Callipigia

La biografia di una donna erotica

/cal·li·pì·gia/

aggettivo e sostantivo femminile

  1. Attributo di Venere ‘dalle belle natiche’.

Il termine deriva dal greco “kallipygos” (καλλίπυγος), composto da “kallos” (καλός) che significa “bello” e “pyge” (πυγή) che significa “natica”. 


CALLIPIGIA – Una retrospettiva


L’incontro

Luogo: un bar del centro di Milano

Tempo: autunno 2018

Ero arrivato in anticipo. Ero un po’ nervoso per questo incontro. Non sapevo cosa ne sarebbe venuto fuori. Non sapevo se mi sarei trovato a mio agio con questa donna così come era stato comunicare con lei tramite email.

Ordinai una birra e mi andai a sedere ad un tavolino dal quale potevo osservare l’ingresso del locale. Ad ogni donna che passava fuori dalle vetrine del bar, e magari rallentava o si girava leggermente, avevo un brivido. A volte di speranza, perché avrei gradito che fosse lei, altre volte di timore, perché il suo aspetto avrebbe cozzato con l’immagine di lei che mi ero costruito nella mia mente.

E chissà cosa avrebbe pensato di me? Come mi immaginava? L’avrei fatta sentire a suo agio e si sarebbe confidata come sembrava fare facilmente quando mi scriveva?

Non si era mai descritta nelle email che mi aveva spedito. Sapevo giusto che doveva avere un po’ di anni più di me. Eppure quando entrò la riconobbi subito. Ero sicuro che fosse lei. Un modo di fare, un atteggiamento. Quell’aria di donna elegante e di classe, quale mi era sembrata, che si appresta a fare un incontro clandestino con uno sconosciuto, anche se il nostro incontro non era quel tipo di incontro clandestino.

Era una gran bella donna. Capelli lunghi e mossi sul castano-rossiccio. Un volto dai lineamenti regolari, ben truccato. Il corpo mostrava delle curve piacenti. Notai subito che l’attenzione di un uomo in piedi al bancone venne catturata dal suo fondoschiena mentre lei gli passava a fianco. Era una di quelle donne di cui si capisce che ha un bel culo anche guardandola dal davanti. Indossava un paio di scarpe dal tacco alto, delle calze di cui avrei poi notato la riga dietro, e un vestito di maglia, sotto ad un cappotto, stretto da una cintura larga e che le fasciava il corpo in maniera sensuale.

Mi alzai e le andai incontro mentre lei si guardava attorno un po’ smarrita. I nostri sguardi si incrociarono e in quel momento credo che anche lei riconobbe me. Ci fu un attimo di esitazione e poi io le porsi la mano.

“Sei… VenusInLust69?” le domandai trovando imbarazzante pronunciare ad alta voce quel nomignolo che tante volte avevo letto e trovato normale.

Fece una espressione mista tra il divertito e l’imbarazzato, mi strinse la mano e mi disse esitando con la voce e probabilmente provando la mia stessa sensazione nel dare suono ad uno pseudonimo del mondo virtuale:

“E tu sei… Analcoholic?”

Io annuii e le feci poi strada verso il tavolino presso cui ero seduto.

“Io ho ordinato una birra. Tu vuoi qualcosa?” le domandai mentre un cameriere si avvicinava per porle probabilmente la stessa domanda.

“Uhm… forse ci vuole qualcosa di più forte di una birra, se dobbiamo parlare di certe cose.” mi sorrise in modo irresistibilmente malizioso guardandomi con i suoi occhi color nocciola.

Dopo che il cameriere se ne andò con l’ordinazione di un superalcolico lei indicò la mia birra.

“Pensavo non bevessi alcolici?” ridacchiò.

“Perché?”

“Per il tuo nome: Analcoholic.” lo disse scandendo le sillabe.

“Ah, no.” sorrisi. “In realtà non vuole avere quel significato. È una specie di gioco di parole.”

“Cioè?”

“Sono partito da alcoholic, che in inglese significa alcolizzato, cioè una persona dipendente dall’alcol. Ecco, io ho voluto usare una parola simile per descrivere un altro tipo di dipendenza…”

“Ah. Quindi anal-coholic… in quel senso.”

“Esatto. Così… è una stupidaggine.”

“No, no. Ci sta. Non sei l’unico ad averla…” lasciò in sospeso la frase. Tra noi si era rotto il ghiaccio, entrambi ci eravamo rilassati. E lei aveva un modo di fare seduttivo in maniera naturale. Era una donna erotica esattamente come appariva nel suo modo di scrivere.

Ci fu qualche istante di silenzio. Ci guardavamo. Ci studiavamo. Lei giocava con la cannuccia nel bicchiere. Poi sorrise.

“Perché mi guardi così?” le chiesi un po’ imbarazzato.

“Sei meglio di quello che pensavo.”

“In che senso?”

“Ma, non so. Mi aspettavo uno con un aspetto diverso. Un po’ più da… scrittore sfigato, se capisci cosa intendo.”

“Ah. Grazie. Lo prendo come un complimento.”

“Lo è.”

“Devo dire che anche tu sei meglio di quello che pensavo. Solo che io già ti immaginavo molto bella.”

“Grazie. Sei molto gentile.” mi rispose sorridente e diede un sorso al suo cocktail.

Io finii la mia birra.

“Allora vuoi sentire la mia storia?” mi sussurrò avvicinandosi a me e mostrando un certo nervosismo solo parzialmente attenuato dall’alcol che cominciava a scorrerle in corpo.

“Siamo qui per questo, no?”

E nell’ora successiva il bar attorno a noi scomparve. Se qualcuno degli avventori avesse colto qualche parola dei nostri discorsi di sicuro ne sarebbe stato molto incuriosito.

Callipigia: antefatto

Luogo: casolare di campagna sulle colline veronesi

Tempo: estate 1987

Callipigia se l’era ripromesso: quella sarebbe stata l’ultima estate che avrebbe passato con la sua famiglia nella loro villa di campagna. Andava ancora al liceo ma aveva appena compiuto diciotto anni. L’anno successivo sarebbe stato quello della maturità e dopo avrebbe detto basta a quelle lunghe settimane in collina, sola con la sua famiglia, con niente da fare se non leggere. Voleva fare un viaggio con gli amici, voleva andare al mare, voleva stare in compagnia delle sue amiche, voleva magari trovarsi finalmente un ragazzo.

Era già caldo quella mattina. Dalla finestra aperta entrava una leggera brezza che però non aiutava molto a mitigare la temperatura. I genitori di Callipigia avevano in programma di fare una gita quel giorno, ma lei aveva detto che non sarebbe andata e sarebbe rimasta a casa. Era un po’ scontrosa in quel periodo, aveva bisogno di solitudine o per lo meno non di stare in compagnia della sua famiglia. L’avevano comunque svegliata e le avevano proposto una ultima volta di andare con loro, ma lei si era rigirata nel letto e li aveva salutati.

Udì il rumore degli pneumatici dell’auto sulla ghiaia del cortile davanti a casa e poi quello del motore dell’auto che si allontanava lungo la strada. Dopo era rimasto soltanto il frastuono delle cicale e il leggero stormire delle fronde degli alberi. Callipigia era finalmente sola, stesa sopra al vecchio materasso nella sua camera della villa di campagna. Ormai sveglia cominciò a pensare e a immaginare cose. Pensò al ragazzo che le piaceva. Sentì un calore farsi largo nel suo corpo, un calore non dovuto alla calura esterna.

Le venne voglia di spogliarsi. Era da sola, era libera di fare quello che voleva e si tolse mutande e canottiera rimanendo nuda nel letto. La sua mano andò istintivamente sul pube e cominciò a toccarsi. Poi le vennero pensieri più audaci. Sfruttando il fatto che fosse rimasta da sola le venne la voglia di osare. Scese dal letto e le venne un brivido nel momento in cui appoggiò i piedi nudi sulle piastrelle del pavimento più fredde del resto. Ma era forse un brivido dovuto più alla trasgressione che aveva in mente.

Scese al piano di sotto e girò per tutta la casa restando totalmente nuda e scalza. Provava piacere fisico a farlo. Dovette fermarsi e appoggiarsi ogni tanto perché aveva voglia di toccarsi e le bastava un niente per provare degli orgasmi. Era un misto di sensazione di libertà e di paura. E se fossero improvvisamente tornati indietro? E se l’avessero trovata nuda per casa? Callipigia aveva ricevuto una educazione rigorosa e puritana. Ciò che stava facendo era proibito e osceno. Ed era anche per questo che le stava piacendo tanto.

Fece colazione nuda e cominciò pian piano ad abituarsi a quella condizione pur conservandone la sensazione di piacere. Provava un brivido ogni volta che passava davanti alle finestre. Fuori non c’era nessuno, ma la paura (o il desiderio) di essere vista le dava alla testa. Guardò fuori, verso la campagna inondata dal sole. E le venne voglia di osare di più.

Aprì la porta di casa e rimase sulla soglia totalmente nuda. Poi non se la sentì e la richiuse. Non ebbe il coraggio e andò a vestirsi. Indosso un paio di scarpe da tennis bianche e un vestitino a fiori leggero e corto, senza niente sotto. Uscì. Le piaceva l’estate, il caldo, i profumi, il sole. Era felice. Si incamminò verso la vigna che occupava gran parte del fianco della collina sotto al casolare. Passeggiò tra i filari e quando fu in mezzo, ancora più sola che prima, le tornò il coraggio di osare.

Callipigia si sollevò il vestito e mostrò il suo pube e il suo culo nudo ad un pubblico immaginario. Nessuno la poteva vedere ma lei era eccitata come se si stesse mostrando a qualcuno. Poi se lo tolse del tutto e proseguì la sua passeggiata nuda, all’aria aperta, come mai aveva fatto prima. Le piaceva. L’unica sensazione sgradevole era il brulicare di insetti e il sentirne ogni tanto qualcuno che le si posava sul corpo, magari in zone normalmente coperte dai vestiti.

La ragazza arrivò in fondo alla tenuta della sua famiglia. I filari di uva finivano dove c’era un torrentello, spesso quasi secco. Lì c’era il suo posto preferito in assoluto. Una piccola zona dove il ruscello formava una pozza sopra alla quale c’era un salice con i suoi rami penzolanti. Lì cresceva sempre una soffice erba verde. A Callipigia piaceva da sempre sostare sotto i rami dell’albero, stesa sull’erba, a leggere o fantasticare. E fece così anche quel giorno, con il particolare che indossava soltanto le scarpe.

Si stese sull’erba, chiuse gli occhi e si toccò fra le gambe. Raggiunse il godimento e poi cambiò posizione. Si mise sulle ginocchia e abbassò il busto verso terra, appoggiando il viso. Era in una posizione che sapeva essere oscena e provocante, una posizione che non aveva mai assunto prima, una posizione in cui sapeva che si faceva sesso, il sesso più passionale. Col culo verso l’alto, le gambe un po’ aperte e il petto appoggiato a terra iniziò a toccarsi e a immaginarsi che intorno a lei ci fosse qualcuno. Non riuscì a pensare a qualcuno in particolare, neanche al ragazzo che le piaceva, in realtà. Pensò che ci fosse qualche uomo sconosciuto che passava di lì per caso e la trovava così e la faceva sua. Callipigia raggiunse orgasmi di una intensità mai provata ed urlò tutto il suo piacere in mezzo alla campagna.

Nessuno la udì. Forse giusto un uccello che si alzò in volo.

Il Fattore: la prima volta

Luogo: casolare di campagna sulle colline veronesi

Tempo: estate 1987

Quando Callipigia, dopo essersi rivestita, tornò verso casa si rese conto che quello che pensava fosse un rischio generato solo dalla sua fantasia, per aumentare il brivido trasgressivo, era in realtà molto più concreto. Si era infatti dimenticata che, nonostante la sua famiglia fosse via, qualcuno avrebbe potuto realmente vederla mentre girava nuda per casa. Questo qualcuno era il Fattore, l’uomo che si occupava di gestire la tenuta e le sue coltivazioni durante tutto l’anno. Era un uomo che Callipigia conosceva fin da bambina e per questo le era sempre sembrato molto grande, in realtà aveva soltanto tra trenta e quarant’anni.

Prima di rientrare in casa sentì dei rumori provenire dall’edificio adiacente, quello che una volta era una stalla ed ora serviva come magazzino per le attrezzature e come ambiente di lavoro. Callipigia si sentiva ancora su di giri per le emozioni provate e questo la spingeva a non voler rimanere da sola, per cui decise di andare verso la ex stalla.

Entrò e dovette attendere qualche istante perché i suoi occhi si abituassero al cambio di luminosità: da quella del cortile assolato da un sole accecante a quella dell’interno in penombra. Il Fattore stava lavorando ad un macchina agricola, mezza smontata.

“Ciao.” disse lui con tono freddo quandò alzo lo sguardo avendo percepito l’ingresso di qualcuno.

“Ciao.” rispose lei un po’ in imbarazzo.

Non sapeva cosa fare. Lui subito non le prestò attenzione, rimanendo concentrato sul lavoro che stava eseguendo. Callipigia si appoggiò ad un bancone e si mise ad osservarlo. Era un uomo muscoloso ed in quel momento sporco di grasso e sudato. Indossava soltanto una canottiera lurida e rovinata e dei pantaloni da lavoro. Lei si accorse di non riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Non era bello, ma aveva qualcosa di magnetico per la ragazza. Era molto diverso dai ragazzi a cui lei era abitutata, dai ragazzi che le piacevano. Callipigia iniziò a sentire un calore nella zona del pube.

“Hai bisogno?” chiese lui dopo un po’ accorgendosi che Callipigia era rimasta lì a fissarlo.

“No, no.” mormorò lei.

“Pensavo foste andati via stamattina.” aggiunse lui, come per iniziare una conversazione.

“No. Cioè i miei sì. Io sono rimasta qui.”

“Ah, ok.” concluse lui rimettendosi ad armeggiare sul mezzo meccanico.

Callipigia continuò a fissarlo mentre si stava eccitando sempre di più. Era vestita ancora come era uscita, cioè sotto al vestitino non aveva nulla. E per come era seduta ci mancava poco che lui potesse accorgersene. Questo pensiero la fece eccitare ancora di più.

Passarono alcuni minuti. Lei stava lottando contro un istinto, una voglia che le prendeva lo stomaco. Aspettò un momento in cui lui fosse girato e si sollevò la gonna. Rimase così per lunghi istanti, completamente esposta dalla vita in giù a pochi metri da un uomo con molti più anni di lei e con cui lei aveva poca confidenza. Il fatto che lui in quel momento fosse girato e non potesse vederla non limitava di molto l’eccitazione che la pervadeva.

Il Fattore girò intorno al macchinario e si chinò per svitare un bullone con una grossa chiave inglese. Callipigia si sollevò con le braccia andandosi a sedere meglio sul grosso tavolo. Allargò le gambe e appoggiò i piedi a mezza altezza, su delle cassette ammucchiate ai lati. Poi mentre lui non stava guardando si sollevò di nuovo la gonnellina. Se solo lui avesse alzato lo sguardo le avrebbe visto la fighetta che lei teneva in bella mostra. Callipigia percepì una ondata di piacere simile ad un orgasmo. Senti i suoi umori colare fuori e scendere andando probabilmente a bagnare la parte posteriore della gonna sulla quale era seduta.

Rimase così più che poteva, indecisa se volesse che lui la vedesse oppure no.

Poi lui la guardò. Forse con la coda dell’occhio aveva notato qualche movimento o forse lo fece per caso, fatto sta che si accorse subito della condizione di lei. Le guardò il sesso nudo ed esposto e poi la guardò negli occhi. Lei, stupendo se stessa, sostenne lo sguardo.

Il Fattore si alzò. Si pulì le mani con uno straccio e senza smettere di guardarla andò verso di lei che non accennò a volersi coprire. Lui si fermò a poca distanza. Le gambe di lei erano ancora aperte, come a volerlo accogliere.

“Cosa fai? Cosa vuoi?” le chiese lui con tono inquisitorio.

Lei non rispose e rimase ferma.

“Ti piace farti guardare così?”

Lei annuì.

“Quanti anni hai?” si informò lui non ricordandoselo con certezza.

“Diciotto.” sussurrò lei.

“Vuoi fare sesso?” chiese probabilmente sollevato dalla risposta di lei.

Lei lo guardò. Si morse le labbra.

“No. Non l’ho mai fatto.”

Lui si stupì di questa risposta.

“E allora cosa vuoi? Perché sei venuta qui?”

“Non lo so.” rispose Callipigia ed era sincera.

“Vuoi vedere il mio?” le chiese lui poco dopo.

Callipigia annuì dopo un po’ di esitazione. Lui si slacciò i pantaloni e li lasciò cadere a terra. Lei non aveva mai visto da così vicino un sesso maschile, soprattutto in erezione. Quello del Fattore era dritto, largo e venoso. Callipigia in quel momento non lo sapeva ma sarebbe passato molto tempo prima che le capitasse di rivederne uno così notevole. Per lei quello era il primo con cui veniva a contatto e non aveva termini di paragone, se non qualche immagine di una rivista porno che era girata a scuola.

“Vuoi toccarlo?” chiese lui destandola dai suoi pensieri.

Lei allungò una mano, timorosa, e lo sfiorò.

“Puoi toccarlo, non gli fai male.”

Callipigia scese e si inginocchiò, per guardarlo da vicino. Sapeva che quella era una posizione da cui solitamente si compiva un certo atto erotico usando la bocca, ma non osava, non avendolo mai fatto prima.

“Puoi usare la bocca, se vuoi.” consigliò lui.

Lei se lo portò vicino al viso. Lo annusò. Non aveva un buonissimo odore. Lo sfiorò con le labbra. Gli diede un bacetto lungo l’asta. Poi scosse la testa e si alzò.

“Non ti va? Cosa vuoi fare allora? Vuoi scopare?” il Fattore sembrava un po’ seccato dall’indecisione di lei.

“Vorrei ma…” non sapeva bene neanche lei cosa voleva, “Non l’ho mai fatto. E vorrei restare vergine per il mio primo fidanzato.”

Lui la guardò scuotendo la testa.

“Senti, io non ti obbligo certo a fare qualcosa che non vuoi. Però ti spiego una cosa: non puoi provocarmi in questo modo e poi lasciarmi a bocca asciutta. Tu hai voglia di sesso e non sai quanta me ne hai fatta venire a me. Quindi se non vuoi scopare, almeno fammi un pompino, fammi una sega. Sai fare una sega?”

