Il passaggio da un rapporto epistolare a un rapporto reale è un rischio. Può esserci delusione. La realtà può rovinare la connessione creatasi tra menti erotiche. Oppure la può amplificare, in modi inaspettati.
Da un po’ di tempo faccio sexting. Mi scrivo regolarmente con un uomo e parliamo di sesso. Ci scambiamo anche qualche foto, senza mostrarci in viso, ma in gran parte la piacevolezza della conversazione è data dagli stimoli mentali dati dalle parole, dalle fantasie, dai racconti di esperienze erotiche. È un rapporto piacevole di per sé, senza un fine preciso. Non lo facciamo per poi incontrarci e fare sesso, o almeno non necessariamente, ma ne abbiamo parlato. E poi un giorno mi ha detto che sarebbe venuto nella mia città.
“Ah. Ok.” risposi subito un po’ freddamente. “E quindi mi vorresti incontrare?”
“Non lo so. Sinceramente non lo so. Ne abbiamo già parlato. Io vorrei vederti dal vivo. Le tue foto mi ispirano, mi piaci, sei una bella donna.”
“Non vorresti solo vedermi, mi sa.”
“No, infatti. Vorrei vederti dal vivo, nuda, magari col mio cazzo in bocca. Vorrei scoparti. Vorrei farti quello che ti piace. Vorrei leccarti tutta, ovunque. Lo sai.”
“Lo so. E ammetto che vorrei anche io. Di te ho visto quasi solo il tuo cazzo e mi piace. Mi piacerebbe sentirlo. Mi piacerebbe provarlo. Assaggiarlo. E tutto.”
“Però c’è un però, vero? Anche in me c’è un però. È un rischio incontrarsi. Temo di deluderti. Magari dal vivo non mi trovi così erotico e attraente come con le parole. Non necessariamente per il mio aspetto, che magari ti piace anche, ma sicuramente ti sei fatta una idea di me che potrebbe essere smontata dalla realtà.”
“Anche io potrei deluderti.”
“Questo non credo, ma in ogni caso capisco che anche da parte mia potrebbe cambiare il rapporto di confidenza con te. Cioè magari ci incontriamo, ci piaciamo, scopiamo e ci divertiamo. Però magari invece roviniamo il nostro rapporto. Sono molto combattuto.”
“Lo so, anche io. Meglio che non riguardo le foto del tuo cazzo o potrei decidere con poca razionalità.”
“Ahaha. Sei sempre la troia che conosco. Sei fantastica, per questo vorrei incontrarti. Ma non vorrei neanche perdere la connessione che ho con il tuo lato perverso.”
“Già. Anche io. Quindi niente?”
“Quindi niente? Non lo so.”
Passò qualche giorno. Ci scrivemmo altre cose. Gli raccontai le ultime scopate o gli ultimi pompini fatti a mio marito. Gli mandai una foto di me nuda, seduta sul cesso. Lui mi mandò la foto del suo cazzo, con gli schizzi di sborra sulla pancia, causati dal suo masturbarsi pensandomi. Poi aggiunse una cosa:
“Ho avuto una idea, per il nostro incontro-non-incontro.”
“Che idea?” chiesi spaventata e speranzosa allo stesso momento.
“Trova un posto che sia una discoteca o qualcosa di simile. Un posto in cui si balli, che sia affollato e con gente della nostra età. Vacci con qualche amica, non con tuo marito, la sera in cui io sono in città. Mi dici il nome del posto e ci vado anche io. Saremo nello stesso posto e lo sapremo. Ci vedremo, incroceremo i nostri sguardi e forse ci riconosceremo o più probabilmente no.”
“E… e poi?” chiesi un po’ confusa dalla proposta. Non ero contraria a priori, c’era in essa qualcosa di intrigante, ma non ero convinta.
“E poi niente. Se ci riconosceremo e ci piaceremo magari ci faremo avanti. Oppure no. Rimarrà un incontro che è avvenuto o forse no.”
