
“Con una semplice immagine non è facile, serve una storia. Con la narrazione cambia tutto. È questa la chiave. L’erotismo è l’elaborazione culturale del sesso, mentre la pornografia è esposizione del sesso, anzi ormai l’esposizione di performance.”
– Milo Manara
LE VENERI DI MILO
1
Stavo perdendo tempo senza costrutto su un social quando la mia attenzione fu catturata da una immagine. Era un disegno di Milo Manara, uno dei miei disegnatori erotici preferiti. Disegno che però non mi era mai capitato di vedere prima di allora. Raffigurava una delle sue donnine, con le classiche gambe lunghe e affusolate, vista da dietro. Il viso si vedeva quasi di profilo, dato che lei sembrava girarsi per cercare lo sguardo di un osservatore. L’espressione era ritratta con la bocca leggermente aperta, allusiva e quasi di godimento. I capelli mossi e biondi, come molte delle protagoniste dei suoi fumetti, cadevano sulla schiena la cui parte alta era nuda. La ragazza infatti indossava quello che sembrava un vestito da sposa, bianco e con una gonna vaporosa di pizzo e un corpetto. Anche le scarpe erano bianche, col tacco e con dei laccetti attorno alla caviglia. L’ambientazione del disegno era Venezia, una delle città erotiche per eccellenza, anche grazie proprio ai lavori di artisti e disegnatori. Si intravedeva una gondola, su un canale. La ragazza era appoggiata ad un muretto che faceva da parapetto sul canale. E la caratteristica principale del disegno, quella che lo rendeva erotico al massimo, era che la gonna era tirata su fino a scoprire tutte le gambe e anche il culo. Culo ovviamente nudo, la ragazza non indossava biancheria intima, come molte delle donne di Manara. Si scorge il disegno della figa e fa capolino anche il buchetto del culo, nascosto tra le chiappe perfette disegnate dal Maestro.
Insomma era un disegno che mi piaceva molto, non solo per la qualità e la perfezione del tratto ma anche perché andava a stimolare quelle che erano da sempre tra le mie principali fantasie erotiche. La donna esibizionista, che si mostra in luoghi pubblici come non dovrebbe. La donna vogliosa, a cui piace ed eccita il mostrarsi e il provocare. Poi il tocco del vestito da sposa, in bianco virginale, che la rendeva ancora più trasgressiva. A chi si stava mostrando? Non certo solo al suo legittimo marito, o per lo meno accettava il rischio di farsi vedere da altri e questo l’avvicinava al desiderare l’adulterio mentre indossava il vestito che più l’avrebbe dovuta allontanare da questi pensieri. E infine tutto ciò ambientato a Venezia, una città che ha sempre stimolato le mie voglie, la città in cui conobbi la mia attuale moglie e che per ragioni lavorative abbiamo poi abbandonato, ma a cui ancora collego ancora le sensazioni dei primi amplessi con lei.
Nella mia testa alla ragazza disegnata da Manara si sostituì ben presto la figura di mia moglie. D’altronde l’avevo sempre considerata di aspetto perfetto per farne da musa. Mia moglie era una perfetta “donnina di Manara”, soprattutto da più giovane. L’idea di lei in quella situazione mi eccitò e il mio cazzo reclamò attenzioni. Dovevo segarlo in fretta, altrimenti avrebbe fatto tutto da solo. Gli sarebbe bastato lo stimolo mentale che si amplificava nel mio cervello. Lei, messa così, in mostra per me… anzi no… in mostra per qualcun altro… in mostra per tutti…
Sborrai.
2
“Ti piace questo disegno?” glielo mostrai.
“Beh, sì. È di Manara?”
“Sì. Cosa ne pensi?”
“Non so… è erotico, come sempre sono i suoi disegni.”
“E basta?”
“Sì, cos’altro dovrei pensarne?”
“Non so, l’ambientazione…”
“Beh, sì, Venezia. Bella come sempre.”
“Ma non ti eccita?”
“Addirittura eccitarmi? Solo un disegno? Magari se leggessi la storia completa.”
“Non credo faccia parte di una storia, è solo un disegno.”
“Ah, e quindi?”
“Non te la fai da sola la storia?”
“In che senso?”
“A me dopo averlo visto è venuta in mente tutta una storia, e mi sono eccitato.”
“Ah. E che storia?”
“Beh, visto che è Venezia… visto come è lei… ti ho immaginato al suo posto.”
“Io? Messa così?”
“Sì.”
“E ti eccita pensarmi al suo posto?”
“Moltissimo.”
“Ma potrebbe vedermi qualcuno.”
“Appunto.”
“Ti eccita quello?”
“Mi eccita… se eccitasse anche te. Mostrarti… o almeno accettare il rischio di farlo.”