Lei annuì, ne aveva parlato con le amiche e sapeva come si faceva. Glielo prese in mano, sentì la consistenza e provò a muovere la mano. Ma si interruppe subito.

“Avrei voglia di fare altro, ma non posso.” ammise lei.

Lui la fissò con aria di rimprovero.

“Senti… tu vuoi scopare, lo vedo, ne hai voglia. Secondo me è una stronzata il voler rimanere vergine per il tuo ragazzo, ma lo capisco. Se vuoi c’è un modo per scopare e rimanere vergine. Se vuoi te lo faccio. Lasciami fare, se ti fidi.”

Callipigia lo guardò con un misto di dubbio e speranza.

“Va bene.” sussurrò.

“Rimettiti com’eri prima.” le disse e lei allargò le gambe e alzò i piedi. “Un po’ più in fuori.”

La sistemò con le gambe verso l’alto e in modo che sporgesse verso di lui dal ripiano su cui era seduta. Lui si allontanò un attimo, aprì un barattolo e ci intinse dentro due dita che si ricoprirono di una sostanza bianca cremosa che poi si spalmò sul cazzo.

“Rilassati… fidati di me… lasciati andare… tranquilla… ti piacerà, potrai dire di aver scopato e però sarai ancora vergine, te lo garantisco…”

Callipigia non capì subito che cosa volesse fare il Fattore. Sapeva solo che aveva voglia di godere. Lui aderì al suo corpo e lei istintivamente si avvinghiò a lui con le gambe e si aggrappò con le mani alle sue spalle solide. Sentì il cazzo di lui, durissimo e unto, appoggiarsi al pube e già questo le bastò per sentire delle scariche di piacere. Pensò che lui si sarebbe solamente strusciato contro di lei e l’impressione era che le sarebbe bastato per godere fino in fondo. Ma poi lui la afferrò per i fianchi, la fece sporgere ancora un po’ rispetto al tavolo e poi con una mano indirizzò il suo cazzo più in basso.

“Cosa fai? Non lo voglio dentro…”

“Tranquilla. La tua fighetta resterà vergine e immacolata. Sentirai spingere ma non ti oppore. Non pensare che ti farà male, se ti rilassi proverai solo piacere. Lasciati andare. Respira. Non stringere i muscoli, anzi, spingi in fuori come quando vai in bagno.”

Callipigia non capiva bene tutte le richieste di lui ma aveva deciso di fidarsi. Le stava piacendo quello che lui le faceva e lui era più grande, sicuramente sapeva cosa stava facendo. Poi cominciò a sentire che lui si spingeva dentro di lei. Ma stava entrando dietro. Callipigia sapeva che si poteva fare in quel modo. I suoi amici facevano sempre un sacco di battute a riguardo. Ma lei pensava che fosse una cosa che non si faceva, una cosa che faceva male. Si irrigidì un attimo e lui se ne accorse e si fermò.

“Rilassati. Spingi in fuori. Come quando vai in bagno. Brava, così. Sto entrando. Ti sto entrando nel culo.”

Lei si sentì aprire e sentì che lo spazio dentro di lei veniva occupato da un qualcosa di duro e di apparentemente enorme. Lo sentì scivolare dentro come niente grazie al grasso di cui era ricoperto e le piacque. Ebbe subito un orgasmo e il Fattore sentì l’ano di quella ragazza pulsare attorno al suo cazzo. Sentendola godere perse ogni remora ed ogni scrupolo e cominciò a fare avanti e indietro sempre più vigorosamente.

Callipigia perse il controllo e ogni cognizione di dove fosse, di chi fosse, di con chi fosse. Pensava di non poter provare un piacere più forte di quello che si era donata da sola poco tempo prima sotto al salice, ma la serie indefinita di orgasmi continui che stava provando le fece quasi perdere i sensi.

Le spinte di lui la sollevarono dal bancone e si ritrovò avvinghiata a lui con le braccia intorno al collo. Urlò nelle sue orecchie tutto il suo piacere mentre il cazzo di lui usciva ed entrava nel suo culetto. In certi momenti lui le sembrò solo una bestia infoiata. L’odore e il sudore di lui erano qualcosa di volgare e animale.

“Sei bravissima.” le disse lui e lei si sentì orgogliosa. Non sapeva cosa stava facendo, anzì a lei sembrava di non star facendo nulla visto che era totalmente nelle mani di lui, ma le fece piacere sentire che lui la elogiava. Le piacque ancora di più quando lui le disse che era più brava di sua moglie, la quale apparentemente faceva molte più storie quando lui voleva fare sesso in quel modo osceno. E infine le piacque ancora di più, e di questo se ne stupì lei stessa, quando lui cominciò ad usare epiteti molto volgari per lei. Quelle parole che la offendevano a morte quando venivano pronunciate in altri contesti, non facevano altro che farla sentire fiera di sé in quel frangente.

Il Fattore si accasciò su di lei facendola stendere sul bancone nel momento in cui venne inondandole le viscere di sborra. Callipigia in quel momento riacquisì lucidità e si sentì sporca e sbagliata. Quell’uomo smise di piacerle nel momento in cui lui si staccò da lei, nonostante poi fu premuroso e delicato nel volerla ripulire con lo straccio meno sporco che c’era e nell’assicurarsi che fosse tutto a posto, che le fosse piaciuto e che non le avesse fatto male.

Lei era imbarazzata e cercò di sistemarsi più in fretta possibile. Voleva andarsene e mentre usciva, sommersa da sensi di colpa e paure, si rivolse al Fattore:

“Non lo dirai ai miei quello che abbiamo fatto, vero?” si preoccupò di chiedergli.

“No di certo.” rispose ridendo per l’ingenuità di lei pensando che doveva essere lui quello più preoccupato che potessero venirlo a sapere.

Il Fattore: la seconda volta

Luogo: casolare di campagna sulle colline veronesi

Tempo: estate 1987

Stesa nel letto, quella sera, Callipigia non riusciva a prendere sonno. Ripensava alle cose che aveva fatto quel giorno, le riviveva nella sua testa e si eccitava. Si rivedeva completamente nuda sotto l’albero e poi dentro l’ex stalla, con il Fattore. Le mutandine erano scivolate verso le caviglie. Le sue dita frugavano tra le labbra e il clitoride.

Ripensò a quello che le aveva fatto lui. Sollevò le ginocchia portandosele verso le spalle, con i piedi in alto. Con un dito andò a toccarsi l’ano. Le sembrava incredibile che lui, che quel suo coso, le fosse entrato lì dentro. Per un po’ di ore aveva continuato a sentire un leggero fastidio in quella zona, ma poi era sparito. Ora sembrava tutto normale, come se non fosse mai successo. Era per questo che poteva dire di non aver perso la verginità?

Al tocco forse sentiva una maggiore sensibilità. Oppure erano solo le sensazioni che aveva provato che le si ricreavano nella mente. Fatto sta che le piaceva. Le piaceva toccarsi lì. Inserire la punta del dito era molto diverso da quello che aveva fatto quel mattino ma le dava comunque piacere. E le faceva venir voglia di riprovare. Ebbe più di un orgasmo con il suo indice che stuzzicava il buco del culo e il pollice che premeva sul clitoride.

Il giorno dopo Callipigia era nervosa. Non voleva stare in compagnia della sua famiglia. Sentiva il bisogno di soddisfare ancora le sue nuove voglie.

Era il tardo pomeriggio, la luce era calda, le ombre allungate. Callipigia aveva passato le due ore precedenti nel prato di fronte alla casa, a leggere un romanzo. Stava per rientrare in casa, dopo non molto avrebbero cenato, quando vide lui, sul retro della casa, che stava chiudendo le sponde del pianale del suo camioncino. Il Fattore stava per tornare a casa sua dopo una giornata di lavoro. Lo guardò e poco dopo lui si girò e la fissò a sua volta per qualche secondo.

Lei si portò un dito alla bocca per morsicarlo lievemente, in un gesto a metà tra il seduttivo e il nervoso. Poi si incamminò, continuando a guardarlo, verso la ex stalla. Nessuno dei due distolse lo sguardo dall’altro fin quando lei entrò dentro.

L’ambiente era molto buio, lei lasciò leggermente dischiusa la porta e poi si diresse verso il ripiano su cui era stata sodomizzata il giorno prima. Si appoggiò ad esso, questa volta sui gomiti e sulla pancia, con la faccia rivolta verso il muro.

Lo sentì entrare e chiudere la porta, col chiavistello. Non si girò a guardarlo, lui si avvicinò e le sollevò la gonnellina. Poi abbassò le mutande che lei indossava, a differenza del giorno precedente.

Non ci furono parole e non ci furono contrattazioni sull’accordo raggiunto il giorno prima. Lui non esitò e non chiese di fare altro. Ammirò per qualche istante il culo di quella ragazza e pensò che non aveva mai visto un culo più bello. Intanto si menava il cazzo per fargli assumere la consistenza desiderata. Intinse le dita nel barattolo di vaselina, come il giorno prima, e poi le infilò nel culo di Callipigia, per ungerla a dovere.

Lei sapeva cosa aspettarsi, cosa doveva fare, eppure era più tesa rispetto al giorno prima. Sentì un po’ di dolore quando lui la inculò. Emise un gridolino di dolore e sorpresa.

“Taci.” sibilò il Fattore mettendole una mano davanti alla bocca e mantenendola lì durante tutto l’amplesso.

Callipigia sentiva dolore e ci stava rimanendo male per il fatto che una cosa che le era sembrata tanto piacevole si rivelasse meno bella di quel che credeva. Poi capì che non doveva aver paura ad abbandonarsi a quell’uomo che con foga stava spingendosi in lei. Cominciò a godere e fu felice che lui le stesse tappando la bocca, perché non avrebbe saputo contenersi dall’emettere delle urla di piacere. Inoltre quel gesto di sopraffazione e quella foga e forza maschile con cui lui lo faceva e con cui lui la sodomizzava rendevano tutto ancora più eccitante.

“Callipigia? Cally? Vieni a tavola che è pronto?” il grido della madre risuonò ovattato all’interno della ex stalla mentre il Fattore era crollato su di lei con il peso del suo corpo ed il suo cazzo stava lentamente ammorbidendosi e scivolando fuori dallo sfintere anale.

Lei si riassestò velocemente. Si tirò su le mutande senza neanche ripulirsi e corse fuori. Rideva felice mentre cercava di riacquistare un contegno.

Non riuscì a trattenere un sorriso a mezza bocca mentre, a tavola con la sua famiglia, udì il rumore del camioncino di lui che partiva sulla ghiaia.

Prime impressioni

Luogo: un parcheggio vicino ad un’uscita dell’autostrada

Tempo: un giorno freddo e assolato dei primi mesi del 2019

Anche quella volta arrivai in anticipo e l’aspettai. Avevamo entrambi preferito vederci di persona piuttosto che scriverci o sentirci per telefono, anche se riuscire a trovare il luogo e il giorno non fu facile. Così come quella volta nel bar la riconobbi appena entrò allo stesso modo intuii che fosse lei quando vidi una bella macchina sportiva entrare veloce in quel parcheggio semi vuoto. Io ero appoggiato al cofano della mia auto. Lei, avendomi visto, mi raggiunse quasi sgommando e si fermò lì vicino non preoccupandosi di parcheggiare nelle striscie.

Rimasi colpito dall’immagine di lei che scendeva dall’auto, appoggiando per terra in modo naturalmente sensuale i piedi ben valorizzati da un paio di costose scarpe col tacco. Era vestita, nonostante il freddo, in maniera molto elegante e allo stesso tempo provocante.

“Ciao. Scusa il ritardo. Sono partita tardi.” mi disse scambiando con me un paio di baci sulle guance.

“Vuoi andare da qualche parte?”

“Ma, non so. A me va bene anche qui. Magari sediamoci in macchina che fuori fa freddo. Non so tu, ma ho abbastanza fretta.”

“Sì, anche io. Dai, entra.” le feci aprendole la portiera in modo galante.

Pensai che se ci fosse stato qualcuno che dalla distanza ci avesse visto ci avrebbe scambiato per due amanti che si incontravano e vedendoci entrare in auto e poi rimanere lì avrebbe pensato che ci fossimo messi a fare sesso dentro l’auto. L’idea di apparire come l’amante di quella bella donna non mi dispiaceva. L’idea di fare sesso con lei dentro l’auto mi attirava ancora di più, ma il nostro rapporto non era di quel tipo. Ci eravamo visti per parlare. Io le avevo mandato le prime bozze di ciò che avevo scritto riportando il racconto che mi aveva fatto a voce. Lei doveva dirmi cosa ne pensava.

“Allora?” le chiesi dimostrando impazienza.

Lei mi guardo con un sorriso sornione. Era una donna dotata di una carica erotica spontanea e irresistibile, cominciavo a capire perché aveva una storia di quel tipo da raccontarmi e avercela presente mentre scrivevo mi consentiva di immedesimarmi al meglio nella vicenda.

“Mi è piaciuto. Sei stato bravo.” esordì. “Interessante la scelta dei nomi dei personaggi.”

“Sì, ho pensato di non usare dei nomi veri di persona, ma degli pseudonimi come se fossero nomi propri. Non ero sicuro di questa idea ma se ti piace…”

“Sì… Callipigia…” ridacchiò.

“Sai cosa vuol dire, no?”

“Certo. Ho studiato arte. La Venere…”

“… Callipigia.” conclusi io

“… dal bel culo. Come ti è venuto in mente questo soprannome?” mi guardò sorridendo maliziosa.

“Beh, perché tu ti chiamavi Venus su internet, quindi Venere, quindi…”

“Quindi poi mi hai visto uscire dal bar…” mi provocò.

“Eh, beh…” arrossii un po’. Al termine del nostro primo incontro avevo fatto il galantuomo aprendole la porta del locale per farla uscire, ma in realtà lo avevo fatto per poterle ammirare quel culo che da seduti avevo solo intuito. Avevo temuto che mi avesse scoperto perché si era girata, mi aveva guardato e poi mi aveva sorriso, ma non aveva detto niente.

“Dai, scherzo. Mi piace. Credo che mi si addica. Credo che tutti gli uomini che ho avuto siano d’accordo. E quando ti racconterò il resto te ne renderai conto. Dicono sempre che nella vita ci vuole culo, no? Io l’ho preso alla lettera.”

“E… insomma… a parte i nomi, il resto ti è piaciuto? Ti è sembrato aderente alla tua esperienza?”

“Uhm. Sì. Mi è piaciuto. Mi ha fatto rivivere i miei ricordi. Più di quando te li ho raccontati. Forse perché eravamo in un luogo pubblico mentre quando ho letto il tuo scritto ero… da sola in casa…”

“Ah.” dissi e deglutii nervosamente pensando a lei che si masturbava mentre leggeva il mio racconto. Dentro i pantaloni il mio cazzo cercava di farsi notare. Mi aggiustai sul sedile per nasconderlo.

“Quindi mi piace. Voglio che andiamo avanti. Devo raccontarti tutto il resto.”

“Sono qui per te.” le dissi allargando le braccia in un gesto di disponibilità.

“Perfetto. Sono abituata ad avere gli uomini al mio servizio, sai?”

“Non lo trovo difficile da immaginare.”

“E invece dovresti. La mia storia sessuale sembra quella di una sottomessa agli uomini, non ti pare?”

“No, non credo.”

“Beh, non mi dirai che in quello che ti ho raccontato finora e in quello che tu hai scritto io appaia come una dominante nel sesso?”

“Dominante no, ma è una visione molto limitata quella che prevede che la parte in controllo sia necessariamente colui che penetra e quella passiva sia il contrario. Tu, con tutto che eri giovane e inesperta rispetto a lui, non mi hai dato l’idea di essere totalmente succube del Fattore. E spero di non aver dato questa impressione nel mio scritto. Sbaglio?”

Lei mi guardò di sottecchi. Come se mi volesse studiare.

“Credo di aver fatto una buona scelta nel raccontare a te la mia storia. Mi sa che mi hai capito più di tanti altri.”

“E tu forse hai deciso di aprirti con me perché a tua volta mi hai capito.”

“Forse… Bene. Vuoi sentire il resto?”

Il Fidanzatino: la prima volta

Luogo: nella casa di famiglia di lei

Tempo: autunno 1987

Si erano baciati dopo tre giorni che si erano messi insieme. Lui aveva paura di risultare sfacciato, lei voleva che fosse lui a farsi avanti. Alla fine lei glielo fece capire e lui la baciò. Passarono le settimane successive avvinghiati fra loro ogni volta che potevano. Le lingue e le labbra si toccavano con passione, i corpi aderivano fra loro. Lui si chiedeva se lei si accorgesse della sua costante erezione che premeva contro di lei, si chiedeva se le facesse piacere o se le desse fastidio. Lei era contenta di sentirlo duro contro di lei, sapeva che era sintomo di desiderio.

Callipigia si era innamorata del suo Fidanzatino. Era bello, era gentile, era impacciato ma sincero, era adorabile. Sicuramente sarebbe piaciuto anche in famiglia, non che questo fosse un requisito per lei, ma era sollevata che non ci sarebbero stati problemi da quel punto di vista. Fidanzatino infatti veniva da una buona famiglia, una dello stesso livello sociale della sua.

Dopo un paio di mesi Callipigia aveva deciso che era giunto il momento. Lo chiamò a casa e gli chiese se poteva andare da lei. Al termine della telefonata si premurò di informarlo che lei sarebbe stata da sola a casa. Sperò che questo indizio fosse sufficiente per fargli capire le sue intenzioni.

Non fu così, ma Callipigia era stanca di aspettare e prese lei l’iniziativa. Erano nel letto che si baciavano e si toccavano ovunque.

“Spogliami.” gli intimò lei.

“Spogliami ancora.” gli ripeté quando lui si era fermato, come altre volte fino ad allora, alla biancheria intima.

Quando anche lui si denudò completamente Callipigia non riuscì a non fare un immediato paragone con l’unico altro membro maschile in erezione che aveva visto da così vicino, quello del Fattore. Era molto diverso. Forse perché Fidanzatino era ancora giovane, pensò.

Lui si sistemò in modo goffo sopra di lei sul letto. Poi gli venne una illuminazione.

“Non ho i preservativi, come facciamo? Tu prendi qualcosa?”