“È una idea…” cercai la parola giusta ma non la trovavo. “è una idea pazza come sei pazzo tu. Non ha senso e forse per questo mi piace. Però non lo so… tu secondo me mi riconosci, io mi sono mostrata molto di più in foto. Di te conosco solo il cazzo e un po’ il fisico.”
“Dovrei girare col cazzo di fuori.”
“Ti riconoscerei sicuro a quel punto… e mi inginocchierei per succhiartelo.”
“Che troia. Quindi ci stai? Hai in mente un posto adatto?”
“Non lo so. Ci devo pensare. C’è comunque il rischio che non ci piacciamo.”
“Secondo me non ci riconosceremo. Il brivido sarà sapere che l’altro è lì ma non sapere chi è. Ok forse io potrei riconoscerti, ma ormai di te ho visto quasi tutto, mi manca giusto il viso completo e so già che di aspetto mi piaci, quindi non mi deluderai.”
“Alla fine quindi sarai tu che mi spierai e io saprò che ci sei ma non saprò chi sei. Alla fine sarà questo il nostro pseudo-incontro.”
“Alla fine penso di sì. È un modo per fare il voyeur come faccio con le tue foto.”
“È sbilanciato così. Sono io che mi offro alla tua vista e…”
“Non ti piace?”
“Sì. Mi piace. Credo che sarò spinta a troieggiare un po’ sapendo che tu mi starai guardando.”
“È quello che voglio. Quindi è un sì?”
“Non lo so. Cazzo. Non lo so. Mi scombussoli con le tue fantasie. Ti odio.”
“Pensaci.”
“No. Cazzo. Se ci penso mi eccito. Se mi eccito mi masturbo. E poi ti dico di sì. Le tue parole mi hanno già portato a fare varie cazzate rischiose in questi mesi. Devi smetterla di scoparmi il cervello.”
“Pensaci.”
Ci pensai. Avevo in mente un posto. Non avevo in mente amiche con cui ci sarei potuta andare, nel senso che se la serata avrebbe preso la piega che temevo o speravo non avevo amiche che avrebbero potuto capire o accettare il mio comportamento da troia. Non erano tutte snob e bigotte ma nessuna era come me. O se lo era non lo sapevo come loro non sapevano di me.
A mio marito, però, dissi che uscivo con le amiche. Invece ci andai da sola. Tesa e nervosa ma anche schifosamente eccitata. Tacco 12 e vestitino che fasciava il mio corpo. A lui sarebbe piaciuto, se mi avesse riconosciuto. Mi legai i capelli, cercai di assumere il più possibile un aspetto diverso da quello che lui aveva visto nelle foto. Non volevo essere riconosciuta con troppa certezza.
Dentro al locale sentii tutti gli occhi addosso, come se fossi entrata nuda. Non poteva essere così, ma quella era la sensazione. Ero eccitata. La mutandina che indossavo era già umida. Mi guardai attorno. Lui poteva essere chiunque e io sentivo la voglia di andare con chiunque. Desiderio e paura. Dovevo bere. Dovevo ubriacarmi un po’, per far andar via un po’ di paura. Solo che avrei così aumentato il desiderio.
Mi buttai in pista. Frastornata dalla musica. Ballando scatenata senza pensare a nulla. Libera e troia.
“Scusami. Scusami per ieri sera.” gli scrissi.
“Scusarti per cosa?” rispose lui immediatamente.
“Per come mi sono comportata. Per come sono scappata.”
“Non so di cosa parli.”
“Dai, non prendermi in giro. Per come sono andata via improvvisamente, lasciandoti lì… così…”
“Tu non mi ha lasciato lì, qualunque cosa voglia dire.”
“Non è divertente.”
“Cosa?”
“Che tu faccia finta di niente, dopo ieri sera.”
“Ma non c’è stato nulla ieri sera. Fra noi.”
“Non scherzare.” dissi sempre più allarmata e infastidita.
“Non sto scherzando.”
“Smettila.”
“Allora facciamo così. Raccontami la tua serata e vediamo come si interseca con la mia. Ti ascolto.”
