
“Non lo saprà nessuno.” disse lei mentre mi veniva incontro.
“No, aspetta.” misi le mani avanti per fermarla. Fisicamente la sovrastavo, lei così magrolina e io così muscoloso. Avrei potuto bloccarla e impedirle qualunque cosa. Ma non era lei contro cui dovevo lottare. Era contro il mio istinto maschile, contro il mio cazzo che già spingeva per farsi largo nei miei pantaloni.
“No, ferma.” le dissi con poca convinzione mentre lei, giunta davanti a me, si era inginocchiata ed aveva iniziato ad armeggiare con la mia cintura per abbassarmi pantaloni e mutande.
BASSA FEDELTÀ
Concessione
Incominciò tutto l’ultimo giorno di una vacanza tra me, la mia fidanzata Silvia e la sua amica Valentina. Quest’ultima spesso scherzava oppure si disperava, a seconda dell’umore generale, riguardo al fatto che fosse da più di un anno che era single e nel frattempo non aveva più trovato nessun ragazzo degno di nota, neanche per lo svago di una serata. Nemmeno durante quella vacanza, nonostante fosse un suo obiettivo, aveva incontrato nessuno che le piacesse.
“Ma neanche con quel tipo di ieri sera? Ok, c’era un po’ di differenza di età ma mi sembrava un bell’uomo.” la incalzò Silvia.
“Un po’ di differenza? Aveva cinquant’anni. Venti anni mi sembrano troppi.”
“Sei troppo selettiva…” disse la mia ragazza con tono canzonatorio per sollevare il morale a Valentina.
“È inutile. O sono degli sfigati, oppure sono impresentabili. Quelli fighi non hanno il cervello. Gli unici validi sono già presi, come il tuo.” disse indicando me.
“Eh, già. Dovrei prestartelo per una sera.” rise Silvia guardandomi.
“Eh, magari.” disse Valentina guardandomi a sua volta. Le due ragazze erano un po’ brille. Silvia chiaramente scherzava ma nello sguardo di Valentina colsi quello che sembrava una vera speranza.
“Quasi quasi, per una amica questo e altro.” ribattè Silvia. Sembrava quasi seria ma a parlare credo fosse un po’ anche l’alcool.
Dopo aver girato qualche altro locale sul lungomare e bevuto un altro po’, tornammo nel nostro appartamento. Valentina era stata approcciata da qualche ragazzo ma lei aveva quasi subito declinato le attenzioni. Ogni volta poi le due ragazze si mettevano a confabulare e sentivo che esprimevano le loro impressioni sui ragazzi.
Quando fummo a letto io feci per abbracciare Silvia, ma lei mi fermò.
“Ma tu con Valentina ci andresti?”
“È una bella ragazza, magari non è proprio il mio tipo ma non capisco perché abbia questa difficoltà nel trovare un ragazzo. Cioè sicuramente il problema non è lei ma sono i ragazzi che non ci sanno fare con lei.” risposi pensando che la mia ragazza volesse un sincero parere maschile. E invece non era proprio così.
“No, intendo se ti va di fare sesso con lei?”
“Ma in che senso? Cioè se… se fossi libero forse ci proverei con lei e sì, ci farei sesso, ovvio.”
“Dico stasera.”
“Come stasera?”
“Ne ho parlato con lei. Lei ci soffre proprio. Ne sente la mancanza. Ma non vuole darla al primo che capita. Quindi ho pensato… una cosa in amicizia.”
“Ma sei ubriaca o parli sul serio? Tu che sei sempre gelosissima.”
“Sì, forse sono un po’ ubriaca. Però sono anche sua amica. Mi fido di voi. Sarebbe solo una cosa fisica. Sì, probabilmente sono ubriaca, approfittane prima che cambi idea.”
“Ma poi ti arrabbi?”
“No, no. Te lo giuro. Ne ho parlato con lei. Solo sesso. Solo per farle sentire di nuovo il corpo di un maschio.”
“Quindi cosa dovrei fare?” le chiesi abbastanza incredulo. Il mio cazzo però ci credeva e si era indurito. Speravo che lei non se ne accorgesse, non so come l’avrebbe presa se avesse notato che ero già eccitato all’idea di scoparmi la sua amica.
“Ti aspetta di là nella sua camera. Vai, fate sesso e poi torni qua. Niente di più.”
“Sicura?”
“Sì.”
Incerto sul da farsi mi alzai dal letto. Mi mossi con circospezione pronto a cogliere qualsiasi segnale che fosse tutto uno scherzo o peggio una trappola della mia ragazza.
“Dai. Vai. Rendila felice. Tu sei bravo, sai come fare.”
Uscii dalla camera e mi diressi verso la stanza di Valentina. Mi toccai il cazzo nel tragitto. Era sempre duro. Almeno lui non mi avrebbe dato problemi. Bussai lievemente ma non sentii risposta. La porta era socchiusa e provai a spingerla leggermente per aprirla. Dentro era buio. L’unica luce era quella dei lampioni esterni che entrava dalla finestra aperta. Vidi la sagoma di Valentina sul letto.