Callipigia sbuffando allungò un braccio fino ad aprire un cassetto a fianco del letto dal quale tirò fuori una scatola di preservativi. Li aveva acquistati in farmacia. Si era vergognata nel farlo ma era stato anche un momento elettrizzante.

“Aspetta. Così no. Un attimo.” farfugliava lui mentre provava a strusciarsi contro di lei nella speranza di riacquistare l’erezione che aveva perso dopo che si era faticosamente infilato il preservativo.

“Dai, non è niente, può capitare.” lo consolò lei restando sdraiata nel letto, con la morte nel cuore perché si sentiva rifiutata e non apprezzata da lui. Le veniva da piangere ma non voleva darlo a vedere.

Dopo alcuni minuti di sconforto in cui era rimasto seduto sul letto con la testa fra le mani, Fidanzatino si stese a fianco a lei. Ricominciarono a pomiciare, come sempre. Pochi istanti dopo Callipigia sentì una durezza famigliare contro la sua coscia. Entrambi si fermarono e guardarono in basso verso il suo pene, finalmente eretto.

Non durò molto. Lei sentì un po’ di dolore e non molto altro. Lui dopo essere entrato in lei un po’ timoroso,si mosse veloce avanti e indietro, raggiungendo presto l’orgasmo.

Callipigia gli disse che le era piaciuto, mentre giacevano abbracciati sul letto dove lei era cresciuta. “Andrà meglio le prossime volte”, pensò invece fra sé e sé. Non era più vergine, comunque.

Più tardi quella sera Callipigia chiamò la sua migliore amica. Parlarono per lunghi minuti al telefono, causando il disappunto delle rispettive famiglie. Le raccontò di aver fatto l’amore con Fidanzatino. Era un segreto che voleva condividere, a differenza di quello riguardante ciò che era successo con il Fattore, che non aveva mai rivelato a nessuna delle sue amiche.

Il Fidanzatino: le altre volte

Luogo: Verona

Tempo: fine anni ’80 e primi ’90

Callipigia era innamorata di Fidanzatino. E lui di lei. Andavano d’amore e d’accordo, come si dice. C’era solo un aspetto sul quale l’intesa faticava a consolidarsi: il sesso.

Lui non osava troppo con lei, per paura. E lei stessa non riusciva a lasciarsi andare proprio per questo. Lui la scopava con l’atteggiamento di chi teme di farle male e in lei, proprio perché percepiva questa paura, nasceva lo stesso timore di sentire male.

Callipigia non aveva esperienze precedenti esclusa quella col Fattore. Anche per Fidanzatino lei era la prima ragazza con cui faceva sesso. Lei però almeno quel termine di paragone ce l’aveva e si rendeva conto che era stato molto diverso con quell’uomo più grande ed esperto. Il Fattore l’aveva presa senza timori e lei si era sentita rassicurata e si era abbandonata a lui. E nonostante quello che aveva fatto con il Fattore fosse molto più a rischio di inconvenienti spiacevoli, considerando anche la differenza nelle dimensioni dei due sessi, Callipigia era sempre tesa quando lo faceva con Fidanzatino.

Non che fosse un completo disastro il sesso fra loro. Era piacevole, arrivavano entrambi all’orgasmo, ma sembrava quasi che entrambi lo facessero più per dovere che per passione. Sia Callipigia che Fidanzatino soffrivano per questa situazione, ma in silenzio, ciascuno per conto proprio, per non ferire il partner. E così la cosa non migliorava.

Un altro aspetto che rendeva le cose più difficili era l’imbarazzo fra di loro. Callipigia sentiva di avere altre voglie, altri desideri, ma non osava esternarli tutti con il suo fidanzato. Non voleva perdere il suo rispetto o rovinare qualcosa nel loro rapporto che era idilliaco sotto tutti gli altri aspetti. Anche Fidanzatino si vergognava a dire con lei alcune fantasie erotiche che aveva. Il risultato di tutto ciò erano due persone insoddisfatte sessualmente all’interno di una coppia felice.

Ma erano entrambi giovanissimi. Quello che cercavano era soprattutto l’amore e quello c’era.

I Compagni: la festa

Luogo: Venezia, a casa di una compagna di università

Tempo: primavera 1991

A Callipigia piaceva frequentare l’università. Le piacevano i tanti nuovi amici e amiche che aveva conosciuto. Le piaceva stare lontano da casa, lontano dalla sua famiglia e vivere in modo più indipendente. Certo, voleva dire anche stare spesso lontano da Fidanzatino, dato che avevano scelto università in due città diverse, lei Venezia, lui Milano, ma poi si vedevano nei weekend in cui entrambi tornavano a casa. Un po’ le pesava la storia a distanza ma nello stesso tempo la sensazione di libertà data dalla vita universitaria aggiunta alla non presenza costante del suo fidanzato la faceva sentire bene.

Callipigia, da bella ragazza socievole qual era, aveva un discreto successo tra i suoi compagni, fin dal primo anno qualche corteggiatore più o meno audace ce l’aveva avuto. A lei faceva piacere destare l’attenzione dei suoi amici maschi, ne era lusingata, ma nello stesso tempo non cercava, né aveva intenzione, di tradire Fidanzatino. Non ne vedeva il motivo, amava lui ed era contenta con lui. C’era forse il particolare che tra loro la passione erotica non era mai stata ai massimi, ma a quell’età per Callipigia contavano più altre cose.

Ma poi ci fu quella festa a casa di una sua compagna. Questa ragazza era una delle poche proprio veneziane del corso e aveva una casa bella e grande nel centro storico. Aveva organizzato una festa per il suo compleanno e l’invito era stato esteso a tanti studenti. Non era una amica stretta di Callipigia, ma lei non si perse quell’occasione di divertirsi in compagnia.

Tanti amici, risate, balli e divertimento. Anche un po’ tanto bere, più del solito per Callipigia. Si sentiva leggera, si sentiva euforica. E c’era Biondo, uno dei suoi compagni, forse quello che più le piaceva, uno di quelli a cui andavano dietro un po’ tutte, magari anche solo per scherzare come faceva Callipigia. Biondo quella sera sembrò essere quasi interessato a lei e lei per questo motivo si sentì bella. Lo provocò un po’ per compiacersi nel ricevere indietro la sua attenzione, i suoi tentativi di sedurla. Stava solo giocando, pensò Callipigia, sapeva quando si sarebbe dovuta fermare. Ma forse non si fermò in tempo nel bere e perse un po’ troppe inibizioni.

“Vieni con me, cerchiamo un posto dove stare soli.” le disse Biondo trascinandola per un braccio. Lei non si oppose. Rise soltanto.

Si defilarono dagli ambienti dove c’erano tutti e si infilarono in un corridoio della grande casa. Lui aprì una porta. C’era una camera da letto.

“Qui va bene.” disse ed entrò trascinando Callipigia con sé.

Biondo si sedette sul letto e si slacciò i pantaloni.

“Dai, fammi un bocchino.” disse senza ammettere replica.

Callipigia rise. Biondo si era tirato fuori il cazzo dai pantaloni e lo sventolava verso di lei chiamandola. Lei rise di nuovo. Poi quasi come se si osservasse da fuori si ritrovò inginocchiata davanti a lui, col suo cazzo in bocca. Non amava particolarmente succhiare il cazzo, a Fidanzatino lo faceva poche volte, ma quella sera non stava pensando a niente e le piaceva essere lì in quella stanza con quel bel ragazzo. Non era lucida abbastanza da cogliere le implicazioni di quello che stava facendo.

Forse quello di Callipigia non fu un gran pompino, oppure Biondo era anche lui troppo ubriaco o troppo voglioso di fare altro, ma nel giro di poco lui si stufò e la fece smettere.

“Mettiti sul letto, voglio scoparti.” le disse iniziando a spogliarla. Lei non si oppose. Si sfilò i pantaloni e le mutande tenendo la maglia e salì sul letto stendendosi di schiena e aprendo le gambe. Biondo salì anche lui e menandosi il cazzo si apprestò a penetrarla.

In quel momento Callipigia ebbe un unico momento di lucidità razionale. In quegli anni si parlava ancora poco di AIDS o altre malattie sessualmente trasmissibili, ma un altro pericolo Callipigia ce l’aveva bene in mente: restare incinta.

“Ce l’hai un profilattico?” gli chiese.

Lui si guardò attorno smarrito.

“No.” rispose e fece per penetrarla.

“Fermo. Senza profilattico non mi scopi. Cazzo, non voglio mica rimanere incinta.”

“Non ti preoccupare, esco prima.” propose Biondo.

“No. Vaffanculo. Non mi scopi.” rispose risoluta.

“Dai, cazzo, sei troppo figa, voglio scoparti. Ti giuro che esco prima.”

“No, non voglio rischiare. Ti faccio venire con la mano.”

“Eh, no, puttana!” rispose Biondo un po’ alterato. “Sta zitta e lasciami fare.” la afferrò per i polsi e iniziò a forzarla per scoparla contro il suo volere.

“Fermo! Fermo, stronzo! Ho una soluzione.” urlò Callipigia che per un certo verso aveva riacquistato una perfetta lucidità ma limitata a quel contesto, il fatto che stesse tradendo il suo ragazzo era completamente fuori dai suoi ragionamenti. La sua unica preoccupazione era come risolvere quella situazione, quella voglia che aveva anche lei di fare sesso.

Si girò sul letto, mettendosi a pancia in giù e allargandosi le chiappe con le mani.

“Mettimelo qui.” gli propose. “Scopami nel culo.”

Lui rimase a bocca aperta e il cazzo gli si indurì ulteriormente.

“Nel culo? Minchia se sei mignotta!” commentò e poi la tirò su per i fianchi facendola mettere a pecorina.

A lei tornò vagamente in mente quel momento col Fattore. Ebbe un attimo di paura pensando che dietro di lei aveva un ragazzo sicuramente inesperto. Poi si ricordò delle dimensioni del Fattore e le paragonò mentalmente a quelle un po’ misere di Biondo. Pensò che non le avrebbe fatto male e riuscì a rilassarsi abbastanza per lasciarlo fare nel suo modo maldestro.

Callipigia diede la colpa all’alcol che la inebriava ma sentire quel maschio dietro di lei che la scopava nel culo con molta foga le piacque molto. Da tanto non provava sensazioni fisiche così piacevoli nel fare sesso. In pochissimo tempo iniziò a godere e a gemere fortemente e Biondo rispose con una serie di epiteti volgari rivolti a lei. Era nel mezzo di un orgasmo quando:

“Che cazzo fate!!!” una voce femminile si inserì nel loro amplesso.

Callipigia, con la testa affondata nel cuscino, vide con la coda dell’occhio che la porta della camera era aperta. Sulla porta c’era la padrona di casa, nonché festeggiata. Sembrava alterata, urlava. Dietro di lei c’erano altre persone che sbirciavano, incuriositi dalle urla sentite.

“Fuori da camera mia, stronzi! Che cazzo vi è venuto in mente, di scopare sul mio letto?! Andate a fanculo! Sei una troia Callipigia! Non ti voglio più a casa mia!”

La ragazza si fiondò sul letto. Biondo si ritrasse subito estraendo il cazzo dal culo di Callipigia che invece rimase ferma, quasi come fosse priva di sensi, incapace di agire, bloccata dalla sorpresa, dall’ebbrezza dell’alcol e dal piacere delle ondate dell’orgasmo. Biondo si tirò su i pantaloni in fretta e scappò via per non affrontare l’ira della ragazza. Mormorò un paio di scuse, ma poi, uscendo, diede il cinque ad un paio di suoi amici che avevano assistito alla scena.

Callipigia poi si riprese, scese dal letto e, senza troppa fretta si rivestì, con l’aria di chi era in un mondo tutto suo mentre la sua amica continuava a insultarla, a darle della puttana e della rotta in culo. Sottolineava in particolare quel secondo insulto, avendo notato ed essendo rimasta scandalizzata dal tipo di rapporto che stavano avendo. Callipigia venne cacciata via dalla festa. Non fu così per Biondo che invece rimase a bullarsi con i suoi amici dell’impresa appena fatta. Nel giro di pochi minuti non c’era nessuno alla festa che non sapesse che Callipigia si era appena fatta inculare da Biondo. E divenne per questo l’episodio che di quella serata tutti si ricordarono.

I Compagni: la fama

Luogo: Venezia, università

Tempo: primavera 1991

Callipigia aveva imparato a notare gli sguardi dei ragazzi e degli uomini. Si era sempre accorta di come la guardavano, di come alcune parti del suo corpo, soprattutto, facessero girare le teste quando lei passava. Ma nei giorni successivi a quella festa la cosa era diventata diversa e molto più palese. Passava nei corridoio dell’università e vedeva come la guardavano, vedeva che si davano di gomito, che qualcuno la indicava all’amico. Notava sorrisi un po’ di scherno, notava sguardi che si appiccicavano al suo culo, notava risatine, molto spesso anche da parte di ragazze. La voce si era sparsa. Lei era quella che si era fatta trovare da tutti ad una festa mentre si faceva inculare da Biondo.

Anche lui, pur essendo già un ragazzo popolare, aveva acquisito ulteriore fama. I ragazzi volevano sentire il suo racconto, era diventato un po’ il loro eroe. Non era da tutti avere successo con le ragazze, non era da tutti riuscire a portarsi a letto una delle indubbiamente più carine della facoltà e soprattutto non era da tutti ottenere da una ragazza quella cosa un po’ mitica e un po’ tabù che era il culo.

Callipigia non era certo l’unica ragazza a concedersi in quel modo, ma era l’unica di cui si era pubblicamente saputo e questo la rendeva oggetto di ostracismo da parte delle altre e vittima di commenti volgari da parti dei ragazzi. Non furono pochi a urlarle o mormorarle qualche epiteto volgare al suo passaggio. Lei passava e li ignorava. Si sentiva superiore. Non sentiva di aver fatto nulla di male, se non forse di essersi introdotta nella camera da letto della festeggiata senza il suo permesso.

Non era troppo preoccupata che questa sua fama potesse giungere all’orecchio di Fidanzatino. Lui non aveva amicizie tra i compagni di università di lei e non li frequentava. Il tradimento di lei sarebbe dunque rimasto probabilmente ignoto a lui. Questa considerazione da un lato tranquillizzò Callipigia e dall’altro la rese consapevole che le sarebbe stato molto facile tradirlo nuovamente senza conseguenze. Perché alla fine, nonostante la sgradevole sensazione di essere considerata una puttana da tanti suoi coetanei, a Callipigia tutto quello che era successo era piaciuto. Le era piaciuto quello che era avvenuto su quel letto. Aveva riprovato una sensazione che si era quasi dimenticata: quella di essere posseduta in maniera così intensa. Una sensazione che il sesso fatto in maniera tradizionale, oppure il sesso fatto con Fidanzatino, non le aveva mai dato.

Da quel giorno Callipigia ricevette molte più avances da parte di ragazzi. Ma si ponevano tutti con lei in maniera sbagliata. La trattavano come una facile, come una a cui bastava chiederlo e sarebbe andata a letto con loro. A Callipigia non piaceva questo approccio. O meglio non piaceva il sottointeso disprezzo che mostravano questi ragazzi per lei. Non erano attratti da lei in quanto ragazza amante del sesso, cosa che lei sentiva che avrebbe apprezzato. Erano attratti da lei solo perché pensavano che lei non li avrebbe rifiutati. Erano immaturi, erano sfigati, erano dei coglioni. Quelli invece più sensibili o più corretti si erano allontanati da lei, in qualche modo li spaventava. E così Callipigia non aveva più avuto neanche il minimo flirt innocente con un ragazzo eppure era considerata la troia dell’università.

Fu forse questa frustrazione a spingerla nuovamente fra le braccia di Biondo. Lui, avendo dalla sua la tranquillità di essere già stato con lei, la approcciò in maniera diversa. Non la trattava con disprezzo (pur avendone un po’ preso le distanze nei suoi racconti con gli amici, per adeguarsi al clima generale che la indicava come una da biasimare) e soprattutto ci riprovava con lei perché le era veramente piaciuto scoparla. E Callipigia questo lo sentiva e la lusingava. Si stava rendendo conto in quegli anni che non sapeva resistere al desiderio degli altri per lei. Sapere che uno la desiderava e la desiderava in un certo modo, la eccitava e le faceva nascere delle voglie irresistibili.

Accettò di andare a casa di Biondo. Questa volta non ci sarebbero stati rischi. Nessuno ne avrebbe saputo nulla, non c’erano altre persone presenti. O almeno così pensava Callipigia.

La dinamica della loro scopata fu molto simile a quella di quella sera alla festa. Pompino di lei e poi una prolungata sodomia. Biondo si era masturbato a lungo prima che lei arrivasse per essere più sicuro di resistere per diversi minuti.

“Hai ancora voglia, vero?” le chiese lui mentre si riposavano. Lei annuì, priva di vergogna. Dal momento che era lì, dal momento che stava di nuovo tradendo il suo fidanzato, tanto valeva sfruttarlo fino in fondo. Ma Biondo aveva un’altra idea che le aveva tenuto nascosta.

“Bene. Perché ci sarebbe un mio amico…” iniziò e lei si destò subito guardandolo sospettosa. “Che non ha mai inculato una ragazza e vuole provare. Ho pensato allora di invitarlo così te lo può fare anche lui.”

“No, no. Che amico? No, io sono venuta con te perché te mi piaci, non sono mica una che lo dà a tutti.” rispose seccata.

“Eddai, è un mio amico, è Moro, non è mica brutto. Ti piacerà farlo anche con lui.”

Moro era l’amico inseparabile di Biondo. Non era un brutto ragazzo, ma Callipigia non aveva certo intenzione di diventare quella a disposizione di tutti e due. Se avesse voluto andare con Moro ci avrebbe pensato lei.

“Con chi vado a letto io sono affari miei. Non sei certo tu a deciderlo. Se lui vuole me lo viene a dire e poi vediamo, ma non è certo questo il modo.”

Callipigia si alzò dal letto e fece per reindossare la biancheria.

“No, aspetta. Hai detto che avevi ancora voglia.”

“Me l’hai fatta passare.”

“Dai, glielo avevo promesso. Gli avevo assicurato che saresti stata anche con lui. Aspetta.” la bloccò mentre si stava rimettendo le mutande.

“Senti, vaffanculo. Digli di venire a parlare con me. Non ne discuto qui, adesso.”

“Ma lui è qui.”