Mia moglie venne più vicino a me e con una mano mi toccò la patta dei pantaloni.
“Wow. Sei veramente eccitato.”
“Sì.”
“E se ti dicessi…”
“Cosa?”
“No, niente…”
“Dai, cosa?”
“Meglio di no.”
“Dai, dimmelo. Sono troppo eccitato, non puoi lasciarmi così.”
“Se ti dicessi… che ci sono stata in quella posizione… con la gonna tirata su… senza mutandine…”
Mi sborrai nelle mutande. Mia moglie ridacchiò, accorgendosene.
“Stavi scherzando, vero?” le chiesi dopo essermi riassettato e quando lei ormai si era allontanata da me.
“Chissà…” fu la sua risposta evasiva.
3
“Dai, dimmi la verità.” le sussurrai nell’orecchio dopo che, quella sera, avevamo scopato con ritrovato vigore.
“Non è meglio la fantasia, della verità?” rispose lei, sibillina.
“Dipende. Alla verità può bastare poco per essere superiore alla fantasia.”
“Ma magari la verità può non piacere. Non tutte le fantasie sono belle anche da vere.”
“Cosa vuoi dire?”
“Che quello che ti piace come fantasia potrebbe non piacerti se fosse vero.”
“Ma hai visto quanto ero eccitato. E che reazione ho avuto quando ho pensato, anche solo per un attimo, che non mi stessi prendendo in giro.”
Mi guardò di sottecchi, non sembrava credermi. In quel momento però quella sua ritrosia, quei suoi dubbi mi fecero salire una convinzione: c’era qualcosa di vero, altrimenti non avrebbe fatto quei discorsi. E questo mi fece eccitare ancora di più.
“Guardalo.” le dissi sollevando le lenzuola e mostrandole il cazzo. “Abbiamo appena scopato eppure lui è durissimo ed è solo merito del fatto che sto pensando che tu mi stia nascondendo qualcosa. Che tu abbia fatto qualcosa di simile a quel disegno. Cioè il fatto che non sia solo una fantasia mi fa questo effetto. Ti tranquillizza questo? Abbastanza per dirmi tutta la verità?”
“Ok.”
“Quindi? Cosa hai fatto di simile a quel disegno? Quando? E con chi?”
Mi prese in mano il cazzo che era ipersensibile. Ebbi un sussulto. Rifletté alcuni minuti. I suoi occhi vagavano verso l’alto. Sembrava rievocare ricordi. Oppure forse stava inventando una storia. Come avrei potuto esserne sicuro?
“Ok, allora. Diciamo che sono stata appoggiata così ad un parapetto di un canale. Diciamo anche che avevo una gonna, non come quella del disegno, ovviamente.”
“Ok, e poi.” chiesi speranzoso e timoroso allo stesso tempo.
“E poi diciamo che sotto ero senza mutande.”
“Ok.” ebbi un sussulto e sentii uno stimolo che dalle palle saliva al cazzo. Sentii anche un vuoto allo stomaco.
“E diciamo che è capitato che la gonna salisse e che io sia rimasta così per un po’.”
“Non è vero…” commentai istintivamente. Non ci credevo. Volevo e non volevo crederci.
“Volevi la verità?”
“Sì. Lo è?”
“Se vuoi, lo è.”
“Non dipende da quello che voglio io. È successo o te lo stai inventando? E quando sarebbe successo? E con chi eri?”
“Se non ti fa stare male… sì, è successo… ero giovane… con un’ex…”
Sborrai. La frase era stata convincente. Sembrava sincera. Era incredibile però. Non me lo sarei aspettato. Non la pensavo in grado di fare una cosa del genere. E poi non capivo con chi potesse averlo fatto. Gli ex di cui mi aveva parlato non sembravano tipi da indurla a fare cose così trasgressive. Pian piano, mentre l’ondata dell’orgasmo scemava la convinzione opposta cominciò a farsi strada nella mia testa. Si era inventata tutto, solo per farmi piacere. Sì, doveva essere proprio così.
4
“Mi aspettavo un terzo grado.” mi disse mia moglie il giorno dopo. Era domenica mattina, avevamo fatto colazione. Lei era alla finestra che guardava fuori.
“Come?” domandai non capendo di cosa parlasse.
“Dopo quello che ti ho detto ieri, mi aspettavo domande. Vuol dire che non mi hai creduto.”
In effetti a mente fredda avevo stabilito che la sua fosse stata una fantasia detta per stare al gioco, per eccitarmi, per stuzzicarmi.
“Quindi non credi che io possa aver fatto una cosa del genere.” constatò, quasi delusa.
“Non è che non credo tu possa averla fatta, per quanto mi stupirebbe. È che ho pensato all’eventuale compare con il quale lo avresti fatto e non mi è sembrato credibile.”