“Entra pure.” mi sussurrò con un po’ di imbarazzo.
“Ciao.” dissi impacciato.
“Non c’è bisogno che parliamo, se vuoi.” mi disse capendo il mio disagio e forse il suo stesso.
“Ok.” risposi e mi sedetti sul letto. Pur vedendola poco capii che lei era già nuda. Io indossavo una t-shirt e i boxer.
“Cosa vuoi che…” iniziai a dire ma mi interruppi appena sentii la mano di lei che tastava in cerca del mio cazzo. Lo trovò. Si era leggermente ammorbidito ma il contatto con la sua mano lo risvegliò immediatamente.
“Wow.” mormorò. “Quanto mi mancava sentire un cazzo duro in mano.”
“Eh.” dissi io incerto sul da farsi.
“Wow.” ripeté. “Che stronza che è Silvia. Era stata vaga su di te, noi amiche avevamo intuito che fossi ben messo, ma mica ce l’aveva detto che eri messo così bene… che grosso!… spero che la mia fichetta non si sia ristretta troppo.”
Ridacchiai un po’ orgoglioso e un po’ nervoso. Lei intanto mi aveva abbassato i boxer. Io portai una mano fra le sue gambe. Trovai una figa totalmente rasata e già bella umida. Valentina emise un gemito.
“Oddio… lo voglio subito. Fammelo sentire.” mi tirò per il cazzo e io mi stesi sopra di lei che allargò le gambe e se lo puntò contro.
“Sei già pronta?” domandai premuroso.
“Siiiiì” mugolò lei e se lo tirò dentro. Ovviamente facemmo senza protezioni. Lei, visto il periodo sfortunato, non poteva essere a rischio e di me si fidava. Prendeva anche un anticoncezionale e già lo sapevo visto che era stato oggetto anch’esso di battute vista la sua inutilità durante l’ultimo anno.
Penetrai in lei, prima lentamente poi pian piano acquisii confidenza e cominciai a scoparla con più vigore. Intanto iniziai a leccarle o stimolarle con le dita i capezzoli. Lei, sotto di me, sembrò avvicinarsi con rapidità al primo orgasmo.
Il mio cazzo entrava e usciva dalla sua figa bagnatissima. La stavo sbattendo con dolcezza ma anche con forza. Valentina, probabilmente aiutata dal desiderio finalmente realizzato di riavere un cazzo dentro, iniziò a godere, anche un po’ rumorosamente. Io mi feci scrupolo che Silvia potesse sentirci dall’altra stanza. Per quello e anche perché ne sentivo quasi un bisogno fisico, le feci una domanda, un po’ strana forse per due che stanno scopando:
“Possiamo baciarci?”
Valentina aprì gli occhi e mi fissò per un istante. Poi aprì la bocca, tirò fuori la lingua e alzò la testa verso di me fino a congiungere le nostre due bocche. La scopai e la limonai duro per qualche minuto. Non contai i suoi orgasmi ma soltanto il mio che arrivò. Le inondai la figa di sborra. Lei sembrò molto felice di tutto, della scopata e della conclusione.
Mi sfilai da lei e feci per alzarmi.
“Dove vai?”
“Beh… torno di là…”
“No, ti prego. Un’altra. Ce la fai?”
“Mah… non so… non so se Silvia di là…”
“Ssshh, non pensare a lei.”
“Ma…”
“Oppure pensaci, se serve a fartelo tornare duro. Dimmelo cosa posso fare per fartelo tornare subito duro… ti prego… ne voglio ancora un po’. Dimmi, cosa vuoi che faccia?”
Io ci pensai un po’. In fondo Silvia non aveva specificato quando dovevo fermarmi, quante volte dovevo farlo. Aveva solo detto che fosse solo sesso e credo che lo fosse. Eravamo amici non certo amanti. Mi venne in mente cosa mi avrebbe aiutato a ridurre il tempo refrattario tra una venuta e la successiva erezione. Mi vergognavo un po’ però a chiederlo a Valentina che però insisteva.
“Dai, dimmi cosa devo fare.”
“Forse se…”
“Sì?”
“Se ti girassi e…”
“E?”
“E mi dessi il culo…”
Valentina mi sembrò esitare. Poi mi guardò con quell’espressione che sembrava significare “sei proprio un porco!” e poi sorrise e si girò, mettendosi a pecorina.
“Dai!” mi incitò.
Io mi posizionai. Mi menai il cazzo per risvegliarlo. Ma la disponibilità della ragazza nell’accogliermi in quel modo fu determinante per riacquistare la giusta eccitazione. Appena fu un minimo duro glielo appoggiai sul buco. Ma prima mi sputai sulla mano e cercai di lubrificarla un po’ con le dita. L’entrare in quel morbido buchetto con le falangi mi diede l’ultima carica di eccitazione. Ero pronto per incularla. Lo puntai sul buco e applicai una leggera pressione. Ma lei strinse le chiappe.
“No. Fermo. Sei troppo grosso.” mi disse. Io subito ci rimasi male.