“Come???” urlò Callipigia e poi urlò di nuovo nel momento in cui Moro sbucò improvvisamente dall’armadio dentro al quale era nascosto, nudo e col cazzo duro in mano.

Biondo la prese e la sbatté di nuovo sul letto, cercando di girarla sulla pancia. Callipigia urlò e si dimenò. Moro saltò sul letto e le palpò le chiappe cercando di tenerla ferma. Andarono avanti così alcuni lunghi secondi. Callipigia era indiavolata e anche spaventata. Per fortuna la sua foga nel resistere convinse i due ragazzi a lasciar perdere.

“Scusa, scusa. Ok. Pensavamo che avresti voluto farlo.”

“Stronzi! Siete due stronzi.” Callipigia iniziò a piangere e ricominciò a vestirsi. “Non si fa così.”

“Scusaci. Credevo ti sarebbe piaciuto.”

“Vaffanculo, Biondo. Tu non mi vedi più. Scordati il mio culo. Non si fa così. Sai una cosa: magari mi sarebbe anche piaciuto, ma a una ragazza certe cose gliele devi chiedere, gliele devi far desiderare, la devi coinvolgere. Cazzo, quasi mi stavate stuprando. Vi avrei denunciati, sai. Stronzi!”

Dicendo questo Callipigia se ne andò e pianse fino a casa sua. Era molto delusa da tutti i ragazzi, da tutti i suoi coetanei. C’era solo Fidanzatino che la trattava come si deve. Solo che questo trattarla come si deve le faceva mancare qualcosa, che però lei non poteva trovare in quelli che la trattavano male. Era triste, Callipigia, era incazzata, era delusa, era insoddisfatta.

Intermezzo

Luogo: un bar nella piazza principale di Padova

Tempo: un mattino di primavera, 2019

Mi avvicinai ai tavolini del bar che mi aveva indicato. Mi vide arrivare e mi salutò da lontano con la mano. Lei era già seduta. Sempre elegantissima, con un paio di occhiali da sole e un cappello.

“Benarrivato.” ci scambiammo due baci sulle guance.

Mi sedetti e mi guardai attorno nervosamente. Lei lo notò.

“Qualche problema?”

“Scusami, sono un po’ meno libero di altre volte.”

“Cosa vuoi dire?”

“Sono in città insieme a mia moglie che aveva un impegno di lavoro e sebbene non c’è motivo per cui passi di qua la cosa mi rende lo stesso un po’ nervoso.”

“Vuoi che andiamo a sederci dentro?” mi chiese premurosa.

“No, no. Non c’è ragione. È una preoccupazione stupida. Scusami, adesso mi calmo.”

“Ma non stiamo facendo nulla di male, sarebbe così difficile giustificare che sei seduto ad un caffè con una donna?”

“Sarebbe difficile spiegare chi sei.”

Lei mi guardò con aria amorevole.

“Strano. Sei bravo a inventare storie.”

“Ma un po’ di verità nelle storie c’è sempre. Adesso ad esempio sto raccontando la tua.”

“Giusto.” disse lei. “Dai fammi leggere i nuovi capitoli.”

Le passai un tablet su cui c’era la mia ultima stesura. Lei si mise a leggerlo mentre io ordinavo un caffè al cameriere. La osservai per coglierne le espressioni. Qualche sorrisino ogni tanto.

“Bello. Mi piace.” mi disse restituendomi il tablet. “Direi che hai colto bene i miei stati d’animo di quei momenti.”

“Sei stata tu a farmeli capire con il tuo racconto. Sei brava, forse potresti scrivertela anche da sola la tua storia.”

“Uhm, no. Io sono più brava a parlare.”

“Io invece a scrivere.”

“Ecco, vedi, siamo fatti l’una per l’altro.” rise.

“Allora adesso bisogna che mi dai nuovo materiale.”

“Vuoi sapere come va avanti la storia?”

“Direi di sì. Ci siamo incontrati per questo, no?”

“Sì. Non riesco a raccontartela se non ci vediamo di persona. Mi fa piacere incontrarti.”

“Anche a me. Non è sempre facile trovare il modo ma anche io preferisco sentire il tuo racconto dalla tua viva voce.”

“Bene. Allora.” sembrò concentrarsi. “Tu ti sei fatto già una idea di come andrà avanti?”

“Mah… non lo so. Ho provato a immaginare ma non sono sicuro.”

“Ah, sì? Sono curiosa. Prova a dirmi e vediamo se hai indovinato.”

“Uhm, non so… mi sono fatto l’idea che tu abbia continuato a non essere troppo fedele, anzi forse lo sei stata sempre meno, solo che…”

“Solo che?”

“Che probabilmente hai cambiato, diciamo così, target”

“Cosa vuoi dire?”

“Ho impressione che tu abbia trovato altri uomini al di fuori delle tue frequentazioni e al di fuori dei tuoi… coetanei.”

Mi guardò con un sorrisino malizioso.

“Sarebbe divertente lasciarti scrivere il proseguio da solo e vedere quanto ci azzecchi.” rise e poi diede un sorso al suo spritz. Poi si chinò un po’ in avanti per avvicinarsi a me.

“Allora… dove eravamo rimasti…” e cominciò il suo racconto.

L’Avvocato: l’incontro

Luogo: Venezia

Tempo: inizio estate 1992

La ventitreenne Callipigia era salita a Milano, dove era stata a trovare Fidanzatino, sul treno per tornare a Venezia in previsione della sessione estiva degli esami. Di fronte a lei si era seduto l’Avvocato, un uomo di trentatre anni, vestito in giacca e cravatta. Callipigia si era subito immersa nella lettura di un libro. L’uomo davanti a lei invece aveva guardato un po’ fuori dal finestrino ma poi quasi subito il suo sguardo si era fissato su quella bella ragazza. Le guardava le gambe nude, le scarpe da tennis di tela, la gonnellina che le arrivava a metà coscia, la maglietta tesa sui seni e quel bel viso, un po’ imbronciato, incorniciato da capelli lunghi mossi fino alle spalle. L’aveva notata ancora prima di salire sul treno e non era un caso se si era andato a sedere proprio vicino a lei. Giù dal treno l’aveva vista che salutava un ragazzo, abbracciandolo e baciandolo e nel fare quel gesto si era sollevata sulle punte dei piedi e aveva slanciato all’indietro la parte del corpo da cui lui era stato subito colpito: il culetto sodo e rotondo.

C’era poca gente sul treno e nessuno seduto insieme a loro. Non erano ancora usciti dalla città di partenza che lui le rivolse la parola. Nei primi scambi lei sembrò un po’ scontrosa, sembrava non aver voglia di fare conversazione, desiderando forse invece leggere il suo libro. Ma l’Avvocato era un tipo brillante, uno che con le parole ci sapeva fare e uno che sapeva corteggiare e fare i complimenti giusti. Si informò subito su dove lei fosse diretta e avendo saputo che avrebbero condiviso il viaggio fino alla fine si impegnò in un lento corteggiamento, per nulla esplicito all’inizio. Parlarono del più e del meno e poi pian piano di argomenti sempre più personali. Callipigia inizialmente era un po’ infastidita da quel compagno di viaggio chiacchierone ma poi si abituò e lo trovo gradevole. Era un bel ragazzo, educato e ci sapeva fare. Callipigia cominciò ad essere lusingata dai complimenti che lui ogni tanto, nel parlare, le faceva. Fu una evoluzione lenta ma a metà viaggio le intenzioni dell’Avvocato erano chiare: ci stava provando con lei, era decisamente interessato a lei.

Callipigia iniziò a provare quella sensazione che tanto le piaceva e a cui non sapeva resistere. Sentiva il desiderio di un uomo più grande di lei. Capiva che lui la voleva e che aveva per lei un vero e sincero desiderio sessuale. Callipigia era contenta di aver provocato in lui quelle voglie. Mentre parlava con lui cominciò a valutare l’ipotesi di concedersi a lui. Aveva salutato fidanzato da poco più di un’ora e stava di nuovo, dopo mesi dall’ultima volta, pensando di tradirlo. Il weekend che aveva appena passato a Milano con lui era stato piacevole e divertente. Erano usciti con amici di lui ed erano stati bene insieme. Ma non avevano neanche scopato una volta.

Callipigia verso fine viaggio giunse alla decisione che se l’Avvocato si fosse fatto avanti in maniera esplicita e diretta sarebbe andata con lui. Pensò anche di avergli mandato qualche segnale che uno esperto come lui avrebbe dovuto cogliere. Ma lui non lo fece. E questo, paradossalmente, convinse Callipigia ancora di più che con lui ci sarebbe andata. La lasciò invitandola ad uscire qualche volta con lui e con i suoi amici. Le diede appuntamento in un locale in un campo di Venezia, dicendole che loro si vedevano lì tutti i mercoledì sera.

E alla prima occasione Callipigia ci andò. Si vestì meglio che poteva per piacere a ragazzi più grandi di lei e a quanto pare ebbe un discreto successo. Si ritrovò in mezzo a quattro o cinque trentenni, a seconda delle serate, ed era l’unica ragazza. Si sentì apprezzata. La trattavano con molta malizia, con battute e allusioni ma nello stesso tempo restavano al loro posto. Era come se volessero provocarla per far sì che poi fosse lei a concedersi a loro, o meglio all’Avvocato. Era con lui che aveva un rapporto più stretto, era con lui che, se mai avesse voluto avrebbe fatto qualcosa ed era chiaro per tutti che fosse così.

Callipigia si sentiva bene in mezzo a quei ragazzi più grandi di lei. Si sentiva al centro dell’attenzione, si sentiva al loro livello o anche con qualche potere su di loro grazie a ciò che lei poteva concedere loro. Capiva che la consideravano una zoccola, così come i suoi compagni di università, ma questo per loro era una qualità, un pregio, non c’era disprezzo.

E così alla terza uscita con quel gruppetto successe qualcosa. L’Avvocato le propose, parlandole all’orecchio, di andare con lui nel bagno del locale in cui erano. Lei fu un attimo indecisa, ma poi diede un altro sorso al cocktail alcolico che stava bevendo e prese coraggio. Si alzò e andò con lui nei bagni, sentendosi gli sguardi degli altri puntati addosso. Le piaceva quella sorta di esibizionismo.

Si chinò davanti all’Avvocato sedendosi sui propri talloni senza appoggiare per terra le ginocchia, gli slacciò i pantaloni e tirò fuori un bel cazzo di dimensioni normali ma proprio bello da vedere. Lo prese in bocca. Gli cercò di fare il miglior pompino che avesse mai fatto e alla fine non si spostò quando lui le venne in bocca. Callipigia sapeva che era quello che facevano “quelle brave” e voleva dimostrargli di esserlo, anche se non l’aveva mai fatto. Giocava a fare la grande, quella più esperta di quel che era in realtà.

Tornando al tavolo con gli amici era palese a tutti quello che era successo in bagno e si sprecarono le allusioni e i complimenti per lei. Si sentiva bene Callipigia ad essere in un qualche modo la “star” della serata. Aveva appena fatto un pompino ad uno che non era il suo ragazzo e che conosceva da poco e lo aveva fatto senza nasconderlo ai suoi amici che ora la idolatravano ancora di più, forse sperando di essere i prossimi.

La settimana successiva la scena si ripeté in modo simile ma quella volta la sosta in bagno si prolungò. Callipigia nelle conversazioni a tema piccante con quei ragazzi aveva fatto capire di apprezzare la sodomia. Lo aveva confessato perché la faceva apparire come una donna navigata e la rendeva ai loro occhi ancora più desiderabile. L’Avvocato era rimasto molto colpito da questa rivelazione e non vedeva l’ora di approfittare di quel bellissimo culo che lei si portava dietro. Non fu del tutto in agevole, stretti in quel bagno, ma spinta contro il muro, con il culo all’indietro, Callipigia venne sodomizzata velocemente, mentre a pochi metri gli avventori del bar brindavano e scherzavano.

L’Avvocato si bullò con gli amici del rapporto appena consumato. Callipigia vedeva come la guardavano ammirati e vogliosi. Si sentiva la regina del locale e tutto solo grazie al fatto che si concedeva alle voglie erotiche dell’Avvocato e che lo faceva in quei modi perversi. Dentro di lei non c’era il minimo senso di colpa nei confronti di Fidanzatino che, lontano da lei, era ignaro di tutto, perché tutto quello che faceva le sembrava una cosa completamente diversa da quello che c’era fra loro due. Non aveva la sensazione di tradirlo perché non gli sottraeva nulla all’interno del loro rapporto. E poi, comunque, tutto la eccitava in una maniera a cui lei non avrebbe saputo rinunciare.

L’Avvocato: l’orgoglio

Luogo: Venezia

Tempo: estate 1992

Aveva dato un esame quel giorno ed era andato bene. E dunque aveva voglia di festeggiare ed era la sera delle uscite settimanali con l’Avvocato e i suoi amici. Cosa avrebbe fatto quella sera? Era euforica. Voleva fare sesso.

Si era vestita come al solito provocante per uscire. Le coinquiline ormai avevano capito che Callipigia doveva avere una storia con qualcuno che non era il suo fidanzato che stava a Milano, ma non facevano troppe domande e lei non si confidava con loro. A metà strada si era fermata in una cabina telefonica, aveva chiamato a casa Fidanzatino, gli aveva raccontato dell’esito dell’esame. Lui era contento.

“Cosa fai stasera?” le chiese.

“Esco. Con un paio di amiche, per festeggiare.” mentì Callipigia e un po’ si sentì in colpa.

Arrivata nei pressi del locale trovò fuori da esso il Fotografo, uno degli amici dell’Avvocato. Sembrava quasi aspettarla. La fermò prima che entrasse.

“Ciao.”

“Ciao.”

“Senti, c’è anche la moglie dell’Avvocato stasera. Mi raccomando. Tu fingi di essere una mia amica.”

“Ok.” rispose Callipigia un po’ seccata dalla novità, ma decisa a non fare casini.

La serata nel pub si prospettò diversa dal solito. Oltre alla moglie dell’Avvocato era presente anche la moglie di uno degli altri e questo mutò radicalmente gli argomenti di conversazione e l’atteggiamento di tutti gli amici. Callipigia se ne restò zitta e in disparte dopo essere stata presentata alle due donne come un’amica di quello che l’aveva aspettata fuori. Le due donne non le riservarono sguardi molto simpatici, forse non apprezzandone la maggiore gioventù e l’aspetto fin troppo provocante.

Callipigia fu colpita dalla moglie dell’Avvocato. Era una donna bellissima, con occhi azzurri, lunghi capelli lisci biondi ed un viso angelico. Sembrava una modella, una del nord Europa. Si chiedeva perché con una donna così bella al suo fianco lui avesse cercato lei, l’avesse corteggiata e l’avesse scopata.

Quando la serata andò verso la conclusione e il Fotografo le propose di andarsene Callipigia acconsentì, tanto aveva capito che quella sera non sarebbe successo niente. Lui l’accompagnò verso casa e lei provò a chiarirsi i suoi dubbi.

“Senti, ma perché l’Avvocato con una moglie così bella ci prova con me?”

“Tu non lo desideri un buon dolcetto dopo un lauto pranzo?”

“Sì… dunque è questo che sono? Un dolcetto?”

“Forse no, forse ho sbagliato esempio. La moglie non è il lauto pranzo. La moglie è una cenetta scarsa… Tu sei la pizza con gli amici dopo la cena in casa, perché è rimasta la fame.”

“Cosa vuoi dire?”

“Voglio dire che sua moglie è una gran figa, l’abbiamo sempre ammirata tutti, ma non soddisfa tutte le sue voglie.”

“Cioè?”

“Cioè ad esempio non è una che dà il culo nel bagno di un locale.”

Questa allusione sarebbe potuta sembrare offensiva, invece per Callipigia fu un motivo d’orgoglio. Si sentiva superiore a quella bella donna, si sentiva più attraente rispetto a lei perché era capace di soddisfare meglio il suo uomo. Aveva passato tutta la sera ad ammirarla e a invidiarla per come le sembrava perfetta e invece lei aveva qualcosa in più.

“E come faceva a sapere l’Avvocato che io lo avrei fatto con lui?”

“È un avvocato, capisce le persone. Oppure forse non lo sapeva, lo sperava solo. Lo ha sperato dal momento in cui ha visto quel tuo bel culo.”

“È davvero così bello? Sembra che lo desideriate tutti.” disse Callipigia guardandoselo e mostrandolo al suo interlocutore.

“Senti. Io abito qua vicino. Non ho una moglie che mi aspetta. Ci vieni da me? A scopare?”

Callipigia ci pensò un attimo. Non le dispiaceva quell’amico dell’Avvocato, anzi forse era il suo preferito fra tutti, ma in qualche modo aveva una sorta di fedeltà nei confronti di quell’uomo che tradiva la moglie per lei. Glielo spiegò. Ma lui allora non mollò la presa e rilanciò.

“Vediamoci allora domani sera. Faccio venire anche lui. Lo hai mai fatto in tre?”

Callipigia mentì. Voleva conservare quella fama che aveva acquisito di ragazza porcella ed esperta che a loro tanto piaceva. E inoltre, tecnicamente, si era trovata insieme a due ragazzi che volevano scoparla, si trattava semplicemente di omettere che non l’avevano poi fatto.

Ma che lei lo avesse già fatto o meno ai due uomini importava poco e anzi in realtà lo capirono subito che lei non aveva esperienza di un rapporto a tre. Ma a loro non importava cosa lei avesse fatto o meno, importava che cosa fosse disposta a fare per dare sfogo ai suoi desideri lussuriosi.

Callipigia si lasciò guidare dall’Avvocato e dal Fotografo. La spogliarono. La baciarono ovunque. Si fecero toccare e leccare, anche insieme, con i due cazzi che si alternavano nella boccuccia della ragazza. Poi la scoparono. Prima uno e poi l’altro. Era la prima volta che si faceva scopare nella figa da qualcuno che non fosse il Fidanzatino. Si sentì più in colpa in quel momento che in tutti gli altri.

Poi arrivò il momento clou. Callipigia stava cavalcando il cazzo dell’amico che era steso sul letto. Da dietro arrivò l’Avvocato che la spinse in avanti, facendola stendere sull’altro. Poi puntò il suo cazzo contro l’orifizio posteriore, fino a quel momento inviolato. E spinse. Callipigia si aprì, facilmente come ormai sapeva fare. Lo accolse dentro nonostante già un altro cazzo fosse dentro di lei, nella figa. L’Avvocato grugnì e scalpitò affondando ripetutamente in lei. Lei perse ogni controllo. Rimase inerme, sbattuta fra i due uomini. Ebbe quasi l’impressione di perdere i sensi, confusa dal godimento.