“Ok. Stronzo. Sei uno stronzo. Lo fai solo per sentirmi raccontare tutte le mie sensazioni da troia, vero? Lo fai per provocarmi. Ma va bene. Ci sto. Adesso ti racconto.”
La sera prima avevo bevuto un po’. Poi avevo ballato. Tanto. Ero in pista, accaldata e vogliosa. Mi ritrovai vicino a un uomo, che ballava e mi fissava. Continuai a ballare guardandolo ogni tanto. Non mi staccava gli occhi di dosso. Cominciai a ballare per lui. Mi sentivo eccitata e lo vedevo eccitato, per come mi osservava. Era lui? Doveva essere lui. Il fisico corrispondeva. Il modo in cui mi guardava non era quello semplicemente di un uomo attratto da una bella donna. Era quello di uno che ha riconosciuto una troia.
Ballando mi avvicinai fino a quasi toccarlo. Continuai a muovermi sensualmente e poi portai la mia bocca al suo orecchio.
“Sei tu?” gli urlai per farmi sentire al di sopra della musica disco.
Lui sorrise. Annuì. Era lui. Cazzo. Un uomo… non era male. Non me lo immaginavo così. Ma in realtà non avevo una idea precisa di lui. In quell’istante mi vergognai e allora mi girai dandogli le spalle ma continuando a muovermi. In particolare sculettavo e nel farlo spinsi all’indietro il culo, sfiorandolo. Mi prese i fianchi con le mani. Mani forti, presa sicura. Spinsi il culo indietro e sentii il suo cazzo duro.
Continuammo così, per qualche minuto. Mi tirai su e appoggiai la schiena al suo petto. Il suo pacco duro premeva sempre contro le mie chiappe. Portai una mano dietro, per tastarlo. Ma poi osai di più. Infilai la mano nei pantaloni, oltrepassando la cintura non troppo stretta e infilandomi anche dentro ai boxer.
Stavo stringendo il cazzo dell’uomo che per mesi aveva stimolato la mia fantasia erotica. Riconobbi al tatto il cazzo, nel senso che lo trovai largo e voluminoso come era nelle foto.
“Sei una troia.” mi urlò nell’orecchio.
Me lo scriveva sempre e me lo stava dicendo a voce, quel porco.
Ero eccitata da far schifo. L’alcool da una parte e l’essere in mezzo alla gente in una discoteca con la mano infilata nei pantaloni di un uomo appena incontrato. Ero proprio una troia. Mossi il culo su e giù sfregandolo contro il suo pacco e accompagnando il movimento con la mano. Gli stavo facendo una sega.
“Sei una troia.” urlò di nuovo mentre sentivo la mia mano e il mio polso bagnarsi. Stava sborrando. Anche io avrei potuto godere all’istante se solo mi fossi sfiorata nel punto giusto.
In quel momento preciso mi spaventai. Capii che in quel momento avrei potuto fare qualsiasi cosa. L’istinto era quello di alzarsi il vestito, liberarsi delle mutandine e mostrargli il culo nudo, per farmelo leccare, schiaffeggiare o qualunque cosa avrebbe voluto. Io avrei voluto anche farmi scopare lì, farmi inculare anche. Davanti a tutti. Troia come non mai. Ma il suo essere appena venuto scongiurava quell’ipotesi. Ma io l’avrei fatto. Mi sarei fatta scopare da chiunque. A lui sarebbe anche piaciuto vedermi scopata da un altro, conoscevo i suoi gusti.
Atti osceni in luogo pubblico. Sarebbe finita così.
Avevo avuto timore di apparire troia di fronte a qualche mia amica e rischiavo di apparire troia di fronte al mondo intero.
Quindi scappai. Senza neanche voltarmi mi allontanai da lui e non mi fermai. Scansai uno che si era messo davanti a noi e forse aveva intuito cosa stava succedendo e si stava godendo lo spettacolo. Uscii dalla discoteca. Presi un taxi. Mi masturbai silenziosamente nel sedile dietro prima di arrivare a casa, con la mano pulita, mentre leccavo quell’altra. Sapore dolce, non salato come mi aveva detto. Arrivai a casa. Svegliai mio marito che già dormiva e gli salii sopra. Volevo, dovevo, essere scopata.