Valentina girò la testa per guardarmi. Aveva una espressione maliziosa.
“Dai scopami di nuovo in fica.” mi disse allungando la mano dietro e spostando il mio cazzo in basso.
Ok, mi aveva fregato. Mi aveva fatto credere di essere pronta a darmi il culo solo per eccitarmi, ma sapeva già che si sarebbe fatta scopare di nuovo in figa. E sapeva benissimo che io comunque non mi sarei tirato indietro. Forse sapeva anche che in questo modo l’avrei scopata con un po’ di rabbia, con l’intento di fargliela pagare, e probabilmente era quello che voleva a giudicare da come sembrò godere delle mie spinte furiose da dietro.
La lasciai dopo averla schizzata su tutta la schiena. Non disse niente mentre io me ne andavo.
Feci una sosta in bagno, per ripulirmi ben bene prima di tornare dalla mia ragazza Silvia. Entrai in stanza e lei sembrava già dormire. Mi stesi nel letto e cercai di rilassarmi per prendere sonno, cercando di placare l’adrenalina data da quella insolita situazione. Ma capii subito che Silvia non stava dormendo. Rotolò su se stessa arrivando ad appoggiare il suo corpo sul mio. Con la mano andò subito a cercare il mio cazzo, che era moscio.
“Ce n’è anche per me?” mi chiese con voce roca.
Capii che voleva ribadire il suo possesso su di me. Che quell’episodio era stato appunto solo un episodio e che io dovevo scopare solo con lei. Solo che questo mi innervosì non poco. Ero consapevole che dovevo mostrare il massimo del desiderio per lei. Non dovevo farla sentire inferiore all’amica. Non dovevo fallire e…
Quando un uomo comincia a pensare che non deve essere tradito dal suo cazzo è proprio il momento in cui il suo cazzo inizia tradirlo. Non dava segni di vita il bastardo.
“Beh?” domandò Silvia spazientita sbattendomi il cazzo morbido contro la mia pancia.
“Eh, aspetta… dammi tempo.” provai a giustificarmi io.
“Stronzo.” mi disse lei e si girò offesa.
Provai ad abbracciarla ma lei mi spinse via.
Per fortuna quella era l’ultima sera della vacanza. Il giorno dopo ripartimmo. Nessuno accennò a quello che era successo la sera prima e Silvia, seppur ancora visibilmente incazzata con me lo dissimulò a causa della presenza dell’amica.
Qualche giorno dopo, a casa nostra, facemmo pace con una gran bella scopata. E la mia promessa di eterna fedeltà.
Convinzione
Un giorno passavo per una strada e vidi che una donna seduta al tavolino di un bar mi stava facendo ampi cenni di saluto. Era Valentina. Mi avvicinai. Scambiammo quattro chiacchere. Erano passate alcune settimane dalla vacanza. Già ci eravamo incontrati altre volte, con Silvia presente, e quello che era successo tra noi quella sera lo consideravo ormai dimenticato. E irripetibile, sia perché Silvia non me lo avrebbe concesso di nuovo e sia perché, credevo, Valentina non aveva intenzione di rifarlo con un amico e col fidanzato della sua migliore amica.
“Senti, posso chiederti un favore?” mi domandò quando stavo per salutarla.
“Certo.”
“Mi hanno consegnato dei mobili da montare. Ho la casa piena di scatoloni pesanti. Avrei bisogno di un paio di braccia forti per aiutarmi a spostarle da dove me le hanno lasciate.”
Inorgoglito dal fatto che tenesse in considerazione il fisico che mi ero costruito in palestra le sorrisi.
“Ok, quando?”
“Subito. Abito qua dietro.”
“Ah già. Però se vuoi anche montarli io non ho tempo per…”
“No, no. Solo spostarli da dove sono.”
“Ok, allora andiamo.”
Lei mi sorrise e poi chiamò il cameriere per pagare il caffè che aveva preso. Col senno di poi dal modo in cui mi aveva sorriso avrei dovuto capire. Ma non sono mai stato molto rapido nel cogliere questi segnali.
Salimmo da lei. Mi fece vedere gli scatoloni e mi indicò dove andavano spostati. Io iniziai a rimboccarmi le maniche della camicia, pronto a compiere lo sforzo necessario. Non mi feci troppe domande sul fatto che se fosse stato per me li avrei lasciati dov’erano perché non mi sembravano in una posizione che desse fastidio.
“Aspetta, vado a prenderti un carrellino che secondo me ti può aiutare nello spostarli.”
Provai a soppesarne qualcuno per capire quanto fossero pesanti. La maggior parte credevo di poterli spostare da solo senza aiuti, ma decisi di aspettare per vedere cosa mi stesso portando Valentina. Che dopo poco comparve sulla porta.
Era nuda. Completamente. Nuda e sorridente.
“Ma…” rimasi a bocca aperta.
“Gli scatoloni vanno bene dove sono. Vorrei che montassi me, invece.” mi disse con una battuta che forse si era preparata mentre si stava spogliando.