Callipigia dormì nel letto di quell’uomo quella sera, nuda e sporca di sperma. Sentì di aver valicato un confine da cui non sarebbe più tornata indietro. Sentiva che non sarebbe mai potuta essere una fidanzata fedele che poteva rinunciare a certi desideri che le bruciavano dentro. Certe voglie di farsi trattare da puttana. Di essere l’amante porca desiderata più della moglie. Di incontrare uomini che non desideravano altro che il suo corpo, il suo culo.

Dopo quella settimana iniziarono per lei le vacanze estive, che passò viaggiando con Fidanzatino. Era strano il contrasto che sentiva dentro di lei. Lo amava, stava benissimo con lui, ma con lui non sentiva quel demone erotico che la accendeva da dentro. E lui sembrava non cercare neanche di risvegliarlo. Dunque si sentiva in colpa per averlo tradito ma anche giustificata.

L’anno accademico successivo si rivide ancora qualche volta con l’Avvocato, per scopare. Ma le cose cambiarono, l’appuntamento settimanale non c’era più e apparentemente anche lui era meno interessato a lei. Forse aveva avuto tutto quello che voleva. Forse la moglie lo controllava di più. Anche Callipigia lo trovava meno interessante. L’intrigo mentale tra loro era svanito e si persero di vista.

Intermezzo

Luogo: un bar nella piazza principale di Padova

Tempo: un mattino di primavera, 2019

Lei terminò di raccontare. Io l’avevo ascoltata senza quasi interromperla se non per qualche domanda, ma ormai aveva capito quali erano i dettagli che volevo sentire e che mi erano necessari per poter riportare in uno scritto il suo racconto orale.

Diede un ultimo sorso al suo spritz e poi si appoggiò allo schienale della sedia. Voltò la faccia verso il sole e restò ferma, godendosi la luce e il calore che la inondavano.

“Direi che ho materiale sufficiente per altri capitoli.” commentai io.

“Ti sembra che vada bene quello che ti ho detto?”

“Sì, poi come sempre se mi vengono dei dubbi ti scrivo. Ma è importante sentirtelo raccontare dal vivo.”

“E poi è sempre un piacere incontrarti.”

“Grazie, anche per me. Quanto pensi di avere ancora da raccontare? Quando riusciamo a ritrovarci?”

“Non saprei. Siamo ancora a molti anni fa col racconto ma ovviamente non ti racconterò qualsiasi episodio della mia vita sessuale, solo i più significativi.”

“Certo. E immagino che quelli giovanili siano tendenzialmente più significativi.”

“Beh, sì, sicuramente sono stati per lo meno formativi.”

“Quante altre persone conoscono la tua storia?”

Lei si mise un attimo a pensare.

“Tutta la storia non la conosce nessuno. E anche molti singoli episodi non li ho mai raccontati a nessuno. Non mi sono mai confidata molto con le amiche su questioni sessuali e quello che capitò all’università, con la fama che mi ero fatta, non aiutò da questo punto di vista. Non mi fidavo più neanche delle mie amiche più strette. Poi chiaramente tenni tutto nascosto anche a mio marito.”

“Eh, questo punto è interessante, vorrei capire meglio il rapporto tra voi.”

“Un po’ lo capirai quando andremo avanti. Comunque in definitiva sei il primo a cui racconto queste cose.”

“A cosa devo l’onore?”

“Non so, al fatto che altri tuoi racconti mi hanno coinvolto molto. E forse al fatto che avevo bisogno di aprirmi con qualcuno e farlo in modo anonimo è più facile. Mi piace l’idea che poi altre persone leggeranno la mia storia.”

“Hai timore che qualcuno possa riconoscere qualche vicenda? Io, a parte i nomi, sto usando i riferimenti che mi hai detto te, se vuoi li cambio in modo che nessuno possa risalire a chi sei.”

“Non lo so… te lo dirò alla fine. Al massimo te li faccio cambiare. Non nego che mi provochi un leggero brivido di piacere il rischio di essere riconosciuta.”

“Di sicuro non ho un pubblico così ampio e il rischio credo sia infinitesimale, ma sui riferimenti farò quello che vorrai. Non pubblicherò niente senza il tuo permesso.”

“Sei un gentiluomo.”

“Grazie. Non ne hai incontrati molti di gentiluomini nella tua vita?”

“Qualcuno sì. Uno ce l’ho sempre avuto al fianco. Ma il mio difetto è che ho sempre cercato quelli che non lo erano.”

Il Professore: la punizione

Luogo: Venezia

Tempo: autunno 1992

Callipigia era convinta di aver imparato a gestire gli uomini. Era convinta anche di saper controllare le sue emozioni e i suoi sentimenti. Era sicura di amare Fidanzatino ed era tranquilla sul fatto che le scappatelle che aveva non mettevano a rischio nulla del suo rapporto con lui. Era convinta di tutto questo fin quando non incontrò il Professore.

Lui aveva tra i quaranta e i cinquant’anni. Era un uomo affascinante e austero. Tra gli studenti non godeva di gran fama a causa del suo modo di trattarli, molto severo e quasi irrispettoso. Non erano dunque molti gli studenti che gli andavano a chiedere la tesi. Callipigia, invece, fu una di questi. La sua materia la interessava e lei, in fondo, aveva in qualche modo apprezzato il suo comportamento pur comprendendone la durezza.

Per questo motivo la ragazza iniziò a frequentare assiduamente lo studio del Professore. Spesso aveva appuntamento con lui a fine giornata, quando il resto della facoltà si svuotava e si spegneva. Gli incontri, volti a verificare il procedere del lavoro sulla tesi di laurea, si trasformarono spesso in lunghe chiacchierate. Callipigia era affascinata da quell’uomo, dal suo modo di parlare, dalla sua cultura e in fin dei conti anche dal suo aspetto. Il Professore, dal canto suo, era sicuramente colpito dalla giovane bellezza di lei. Lui era sempre stato un donnaiolo e per questo era famoso anche nell’ambiente universitario. Callipigia ne aveva sentito parlare ma non aveva mai preso in considerazione questo rischio. Le sembrava troppa la differenza di età e se anche lui avesse fatto qualche avances lei avrebbe saputo come tenerlo a bada. Callipigia, però, non aveva tenuto in conto alcuni dettagli: l’abilità affabulatoria del Professore e soprattutto l’attrazione che cominciò a nascere in lei ad ogni incontro con lui. Lei era sempre più rapita dal suo carisma, dalla sua autorità, dal suo ruolo.

Dopo un iniziale periodo in cui Callipigia osservava diligentemente le indicazioni del Professore nel svolgere la tesi, lei iniziò, in parte inconsapevolmente, a deluderlo e a contrastarlo. Non se ne rese subito conto ma le piaceva se lui si arrabbiava con lei, se la trattava quasi con disprezzo rimproverandole degli errori nel suo lavoro. Lo provocava, quasi. Lo sfidava. Tra loro crebbe una tensione. Era una tensione erotica. Lei, inesperta, non era del tutto consapevole. Lui, invece, stava solo aspettando che lei cedesse.

“Non va per niente bene, signorina Callipigia. Mi sembrava una studentessa brillante, invece mi devo ricredere.” affermò con tono severo.

“No, Professore, le assicuro che posso fare di meglio.” piagnucolò lei.

“E cosa aspetta a dimostrarmelo. Sono stato paziente con lei. Ora mi sono stufato. Cosa devo fare? Devo punirla?”

“Forse…” rispose Callipigia dopo una lunga pausa e abbassando lo sguardo mentre con un dito si toccava le labbra.

“Forse? Come sarebbe a dire? Cosa intende?” la incalzò lui.

“Mi punisca, Professore…” sussurrò lei.

Ci fu un lungo silenzio. Entrambi si resero conto di aver appena superato un confine. Tornare indietro sarebbe stato difficile ed entrambi decisero, tacitamente, di proseguire.

“Si metta lì. Si appoggi alla scrivania.” le ordinò lui.

Lei obbedì, intuendo cosa volesse farle. Le tremavano le gambe. Era spaventata, non erano cose che si potevano fare tra docente e studentessa, però era anche estremamente eccitata. Si appoggiò con le mani al mobile e inarcò la schiena per spingere all’indietro il culo. Ogni volta che doveva vedere il Professore lei sceglieva abbigliamenti sempre più provocanti del normale. Quella sera aveva una gonna a scacchi, una camicetta bianca e delle calze parigine spesse. Neanche a farlo apposta, o forse sì, era vestita come una studentessa di un film porno.

“Si scopra il culo.” sibilò lui.

Lei lo fece. Poi trattenne il respiro fino al primo impatto tra la mano del Professore e la propria natica coperta dal tessuto della mutandina. Nel ricevere quella sculacciata lanciò un urletto e lasciò cadere la gonna.

“Non ho finito. Si tiri su di nuovo la gonna.” ordinò il Professore.

In quel momento a Callipigia venne in mente una scena che aveva visto in un fumetto erotico che aveva ritrovato a casa sua, nascosto da suo fratello, e che aveva sfogliato senza farsi scoprire ed eccitandosi molto nella lettura. Le vignette descrivevano una situazione simile e a lei venne spontaneo riprodurla. E così ansimò, emozionata:

“Aspetti. Poi può riprendere a battermi.”

Poi si piegò appoggiandosi col petto alla scrivania in modo che data la posizione orizzontale della schiena tirando su la gonna questa non ricadesse. Subito dopo con le dita prese i lembi delle mutande e li spinse in modo che si infilassero nella fessura tra le chiappe, per lasciarle scoperte il più possibile.

“Lei è proprio una studentessa viziosa. Si merita la punizione che sto per infliggerle.” parlò il Professore che stava perdendo il suo aplomb, piacevolmente sconvolto da quella ragazza.

“Sì, me la merito…” sussurrò lei.

Il Professore la sculacciò ripetutamente. Ad ogni colpo lei trasaliva e si eccitava sempre di più. Le sue mutandine, accartocciate contro la figa si stavano inzuppando.

“Io ho sentito parlare di lei, sa?” disse ad un certo punto lui, smettendo di colpirla. “Mi sono giunte voci su di lei… sulle sue preferenze sessuali…”

Callipigià trasalì. Non se l’aspettava. Non sapeva che la sua fama avesse raggiunto anche il corpo docente. Se ne vergognava ma questo la eccitava ancora di più. In quel momento desiderava soltanto una cosa. E fece come era disegnato in quel fumetto. Prese con le dita la stoffa delle mutandine e la spostò, mettendo in vista figa e buco del culo.

“Così… brava…” ansimò il Professore che intanto si stava slacciando la cintura dei pantaloni.

“Mi punisca, Professore…” sussurrò Callipigia aprendosi le chiappe.

Quando sentì il membro turgido e bagnato di saliva appoggiarsi all’ingresso delle sue viscere perse quasi i sensi, sopraffatta dall’estasi. Non era tanto la sensazione fisica, ma tutte le implicazioni psicologiche di quella situazione. Si sentiva totalmente sottomessa ad un uomo più grande e per cui provava grande stima. Nello stesso tempo sentiva di rappresentare per lui un desiderio per soddisfare il quale lui era disposto a qualsiasi cosa. Che il loro primo contatto sessuale dopo tanto flirtare in modo per nulla esplicito fosse la cosa invece più esplicita di tutte la faceva uscire di testa.

Il Professore era estasiato anche lui alla vista di quel culetto giovane e perfetto, di quel buchetto che pulsava impaziente e voglioso. La sodomizzò con maestria e desiderio. Lui era un cultore di quella pratica, con tutte le donne con cui era stato, e non erano poche, aveva sempre puntato ad ottenere il sesso anale. Ma una così disponibile e che dimostrava di volerlo fare quasi più di lui non gli era mai capitata. E mentre il suo cazzo, mai così duro, entrava e usciva da quell’ano morbido e accogliente lui sentiva quasi di essersi innamorato di quella ragazza. Si sentì quasi spaventato dal provare quel sentimento e si sarebbe allarmato ancora di più se avesse saputo che nello stesso momento anche Callipigia stava provando per lui qualcosa che non aveva mai provato per altri, forse neanche per il suo Fidanzatino.

Il Professore: il carnevale

Luogo: Venezia

Tempo: febbraio 1993

Callipigia aveva sempre odiato le imposizioni. Aveva sviluppato un carattere ribelle in contrasto con le regole che le venivano impartite in famiglia. Aveva sempre amato la libertà e l’essere indipendente. Per tutti questi motivi stupì sé stessa nel modo in cui si lasciò in qualche modo plagiare dal Professore. Lei diventò subito succube di lui. Era così diverso da Fidanzatino, in tutto, ma lei se ne era in un qualche modo innamorata. Portò avanti la relazione con lui in modo parallelo, ma non era un adulterio come gli altri. Per un certo periodo lei fu sinceramente combattuta tra l’amore per il suo ragazzo e quell’altro amore, diverso ma pur sempre amore, per quell’uomo autorevole ancor prima che autoritario.

Callipigia cercò di non auto-psicanalizzarsi troppo e di non approfondire i tratti comuni che il Professore poteva avere con il padre di lei. Era già troppo sconvolta dai sentimenti che provava e dalla crisi che nacque tra lei e Fidanzatino. Lei era cambiata, non riusciva più a far finta di niente. Non era soltanto sesso questa volta. Fidanzatino non capiva, non sapeva cosa fosse successo a Callipigia tanto da farla cambiare così tanto negli atteggiamenti. Lei, quindi, gli chiese una pausa di riflessione di qualche mese, senza dargli troppe spiegazioni. In quel periodo, ancor più di prima, lei diventò l’amante del Professore. Passavano molto tempo insieme. Parlavano molto e scopavano. Lei era affascinata dai discorsi di lui e dall’attenzione che lui dava alle sue opinioni. Poi arrivava il momento del sesso e lui la prendeva, senza ammettere rifiuti, nel modo in cui prediligeva, ovvero non faceva quasi altro che sodomizzarla. Lei gradiva, non poteva negarlo, ma era anche spaventata da come si sentiva impotente nel rifiutarsi. Ogni cosa che lui le chiedeva diventava un ordine a cui lei non era in grado di opporsi. Lui la convinceva sempre, aveva su di lei un ascendente fortissimo. Questo era l’unico aspetto che la faceva andare cauta nel rapporto con lui. La differenza di età non era un problema, tutto il resto non era un problema, lei si stava innamorando di lui ma capiva che non sarebbe mai stato un rapporto paritario.

Callipigia, guidata dal Professore, compì atti che normalmente non avrebbe compiuto, per lo meno non con quella leggerezza con cui accettava di sottostare ad ogni suo capriccio. Il Professore aveva alcuni vizi oltre a quello del sesso anale. Amava molto farsi succhiare il cazzo ad ogni occasione possibile e non ammetteva altro finale che non fosse quello di venire in bocca alla ragazza che avrebbe poi dovuto ingoiare tutto senza esitazione. Furono innumerevoli i pompini eseguiti nel buio delle calli veneziane di notte. Qualche volta vennero anche colti sul fatto e questo sembrava divertire molto il Professore. Callipigia si imbarazzava ma, pur cercando di negarlo, si eccitava anche. A volte, quando la situazione lo consentiva, non si limitava a farselo succhiare ma voleva anche scoparla. Ancora oggi a Callipigia, ogni volta che le capita di andare a Venezia e passare per Campo Santa Margherita, non vengono in mente le serate passate con gli amici durante tutti gli anni dell’università, ma rivive mentalmente con dovizia di particolari quella sera fredda e nebbiosa di novembre quando lui la prese piegata sulla vera da pozzo. Sente ancora il freddo del metallo contro la sua guancia. Sente le sue stesse urla di piacere nel silenzio spettrale della città. Sente ancora il cazzo di lui, che ci sapeva fare come pochi altri, che le donava piacere stantuffando e infine scaricandosi nel suo culo. Sente ancora la sensazione di sentirsi amata e desiderata per merito del suo corpo, del suo culo, del modo in cui sapeva concederlo al piacere maschile.

Dopo alcune settimane Callipigia aveva capito che quello che voleva veramente, però, era l’amore di Fidanzatino. Non voleva perderlo e tornò insieme a lui. Inoltre si era resa conto che la relazione intensa con l’altro la appagava soltanto se ne aveva una più dolce col suo ragazzo. La relazione esclusiva con il Professore diventava tossica, troppo opprimente. Callipigia aveva pensato di chiudere con il Professore, aveva pensato anche di interrompere la tesi e farla con un altro docente. Questi propositi, però, si attuarono solo in parte. Non riuscì a chiudere con il Professore. Rimase la sua amante. Forse più fisica che sentimentale, ma pur sempre amante. Non seppe rinunciare alla sicurezza che le dava sentirsi succube di lui. Non seppe rinunciare nemmeno al modo in cui lui la scopava. E continuò a non sapergli mai dire di no, ad ogni sua richiesta.

Come ad esempio quando arrivò il carnevale. Il Professore le chiese di andare con lui ad una festa in maschera un po’ particolare. Lei subito si rifiutò ed inizio fra loro il classico tira e molla che però, e lo sapevano entrambi, si sarebbe concluso al solito modo: con lei che accettava. E così si ritrovò ad entrare a braccetto con lui nelle sale di un antico palazzo vicino a Rialto. Indossavano entrambi, e come tutti gli altri invitati, una mascherina intorno agli occhi. Lui poi indossava un classico costume da nobiluomo veneziano. A lei invece, e questo l’aveva stupita non poco, non era stato richiesto un costume di carnevale. Ne capì il motivo entrando alla festa. A tutte le donne presenti, infatti, era richiesta la nudità.

Callipigia fu imbarazzata dalla situazione per i primi cinque minuti. Poi si abituò e si lasciò andare e cominciò a godersi la serata. Era eccitante essere così esposta agli sguardi di tutti. Era una delle più giovani e anche, ma non solo per questo, delle più belle. Si sentì osservata e desiderata. Dagli altri uomini e anche da qualche donna. Era orgogliosa di essere la donna del Professore, di essere il suo trofeo. Non si preoccupò di dove l’avrebbe portata la serata. Era euforica e avrebbe accettato di tutto.