“Ti sei eccitata fuori con le tue amiche, eh?” mi chiese mentre mi girava per scoparmi da dietro.
Non gli dissi il motivo. Forse glielo avrei raccontato più a mente fredda. Se lo avessi fatto in quel momento mi sarebbe scappato che avevo incontrato l’uomo con cui mi scrivevo, a cui avevo mandato foto. L’uomo che riusciva a farmi essere più troia di quello che ero.
“Non ero io.” mi gelò con questo messaggio.
“Non dirlo neanche per scherzo.”
“Non ero io. Io ero quello che hai scansato per andartene. Ti avevo riconosciuta. Ti ho guardato tutto il tempo. Eri sexy mentre ti dimenavi in pista. Eri sexy anche prima. Ti avrei notato anche se non ti conoscevo. Ti ho visto strusciarti contro quel tipo. Fare la troia con lui. Era quello che volevo, vederti fare la troia. Ancor meglio vederti troia con altri.”
“Lo so, sei un porco.” commentai per stemperare la sensazione di sconforto per le sue parole.
“Ho visto come hai spinto il culo verso di lui. Come gli hai infilato la mano dentro.”
“Ma io… io gli ho chiesto… sei tu?… e lui mi ha detto di sì.”
“E che cazzo doveva rispondere a una domanda del genere? Fatta da una donna palesemente eccitata?”
“Cazzo, ero troppo ubriaca, per niente lucida.”
“Dimmi, com’era il suo cazzo?”
“Come il tuo, dannazione. Mi è sembrato grosso come il tuo.”
“Beato lui che ha provato la tua mano.”
“Stronzo. Era il tuo cazzo che volevo. Perché non sei venuto da me? Volevo te. Volevo essere troia per te. La tua troia.”
“Ma eri la mia troia. Lo sei sempre.”
“Ciò non toglie che tu sia stato stronzo. Mi hai fatto segare il cazzo di uno sconosciuto.”
“Io te l’ho fatto segare? Hai fatto tutto da sola.”
“Sei stato tu invece. Non sarei stata così troia se non fosse stato per la tua idea di incontrarci senza incontrarci.”
“E ti dispiace essere stata così tanto troia?”
“Ehm… preferisco non rispondere. Ma mi hai manipolato.”
“Veramente tu hai manipolato quel tipo, ahaha.”
“Stronzo. Volevo manipolare te. Anzi voglio manipolarti. In tutti i sensi, quindi ora ascoltami.”
Gli chiesi se era in città anche quella sera. Lui mi disse di sì. Allora io gli feci un nome.
“Cosa vuol dire?” mi chiese.
“È un centro commerciale. Vai nel suo parcheggio, stasera, dopo mezzanotte.”
“Ti troverò lì?”
“Tu vacci. Cosa troverai lo scoprirai solo lì.”
“Ok. Mi dici che sono stronzo, ma in realtà sono solo uno dei tanti cagnolini che ti sbavano dietro.”
“Bravo, allora fallo per la tua cagna.”
“Ciao.”
“Ciao.”
“Allora?”
“Cosa?”
“Non dici niente?”
“Cosa dovrei dire?”
“Non so, hai dormito bene?”
“No. E tu?”
“Io benissimo. Come mai non hai dormito bene?”
“Per l’adrenalina di ieri sera.”
“Quindi hai fatto qualcosa di emozionante ieri sera?”
“Sì, e lo sai benissimo, troia.”
“Come faccio a saperlo? Racconta.”
“Vuoi che racconti?”
“Sì.”
“Ok. Come vuoi. Ieri sera. Mezzanotte. Arrivo al parcheggio di quel centro commerciale che mi avevi detto. Anzi non è vero. Ero impaziente ero lì già da un’ora.”
“E cosa hai fatto in quell’ora ad aspettare?”
“Se me lo chiedi vuol dire che lo immagini.”
“Ma dimmelo lo stesso.”