“Ma, veramente… non dovremmo…” provai a rifiutarmi. Nella mia testa era comparsa l’immagine di Silvia. Di Silvia incazzata.
“Non lo saprà nessuno.” disse lei mentre mi veniva incontro.
“No, aspetta.” misi le mani avanti per fermarla. Fisicamente la sovrastavo, lei così magrolina e io così muscoloso. Avrei potuto bloccarla e impedirle qualunque cosa. Ma non era lei contro cui dovevo lottare. Era contro il mio istinto maschile, contro il mio cazzo che già spingeva per farsi largo nei miei pantaloni.
“No, ferma.” le dissi con poca convinzione mentre lei, giunta davanti a me, si era inginocchiata ed aveva iniziato ad armeggiare con la mia cintura per abbassarmi pantaloni e mutande.
“L’altra volta non l’ho neanche preso in bocca. Io adoro fare i pompini. Non te l’ha detto Silvia?”
“Perché cazzo avrebbe dovuto dirmelo?” le risposi contrariato del fatto che avesse nominato la mia ragazza, ma probabilmente lei lo aveva fatto apposta per provocarmi.
Valentina ovviamente non mi rispose. Sia perché non era una vera domanda, sia perché la sua bocca fu subito impegnata ad ingoiare il mio cazzo. Adorava fare i pompini. Era evidente. Era fantastica infatti.
“Fermati, non farlo.” le dissi con pochissima convinzione. Lei non si fermò.
Ad un certo punto appoggiai le mani sulla sua testa. Quello era il segnale. La mia resa. Significava che accettavo pienamente il pompino. Mi sembrò di vederla sorridere con il mio cazzo in bocca. Si lasciò dare il ritmo per un po’. Ben contenta che la guidassi. Poi riprese a succhiarmelo come piaceva a lei. E a giocare con le mie palle con le sue dita.
La avvisai quando stavo per venire. Non sapevo cosa volesse fare. Non si spostò. Si lasciò venire in bocca. Si bevve tutta la mia sborra. Erano anni che Silvia non lo faceva con me.
Si rialzò. Con un dito raccolse una goccia di sperma che le colava da un labbro e la riportò in bocca. Poi mi sorrise maliziosa. Mi guardò. Io ero lì, ansimante, con i pantaloni alle caviglie.
“Appena ti sei ripreso vieni di là. Ho voglia di essere sbattuta per bene.”
Uscì dalla stanza. Le guardai il culetto.
Era una prova. Potevo andarmene. Potevo limitare quell’incontro ad un pompino quasi subìto contro la mia volonta. Ero stato sopreso e non mi ero saputo rifiutare. Ma ora avevo tutto il tempo di andarmene. Di non cadere in tentazione. Se il pompino poteva essere stata colpa sua, un mio tradimento non desiderato, se fossi andato nella sua camera diventavo completamente complice. E colpevole.
“Non deve ricapitare.” provai a convincerla e a convincere me stesso mentre mi rivestivo dopo averla abbondantemente scopata e riempita.
“Perché no?”
“Perché io ho una ragazza e tu hai una amica…”
“Va bene.” disse Valentina facendo un broncio fin troppo evidente.
La salutai e uscii dalla stanza. Mi sentivo in colpa e nello stesso tempo euforico per il bel sesso appena compiuto.
“Aspetta.” sentii lei che mi chiamava. Mi affacciai oltre lo stipite della sua porta. Si era posizionata a quattro zampe sul letto. Agitava il culo. “Se lo rifacciamo può darsi che prima o poi io ti conceda il culetto.”
“Stronza.” le imprecai contro mentre me ne andavo. Chiusi la porta del suo appartamento, consapevole che sarei tornato.
Copertura
Da qualche settimana andavo spesso a correre al parco in compagnia di Emanuela, che era l’altra grande amica di Silvia. Non erano tanti anni che la mia ragazza frequentava sia Emanuela e Valentina (che in realtà erano amiche fra loro già da prima) ma si erano legate molto fra loro. Emanuela era un po’ più grande di noi. Era più vicina ai quaranta che ai trenta ed era sposata. Sapendo quanto io fossi sportivo mi aveva chiesto di aiutarla a rimettersi in forma e quindi avevamo iniziato a trovarci per correre.
“Non ce la fai?” le chiesi quando mi accorsi che si era fermata e ansimava appoggiata alle proprie ginocchia.
“No. Devo fermarmi un attimo.” mi rispose.
Ci riposammo un po’. Bevemmo un po’ d’acqua. Poi Emanuela sembrava pronta per ripartire, ma indicò un punto della siepe.
“Ci sei mai stato lì dietro?” mi chiese.
“No.” risposi io come se fosse ovvio. Non sapevo cosa intendesse. C’era quello che sembrava un varco nella siepe ma non pensavo che portasse da qualche parte.
“Seguimi.” mi intimò. Io lo feci incuriosito e ne approfittai anche per guardarle il bel culo largo contenuto nei leggings aderenti. Non avevo mai capito se sotto ai leggings mettesse qualcosa. Non avevo mai visto segno di biancheria.