Quella serata trasgressiva a Callipigia rimase in testa per lungo tempo. Fu la compagna di tante sue masturbazioni solitarie. Fu il momento in cui più capì che saper usare il proprio corpo per il sesso, senza troppi tabù, le avrebbe permesso una vita più ricca, più emozionante, più felice. I suoi ricordi di quella serata, che col tempo assunsero sempre più i contorni di un sogno, non si legarono tanto ai vari uomini che ebbero modo, per concessione del Professore, di godere del suo corpo e in particolare, su indicazione del Professore, del suo culo. Callipigia non avrebbe saputo quantificare, neanche quella sera stessa, il numero di cazzi che le erano entrati nelle viscere. Più di cinque, sicuramente. Meno di dieci. Si era sentita un corpo da usare. Le era piaciuto sentire tutte quelle voglie maschili concentrate in quei cazzi duri e nervosi, impazienti di profanarla. Ma la cosa che ricorda con più passione ed emozione sono ancora oggi le due donne nelle braccia delle quali la spinse il Professore. Una giovane quasi quanto lei, una dell’età di lui. Non era mai stata interessata molto ai rapporti lesbo, ma quella era una serata magica e il piacere che provò grazie a quei corpi femminili fu insolito e per certi versi ineguagliabile. Il farlo essendo ammirate da un pubblico composto in gran parte da uomini, poi, le fece provare tante altre emozioni sconvolgenti.

Quella serata restò un unicum nel rapporto tra lei e il Professore, ma Callipigia pensò che fosse meglio così. L’unicità di quella esperienza la rendeva ancor più emozionante.

Intermezzo

Luogo: per telefono

Tempo: inizio estate 2019

“Ciao. Ti disturbo?”

“No. Figurati se tu mi disturbi. È solo strano sentirti così e non vederci.” mi rispose.

“Lo so, ma questa volta non riuscivo ad aspettare di riuscire ad organizzarci. Hai ricevuto la mia e-mail?”

“Sì. L’ho ricevuta…”

“E?” la incalzai insicuro e curioso di sentire la sua opinione.

“E… mi piace. Come sempre sei riuscito a rendere bene il mio racconto.”

“Grazie. Ero indeciso sul risultato. Non è stato facile. Mi hai raccontato un sacco di cose e ho dovuto condensarle. Poi sai che non sono un tipo da lunghe descrizioni di atti sessuali.”

“Lo so, lo so. Non sei un tipo da porno, me l’hai detto.”

“Sì.” ridacchiai. “Tendo ad annoiarmi presto di fronte ad un porno.”

“Spero di non averti annoiato quando ti ho raccontato tutte quelle cose.”

“No, affatto. Sentirle dalla viva voce di colei che le ha vissute è una cosa che non riuscirei mai a rendere nel mio scritto.”

“Quindi? Mi hai chiamato solo per questo?”

“Più o meno sì. Volevo sapere se ero riuscito a rendere bene il tuo rapporto con… con il Professore.” stavo per usare il nome che mi aveva detto lei ma decisi di attenermi a quello che avevo dato al personaggio. “Il fatto è che non sono nemmeno sicuro di aver capito io stesso che tipo di rapporto c’era fra voi.”

Lei rise.

“Forse non lo capii nemmeno io.”

“Ah, ok.”

“Ero giovane. Lui era così… lontano dalla mia realtà. Rimasi affascinata dal fatto che mi volesse. Mi sentivo in qualche modo scelta. Ed era così rassicurante essere da lui… dominata.”

“È questo che trovo in te così ammaliante: questo tuo contrasto tra l’essere chiaramente una donna libera e forte e il tuo piacere nel non esserlo in certi momenti.”

“Non ci fossero i contrasti sarebbe un mondo piatto, no?”

“Già. Forse te l’ho già detto: ciò che mi intriga di tutte le situazioni sessuali in cui c’è un rapporto di subordinazione, e nel sesso raramente si compiono atti paritari, è il piacere di affidarsi all’altro, di lasciarsi in qualche modo dominare. I rapporti anali, che tanto amo, anzi che tanto amiamo, sono esemplificativi di questo. Non ho mai capito chi comanda in un atto di sodomia, chi penetra e domina fisicamente o chi si lascia penetrare concedendo ad entrambi il piacere?”

“Non lo so. Non mi sono mai sentita tanto sottomessa come durante certe inculate. Ed erano i momenti in cui mi sentivo più potente nei confronti dell’uomo che me lo faceva. Avrei potuto ottenere qualsiasi cosa da lui, in quei momenti.”

“Esatto. Era quello che volevo dire. Quindi chi dominava chi tra te e il Professore?”

“Lui…” mi rispose indecisa. “Lui mi faceva fare quello che voleva. Ma con gli anni ho capito che era terrorizzato da me, da quella ragazzina che gli teneva testa controllando il suo cazzo e di conseguenza il suo cervello tramite quel bel culetto disponibile.”

“Capisco… capisco bene come doveva sentirsi lui. Ma poi come è finita con lui? Dopo quel carnevale è finita? L’altra volta non hai fatto in tempo a raccontarmi il resto, se c’è stato un resto…”

“Vuoi che te lo racconti ora? Qui al telefono?”

“Sì, se vuoi ti ascolto volentieri.”

“Bene. Allora, dove ero rimasta…?”

Il Fotografo: la laurea

Luogo: Venezia

Tempo: estate 1993

La discussione della tesi, la proclamazione, la corona d’alloro, gli applausi. I suoi genitori fieri ma austeri. Fidanzatino orgoglioso ed emozionato quanto lei. Gli altri parenti. Gli amici. La facoltà era affollata di gente per il giorno di lauree. Callipigia era felicissima di aver concluso i suoi studi. Era andato tutto bene ed era arrivato il momento dei festeggiamenti.

Stavano facendo delle foto di gruppo nel cortile interno del palazzo dell’università. Non era ancora ora di andare a pranzo tutti insieme. Callipigia si defilò momentaneamente dal gruppo di parenti e amici e si rivolse, non senza imbarazzo e senso di colpa al suo Fidanzatino.

“Vi lascio qui un attimo. Vado a salutare e ringraziare il mio professore. Ti lascio la mia corona.. Poi quando torno andiamo al ristorante, ok?”

Fidanzatino annuì, ignaro di tutto. La osservò mentre si allontanava. Era bella così elegantemente vestita e con le scarpe col tacco che con lui metteva raramente. Poi quando era euforica come quel giorno a lui piaceva ancora di più.

Era un giorno di forti emozioni quello ma come si sentiva ribollire dentro mentre saliva le scale del palazzo, Callipigia non lo aveva provato nemmeno mentre era in attesa di discutere la tesi. Saliva svelta le scale e quasi si scontrò con un uomo. Si scusò ma poi lo guardò e lo riconobbe. Era il Fotografo, l’amico dell’Avvocato, che non vedeva da parecchio tempo.

“Oh, ciao.” gli disse sorpresa. La sua mente tornò subito a quella sera. A quel momento in tre.

“Oh, bellissima! Che ci fai qui?”

“Che ci faccio qui? Mi sono appena laureata. Tu piuttosto che ci fai qui?”

“Ah, complimenti. Io sono qui per lavoro.” disse sollevando una delle grosse macchine fotografiche che portava al collo. “Sono qui per fare delle foto a tutti i laureandi. Non ti avevo vista, se no te ne facevo anche a te. Sei come sempre molto bella, saresti venuta meglio di tanti altri. Ce l’hai già un fotografo?”

“Eh, grazie, sì. Ho un mio amico che mi ha fatto qualche foto e adesso ne stavamo facendo giù un po’ tutti insieme, ma…” Callipigia si interruppe pensierosa. Forse era quello spumante con cui avevano brindato più volte, forse era l’euforia per il traguardo appena raggiunto e forse era l’eccitazione perché stava andando a salutare il Professore e per l’incontro con quel suo vecchio compagno di trasgressioni, ma a Callipigia era appena venuta una idea folle, così pazzesca che sentiva il caldo che risaliva dal pube.

“Sì?” fece il Fotografo vedendola titubante.

“Senti… hai da fare adesso? Hai cinque minuti liberi?”

Dal tono con cui glielo chiese lui capì che lei aveva qualcosa di strano in mente.

“Certo. Sono tutto tuo.” rispose platealmente intuendo che la ragazza non aveva perso l’anima da porcellina.

“Senti… non fare domande e non mi giudicare… vorrei solo che tu venissi un attimo con me e che…” Callipigia deglutì nervosamente, “… e che scattassi qualche foto… a me e… a un altro.”

Lui capì che doveva fare come le aveva chiesto. Non fare domande e seguirla. La vide bussare alla porta di un ufficio. Una voce maschile la invitò ad entrare. Lui entrò immediatamente dopo di lei. Un uomo era seduto alla scrivania. Apparve felice di vedere lei ma interdetto dalla presenza dell’altro uomo. Lei si premurò di calmarlo spiegandogli brevemente la situazione.

“Ehm… lui è un amico… è un fotografo. Gli ho chiesto di venire qui. Voglio un ricordo di questo nostro incontro. Un altro ricordo di questa giornata indimenticabile. Tranquillo, è affidabile. Ci scatterà solo un po’ di foto.”

Il Professore guardò prima lei e poi lui e poi un sorriso diabolico gli si formò sul volto. Adorava quanto quella ragazza fosse naturalmente perversa.

“Dove hai lasciato i tuoi genitori, i tuoi amici e il tuo fidanzato?” il Professore si divertì nel sottolineare con enfasi l’ultima parola.

“Ehm, sono di sotto. Infatti facciamo in fretta…” rispose lei un po’ imbarazzata di essere messa di fronte al fatto che lo stava tradendo per l’ennesima volta, e questa volta quasi sotto i suoi occhi (forse il Fotografo lo aveva inconsciamente invitato per avere quel ruolo, un testimone di quel tradimento così sfacciato).

Il Fotografo sollevò la macchina fotografica. Guardò nel mirino e in un attimo fece alcune rapide valutazioni sull’inquadratura e sull’illuminazione scarsa di quell’ufficio. Il primo scatto lo fece a Callipigia in piedi, quasi tremante, mentre il Professore la accarezzava su una guancia. Poi colse il movimento rapido con cui lui la fece girare e la spinse sulla scrivania. L’urlo di lei nel sentirsi sollevare violentemente il bel vestito di laurea, forse più per la paura che lui lo rovinasse che per quello che implicava quel gesto. Il Fotografo si spostò per avere una visuale migliore del culo di lei, la cosa più fotogenica che c’era in quel momento in quella stanza, forse in quell’intera università. Alcuni scatti colsero i momenti di preparazione alla sodomia: le dita di lui che frugavano nel culo di lei, la mano di lui bagnata di saliva che cercava di umettare il più possibile il cazzo duro, l’espressione di lei vogliosa nel sentire quel membro maschile che bene conosceva appoggiarsi per l’ennesima volta nell’incavo delle sue chiappe.

Alcune foto vennero mosse, ma quando il Fotografo le sviluppò le trovò quasi migliori delle altre perché coglievano la foga con cui quei due amanti si erano congiunti carnalmente davanti a lui. Gli tornò duro nel riguardarsi quelle foto, duro come ce l’aveva mentre le scattava e mentre sentiva il Professore rivolgersi a lei dandole della troia e lei rispondergli confermandoglielo e ammettendo come stesse tradendo il suo fidanzato che ignaro l’aspettava di sotto insieme ai suoi genitori.

Il Fotografo si rammaricò soltanto di una cosa, di non aver scattato una ultima foto quando l’aveva accompagnata fin sotto dalla gente che l’aspettava. C’era stato un istante, sfuggente, in cui lei aveva dato la mano al Fidanzatino e nello stesso tempo aveva guardato con aria complice verso il Fotografo: lei era raggiante, con i capelli più spettinati di prima, con l’aria di una che ha combinato qualcosa ed è felice di averlo fatto, con l’aria di chi ha appena provato un orgasmo di nascosto, con l’aria di chi in quel momento tiene per mano il suo ragazzo e intanto stringe il culo per non far fuoriuscire lo sperma di un altro uomo.

Nello scendere insieme dallo studio del Professore lei e il fotografo non avevano parlato molto. Non c’era molto da dire. Avevano soltanto preso accordi perché lei andasse da lui, dopo una settimana, a ritirare le stampe.

Il Fotografo: il film

Luogo: Venezia

Tempo: estate 1993

Ci aveva preso gusto a farsi fotografare. Dopo che era stata da lui a ritirare quelle foto proibite aveva accettato la sua proposta di posare per lui. Nuda o quasi, ovviamente. Nel suo studio di posa si era prestata a farsi fotografare e si era divertita. Gli aveva anche concesso di esporre una di quelle foto, una in cui lei non era riconoscibile ma in cui era ben evidente il suo culo nudo e perfetto. Il Fotografo l’aveva messa in vetrina e a Callipigia piacque, per anni, ogni volta che tornava a Venezia passare davanti al negozio di lui e dare una fugace occhiata a quella sua esposizione. Lo fece anche in compagnia di Fidanzatino, anzi si fermò proprio davanti alla vetrina, lasciò che lui notasse quella foto e non immaginasse mai che quella raffigurata potesse essere la sua ragazza. Forse inconsciamente notò la somiglianza ma l’ipotesi non sfiorò mai la sua parte cosciente, non poteva immaginarselo.

Callipigia e il Fotografo non ebbero rapporti sessuali. Lui avrebbe sicuramente voluto, probabilmente anche lei, ma il gioco era diventato quello della modella e dell’artista e fu eccitante per entrambi così. Poi lui durante uno shoot fotografico le fece una proposta.

“Tu hai presente il regista Ottoni?” le chiese quasi distrattamente mentre controllava le luci.

“Ottoni? Quello che fa film… erotici?”

“Sì.”

“Non ne ho mai visto nessuno ma ho capito chi è, perché?” domandò Callipigia un po’ sospettosa.

“Perché ho un amico che lavora nella sua troupe. E mi ha detto che hanno bisogno di comparse per una scena che gireranno vicino al Lido.”

“Comparse? Che scena è?”

“Sì, è una scena in spiaggia. Ti piacerebbe fare questa esperienza?”

“Perché no? Deve essere divertente.”

Lui non aveva detto tutto. Callipigia non aveva chiesto ulteriori dettagli. Il particolare taciuto era che le comparse richieste dovevano interpretare i frequentatori di una spiaggia nudista. Quando si ritrovarono in gruppo di fronte all’assistente del regista fu subito chiaro e Callipigia si rivolse parlando a denti stretti al Fotografo:

“Non me l’avevi detto questo.”

“È un problema?” rispose lui divertito.

Lei ci penso su un attimo e poi dovette ammettere che non lo era e che anzi era divertita dalla cosa.

“Lo sapevo. Per questo ti ho invitata.” concluse lui.

Insieme a loro c’erano diverse altre coppie, di varie età, qualche coppia gay e numerosi uomini singoli. Molti di questi ultimi vennero scartati, gli altri vennero invitati a spogliarsi e a lasciare tutti gli effetti personali su un furgone. A Callipigia piacque essere nuda all’aperto in mezzo ad altra gente, senza fini strettamente sessuali.

“Aspettate qua. Il regista vi vuole vedere prima di andare in scena.”

Chiacchierarono un po’ fra loro, fecero amicizia. Callipigia capì che si trattava per lo più di persone abituate non solo a praticare il nudismo ma anche che frequentavano ambienti trasgressivi di scambi di coppia e simili dato che molti di loro avevano avuto la notizia di quella richiesta di comparse in quell’ambiente. Il Fotografo vide il suo amico che faceva l’operatore e lo andò a salutare. Poi gli presentò Callipigia: fu strano per lei stringere la mano ad uno sconosciuto e scambiarci due parole mentre era totalmente nuda e lui del tutto vestito. Provò uno strano brivido. In qualche modo le ricordò quella prima volta in cui aveva osato uscire da casa nuda, qualche anno prima, nel casolare di campagna dei suoi.

Infine arrivò il regista Ottoni, a visionare le comparse. Fece disporre tutti in modo che potesse osservarli bene, in particolare le donne. Chiese di girarsi, di mostrare il culo e poi di piegarsi in avanti. Intanto parlottava con l’assistente che prendeva appunti mentre passava vicino ad ognuno di loro. Davanti a Callipigia il regista si fermò. Le chiese nuovamente di girarsi e di piegarsi. Mentre lei era chinata in avanti con le mani sulle ginocchia sentì una mano che le si appoggiava al culo che sporgeva all’indietro.

“Come ti chiami?”

“Callipigia.”

“Bel nome. Vuoi fare l’attrice?”

“Beh… no, veramente no, sono qui per curiosità, mi ha portato lui.” disse indicando il Fotografo al suo fianco.

Il regista ridacchiò e poi si rivolse alla sua assistente.

“Segnati poi i suoi dati che per il prossimo film la chiamiamo, magari c’è un ruolo per lei. Ha le qualità adatte.”

Callipigia in quel momento arrossì e si sentì un po’ a disagio. Appena il regista si fu allontanato il Fotografo le diede un colpetto col gomito e le parlò sotto voce:

“Ti rendo conto? Hai fatto colpo su Ottoni. Anzi il tuo culo ha fatto colpo su di lui…”

“Dai, smettila…” mormorò lei imbarazzata.

Poco dopo vennero fatti disporre sulla spiaggia, dove sarebbero state girate le varie scene. L’assistente lì andò a disporre uno per uno, a volte singolarmente, a volte a coppie o a gruppetti, distanziandoli fra loro. Ad ognuno spiegava cosa avrebbero dovuto fare, mentre le riprese erano in corso.

“Voi due siete insieme, giusto?” disse con Callipigia e il Fotografo. Loro annuirono. “Bene, allora.” continuò frugando nella borsa che aveva a tracolla tirando fuori un barattolo di crema solare. “Voi due vi mettete qui” disse indicando un telo che era già stato disposto per terra. “I protagonisti passeranno di qua e noi li riprenderemo da lì. Voi sarete sullo sfondo e dovete fare come se foste normalmente in spiaggia. Vi spalmate la crema. Comportatevi normalmente. Tutto qui.”

Seguirono le indicazioni e poi dovettero aspettare molto. Alla fine era come essere in spiaggia a rilassarsi. I tempi del cinema sono abbastanza lenti. Scambiarono due parole con le altre comparse più vicine a loro.