“Mi segavo, lentamente, rileggendo le nostre conversazioni e guardando le tue foto. Non per venire, ma per scaldarmi.”
“Porco. Continua.”
“Era mezzanotte. Finalmente vedo del movimento. C’è una auto che era arrivata da un po’ e da cui non era sceso nessuno. Accendono la luce interna. Vedo le teste che si avvicinano. Sono un uomo e una donna. Stanno limonando. Lei mi sembri tu. Sei tu con tuo marito, penso. Mi hai chiamato per farmi fare il guardone con voi. Sarebbe una cosa da te, da troia. Mi avvicino con l’auto. Vicino a loro c’è un’altra auto, luci spente e finestrino aperto. Dentro c’è qualcuno che fuma. Poi un uomo a piedi, si avvicina all’auto e guarda dentro. Lo invidio, vorrei essere io il vostro guardone. Allora scendo anche io e vado vicino all’auto. Mentre lo faccio noto con la coda dell’occhio un’altra auto che si avvicina a fari spenti. Non guardo chi c’è dentro.”
“Continua. Mi sto toccando.”
“Troia. Mi avvicino all’auto. Il guardone ha il cazzo fuori e si sta segando, attaccato al finestrino. Io mentre cammino mi sistemo il cazzo duro, vorrei tirarlo fuori. Intanto la donna dentro ha cambiato posizione. Si è piegata in avanti. Lo sta succhiando al suo partner e mette in mostra il culo nudo per noi guardoni. Io sono arrivato all’auto e posso guardare bene dentro. Le vedo la nuca che fa su e giù. I capelli potrebbero essere i tuoi, anche se mi sembrano più scuri. Le guardo il culo. Non sei tu. Il culo lo riconoscerei. Non è il tuo culo. Questo è più grosso, più abbondante.”
“E quindi? Ti piaceva più del mio? So che ti piacciono le culone.”
“È bellissimo anche il tuo culo, anche se meno abbondante. E poi è collegato alla tua testa da troia, che lo rende fantastico.”
“Ahaha, mi piace quando fai il leccaculo per adularmi.”
“Fiero di essere il tuo leccaculo e anche leccatuttoilresto.”
“Ok. Continua.”
“Ok. Quindi non sei tu dentro l’auto. Sono deluso. Mi ero convinto. Perdo interesse verso una coppia sconosciuta di esibizionisti. Mi guardo attorno. Il guardone mi sembra vicino a schizzare contro il finestrino. L’uomo nell’altra auto si sta accendendo un’altra sigaretta. Poi c’è la terza auto. Guardo dentro. È buio e non vedo bene. Sembra un uomo con un cappellino. Anzi sembra quasi un ragazzino. È una figura minuta. Un viso dai lineamenti fini. Ho un dubbio. È una donna. Una donna sola in questo parcheggio di pervertiti. Una cosa insolita, mi sembra, per quanto non conosca bene questo ambiente. Quindi ho un sospetto. Sei tu. Ti guardo, da lontano, senza farmi notare, senza farti capire che ti ho riconosciuto. Più ti guardo e più mi convinco. Da quel che vedo stai osservando la coppia dentro l’auto e dai movimenti che fai ti stai masturbando. Giro attorno all’auto dei due e vengo verso la tua. Mi tiro fuori il cazzo. Vengo vicino al finestrino. Ti vedo. O meglio non riesco a vedere il tuo viso perché è coperto dalla visiera del cappellino, ma vedo il tuo corpo e sei tu. La gonna tirata su e la figa esposta con le tue dita che ci giocano. La camicetta aperta e il reggiseno spostato con l’altra tua mano che gioca con un capezzolo. Stai venendo, stai godendo. Sento le tue urla anche se i finestrini sono chiusi. Mi attacco al vetro. Voglio che lo apri. Voglio entrare. Tu non mi guardi ma so che sai che sono lì. Ti vedo godere e non resisto. Schizzo sporcandoti il finestrino. Tu invece stai ancora godendo, ininterrottamente. Giro attorno. Voglio entrare dal lato passeggero. Voglio