Mi ritrovai dietro la siepe, tra la siepe ed un muro che delimitava il parco. Non mi sembrava un posto interessante. Non mi sembrava neanche un posto a dire il vero, solo un anfratto sporco.
Emanuela si girò improvvisamente e mi guardò negli occhi con aria cospiratrice.
“So tutto.” sibilò.
“Cosa?” chiesi io allarmato.
“Di te e Valentina.”
“Cosa? Come fai a saperlo?”
“Siamo amiche. Me l’ha detto. Mi ha detto tutto. Tutti i particolari.” dicendo quest’ultima frase abbassò lo sguardo verso il mio pacco.
“…” non sapevo che dire, pensai di negare ma non aveva senso farlo.
“Tranquillo. Non dirò niente a Silvia.”
“Ok. E allora cosa vuoi?”
“A meno che…”
“A meno che cosa?” chiesi spazientito e spaventato.
“Voglio scopare anche io con te.”
“Cosa? Sei pazza? Quindi io per coprire la mia infedeltà dovrei essere ancora più infedele? Ma che cosa c’avete tutte? Tu sei pure sposata. Saresti infedele anche tu.”
“Oh, non ti preoccupare di mio marito. Se fosse interessato alla mia fedeltà probabilmente si degnerebbe di scoparmi come si deve.”
“Ma perché proprio io? Silvia è anche una tua amica.”
“Perché proprio tu? Primo perché conosco un tuo segreto e quindi ti controllo. Secondo perché so che non vorrai niente più che del sesso. E terzo perché da quel poco che ci racconta Silvia di te e da quel tanto che mi ha raccontato Valentina di te so che sarà del gran buon sesso. Grande soprattutto.” mi fissò di nuovo il pacco, prima di scoppiare a ridere.
“E ciò che voglio io non importa?”
“Ciò che vuoi tu?” si mise a ridere. “Lo so bene cosa vuoi tu.”
Dicendo quello Emanuela si girò, piegò in avanti la schiena e infilando le dita sotto l’elastico dei leggings se li abbassò scoprendo il culo nudo. Non portava biancheria intima, dunque.
“Io te lo posso dare.” aggiunse facendo un cenno con la testa in direzione del suo culo.
Il culo di Emanuela mi aveva sempre attratto. Era abbondante, come piaceva a me.
“E quando vorresti…?” domandai io, che già avevo ceduto senza neppure provare una minima resistenza.
“Che aspetti?” mi disse ondeggiando il culo e aprendoselo con le mani.
Non so se quel posto dietro la siepe fosse un ritrovo abituale di amanti clandestini o forse più probabilmente di drogati. So che fu il primo luogo in cui Emanuela si fece riempire il culo da me. E sapevo che non sarebbe stato l’ultimo.
Collaborazione
Silvia odiava la sua capa Susanna. A suo dire era sadica e dispotica. Ma era quella che avrebbe potuto decidere la sua carriera. Susanna stava per essere promossa ad un ruolo dirigenziale più importante all’interno dell’azienda in cui lavorava la mia ragazza. E avrebbe dovuto indicare tra le sue sottoposte chi poteva prendere il suo posto. Silvia ci sperava, anzi Silvia era probabilmente la candidata naturale, ma tutto era nelle mani di Susanna. Quindi la mia ragazza, pur odiando la sua capa, doveva sempre fare buon viso a cattivo gioco e trattarla con cordialità e rispetto, lasciando trattare invece con arroganza.
“Non mi presenti il tuo bell’accompagnatore, Silvia?” Susanna irruppe in mezzo a noi mentre stavamo prendendo da mangiare al buffet di un evento organizzato dalla azienda in cui lavoravano.
“Ah, ciao. Sì, lui è il mio ragazzo. Lei è la mia capa.” Silvia fece le presentazioni fra noi.
Susanna era una donna di più di cinquant’anni. Altezzosa ed elegante. Abbronzata e in forma. Aveva un modo di fare mellifluo e invadente. Mi fece alcuni complimenti per il mio aspetto ed il mio fisico, anzi più che altri li fece a Silvia per dirle che aveva un bel fidanzato. Nel farli appoggiò la sua mano sul mio avambraccio. Sembrava un tocco innocente, ma il modo in cui si soffermò, il modo in cui mi accarezzò e il mio modo in cui, ridendo, si aggrappò e fece aderire i nostri corpi avrebbe potuto essere frainteso. Io pensai che lei fosse una che faceva sempre così con tutti.
“Dai, non sembra così tremenda, mi sembra abbastanza simpatica.” osai dire dopo che ci lasciò proseguire nel nostro aperitivo.
“Lei fa così. Sembra sempre gentile e carina. Ma poi ti stronca. È una sadica bastarda. Ma devo tenermela buona.”
“Ancora per poco, no? Poi non sarà più la tua diretta superiore.”
“Infatti. E tu sei stato bravo, le hai fatto una buona impressione. Chissà che questo non serva a farmi guadagnare punti.”