“In che senso?”
“Nel senso che mi hai parlato dei tuoi ex. Dei tuoi due ex. E me li hai descritti sostanzialmente come degli sfigati. Non me li vedo a coinvolgerti e convincerti a fare un gioco erotico di esibizionismo di quel genere.”
Mi guardò con un sorrisetto sornione e una espressione pensierosa. Come se l’avessi colta in castagna.
“Non hai tutti i torti…” ammise e poi si girò a guardare di nuovo fuori dalla finestra. Si sporse un po’ in avanti, facendo salire la t-shirt che indossava e mostrando l’inizio dei glutei. Sotto era nuda, probabilmente, dopo il sesso fatto la sera prima, e la posizione ricordava un po’ quella del disegno. Stava ammettendo che fosse solo una fantasia e nello stesso tempo mi voleva suggerire che le piaceva mettersi in quella posizione e farsi ammirare?
“Infatti non fu con uno di loro.” mormorò poco dopo.
“Ma se hai detto con uno dei tuoi ex. Tu hai avuto due ex, prima di me.”
“Ho detto con un’ex, ma volevo dire con un’ex… amante.”
“Cosa vuol dire?” risposi forse più colpito da quella frase che dalle presunte confessioni della sera prima.
“Non sai cosa vuol dire amante?”
“Non fare la stronza. Tu non hai avuto un amante.”
“Tu cosa ne sai?”
“Non me lo hai mai detto.”
“Non l’ho mai detto neanche agli altri due, che erano cornuti a causa sua.”
“Tutti e due cornuti? E io?” feci di getto questa domanda, rendendomi conto della pericolosità di una eventuale risposta. Non credevo a quello che stava dicendo, pensavo fosse soltanto un voler rilanciare le fantasie della sera prima. Allo stesso tempo una parte del mio corpo stava avendo una reazione inaspettata. Il cazzo si stava indurendo.
“Tu no.” rispose rapidamente.
“E chi sarebbe stato questo presunto amante?” volevo smascherarla.
“Cosa cambia se ti dicessi un nome? Tanto non era una persona che hai conosciuto.”
“Allora non è vero.” insistetti speranzoso mentre il cazzo, però, si induriva del tutto. Perché mi eccitava così tanto l’ipotesi che non stesse mentendo? Forse perché apriva scenari in cui mia moglie da giovane era stata più trasgressiva di quel che pensavo potesse essere? Scenari in cui quei giochi erotici disegnati da Manara diventavano potenzialmente reali?
Non mi rispose. Si piegò in avanti per sporgersi dalla finestra. La t-shirt si sollevò del tutto scoprendo figa e culo come nel disegno. Voleva provocarmi e attirarmi. Mi alzai. Andai dietro di lei. Abbassai i boxer e le puntai il cazzo contro.
“E questo tuo presunto amante fece questo dopo averti messo in mostra contro quel parapetto di quella calle veneziana?” dissi mentre spingevo dentro di lei il cazzo.
“Allora ci credi?” mi disse lei girandosi e guardandomi con aria diabolica.
“No, ma mi piace immaginarlo.”
“Quello che stai immaginando è sicuramente molto diverso da quello che ti potrei raccontare.”
“Smettila.”
“Perché?” disse sorridendo e poi aprendo la bocca come nel disegno, sentendosi aprire dal mio cazzo.
Non risposi.
“Comunque non è capitato che mi prendesse così… ma in molti altri modi…”
Non era vero, lo sapevo. Ma lei lo faceva sembrare. E mi eccitava pensare che potesse esserlo. E se lo fosse stato? Bastava quel dubbio, quell’incertezza, e non resistevo più. L’orgasmo cresceva ed esplodeva in un attimo. Sborrai in lei.
“Durava di più.” disse lei ridacchiando di me e prendendomi in giro.
5
“Senti, ci ho pensato a lungo.” le dissi dopo qualche giorno. “Ho deciso che ci credo. Non a tutto, ma poi ti dico a cosa non credo. Però per crederci voglio sapere. Voglio qualche dettaglio in più.”
“Perché vuoi sapere?”
“Perché… è difficile da spiegare. Ma innanzitutto quello a cui non credo è che tu abbia smesso di avere l’amante quando ti sei messa con me. Magari che tu abbia chiuso con lui dopo un po’ potrei crederci, quando hai capito che tra noi era una cosa seria, ma se avevi tradito quelli di prima non capisco perché avresti dovuto smettere con me. Quindi credo tu me l’abbia detto per non farmi soffrire, ma che sia una bugia. Se hai avuto un amante avrai tradito anche me. Ok, lo accetto. È passato del tempo. Se hai tradito la mia fiducia lo hai fatto ancor prima di conquistartela veramente. Quindi se lo hai fatto ti perdono. Non è più un problema. Giuro. Sto più male a non saperlo veramente.”