La scena venne girata più volte. Callipigia si era stesa e il Fotografo le spalmava la crema sulla schiena. Al terzo ciak era ormai bella unta. Il Fotografo si mise a spalmarle la crema sul culo.

“Che fai?” chiese lei sussurrando.

“Non vorrai mica scottarti qui. Il regista se ne avrebbe a male secondo me. Ti dispiace?”

“Mmh, no…”

Mentre i protagonisti della scena e tutta la troupe che girava passavano al loro fianco, il Fotografo fece uno scherzo a Callipigia. Con un dito tutto unto di crema si insinuò fra le chiappe di lei per poi infilarglielo, tutto e improvvisamente, su per il buco del culo. Callipigia, sorpresa, lanciò un urletto, spalancò la bocca e sollevò istintivamente la testa e un piede. Lui continuò imperterrito a stimolarle l’ano muovendo velocemente il dito dentro e fuori. In lontananza si sentì urlare un “Buona!” che sanciva l’esito dell’ultima scena girata. Callipigia si domandò se fosse stato ripreso il gesto di lui e la reazione di lei.

“Dai smettila!” disse lei dandogli uno schiaffetto sulla gamba. “Dai smett…”

Lui infilò un secondo dito e aumentò il ritmo. Lei inarcò la schiena e cominciò ad avere un orgasmo. Non era solo lo stimolo fisico a provocarglielo ma tutta la situazione. Callipigia mentre si riprendeva stesa sul telo vide la coppia vicina a loro che li guardava e sorrideva. La mano di lei massaggiava lentamente il cazzo di lui che appariva semi rigido.

Le riprese dopo qualche ora si conclusero, il set venne smontato. Loro come comparse non servirono per altre scene. Molti rimasero in spiaggia e Callipigia e il Fotografo con loro. Non si limitarono a prendere il sole e a fare il bagno. Ci furono molti ampless e molti atti sessuali, con le combinazioni più varie. Callipigia ebbe anche modo di “vendicarsi” in qualche modo dello scherzetto del Fotografo, restituendogli il gesto davanti a tutti.

Intermezzo

Luogo: per telefono

Tempo: inizio estate 2019

“Vi si vede poi in quella scena? Si vede il tuo piedino che si alza improvviso? Me lo sto immaginando.” le chiesi, incuriosito.

“No, alla fine la nostra comparsata è stata tagliata nel montaggio.”

“Quindi comunque eri andata a vederlo quel film.”

“Sì, certo, quando è uscito ci sono andata apposta. Mi sono rivista con… con il Fotografo, come l’hai chiamato tu.”

“Siete rimasti delusi dal non vedervi sul grande schermo?”

“Un po’, ma poi ci siamo consolati…”

“Ah, racconta…”

“Uhm, no, niente di ché, non c’è molto da raccontare.”

“E invece col regista? Ti hanno richiamato?”

“Sì. Poco tempo dopo mi hanno chiamato per fare un provino per poi tenermi in considerazione per un film successivo.”

“E come è andato? Questo mi sembra interessante da raccontare.”

“No, non ci sono andata.”

“Come mai?”

“Dai su… non era quello che volevo fare. Ti ricordo che tutto quello per me era trasgressione, era una vita nascosta. Non sarei mai riuscita a far accettare alla mia famiglia che avevo recitato in un film erotico.”

“Ma ti sarebbe piaciuto?”

“Non lo so. Certo, era intrigante come idea, ma è rimasta solo una fantasia, una di quelle che ti immagini ma sai che non farai mai.”

“Saresti potuta diventare famosa. Il tuo culo sarebbe potuto diventare famoso.”

“Avevo già avuto un assaggio di ‘fama’ di me stessa e del mio culo, all’università. Non è detto che la fama sia sempre una cosa gradevole.”

“Hai ragione. Ti capisco. In fondo io scrivo racconti con uno pseudonimo.”

“Già. Sono le nostre vite parallele. In fondo interpretiamo dei personaggi, anche senza un regista che ci riprende.”

“Peccato, però.”

“Per cosa?”

“Per il mondo. Per non aver potuto godere tutti del tuo culo.”

“Non ti facevo così sfacciato.”

“Scusami, sto prendendo troppa confidenza con te.”

“No, no, non scusarti. È piacevole chiacchierare con te di queste cose. Sono discorsi che non ho mai fatto con nessuno. Sarebbe noioso parlare sempre delle stesse cose.”

“Bene. Allora quando ci troviamo per andare avanti con la storia?”

“Non so. Comunque siamo verso la fine, non ho ancora molte cose da raccontare.”

“Davvero? Eppure ci sono ancora molti anni da coprire.”

“Lo so, ma diciamo che da giovane sono stata più scatenata. Dopo mi sono sistemata, mi sono calmata. Non ho più avuto cose così avventurose.”

“Mmh. Ok. E quindi la prossima volta cosa mi racconti?”

“Uhm. Direi che adesso arriva la parte noiosa… il mio matrimonio.”

Scoppiammo a ridere entrambi.

Il Maritino: il matrimonio

Luogo: una villa nei pressi di Verona

Tempo: estate 1996

Il Fidanzatino diventò il Maritino. Fu in parte ironico il fatto che lui chiese a Callipigia di sposarlo durante una romantica gita a Venezia, la città in cui lei più lo aveva riempito di corna. Avevano entrambi ventisette anni e le loro famiglie benestanti organizzarono una grande festa in una villa vicino alla loro città. In certi momenti lei quasi arrivò per scherzo a invidiare gli amanti più famosi della loro città, Romeo e Giulietta, per il fatto che le loro famiglie osteggiassero la loro unione, mentre lei e Maritino si ritrovarono quasi sopraffatti dall’invadenza delle famiglie nell’organizzazione dell’evento.

Callipigia non ebbe esitazioni a voler sposare Maritino. I dubbi sul loro rapporto le erano passati. La relazione con il Professore lo aveva in qualche modo rafforzato. Le aveva fatto capire che lei da Maritino aveva qualcosa che gli altri non potevano darle. Lui non poteva darle tutto, ma nessun uomo avrebbe potuto e lei aveva soprattutto bisogno della stabilità che aveva con lui. Le altre cose, la sua vita segreta, avevano senso solo se affiancate alla sua vita normale con lui. Lo avrebbe continuato a tradire anche dopo sposati? Lei non lo sapeva. Aveva un sospetto, sentiva che a certe tentazioni avrebbe fatto molta fatica a resistere. Ma sapeva che se l’avesse fatto sarebbe stata una cosa che non metteva a rischio il loro rapporto. Paradossalmente l’avrebbe rafforzato dato che avrebbe placato certe sue insoddisfazioni che, se fatte sobbollire, avrebbero potuto invece rovinare qualcosa fra loro.

Le amiche di Callipigia le organizzarono un addio al nubilato. Una cosa tranquilla, senza allusioni sessuali. D’altra parte lei, anche con loro, appariva come una donna tranquilla, non certo trasgressiva. Non aveva nessuna amica stretta a cui aveva raccontato tutte le sue infedeltà, sapeva che non avrebbero capito e che forse l’avrebbero giudicata ancor più pesantemente di come avrebbe potuto fare Maritino.

Lei, da parte sua, si organizzò da sola un proprio addio al nubilato. Si rivide con il Professore. Un intero giorno con lui in un grande hotel. Un intero giorno in cui farsi trattare male da lui. Un intero giorno in cui essere totalmente sua, nelle sue mani, alla mercé del suo cazzo. Sua e di un suo giovane amico che lei gli aveva chiesto di trovare e di invitare. Uno studente di lui, fisicato e più giovane di lei.

Fu l’ultima volta che vide il Professore. Per certi versi non rimase del tutto soddisfatta di quell’incontro. Non sapeva spiegarsi bene che sensazioni aveva provato ma alla fine forse ciò che emergeva era: noia. Aveva trovato lo stesso identico Professore di qualche anno prima. Sempre uguale, sempre ossessionato dal controllo e dal suo culo. Forse lei era un po’ cambiata e quindi lui le era parso meno interessante. Però sessualmente fu comunque una gran scopata, con lui e con il giovane.

Callipigia era emozionata, all’altare a fianco del suo Maritino. Mille pensieri le giravano per la testa. Mille emozioni. Le venne quasi da ridere, una risata nervosa, quando nella sua testa, mentre il prete parlava, scorrevano immagini delle trasgressioni che lei aveva vissuto fino a quel momento. Disse “Sì” a Maritino, di fronte a tutti i testimoni. Ma Callipigia sentiva che quella risposta era identica alla risposta alla domanda se lei avrebbe continuato a non resistere alle tentazioni che la assillavano. E, come aveva detto Oscar Wilde, sapeva che l’unico modo di liberarsi di una tentazione era cedervi.

Il Maritino: la luna di miele

Luogo: isole Seychelles

Tempo: estate 1996

Era una delle ultime sere del loro viaggio di nozze. A cena nel resort dove alloggiavano quella sera avevano bevuto un po’ più del solito. Erano allegri. Callipigia era più ammiccante del solito. Provocava un po’ il suo nuovo Maritino. Che si eccitava a vedere la sua mogliettina così bella ed audace. Rinvigorito dal suo atteggiamento rientrò con lei in camera e non indugiò ulteriormente nel saltarle addosso e avvinghiarsi a lei baciandola e palpandola ovunque. Lei accolse con piacere quelle voglie del suo uomo.

In un attimo furono nudi. Lui la spinse sul letto, lei cadde a pancia in giù e lui le fu subito sopra. Il cazzo di Maritino si fece strada tra le gambe di lei, da dietro.

“Oddio, Cally, avrei voglia di una cosa…” farfugliò lui.

“Cosa?” chiese lei, ansimando.

“Vorrei provare… non so come dire…” si interruppe. Le palpò il culo con una mano, si distaccò un po’ da lei per poterlo osservare con la giusta visuale. “Che bel culetto che hai, amore…”

“Dimmi, cosa vuoi?” domandò lei, forse cominciando a intuire.

“Vorrei… abbiamo provato tempo fa con poco successo, vorrei riprovare, se anche tu lo vuoi…”

“Ma dimmi cosa…” insistette lei in parte divertita dal pudore del suo compagno.

“Vorrei provare a mettertelo… dietro… nel culo…”

Lei sorrise. Quasi le venne da ridere ma si contenne.

“Va bene. Proviamo.” gli rispose girandosi e mettendo ancora più in vista il suo culo.

“Davvero? Davvero, amore, vuoi provare?”

“Sì. Proviamo.”

Lui non si aspettava quel consenso così facile. Ma ci pensava da un po’. La luna di miele, pensava, sarebbe stata il momento ideale per riprovare a fare sesso anale con sua moglie. Quella sera l’alcol gli aveva dato quel pizzico di coraggio aggiuntivo che gli serviva nel proporre quel tipo di rapporto a lei. Lui temeva che ci sarebbe voluto un po’ per convincerla. E invece sembrava desiderarlo anche lei. Questo lo eccitò molto, ma lo colse in parte impreparato.

“Oddio. Sì. Allora… cosa faccio? Prendo un po’ di crema, per lubrificarti un po’?”

Callipigia gli afferrò il polso mentre lui si stava alzando per andare alla ricerca di qualcosa di adatto.

“Fermati.” gli disse. “Sono eccitata. Non farmi aspettare. Proviamo subito.”

“Ma… sei sicura? E come facciamo? Non ti farò male?”

Tutti gli uomini che aveva avuto Callipigia si erano sempre stupiti della facilità con cui la ragazza lo aveva sempre preso in culo anche in situazioni in cui non disponevano di grossi aiuti per lubrificare. Così come non erano mai capitati inconvenienti dovuti a scarsa pulizia della zona. Lei era, in base alle parole dette dal Professore, nata per essere scopata nel culo. Di queste sue qualità lei si era sempre sentita orgogliosa, la facevano sentire superiore alle altre.

Callipigia si sputò abbondantemente sulla mano e poi segò il cazzo di Maritino, per spalmare quel surrogato di lubrificante. Non era certo un cazzo che la spaventava, ne aveva presi di ben più consistenti. Doveva però ricordarsi di non apparire troppo esperta, lui infatti la credeva ancora vergine in quell’orifizio.

“Proviamo così. Se mi fai male te lo dico e ti fermi. Ok?”

“Ok.” rispose lui alla sua donna che appariva quasi più vogliosa di lui.

Callipigia recitò un po’ la parte della ragazza timorosa. In parte la goffaggine di lui aiutò nel non rendere troppo facile la sodomia. Poi finalmente anche il cazzo legalmente autorizzato ad entrare in lei superò lo sfintere anale e dopo poche spinte riversò il contenuto delle palle dentro di lei.

Maritino era felice e contento. Si assicurò che anche lei avesse gradito. Lei gli mentì ma nello stesso tempo era molto contenta per lui.

Lui si addormentò poco dopo. Lei ascoltava il suo respiro regolare e intanto pensava che aveva voglia di farsi inculare per bene come ormai non capitava da tempo. Si masturbò silenziosamente toccandosi anche l’ano. Si addormentò sentendosi una donna fortunata. Con un gran culo, qualcuno avrebbe detto.

Il Socio: la trattativa

Luogo: a casa, in un paese alle porte di Verona

Tempo: estate 2004

Avevano una grande casa, con un grande terrazzo. Era pomeriggio, sul tardi. Callipigia era da poco rientrata in casa. Era vestita elegante, da rampante donna in carriera avrebbe detto qualcuno. Aveva trentacinque anni ed alla sua bellezza naturale stava cominciando ad aggiungere quel fascino di chi è ormai padrone delle arti seduttive. Uscì sul terrazzo e vide un uomo in giacca e cravatta, di qualche anno più vecchio di lei e già brizzolato, che camminava avanti e indietro mentre svolgeva una telefonata concitata al cellulare. Lei si andò ad appoggiare alla ringhiera lontano da lui, facendogli solo un sorriso per non disturbarlo. Poco dopo lui chiuse la telefonata. Lei allora si fece avanti, porgendogli la mano da stringere.

“Immagino lei sia il nuovo Socio di mio marito.” disse lei.

“Ancora no, siamo in trattativa. Lei dunque è la moglie, felice di conoscerla.” rispose lui.

“Lo sospettavo da come l’ho vista telefonare. Mio marito l’ha abbandonata?”

“È in riunione con i suoi collaboratori. Io mi sono permesso di prendere un po’ d’aria in questo vostro bel terrazzo.”

“Ha fatto bene. Va avanti la trattativa? Riuscirete a trovare un accordo?”

Maritino stava trattando una fusione tra la sua società e un’altra ma chiaramente era molto difficile trovare un punto d’incontro su quali sarebbero stati i rapporti di forza dopo l’unione.

“Non lo so, è difficile, è un affare complesso. Siamo ancora lontani. E suo marito è tosto come negoziatore.”

“Già.” ridacchiò Callipigia. “Solo io non faccio mai fatica a convincerlo.”

Anche il Socio rise alla battuta di lei.

“Credo che lei abbia delle armi a disposizione che io non posso usare con lui. In altre situazioni infatti vanno convinte le mogli, prima dei mariti, e il più è fatto.”

“Ehehe, vuole dunque provare a convincere me per arrivare a mio marito?”

“Se questa fosse la strada, non esiterei a percorrerla. Credo che sia un buon affare per tutti, ma spesso questo non basta per convincere le parti. Io stesso non sono disposto a cedere su molti aspetti pur di concludere.”

“Non mi intendo di queste cose, non saprei giudicare e dunque non può convincermi in un senso o nell’altro. Però mi intendo già di più di rapporti umani e capisco come ragionate voi uomini.”

“Cosa intende?”

“Intendo che entrambi volete concludere l’affare e dunque volete la stessa cosa, ma entrambi volete uscirne vincitori, o almeno avere l’impressione di essere stati tali. Sapete che per l’esito di questa trattativa, i rapporti di forza che verranno stabiliti oggi saranno poi difficili da ribaltare. Quindi non volete cedere, volete che sia l’altro a farlo, a costo di mandare all’aria tutto. Volete, in poche parole, apparire come il maschio alfa. Volete sempre questo voi uomini ed è questo che vi frega in molti casi.”

“Interessante la sua visione. Si intende di uomini, vedo.”

“Ho imparato a conoscervi. Probabilmente per lei è meglio trattare con uno come mio marito che con una come me.”

“Davvero? Con lei fare il maschio alfa non funziona?”

“Funziona… può funzionare, ma solo se io voglio che funzioni.”

“Lei è una donna molto intrigante, scusi se glielo dico.”

“Non deve scusarsi, è un complimento.”

“A volte a voi donne non fa piacere ricevere certi complimenti.”

“Di solito dipende da chi li fa.”

“Dunque da me li accetta con piacere.”

“Sì. Ma che intenzioni ha? Visto che non riesce a fregare mio marito nella trattativa fra le società prova a farlo flirtando con la moglie?”

“No, in genere flirtare con una donna esula dalle questioni di lavoro.”

“E se invece non esulasse?”

“Cosa intende?”

“Intendo che a lei interessa uscire vincitore dalla trattativa, o meglio sentirsi vincitore perché alla fine lo sapete entrambi che nei fatti l’accordo non potrà che essere in un certo modo. Volete solo spuntare qualcosa per appagamento personale. E quindi forse la soddisfazione e la rivalsa verso mio marito potrebbe prendersela in una trattativa, diciamo così, collaterale.” Callipigia sorrise in maniera maliziosa nei confronti del Socio.

“Non sono sicuro di seguirla.”

“Io credo invece che mi stia seguendo benissimo, solo che non le sembra vero. Sbaglio?”

“Ehm…”

“Mi dica. Cosa sa di me? Cosa si dice di me nei vostri ambienti?”

“Di lei?”

“Sì. Di me. Nelle vostre riunioni tra imprenditori. Sapeva qualcosa di me prima di incontrarmi oggi? Aveva sentito dire qualcosa sulla moglie del suo forse futuro socio?”

“Beh… qualcosa sì.”

Callipigia rise.

“È un po’ la storia della mia vita. La mia fama mi precede. E mi dica, cosa ha sentito dire?”

“Ma… niente, delle chiacchiere…”

“Me le dica. Sono curiosa. Voglio vedere se corrispondono alla verità…”

Il Socio deglutì nervoso e si aggiustò il colletto della camicia e il nodo della cravatta. Quella donna lo stava manipolando come voleva. Si domandò se l’avesse mandata lì il marito apposta, per confonderlo.