Pochi giorni dopo quella serata Silvia mi chiamò mentre era in ufficio. Aveva bisogno di un favore. Dovevo portarle dei documenti che aveva lasciato a casa. Anzi, si corresse subito, sarebbe stato meglio se potevo portarli direttamente alla sua capa Susanna, che era a casa. Mi spiegò dove abitava. Io, un po’ scocciato, acconsentii di farle quel favore e mi misi a cercare i fogli di cui mi aveva parlato in mezzo al casino che lei teneva nella stanza che usava come ufficio casalingo. Mi misi poi in auto e impostai la destinazione di casa di Susanna, appena fuori città. Durante il viaggio ricevetti la telefonata di un numero sconosciuto. Risposi.
“Ciao. Sono Susanna, ho saputo da Silvia che sei così carino da aiutarci e mi stai portando i documenti. Le ho chiesto il tuo numero per avvisarti di una cosa.”
“Sì, non è niente, oggi non ero di turno.”
“Sei gentile, comunque. Ti chiamavo per dirti che quando arrivi devi farmi uno squillo, perché mi sono messa a lavorare nel giardino, quindi forse non sento il campanello.”
“Ok. Fra cinque minuti sono lì.”
“Perfetto.”
Arrivai, la chiamai come mi aveva suggerito e lei venne ad aprirmi. Era vestita in modo molto più sportivo rispetto alla sera in cui l’avevo conosciuta. Shorts e canottiera mostravano un discreto fisico. Dimostrava meno anni di quelli che aveva. Fu molto accogliente. Insistette per offrirmi qualcosa da bere per ringraziarmi e ne approfittò per fare due chiacchiere. Mi accorsi che mentre parlavamo mi guardava in modo strano. Sembrava studiarmi. E sembrava avere atteggiamenti leggermente seduttivi. Ma, pensai, probabilmente era il suo modo di fare.
Conseguenze
“Non credi fosse il caso di consultarmi prima?” domandai a Silvia un po’ scocciato.
“Senti, sono le ultime carte che mi posso giocare per essere nominata da lei. Devo fare il possibile. Non pensavo fosse un problema per te. Ti piace fare questi lavoretti ogni tanto.”
“Sì, ma cosa ti costava chiedermelo prima?”
“Ero sicura che non fosse un problema.”
La mia ragazza aveva promesso alla sua capa la mia disponibilità, probabilmente gratuita, non era stato specificato, per compiere alcune sistemazioni in casa. Io me la cavavo un po’ con tutto, che fosse idraulica o per l’impianto elettrico.
“Mi raccomando, sii gentile, risolvile tutti i problemi, fai tutto quello che ti chiede.” si premurò di dirmi.
“Visto come me ne hai parlato, di una sadica narcisista, non è molto rassicurante quello che mi stai chiedendo.”
“Ok, potrà essere intrattabile, sicuramente ti darà degli ordini e vorrà le cose fatte come le vuole lei, ma durerà poco. Te la caverai in fretta. Basta che non la fai incazzare e il più è fatto.”
Guardai Silvia con l’aria di chi non è molto soddisfatto della situazione in cui è finito.
“Dai, ti prego. Fai questo sforzo per me… poi saprò come ricompensarti…” aggiunse con aria ammiccante. Bastò questa prospettiva per convincermi.
Mi chinai verso di lei per sussurrarle nell’orecchio due parole:
“…il culo?”
Lei mi guardò come se fosse scandalizzata e contrariata. Ma annuì e non riuscì a nascondere un sorrisetto.
“Quello e altro se ottengo il posto.”
Incurante di quanto fosse facile manipolarmi da parte di qualsiasi femmina che mi piacesse un minimo e mi promettesse favori sessuali mi recai a casa di Susanna, armato di cassetta degli attrezzi. Lei mi accolse con ospitalità. Mi offrì da bere e intavolò una conversazione di cortesia. Mi sembrava una persona piacevole. Evidentemente sul lavoro si trasformava.
“Allora, cosa hai bisogno che faccia? Che lavori sono necessari?” intervenni ad un certo punto per riportarci al motivo per cui ero lì.
Lei mi guardò. Diede un sorso al bicchiere e poi sorrise.
“Non ti ho chiamato qui per fare dei lavori.” la guardai interdetto. “Ha già fatto tutto mio marito. Figuriamoci, è l’unica cosa in cui è bravo, qui in casa…”
“Ma quindi…?”
“Non hai ancora capito perché sei qua?”
“No…” risposi io, in parte sincero e in parte incredulo di fronte all’unica ipotesi che mi veniva in mente.
“Devi sapere che alle cene fra colleghi la tua fidanzata non ci va leggera con il bere. E poi racconta. Una volta si è messa a parlare con me. E mi ha detto qualcosa di te.”
“Ma… io…” non sapevo cosa dire.
“Quindi tu oggi farai tutto quello che ti chiedo di fare. Non ne farai mai parola con nessuno. E io in cambio promuovo Silvia al mio posto.”
“E se…” abbozzai.