“Sono contenta se dici così.”
“Ho bisogno di sapere tutta la verità, perché non faccio altro che immaginarmi cose e sto male a non sapere se sono vere o no. Ma la cosa folle è quando ci penso mi eccito.”
“In che senso?”
“Nel senso che penso a te con un altro, cioè penso a te che sei stata più trasgressiva di quel che pensavo fossi e questo mi eccita. Però ho bisogno di sapere se le mie fantasie sono state realtà o no.”
“Ma cosa ti farebbe stare meglio? Se la realtà fosse deludente rispetto alle fantasie o il contrario?”
Mi fermai a riflettere su quella domanda. Io sentivo il bisogno di sapere la verità, non mi ero chiesto quale speravo che fosse. Avevo accettato la cosa ma non sapevo se ero pronto ad accettare tutto. Ma anche se non ero pronto dovevo farlo.
“Non lo so. So che devo saperlo. Ma ti ripeto che ho già accettato e metabolizzato il tradimento. Non è quello. Devo sapere chi sei stata. Devo conoscere questa tua parte finora nascosta.”
“Beh, se vuoi posso dirti che sono sicura che quello che hai immaginato è molto lontano da quello che è successo.”
“Perché?” chiesi in parte allarmato. Cosa voleva dire? Come poteva sapere cosa avevo immaginato? Come poteva essere molto lontano? Forse era stato un amante platonico, in realtà non avevano mai fatto niente? Era l’unica spiegazione perché l’altro estremo sarebbe stato troppo incredibile da accettare. Non riuscivo neanche a pensare quale poteva essere l’altro estremo.
“Dimmi qualcosa che hai immaginato.”
“Io…” improvvisamente mi vergognai all’idea di raccontare le fantasie in cui lei era protagonista.
“Dai. Dopo prometto che ti racconto tutto, ma voglio sapere come mi hai immaginata. Come hai pensato che fossi. O come avresti voluto che fossi.”
“O… ok… beh, diciamo che la maggior parte delle fantasie iniziano dal disegno di Manara. Ti ho visualizzato così. Con lui dietro che ti ammirava.”
“E poi?” insistette e nel frattempo mi sfioro con le dita il cazzo duro sotto i pantaloni.
“Poi in quella posizione ho pensato a varie cose…”
“Tipo?”
“Tipo che lui non fosse l’unico spettatore… oppure che lui dopo averti guardato ti abbia preso così… davanti a tutti… cioè potenzialmente tutti, nel senso che immagino che vi fermavate se arrivava qualcuno… non mi risulta che tu sia stata arrestata per atti osceni in luogo pubblico.” sdrammatizzai con una battuta.
“Cosa ti eccita di più di tutto questo? Che mi abbia visto qualcuno? O che qualcuno ci abbia visto scopare? Oppure qualcosa che potrebbe avermi fatto fare l’amante? Qual è quella cosa che appena la pensi ti fa quasi sborrare?”
“No… non lo so… non c’è una cosa specifica…”
“Dai… sono sicura che c’è… come può eccitarti così tanto pensare alla tua fidanzata di allora che ti tradiva, altrimenti? Cosa ti fa eccitare così tanto non solo da accettarlo ma anche da fartelo piacere?”
“È il fatto che… il pensiero che tu sia stata… che tu possa essere… più porca di quello che sei stata… mi eccita questo, scoprire che tu abbia un potenziale che io devo ancora scoprire…”
“E quindi ad esempio cosa ti eccita pensare che abbia fatto?”
“Non so… qualcosa che con me non hai mai fatto…”
“Ad esempio? Descrivimi la scena.”
“Beh, già tu messa così, col culo esposto, alla vista di tutti… e poi, non so, lui che viene dietro di te e… ti scopa messa così…”
“Mi scopa come?”
“Non so… magari… nel… culo…”
“Se ora io ti dicessi che è successo tu sborreresti?”
“Cre… credo di sì…”
“Però ricordi quello che ti ho detto all’inizio?”
“Sì, che le mie fantasie sono lontane dalla realtà…”
“Infatti quello che hai immaginato non è successo…”
“Ah…” dissi inevitabilmente deluso.
“Ma credo che quando ti spiegherò il motivo per cui non è successo tu sborrerai comunque.”
“Forse… non riesco a seguirti…”
Mi abbassò i pantaloni e le mutande. Il cazzo era durissimo e pulsante. Bastava un niente.
“La scena che hai descritto non è successa, o per lo meno non come la immagini tu, per un semplice motivo. Il mio amante… era… una lei.”
