lei. In uno scambio c’è sempre qualcuno che paga per primo, e che può rimanere fregato.”

Lo guardai spaventata. L’avvocato mi aveva assicurato che lui era sì uno stronzo, ma leale.

“Stia tranquilla. Le chiedo ancora qualcosa per soddisfare i miei capricci. Lo faccio solo perché il suo è uno dei migliori culi che mi sia capitato davanti, e mi piacerebbe sfoggiarlo. Stasera devo andare all’inaugurazione di una mostra. Sa, gli impegni istituzionali. Vorrei venisse con me. Aveva impegni stasera?”

Scossi la testa.

“La aspetta qualcuno a casa?”

“Sì. Mio marito.”

“Cosa gli ha detto per giustificare il suo ritardo questa sera? Cosa gli dirà per giustificare il suo abbigliamento da escort di lusso?”

“Che… che ero ad un aperitivo con una amica.”

“Bene, lo chiami e dica che si trattiene, che rimane fuori a cena.”

“Ok. Dopo lo chiamo.”

“No, lo chiami adesso.” mi disse allungandomi la borsetta che avevo appoggiato sulla scrivania.

“Ma…”

“Non ha mai chiamato suo marito mentre aveva il cazzo di un altro uomo nel culo? Lo faccia, può essere divertente. Non si preoccupi, la scoperò piano mentre lei parla con lui, non si accorgerà di niente.”

Andò come aveva detto. Mentre parlavo con mio marito lui ondeggiava lievemente. Io dovetti mordermi il labbro un paio di volte per trattenere i gemiti ma nel complesso riuscii ad essere fredda e lucida. Non diedi sospetti. Mio marito si stupì soltanto di non sentire casino attorno a me, visto che gli avevo detto di essere nel bar con l’amica. Gli dissi che ero uscita fuori un attimo. Quando chiusi la telefonata tirai un sospiro di sollievo. Tutto era andato bene e mi accorsi di essere più eccitata di prima. Era stato follemente rischioso, ma divertente. Cercai di non ammetterlo neanche con me stessa, ma mi era piaciuto compiere quel tradimento telefonico mentre avevo un cazzo nel culo.

“La sua amica è al corrente di essere la copertura per stasera?”

“Sì.”

“È al corrente anche del motivo per cui era la sua copertura.”

“Sì.”

“Vuole avvisarla che deve reggerle il gioco fino a tardi?”

“Forse è meglio.”

“Bene, chiami anche lei. E se è al corrente di tutto può anche non trattenersi e farle sentire che qualcuno la sta scopando.”

“Le mando un messaggio più tardi, non c’è bisogno.”

“Come preferisce.”

Ci ricomponemmo, uscimmo dal ministero e ci recammo nel luogo archeologico dove era allestita la mostra. Io entrai a braccetto del mio accompagnatore. Per fortuna il mio vestito era adatto alla serata. C’erano molte persone importanti. Molti uomini di potere, alcune donne di potere e alcune come me. Lì solo per accompagnare, per essere sfoggiate. Lui non mi aveva fatto reindossare il perizoma. Sotto ero nuda. Ed eccitata. Nel tragitto in taxi mi aveva spiegato che tutti i presenti avrebbero capito quale era il mio ruolo. D’altronde lui era noto per quello nell’ambiente. Tutti avrebbero intuito che ero soltanto la sua donna per quella sera, una donna che sicuramente era già stata da lui sodomizzata o lo sarebbe stata al termine della serata. O più probabilmente entrambe le volte. Sarei passata da puttana, ma non una di quelle vere, che lo sapevano tutti che lui con quelle a pagamento non andava. Le pagava sì, ma in altri modi. Dunque ero lì come una palese adultera e mignotta. Umiliante. Da vergognarsi. Ma proprio per questo mi piaceva l’idea, mi eccitava. Quasi mi faceva sentire potente. Gli altri uomini avrebbero saputo, guardandomi, di cosa ero capace, che cosa ero disposta a fare. E in un certo senso sapevo che potevo controllarli grazie a questo. Venni presentata ad alcuni, come “amica”. Notai sguardi vogliosi rivolti a me, al mio fondoschiena così ben evidente in quel vestito.

A volte il mio accompagnatore mi lasciava sola, quando doveva scambiare due parole in privato con qualcuno. Dopo uno di questi colloqui venne da me e mi disse che dovevamo andare. Aveva cambiato atteggiamento, era meno spavaldo.

“Volevo dirle che mi occuperò del suo caso. Lo avrei fatto anche se non mi avesse accompagnato questa sera. E lo avrei fatto anche se non si fossero completati i miei piani per la serata con lei.”

“Quali sono questi piani?”

“Volevo portarla in un hotel qua di fronte e completare il rapporto iniziato in ufficio. Ma i piani sono cambiati.”

“Davvero? E quali sono adesso?”

“Avrei bisogno di un favore. Come vede i rapporti di potere sono sfuggenti. Fanno presto a cambiare e si fa presto a trovare qualcuno più potente di te.”

“Perché ora mi chiede un favore e non continua a pretenderlo fin quando non si occuperà del mio caso?”