Il sospetto era ormai realtà: voleva fare sesso con me. Chissà cosa le aveva raccontato Silvia tra i fumi dell’alcool. Io non è che aborrissi quella prospettiva, Susanna era una bella donna di classe. Era molto eccitante l’idea di scoparci insieme. Se non fosse per un piccolo timore che avevo: chissà che intenzioni aveva. E se fosse stata autoritaria e sadica come era in ufficio con i suoi sottoposti? Se avessi dovuto essere un suo sottoposto nel sesso? Ero pronto ad una cosa del genere? Mi sarebbe piaciuto?
“Se ti rifiuti è molto semplice.” continuò lei la mia frase. “Silvia non avrà quel posto.”
“È un ricatto?”
“Sarebbe un ricatto, se non ti chiedessi in cambio una cosa che ti piacerà talmente tanto che vorrai continuare a farla anche dopo che la tua fidanzata avrà avuto quello che tanto desidera.”
“Non ne sarei così sicuro…”
Susanna mi guardò con aria diabolica. Allungò una mano fino alla borsa che c’era appoggiata sul tavolo e ne tirò fuori un paio di manette che poi lasciò dondolare davanti ai miei occhi sgranati. Poi scoppiò in una risata fragorosa.
“Ci stai?” mi chiese.
Non risposi, ma la seguii in camera. Trainato dal mio cazzo che, come al solito, se ne fregava e reagiva per i fatti suoi senza pensare alle conseguenze.
Contrappasso
“L’ho capito, sai, come pensavi che io fossi. Ho visto il timore nei tuoi occhi quando ho tirato fuori le manette.” mi disse Susanna mentre era stesa sul letto al mio fianco e appoggiata con la testa al mio petto nudo.
“Cioè?” domandai io.
“Credevi fossi una mistress, una dominatrice. Hai fatto due più due. Hai pensato: ‘questa sul lavoro è una stronza che sottomette tutti e quindi vorrà sottomettere anche me’. Non è vero? Non hai pensato questo?”
“Beh… un po’.” ammisi.
“Ahaha” rise. “Però devo darti atto che nonostante questo hai accettato. Cosa eri pronto a subire?”
“Non lo so…”
“Bugiardo. Sono sicura che ti eri immaginato un sacco di cose. E alcune forse non ti dispiacevano neanche.”
“Beh…”
“Però mi spiace. Tanto sono dominante sul lavoro e tanto sono sottomessa a letto. Non so se sia un contrappasso. Ma proprio non riesco ad essere diversa. Né sul lavoro, né nel sesso. E infatti non riesco più a scopare con mio marito. Lui non riesce ad essere dominante come vorrei. Per questo cerco sempre altri uomini, più giovani soprattutto, come te, da cui farmi scopare.”
“E come sapevi che io ne sarei stato capace.”
“Non lo sapevo. Era una scommessa. Sapevo solo, da Silvia, che avevi un gran bel cazzo e che lo sapevi usare. E io avevo proprio bisogno di un cazzo così.”
Mi diede fastidio che nominò la mia ragazza. In fondo l’avevo tradita per l’ennesima volta, anche se in fin dei conti lo avevo fatto anche per lei.
“Dunque le darai il tuo posto?” domandai.
“Te l’ho promesso. Lo manterrò. Ma fammi anche tu una promessa.”
“Quale?”
“Che tornerai a scoparmi come oggi.”
La guardai e ripercorsi mentalmente il lungo rapporto che avevamo da poco concluso. Appena entrati in camera Susanna si era trasformata, da donna autoritaria era diventata arrendevole. Aveva voluto essere spogliata con rabbia. Mi aveva chiesto di sculacciarla. Poi di metterle le manette e di bendarla. Aveva assunto una posizione di totale sottomissione con il viso a terra e il culo verso l’alto. E a quel punto mi avevo chiesto, anzi implorato, di sodomizzarla. Io l’avrei fatto ben volentieri e le chiesi se aveva del lubrificante, ma lei mi ordinò (non aveva perso l’abitudine di dare ordini neanche in quella posizione) di incularla così, a freddo, senza prepararla. Voleva essere scopata con forza, voleva sentirsi sopraffatta, voleva essere umiliata, voleva perdere il controllo.
La capa della mia ragazza urla quando ha un orgasmo. Urla forte e bestemmia. Perde tutto il suo modo di fare di donna di classe. Diventa la peggiore delle puttane. Mi divertiva tutto questo e in fondo mi dispiaceva che non avrei potuto raccontarlo a Silvia.
Contentezza
Dopo un brindisi, uno dei tanti di quella serata, andai in bagno per svuotarmi. Era la festa di Silvia, insieme a tutti gli amici e amiche, per il suo compleanno e per il suo nuovo lavoro che aveva da qualche mese.
Uscii dal bagno e quasi mi scontrai con una. Era Katia, un’amica di Silvia.
“Allora come va?” mi chiese dopo che ci fummo ricomposti dalla sorpresa.
“Come va cosa?” chiesi io, non del tutto lucido.