Passò qualche secondo. Dovevo elaborare l’informazione. Penso che nel momento in cui riuscii a registrarla consciamente il mio cazzo aveva già iniziato a schizzare.
6
Non ci fu verso. Mia moglie non volle dirmi niente di più di quella sua amante, tanto che ricominciai a pensare che si fosse inventata tutto e non sapesse costruire una storia credibile per continuare la menzogna. Insistetti, ci litigai quasi, ma lei non mi raccontò nient’altro, con mio grande sconforto.
Ogni tanto riguardavo quel disegno di Manara e costruivo io la storia che avrei voluto sentire da lei. All’inizio facevo quasi fatica a immaginarmi una situazione lesbo. Mi veniva naturale immaginarla con un uomo, mi dovevo sforzare per pensarla con una donna, per di più una che l’avesse portata a fare una cosa da esibizionista come quella.
Dovetti cercare una sorta di “aiuto” per figurarmi mia moglie da giovane con un’altra ragazza. Lo trovai sempre in Milo Manara. Cercai ogni suo disegno che raffigurasse scene di rapporti saffici. Ne trovai diversi e nel momento in cui mi immaginavo che una delle donnine disegnate fosse lei, impazzivo di piacere. Come tanti uomini non avevo mai disdegnato i rapporti lesbici come fonte di eccitamento e l’idea che in passato la mia donna avesse potuto esserne protagonista mi sconvolgeva in senso positivo.
Ma tutto restava confinato alla mia fantasia e non sapevo se si avvicinava alla presunta realtà.
Passò qualche settimana e si avvicinò la data del nostro anniversario. Pensai, inizialmente senza nessun secondo fine, di regalarci una breve vacanza nella “nostra” città, Venezia. Mia moglie fu entusiasta dell’idea. Le piaceva sempre tornarci.
La storia della sua amante non mi era certo uscita dai pensieri e quando mancarono pochi giorni alla partenza per Venezia provai a ritornare sull’argomento.
“Per il nostro anniversario, nella nostra città, mi racconterai finalmente qualcosa di quella tua fantomatica amante o no?”
Mi guardò quasi rabbuiata e pensierosa.
“Forse sarebbe il momento peggiore, anzi il luogo peggiore per rievocare certe cose.”
“Perché?”
“Un ex alcolista non lo inviti in osteria per farti raccontare di quando beveva.”
La risposta mi spiazzò.
“Eri a quei livelli? Eri dipendente e temi di ricaderci? Cioè eri diventata lesbica e il tornare sul luogo del delitto ti farebbe tornare ad esserlo?”
“Non banalizzare tutto.” mi rispose acida.
“Non voglio banalizzare, ma se non mi dici niente e non mi fai capire io non so più cosa pensare.”
“Non pensare e hai risolto.” ancora più acida.
In quel momento pensai che il discorso si sarebbe chiuso lì. Lei non voleva dirmi niente e io forse non l’avevo affrontato con la delicatezza giusta, ma solo con quella di un maschio arrapato. Non avrei mai saputo nulla di quella storia, ma almeno, dalla reazione, dedussi che era successo veramente. Non mi bastava ma il pensiero avrebbe accompagnato qualche mia fantasia masturbatoria.
7
Fu durante la prima sera a Venezia, dopo cena durante la passeggiata tra calli e campielli per tornare verso l’hotel. Ci fermammo in uno dei tanti angoli romantici che offriva la città. Ci baciammo, ma mi accorsi che era pensierosa, quasi assente.
“Davvero vorresti sapere tutto?” mi chiese lei, senza bisogno di specificare a cosa si riferisse.
“Sì.” risposi in modo incerto ma più per essere stato colto di sorpresa che per vero dubbio.
“Io non riesco a raccontartelo.” disse con un tono che sembrava voler chiudere nuovamente il discorso che però lei aveva appena riaperto.
“…” non seppi cosa dire.
“Io… cioè è come se non riuscissi neanche a raccontarlo a me stessa… è come se l’avessi rimosso e dimenticato, fino a quando con quel dannato disegno me lo hai fatto tornare alla mente… e da allora… non so, ho qualcosa dentro… qualcosa che devo risolvere…”
“Non ti seguo… cosa vuoi dire?”
“Voglio dire che… non lo so bene neanche io… ma ho bisogno di risolvere qualcosa dentro di me… ho bisogno di farlo… e questo forse è il momento giusto… cioè è il luogo giusto…”
“Se vuoi parlarmene io ti ascolto.” dissi altruista ed egoista allo stesso tempo.
“Non ne devo parlare, cioè non con te… ho bisogno di un po’ di libertà…”
Cominciai a capire e mi venne un po’ di paura.
“Vorresti dire che… lei vive ancora qui… e vorresti incontrarla?”