tuffare la mia faccia nella tua figa. Ci provo. È chiusa. Giri la testa un attimo. Mi guardi da sotto la visiera. Colgo un sorriso. Le tue belle labbra e la punta del naso. Quasi mi torna duro. Ma ti sento accendere l’auto. Riparti. Mi lasci lì come uno stronzo. Mi giro verso l’altra auto, quella della coppia. Il guardone si è allontanato. La portiera dell’auto del fumatore è aperta. C’è un uomo in piedi, il fumatore, accanto all’auto della coppia. C’è la donna che è scesa, praticamente nuda, ed è inginocchiata e gli fa un pompino. L’uomo della coppia è dentro l’auto che si gode lo spettacolo. Mi giro e vedo la tua auto che si allontana definitivamente, uscendo dal parcheggio. Guardo per terra, a lato di dove c’era lo sportello del guidatore. C’è qualcosa per terra. Guardo meglio. Un pezzo di stoffa. Azzurro. No, sono mutande. Le raccolgo. Le annuso. Sono umide. Sono le tue. Ancora calde. Le lecco, dove erano appoggiate alla tua figa bagnata. Poi me le metto attorno al cazzo, che è tornato subito duro. Mi sego. Lì in mezzo al parcheggio mentre le altre auto stanno ripartendo. Ci sborro dentro. Le rilecco. I nostri umori mischiati.”
“Bello. Grazie. Ma chissà se ero io quella?”
“Cazzo. Tutto qui? Certo che eri tu.”
“Tutto qui. Mi sembra abbastanza.”
“Per non esserci incontrati, sì mi sembra abbastanza.”
“Continuiamo a non incontrarci, allora.”
“Va bene. Non incontriamoci di nuovo, la prossima volta.”
“Perfetto. A presto. Ti devo poi raccontare cosa ho fatto io ieri sera.” gli dissi per congedarmi.
“Cos’hai fatto? Perché c’è altro oltre al parcheggio?”
“Sì, c’è altro.”
“Altro… da troia?”
“Sì. Ti piacerà.”
Indubbiamente quel parcheggio è troppo trafficato e inflazionato di “camminatori”…una variante interessante è sicuramente il parcheggio del cimitero e non sarebbe la prima volta 🙂
Per la cronaca, le mutandine erano di raso azzurro e non di stoffa (!) mentre l’auto era di mio marito e lo sperma rappreso nella portiera è ancora lì..spero piova presto 🙂
Ti avevo chiesto di NON scrivere di mio marito che mi prendeva da dietro. Era una confessione tutta nostra Porco!
Elena T.
Sempre per la cronaca, non pensava che le mutande fossero di “stoffa”, semplicemente non aveva capito cosa fosse quella cosa per terra e non si aspettava che fossero quella cosa lì.
Scusa per la confessione rivelata. Ne ho così tante da non rivelare che qualcosa mi sfugge.
Elena è una forza della natura. Sarebbe fantastico poter scoprire tante altre donne con un “lato B” così (scusa il gioco di parole).
E aggiungo che leggere i commenti della diretta interessata aggiunge un brivido difficile da spiegare… è difficile leggere un racconto su Elena, senza avere l’irrefrenabile voglia di scrollare in basso per curiosare se ha già commentato.
Sicuramente aggiunge qualcosa ai tuoi racconti. Speriamo sia protagonista di molti altri.
grazie (a tutti e due).
Credo che le farà piacere leggere questo commento
Sì sono lusingata per il commento !
Caro Paolo sei un degno lettore di questo bellissimo sito, grazie quindi per il tuo elegante commento 💋💋💋
Henry, il mio pseudonimo attribuito ad analcoholic…il mio Henry Miller, mi sta sopportando da quasi un anno 🫣, ci eccitiamo a vicenda. Io racconto ad Henry le mie esperienze e lui le trasforma magistralmente in brevi racconti donandoli a voi, abbiatene cura quindi.
Eccitatevi e fantasticate e magari realizzate pure ma leggete di più e qui mi rivolgo alla comunità maschile più pigra 😁
Elena T.