“Come va con Silvia? Come va col suo nuovo lavoro?”
“Eh…” esclamai io, non sapendo da dove iniziare.
“Lavora troppo adesso, vero?” chiese Katia che sembrava sapere già la risposta che volevo darle.
“Eh sì. È molto impegnata.”
“Sempre fuori, vero? Sempre stanca quando torna.”
“Sì.”
“Non mi sembri molto contento.”
“No, no, sono felice… per lei. Era quello che voleva.”
“E tu invece cosa volevi?”
“Io… i miei desideri forse sono più basici… più semplici.”
“Non scopate più?” mi chiese Katia in modo diretto.
Io la guardai sorpreso dalla schiettezza. Io e Katia non ci conoscevamo bene, lei era amica soprattutto di Silvia. Scossi leggermente la testa, rispondendo quasi involontariamente.
“Vieni con me.” mi disse prendendomi per mano e riportandomi dentro al bagno del locale dove era stata organizzata la festa.
Katia aveva due caratteristiche fisiche che la rendevano per lo meno intrigante per qualsiasi persona di sesso maschile. Due labbra molto pronunciate e due tette molto abbondanti. Io avevo avuto pensieri sessuali su quasi tutte le amiche di Silvia e su di lei ovviamente avevo immaginato principalmente due cose: mi ero chiesto come facesse i pompini, con quelle labbra, e come facesse la spagnola, con quel seno.
Scoprii entrambe le cose in quel bagno quella sera. Mi scaldò stringendo il mio cazzo tra le tette e poi mi fece concludere nel caldo morbido della sua bocca.
Non volle nulla in cambio. Nel senso che mi offrii di farla godere anche io, con lingua o dita, come preferiva, ma mi disse che era soddisfatta così. Disse che succhiare un bel cazzo era la cosa che preferiva e il mio lo era veramente.
“Aveva ragione Emanuela.” mormorò mentre si ricomponeva.
“Come? Ti ha parlato di me?”
“Sì. Del tuo cazzo soprattutto.”
“Ma voi donne un segreto che sia uno ve lo sapete tenere?” commentai tra il disperato e il divertito.
Katia mi sorrise e uscì dal bagno. Ne avevo un’altra. Altre corna compiute. Altro rischio. Altro divertimento.
Comprensione
“Non vuoi?” domandai staccandomi da lei.
“No, scusami, sono stanca.” disse Silvia girandosi nel letto e dandomi la schiena.
“Ok.” commentai rassegnato.
“Tanto non è un problema per te, no?”
“In che senso?”
“Se anche non scopiamo. Non sarà una tragedia per te.”
“Beh… una tragedia forse no, però… cioè, io vorrei farlo.”
“E lo fai, infatti. O no?”
Questa frase mi colpì per la tranquillità e freddezza con cui l’aveva detta. Sembrava una allusione al fatto che lei sapesse dei miei tradimenti ma allo stesso tempo sembrava fosse per lei una cosa naturale, indifferente.
“Cosa vuoi dire?” chiesi timoroso.
“Lo so. So tutto. Credi che non l’abbia sempre saputo?”
“Saputo… cosa?” procedevo con cautela.
“Valentina. Emanuela. Susanna. Katia. Chi altra?”
“Mah… io… cioè…”
Come faceva a sapere tutto? E cosa dovevo dire? Ammettere e confessare o negare fino alla fine?
“Hai qualcosa da dire oltre che balbettare?” mi domandò con tono di scherno.
“Io… no.”
“Ok. Buonanotte.”
E mi lasciò lì così. Non aveva fatto una scenata. Non aveva detto niente. Sapeva che l’avevo tradita, che continuavo a farlo. Che l’avevo fatto con le sue amiche e la sua capa. Probabilmente sapeva anche che era stato anche merito mio se aveva ottenuto il lavoro. Forse per questo mi aveva perdonato? Oppure cosa? Non capivo il suo comportamento e in quel momento non capivo neanche che cosa provavo. Mi sentivo in colpa, come sempre. Ma forse mi sentivo anche svuotato. Cosa avrei fatto la prossima volta che una di loro mi avesse cercato per scopare? Continuare anche se scoperto? E sarebbe stato uguale o avrei perso quel sottile piacere che c’è nel compiere un tradimento.
Ero attorniato da donne che facevo fatica a comprendere. Io uomo dai sentimenti così semplici. Uomo a cui era sufficiente far drizzare il cazzo per poterlo controllare. O anche non facendomelo drizzare, come stava facendo Silvia.
Valentina voleva un uomo ma non faceva nulla per trovarselo. E ripiegava su di me.
Emanuela l’uomo ce l’aveva ma a lui lei non interessava più. E pretendeva che io lo sostituissi.
Anche Susanna aveva un marito ma non era in grado di soddisfarla. E mi obbligava a sottometterla.
Katia era forse la più simile a me. Non si faceva tante pare mentali. Le piaceva fare una cosa e la faceva: mi succhiava il cazzo.
Poi c’era Silvia, quella che conoscevo meglio e quella che meno comprendevo.