“Sì.” ammise probabilmente grata che lo avessi detto io.
Sentii un vuoto allo stomaco. Non capivo cosa significasse quella cosa per lei. Mi voleva tradire di nuovo con lei, oppure era peggio e voleva mettere in discussione la sua sessualità sentendosi di nuovo attratta dal lato femminile? Un lato di me voleva fermare sul nascere la cosa, ma capii subito che sarebbe stato inutile, anzi forse solo dannoso. E poi c’era un’altra parte di me che si stava figurando i disegni lesbo e si stava eccitando.
“Ok.” mormorai.
“Davvero?” mi chiese lei sorpresa.
“Sì, però…” mi fermai, vergognandomi della richiesta che stavo per farle, guidata esclusivamente dalla mia parte arrapata.
“Però cosa?” chiese lei un po’ preoccupata.
“La faresti una cosa per me?”
“Quando?”
“Adesso.”
“E cosa?”
Gliela spiegai. Lei mi ascoltò senza avere reazioni particolari. Poi si guardò attorno, fece mente locale su dove fossimo.
“Vieni, seguimi.” mi disse poi prendendomi per mano, senza aggiungere altro.
Percorremmo una calle, poi ne prendemmo una laterale, che fiancheggiava un canale.
“Ecco, qui può andare bene.” disse ad un certo punto.
Io arretrai infilandomi sotto un arco, lei invece si avvicinò al canale, appoggiandosi al parapetto. Era illuminata di taglio dalla luce di un lampione. Iniziò a far salire la gonna lungo le cosce, sculettando mentre lo faceva. Si guardò attorno, per vedere se arrivasse qualcuno, ma era tardi e c’era pochissima gente in giro in quella zona fuori dai giri più turistici. Si scoprì il culo e subito dopo infilò i pollici nell’elastico delle mutande per abbassarsele. Finirono a terra, tese dalle caviglie che allargò mentre si chinava in avanti. Aveva il culo nudo completamente esposto e messo bene in vista dalla posizione con la schiena arcuata. La luce di taglio ne esaltava la rotondità e creava il buio nella zona più intima.
Io mi ero tirato fuori il cazzo e mi stavo segando. Dalla mia posizione non potevo vedere se qualcuno poteva vederla. Lei ogni tanto si guardava attorno o verso l’alto, nel caso ci fosse stato qualcuno ad una finestra. All’eccitazione di vederla così nuda ed esposta in un luogo pubblico si unì il desiderio che non fossi solo ad ammirare quello spettacolo.
Dopo qualche minuto di tensione per la situazione rischiosa mi decisi ad andare da lei. Volevo scoparla lì. Sarebbe stata sicuramente una cosa veloce per quanto ero eccitato.
Troppo eccitato. Lei vedendomi arrivare assunse una posizione ancora più oscena. Era disinvolta, non era sicuramente la prima volta che si trovava in quella situazione. Quella consapevolezza fu la goccia che fece traboccare il vaso, anzi fu la goccia che precedette il primo schizzo di sborra, diretto verso il suo culo nudo. Mi lasciai andare su di lei, continuando a sborrare ma senza accennare neanche ad un minimo di penetrazione.
8
Dopo una strana giornata da turisti in cui entrambi evitammo di parlare di quello che sarebbe successo e facemmo finta di niente come quelle coppie che sanno di tradirsi ma fanno buon viso a cattivo gioco, arrivò la sera e con la sera arrivò il momento in cui lei sarebbe uscita senza di me.
Aveva messaggiato tutto il giorno. Ad un certo punto si era anche allontanata per una telefonata. Aveva preso accordi. Poi in hotel si era preparata, si era resa bellissima come avrebbe dovuto fare per me, per la sera del nostro anniversario, ed era uscita prima di cena.
Io non avevo pianificato cosa fare ed agii di istinto. La seguii di nascosto. Fu facile per un tratto, mescolandomi tra i turisti e meno per quello finale, in zone meno frequentate, fino a quando la vidi entrare in un ristorante.
Restai lì per diversi minuti, sperando di vedere entrare un’altra donna sola, ma forse la sua amante era già dentro. Decisi quindi di allontanarmi per qualche minuto per trovare il bar più vicino, mangiare qualcosa e prepararmi ad una serata di pedinamenti.
Uscirono dopo un paio d’ore. L’altra era più alta di lei, circa come me, grazie anche ai tacchi che portava. Fisico asciutto, con meno curve di mia moglie. Aveva qualche anno in più. Mora a differenza di mia moglie bionda. Aveva sicuramente molto fascino, emanava una certa aura. Non so bene da cosa ma capii subito che tra loro non c’era un rapporto paritario. La donna aveva un modo di muoversi che esprimeva sicurezza, controllo.