“Sono sciocchezze… delle calunnie probabilmente…”

“Me le dica. Non si faccia problemi, non le ha messe sicuramente in giro lei, lei le ha solo sentite, ambasciator non porta pena.”

“Ecco… diciamo che qualcuno sostiene che suo marito sia un po’, scusi la parola, cornuto.”

“Ah… un marito cornuto implica una responsabilità da parte della moglie. E lei ci ha creduto a queste voci?”

“Non so, non sarebbe certo una cosa così strana. Diciamo che nei racconti che ho sentito c’erano alcuni particolari che rendevano credibile il tutto.”

“Dei particolari? Mi interessa. Quali particolari?”

“Particolari… dei racconti di uomini che sarebbero stati con lei… delle descrizioni sulle sue, ehm, preferenze sessuali. A quanto pare confermate da più riscontri.”

“Mi dica una cosa, sia sincero: avendo sentito dire queste cose su di me, lei sperava di incontrarmi grazie alla trattativa con mio marito?”

“Beh… l’avevo già vista in alcune occasioni, la ritengo una gran bella donna e… fare la sua conoscenza sarebbe stato sicuramente gradito.”

“Cosa ne pensa del discorso che le ho fatto prima? Avere il ruolo del maschio alfa non nell’accordo fra le società ma in accordo collaterale la renderebbe sufficientemente soddisfare da cedere alle richieste di mio marito per le società?”

“Ehm…”

“Non le interessa poter dare un riscontro alle dicerie su di me?”

“Sta dicendo sul serio? O mi vuole fregare?”

“Non è questo il dubbio di ogni trattativa?”

Il Socio rimase pensieroso. Quella donna lo aveva in pugno. Lui in quel momento non desiderava altro che possederla e fanculo alle società. Quasi sarebbe stato disposto a cedere maggiori quote in cambio di un rapporto sessuale con lei. Aveva sentito parlare di lei da alcuni industriali locali che, a loro dire, se la erano portata a letto e ne avevano lodato la perfezione del culo (e su quell’aspetto non c’erano dubbi) e soprattutto la passione per farselo sfondare. Lui aveva quasi una ossessione per i rapporti anali. La moglie mai si era concessa in quel modo e lui frequentava spesso delle escort per soddisfare quella sua voglia. L’idea di farlo con una donna come Callipigia, moglie di quello con cui stava discutendo degli affari, gli sembrava una ipotesi così perfetta che…

“Va bene. Voglio fidarmi di lei.”

“Dopo andrà da mio marito ed accetterà le sue condizioni?”

“Sì.”

“Venga.”

Callipigia si incamminò dentro casa. Il Socio la seguì. Entrarono in un bagno di servizio. Callipigia si appoggiò al lavandino e sculettò invitante.

Cinque minuti dopo il Socio uscì dal bagno aggiustandosi la cravatta, stringendosi la cintura e mettendosi a posto i capelli. Sul volto aveva una espressione beata. Andò verso il terrazzo dal quale vide rientrare in casa il Maritino.

“Ah, eccoti. Ti cercavo.” disse il Maritino.

“Ehm, sì, ero un attimo in bagno.” disse il Socio, un po’ imbarazzato.

“Senti, con i miei collaboratori abbiamo forse trovato una possibile ipotesi di un nuovo accordo…” continuò l’altro.

“Aspetta. Ti fermo subito. Ho cambiato idea.”

“Cioè?” chiese Maritino un po’ preoccupato.

“Senti, voglio fare questo accordo. Credo che sarà un bene per le nostre società. Ci guadagneremo tutti. E poi voglio iniziare col piede giusto il nostro rapporto, voglio venirti incontro. Alle tue condizioni.”

“Davvero? Dici sul serio?”

In quel momento comparve Callipigia sulla scena.

“Ah, ciao amore, sei appena tornata?” chiese Maritino, distratto dall’arrivo della donna.

Lei annui, lui la presentò al Socio. Loro finsero di non essersi già incontrati. Lei con gli occhi fece capire al Socio che lo ringraziava per aver rispettato l’accordo, avendo sentito la conversazione fra i due, e lui di rimando la ringraziò per il rapporto appena consumato.

“Sono contenta che abbiate risolto i vostri problemi.” disse lei. “Bisogna festeggiare, allora!”

I due uomini si strinsero la mano, si augurarono un lungo periodo di affari fra loro. Callipigia camminò rapida in cucina, sculettando sui tacchi, per andare a prendere una bottiglia con cui brindare. Tornò poi indietro e brindarono tutti sorridenti. Lei con ancora lo sperma del Socio su per il culo. Maritino tutto contento per la conclusione molto positiva per la sua parte di una cosa a cui aveva lavorato duramente negli ultimi mesi. Il Socio con il dubbio, che mai si tolse, che tutto fosse stato organizzato dalla coppia per fregarlo in qualche modo, ma intanto, almeno si era tolto lo sfizio di inculare il culo più famoso tra gli imprenditori della città. E forse in fondo ne era valsa comunque la pena.

Il Fattore: il ritorno

Luogo: casolare di campagna sulle colline veronesi

Tempo: primavera 2017

A Callipigia piaceva guidare la sua nuova BMW Z4 cabrio. Dopo una giornata particolarmente stressante sul lavoro stava girando senza meta per le colline veronesi. Ad un certo punto si ritrovò per strade che sentiva familiari ma che erano tanti anni che non percorreva. Era dalle parti della vecchia villa di campagna dei suoi, quella che da giovane aveva tanto odiato per quelle interminabili estati passate in essa, quella che era stata teatro del suo primo vero incontro con il sesso, quella che negli ultimi vent’anni aveva cominciato a rimpiangere dopo che i suoi l’avevano venduta. Decise di andarci, per vedere come era diventata. Erano almeno quindici anni che non la vedeva, aveva sentito dire che l’avevano trasformata in un agriturismo di lusso, che produceva vino e ospitava ricche coppie annoiate, prevalentemente straniere.

Ebbe un attimo di esitazione nel riconoscere la strada sterrata in cui bisogna girare per raggiungere il casolare, ma poi trovò quella giusta. Parcheggiò nello spiazzo di ghiaia davanti all’edificio. Sentì una botta di nostalgia. Pensò anche ai suoi, che non c’erano più. La casa era stata ristrutturata completamente, era quasi irriconoscibile. Anche tutto il giardino intorno era stato trasformato, così come l’ex stalla. Quella ex stalla, quella dove era iniziato tutto. Sembrava però tutto abbandonato, tutto chiuso. Eppure l’insegna dell’agriturismo sembrava testimoniare che fosse ancora in attività. Callipigia scese dall’auto e con passo incerto sui tacchi a spillo sul terreno sconnesso si avvicinò all’edificio. Non sembrava del tutto chiuso ma non sembrava esserci nessuno. Fece il giro della casa, arrivando dove c’era l’ingresso vero e proprio che dava sul vigneto. Era decisamente bello come avevano sistemato tutto. Per un attimo a Callipigia venne l’idea che avrebbe potuto trascorrere lì un weekend con il suo Maritino. Oppure, ma cominciò a costruire castelli in aria, avrebbe potuto proporgli un investimento e provare a rilevare di nuovo la proprietà e mettersi a gestire il tutto. In fondo il lavoro che aveva in quel momento voleva abbandonarlo. Non ne poteva più.

Si era ormai convinta che non ci fosse nessuno ma provò lo stesso a suonare il campanello, due o tre volte. Stava per andarsene quando si aprirono le imposte di una finestra laterale ed un uomo si sporse all’esterno.

“Ha bisogno?”

“Mmh, no volevo solo qualche informazione, volevo sapere se era aperto.”

“No, questo mese l’agriturismo è chiuso, i padroni sono in vacanza. Aspetti, vengo giù.”

Callipigia stava per interrompere quell’uomo, per dirgli che non c’era bisogno, che sarebbe tornata in un altro momento, ma lui non le diede il tempo e sparì come era comparso. Allora decise di aspettarlo, se non altro per cortesia. Dopo qualche minuto si aprì la porta della casa e comparve quell’uomo, robusto, tra i sessanta e i settant’anni.

“Prego, si accomodi.” fece lui.

“No, no, ma non si disturbi ero passata così solo per vedere, tornerò quando sarà aperto…”

I due si fermarono entrambi, si guardarono in silenzio. Le facce di entrambi si illuminarono contemporaneamente quando ciascuno riconobbe l’altro.

“Ma lei è… cioè ma tu sei…” balbettò lui.

Callipigia sorrise.

Il Fattore allargò le braccia, ridendo.

“Quanto tempo!” esclamò.

“Ancora qui stai?” disse lei.

“Sì, dopo che i tuoi hanno venduto io ho continuato a coltivare i campi, poi i nuovi proprietari dell’agriturismo mi hanno proposto di fare il custode e un po’ il tuttofare qui, come sempre. E tu, invece? E i tuoi?”

“Io… una storia lunga, varie peripezie. I miei invece…” Callipigia fece una smorfia. Il Fattore capì.

“Ah, mi dispiace. Non sapevo. Anche mia moglie.”

Restarono un momento in silenzio, un po’ rabbuiati. Poi lui ruppe l’imbarazzo.

“Dai, entra, ti faccio fare un giro della casa.”

Lei lo seguì, vide come avevano sistemato all’interno. Vide la sua vecchia stanza. Ebbe delle botte di nostalgia che le fecero capire che passare un weekend lì non sarebbe probabilmente stata una buona idea.

“E la vecchia stalla?” chiese lei ad un certo punto.

“Ah, quella è diventata il centro benessere. Dovresti vedere come l’hanno sistemata.”

Uscirono e andarono verso la vecchia stalla. Lui maneggiò un mazzo di chiavi alla ricerca di quella giusta. Poi aprì la porta e la fece entrare, accendendo le luci. Lei rimase a bocca aperta.

“Beh, irriconoscibile, direi.”

Callipigia si guardò attorno, ammirata dalla cura con cui era stato sistemato quell’edificio cadente. Non c’era più niente della vecchia stalla. Solo i loro ricordi, che riaffiorarono. Callipigia era appoggiata ad un tavolo e si guardava attorno. Il Fattore era lì vicino a lei a braccia conserte. Erano in silenzio e poi si guardarono per qualche istante. Come per leggere ciascuno i pensieri dell’altro.

“Ti ricordi?” chiese lei facendo un cenno che voleva indicare quell’ambiente, e di rimando quello che era successo lì dentro fra loro due.

Lui annuì.

“Anche io me lo ricordo. Me lo ricordo molto bene.” disse lei abbassando il tono di voce.

Rimasero in silenzio. Si fissarono negli occhi. Per qualche minuto. Il respiro di lei si fece più pesante. Stava ripensando a quei momenti. Si stava eccitando. Senza dire altro si girò e si appoggiò al tavolo. Poi sollevò la sua gonna. Un vestito decisamente più costoso di quel vestitino leggero che indossava trent’anni prima.

“Sei ancora bellissima.” mormorò lui. “Fu incredibile quello che facemmo. Ci ho ripensato per anni.”

“Io ho continuamente cercato di replicare quel momento, con tanti uomini diversi. Pochi sono riusciti a farmelo rivivere.” sussurrò lei mentre si abbassava le mutandine e si piegava in avanti.

“Sei sicura?” disse lui mentre si slacciava i pantaloni. Da quanto non scopava una donna? Non era quasi neanche sicuro che sarebbe riuscito a farlo. Il suo cazzo enorme non sempre si induriva quando lui si masturbava pensando a o spiando le turiste ospiti dell’agriturismo.

“Non lo ero trent’anni fa. E fu magnifico. Scopami come allora.”

“Cazzo! Che culo! Non ho mai più visto un culo più bello del tuo.”

Lei si girò per guardarlo. Vide quel cazzo maestoso. Faceva ancora più impressione sul corpo di un quasi settantenne.

“Oddio, me lo ricordavo grosso, ma la verità è che non mi ero reso conto di quanto lo fosse, non ne conoscevo altri.”

Lui frugò in un mobiletto e tirò fuori un vasetto di crema. Non era il grasso da lavoro che aveva usato quella volta ma sarebbe andato bene lo stesso. Poi fu su di lei e spinse il cazzo tra le sue chiappe. Non ebbe bisogno di istruirla, di dirle di rilassarsi, di respirare. Il culo di Callipigia si aprì accogliente come era sempre stato. Lui era durissimo, come da anni non era. L’età gli giocava qualche scherzò ma in quell’occasione lo aiutò nel resistere a lungo. La sodomizzò a lungo, con tutte le sue forze. Lei urlò il suo piacere. Lui istintivamente le tappò la bocca, come trent’anni prima, anche se non c’era nessuno che li avrebbe sentiti questa volta. Ma a lei piacque quel gesto. Le piacque tutta quella situazione. Trent’anni tra una inculata e l’altra. Trent’anni di sesso che l’avevano definita come donna. Tutto era iniziato lì. In qualche modo un grande cerchio perfetto si chiudeva, grande come il membro di lui, perfetto come il culo di lei.

Epilogo

Luogo: Milano

Tempo: ottobre 2019

Pioveva mentre arrivai al ristorante. Non avevo l’ombrello ma avevo parcheggiato vicino. Feci una corsa ed entrai un po’ affannato. Lei mi aveva visto, era già seduta al tavolo e mi salutava con la mano. Ci scambiammo un bacio sulle guance.

“Come stai?”

“Bene e tu?”

“Bene grazie.”

Chiacchieriammo un po’ di altro prima di entrare nel merito dei nostri discorsi. Prima ordinammo anche la cena. Lei mi consigliò: era un ristorante che conosceva, facevano cucina abruzzese.

“Allora?” dissi io curioso. “Sei riuscita a rileggere tutta la stesura finale?”

“Sì.” mi disse lei e mi guardò con l’aria di quella che voleva farmi faticare per farle tirare fuori cosa ne pensava.

“Quindi? Ti è piaciuto? Sei soddisfatta?”

“Dai, non si chiede ad una donna se le è piaciuto. Bisogna capirlo da soli.”

Appena mi disse questo sentii qualcosa che mi toccò la tibia. Era il suo piede, nudo, che saliva lungo la mia gamba. Feci una faccia sorpresa e lei si mise a ridere, interrompendo quell’atto a metà tra il seduttivo e lo scherzoso.

“Dai, ti prendo in giro, certo che mi è piaciuto.”

“Ho reso bene quello che volevi?”

“Credo di sì, anche se in realtà neanche io sapevo bene cosa volevo. Però direi che mi hai reso bene, mi ci sono ritrovata.”

“Anche se mi sono preso un po’ di libertà in certi racconti?”

“Sì, ho notato che hai cambiato qualcosa. Certe cose le hai omesse. Come mai? Pensavi che non fossero vere?”

“No, te le ho sentite raccontare e credo tu sia stata sincera. Ma a me piace non esagerare nei miei racconti. E a certe cose pensavo che il lettore non avrebbe creduto. O magari io non sarei stato tanto bravo da renderle credibili. Poi sai che a me piace omettere e lasciare che sia il lettore a riempire il tutto con la sua fantasia.”

“Sì, ho notato che le scopate le racconti poco.”

“Io preferisco raccontare tutto il resto che c’è attorno. Il prima e il dopo.”

“Come questa cena, ad esempio?” disse lei e poi mi guardò maliziosa e bevve un sorso di vino bianco.

Se qualcuno mi avesse chiesto se speravo di scoparmi quella donna di cui avevo scritto la storia sessuale in quei mesi avrei mentito se avessi detto di no. Ma non ci speravo veramente. Il nostro rapporto era di altro tipo. Io non avrei mai spinto per trasformarlo in qualcosa di diverso. Lei si era affidata a me per aprirsi come non aveva fatto con nessuno prima e quindi dovevo rispettare solo la sua volontà. Certo, se la sua volontà fosse stata quella, non mi sarei tirato indietro.

“Dove hai l’auto?” le chiesi uscendo dal ristorante, con l’intenzione di accompagnarla e di non lasciarla girare sola per le vie di Milano di sera.

“Qui vicino, ma non ne ho bisogno. Ho la camera qui.” disse indicando l’hotel dall’altra parte della strada.

“Ah.” dissi io e rimasi indeciso sul da farsi. Salutarla? Darle l’addio così? Oppure…

“Quindi tu credi di avermi conosciuto a sufficienza per scrivere di me?” disse lei sibillina, interrompendo la mia indecisione.

“Beh… per conoscerti veramente a fondo non bastano certo i pochi incontri che abbiamo fatto, però…”

“Però…?”

“…”

“Non c’è qualcosa che dovresti conoscere di me, per completare al meglio la mia descrizione nel libro?”

“Forse…”

Lei si avvicinò a me. Molto vicino, col viso. Pensai mi volesse dare un bacio sulla guancia, un saluto. Invece mi sussurrò all’orecchio.

“Non vuoi vederlo nudo il mio culo? Non vuoi vedere come sono dal vivo mentre mi faccio inculare?”

Mi staccai da lei e la guardai negli occhi. Deglutii. Ero paralizzato. Lei sorrise. Mi tese la mano. Andammo verso l’hotel. Salimmo in camera.

Non parlammo molto. Ci spogliammo. Lei si mise nuda sul letto, col culo in alto e la testa in basso. Io ammirai quel posteriore estasiato. Fissai quel buchetto, forse il vero protagonista di quello che avevo scritto per lei.

“Inculami.” mi disse.

Entrai in lei. Con il mio cazzo più duro che mai. Non saprei descrivere quel rapporto sessuale, anzi mi resi conto che avrei dovuto riscrivere tutto. Le mie parole non avevano reso giustizia alla carica erotica di quella donna.

Glielo dissi. Lei rise e capii che il suo fascino era la gioia con cui lo prendeva, il piacere con cui si faceva sottomettere senza perdere un minimo di controllo. Ti faceva sentire il maschio più potente del pianeta, seppur smarrito e sopraffatto da quei suoi due globi adiposi.

Era una Venere. Una Venere dal bel culo.

2 commenti su “Callipigia”

  1. Adoro! Ho letteralmente divorato il pdf.. letto tutto d’un fiato.. Fantastica perchè è cosi reale che potrebbe essere l’amica o la collega di turno, insospettabile.
    Uno dei piu belli che hai pubblicato. grazie

    1. Grazie molte anche perché è uno dei racconti di cui sono più fiero.
      Potrebbe veramente essere una conoscente insospettabile, e forse lo è. L’unico segno distintivo per riconoscerla può essere il bel culo. 🤣

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