“Lei è una donna intelligente, forse è anche questo che rende così interessante il suo culo. È più soddisfacente sodomizzare un culo intelligente rispetto ad uno stupido. È vero, potrei continuare a esercitare il mio potere su di lei, ma non è così che si amministra il potere. Se non fossi leale e rispettoso gli amici e soprattutto i nemici smetterebbero di procurarmi donne o di segnalarmi alle loro amiche che hanno bisogno di qualcosa. È sempre un do ut des. Anche per chi è in posizioni di privilegio come la mia. E poi non c’è gusto ad esercitare il potere su chi non può opporsi. Io so bene che lei ha apprezzato quello che è successo nel mio ufficio. Forse non lo ammetterà ma era elettrizzata all’idea di ottenere qualcosa prostituendo il suo corpo. Era impaziente di compiere quel gesto proibito dalla morale.”

“Ok. Cosa devo fare per lei?” dissi convinta dalle sue parole.

“Vede. Lei ora vuole farmi il favore. Almeno fin quando non le dirò cosa voglio.”

“Dica.”

“Ora prenderemo un auto con conducente che ci porterà in un parcheggio sotterraneo. Là ci aspetta un giudice molto importante, uno che è molto utile tenerselo come amico. Forse lo ha notato mentre ci parlavo poco fa. Era quell’uomo grasso e piccolo.”

“Cosa dovrò fare con lui?” chiesi cercando di ricordare meglio quella figura di uomo abbastanza ripugnante.

“Lui mi ha visto insieme a lei. Ha espresso apprezzamento per il suo corpo, per il suo viso, per la sua classe. Ho capito che voleva ribadire il suo maggior potere su di me pretendendo che io donassi temporaneamente a lui la mia accompagnatrice di questa sera.”

“Vuole anche lui il mio culo?”

“Credo sia maggiormente estimatore dei pompini. Non ha il fisico per possedere analmente una donna come lei. Preferirà starsene seduto immobile e lasciare fare alla sua bocca sopra al suo cazzetto.”

“Ha un cazzetto?”

“Così dicono. E così sono pronto a scommettere visto il suo modo arrogante di manifestare il suo potere. Io non sono arrogante, non ne ho bisogno.”

“Va bene. Lo farò. Ma io cosa avrò in cambio, se il suo favore a me lo farà lo stesso?”

“Avrà la mia gratitudine. Avrà il mio potere al suo fianco. Avrà il mio cazzo, se lo rivuole. E avrà modo di sentirsi potente nei confronti di un uomo ancora più in alto di me. Avrà in cambio una lezione sulla gestione del potere.”

“Davvero crede che mi sentirò potente inginocchiata in un parcheggio sotterraneo a succhiare il patetico uccello di un uomo potente ma insicuro?”

“Me lo dirà lei.”

Arrivò l’auto con l’autista e ci portò ad un parcheggio multipiano. Salimmo all’ultimo piano. Lì già c’era parcheggiata un’auto simile, il cui autista era in piedi fuori ad aspettarci. Parcheggiamo ed io scesi. Camminai senza esitazione verso l’altra auto. L’autista si premurò di aprire per me la portiera posteriore. Dentro c’era quell’uomo. Un uomo che mai avrei avvicinati con intenti sessuali. Ma in quel momento il brivido di far parte di un gioco di potere mi faceva superare ogni ripugnanza. Era vero, ero una pedina di scambio, ero soltanto un corpo che serviva a dare piacere, ma mi sentivo importante. Senza di me quei rapporti crollavano.

Non trovai piacevole succhiare quel cazzetto misero e neanche profumato. Durò poco. Il giudice sembrò apprezzare fin troppo la mia abilità. Le dita che giocavano con le sue palline e indugiavano nella zona sottostante probabilmente aiutarono. La mia eccitazione arrivò invece tutta dalla situazione in sé. Dal fatto che l’autista rimase in disparte ma comunque in modo da vedermi. Dal fatto che dall’altra auto il mio nuovo amico e il nostro autista godessero dello spettacolo del mio culo che sporgeva dalla portiera dell’auto. Per una sorta di ringraziamento mi sollevai la gonna, tutta a loro beneficio, per farmi ammirare il culo nudo ornato solo da calze e reggicalze.

“I piani per la serata però potremmo anche recuperarli.” gli dissi dopo essere tornata in auto e dopo che lui aveva detto all’autista di ripartire.

“Non deve tornare a casa dal marito?”

“Dovrei, ma in fondo tutto questo lo sto facendo anche per lui.”

“Davvero? Lo fa per lui o per sé stessa?”

“Anche un po’ per me stessa.” dissi allungando una mano in mezzo alle sue gambe trovando sotto ai pantaloni il cazzo grosso e duro.

L’uomo si sente potente quando ha il cazzo duro. Io mi sentivo di avere un certo potere ad essere io a farglielo diventare così. Se sapevo usarlo potevo avere potere su di lui. Dalla smorfia che fece credo se ne stesse accorgendo anche lui.

2 commenti su “Scambio di potere”

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