Fui fortunato, ma avevo scommesso sulla puntata vincente. Mi ero messo in modo che non sarebbero venute verso di me se avessero scelto di andare verso la zona meno frequentata del sestiere in cui eravamo. E quella scelta prospettava forse quello che avevo sperato nel momento in cui avevo iniziato a pedinare mia moglie, ovvero che la serata tra loro non sarebbe finita lì e che forse non sarebbe neanche finita a casa di lei, almeno non subito.
Fu difficile seguirle. Dovevo stare a distanza perché non si accorgessero di me, ma ad ogni angolo e ad ogni svolta rischiavo di perderle. A volte dovetti tornare indietro e correre fino ad accorgermi che avevano preso l’altra strada.
Le vidi fare alcune soste. Le vidi baciarsi in modo appassionato. Un moto di gelosia eccitante mi colse in quei momenti. Si baciarono come si baciano un uomo e una donna e quella che faceva la donna era la mia.
Poi si fermarono in un bacaro a bere qualcosa sedute ad un tavolino fuori dal locale. Io restai ad osservarle da lontano nascosto dietro l’angolo delle case. Poco dopo che si furono sedute vidi mia moglie col telefono in mano e subito dopo il mio vibrò nella tasca.
“Va tutto bene, amore. Non ti preoccupare. Tutto bene, anche tra di noi. Ti amo. Resto fuori fino a tardi, però. Anzi forse resto fuori a dormire. Domani saprai tutto. Ti amo.”
Leggere quel messaggio mi rese euforico. Mi tranquillizzava dal punto di vista sentimentale, ero sicuro che fosse sincera, e mi apriva prospettive perverse sull’evoluzione della sessualità di mia moglie.
Ebbi l’impressione che oltre che bere quella sosta servisse per far passare del tempo e avere la città ancora più vuota per altre e più importanti trasgressioni. Le vidi anche parlare con altre persone. Sembrarono far amicizia con due uomini seduti vicino a loro. Per un attimo ebbi il timore o la speranza che la loro si trasformasse in una serata a quattro. Poi però dopo un’oretta i due uomini se ne andarono. Vennero verso di me, mi passarono a fianco senza notarmi. Parlavano inglese. Americani probabilmente.
Si alzarono anche le due donne e il pedinamento ricominciò.
Mia moglie camminava più incerta di prima. Doveva aver bevuto abbastanza. L’altra invece sembrava sempre lucida e in controllo della situazione. Le vidi infilarsi in una stretta calle. Sapevo più o meno dove eravamo. Controllai la mappa sul telefono. Era una calle cieca, o meglio finiva sul Canal Grande. Non potevo seguirle anche lì o le avrei inevitabilmente raggiunte, a meno che loro non fossero lì per entrare da qualche parte.
Ebbi una intuizione. Controllai la mappa e poi mi girai e corsi all’indietro. Presi una calle parallela. Secondo i miei calcoli sarei arrivato anche io ad affacciarmi sul Canal Grande, come forse avrebbero fatto anche loro.
Dove arrivai io la calle finiva proprio sul canale, a differenza di quella in cui erano loro che terminava con un pontile di legno, pontile sul quale vidi mia moglie.
Avevo la visuale perfetta ed ero sufficientemente lontano e nascosto nell’ombra. Anche mia moglie era in ombra nonostante fosse in piena vista per chiunque si affacciasse o passasse sul canale in quel momento, ma non c’era quasi nessun movimento.
Mi sporsi un attimo per vedere l’altra donna al limitare del pontile. Era lì ferma in piedi che osservava, come me, mia moglie, che intanto aveva iniziato una sorta di danza sensuale.
La cosa che mi colpì di quella situazione e in generale di quella serata era che le cose che succedevano sembravano teleguidate dalla mia fantasia erotica. Speravo una cosa e quella cosa succedeva. Speravo che mia moglie stesse per spogliarsi in quel luogo così esposto e così nascosto allo stesso tempo ed in effetti lei iniziò un lento spogliarello per la sua spettatrice e, inconsapevolmente, per me.
Ero straeccitato, mentre lei era ormai completamente nuda. Pensai che si sarebbe dovuta mettere a quattro zampe e lei lo fece, prima mostrando il culo alla sua amante e poi mostrandolo a tutto il resto di Venezia.
La sua amante fece qualche passo avanti e la raggiunse. La fece tornare in piedi e poi iniziò a masturbarla, toccandola fra le gambe, davanti e dietro, girandola facendo in modo che rivolgesse al canale alternativamente fronte e schiena. Non riuscì a trattenersi del tutto nei suoi orgasmi e i suoi gemiti e urla arrivarono fino a me e chissà fino a chi altri.
Io mi stavo segando nell’ombra e schizzai nel canale.
9
Mi ero distratto un attimo, in seguito al mio orgasmo e quando mi girai mia moglie e la sua amante non erano più sul pontile. Mi riassettai e mi spostai circospetto per paura di incrociarle tornando verso la calle principale. Forse troppo circospetto perché non vidi dove fossero andate. Mi aggirai un po’ per la zona ma le avevo perse. Cazzo!
Dopo qualche minuto perso a girovagare incrociai i due americani di prima. La cosa mi sembrò troppo strana per essere casuale. Decisi di seguirli. Dopo poco uno dei due prese il telefono e fece una telefonata. Mi avvicinai mentre loro si erano fermati.
Da quello che capii stava descrivendo dove si trovasse. Subito dopo ripresero a camminare, apparentemente guidati dalla voce all’altro capo del telefono. Dopo un po’ si infilarono in una stretta calle e si fermarono davanti ad un portone che si aprì ed entrarono. Non era un hotel, non avevano usato le loro chiavi. Erano chiaramente stati invitati da qualcuno ed io ero sicuro di sapere da chi.
Istintivamente provai a chiamare mia moglie, pentendomene subito dopo pochi squilli. Allora le scrissi.
“Scusami, non volevo chiamarti. Volevo solo sapere se era tutto ok.”
Non rispose, non lesse neanche, dopo molti minuti.
Non potevo fare altro che tornare nel nostro alloggio e aspettare, probabilmente fino al mattino dopo. Ero arrabbiato ed eccitato. La probabile presenza di quei due uomini, assolutamente non preventivata e forse non prevista a inizio serata neanche dalle due donne, mi indisponeva. Non so perché ma avevo accettato di buon grado che mia moglie avesse un’amante lesbica. Non la vedevo come una rivale. Le dava cose che io non avrei potuto darle. Ma il coinvolgimento di altri uomini mi metteva in crisi. Due poi! Cosa avrebbe fatto con due uomini? Se la sua amante era lesbica sarebbero stati entrambi per lei? Non potevo pensarci. Stavo male se lo facevo e contemporaneamente avevo il cazzo sul punto di sborrare.
Non dormii quella notte.
10
Il sole era alto. I turisti già affollavano la città. Io mi struggevo col cazzo perennemente barzotto. Ero uscito dopo un po’, vedendo che mia moglie non dava segni di vita e neanche aveva letto il mio messaggio della sera prima. Cominciavo ad alterarmi. Andava bene avere una notte di libertà ma mi meritavo di essere considerato un po’ di più.
Ero sotto a quella che ero convinto fosse la casa della sua amante. Non resistetti e provai a telefonarle. Squillò a lungo. Poi qualcuno rispose. Non era lei. Una voce. Femminile.
“Ciao.”
“Pronto? Chi.. chi è?” dissi spiazzato.
“Lo sai chi sono.”
“E… e mia moglie?”
“Dorme ancora.”
“Ah.” non sapevo cosa dire. Già non mi ero preparato qualcosa da dire a mia moglie, ora che mi aveva risposto la sua amante ero ancora di più senza parole.
“Perché hai chiamato?”
“Perché… come perché?” mi alterai. “Se permetti è mia moglie e gradirei sapere come sta. Le ho concesso la serata libera, poi la notte, ok. Ma ora mi sembra troppo.”
“Tranquillo. Tornerà da te. Nessuno te la toglie. Io non sono in tua sostituzione, sono un’aggiunta.”
“Tu forse… ma quegli altri due? Gli americani?”
“Mi sembra che tu sappia un po’ troppe cose. Eri tu il guardone che ci seguiva ieri sera, allora?”
“Eh? Ehm… sì.” fui ancora più spiazzato, non pensavo che mi avesse notato.
“Lo sospettavo, ma non ho detto niente a tua moglie, tranquillo.”
Mi colpì il modo di fare e di parlare di questa donna. Sembrava avere sempre tutto sotto controllo. In quel momento capii che rapporto poteva esserci con mia moglie. Si faceva guidare, si abbandonava a lei. Un rapporto quasi di dominazione, per quello che le faceva fare e per il modo in cui le avevo viste interagire. Forse era stata lei a imporle i due americani, forse mia moglie non avrebbe voluto. O forse invece sì. Non sapevo cosa preferire tra le due ipotesi.
“Dove sei?” mi chiese mentre io ero perso nei miei ragionamenti.
“Sono… sono sotto a dove ieri sera ho visto entrare i due americani.”
“Allora sei qui sotto. Vuoi salire?”
“Da… davvero? Posso?” esitai.
“Sì.”
“E mia moglie… è d’accordo?”
“Lei è sempre d’accordo con le mie scelte. E io ho deciso di farti salire. Mi ha parlato di te ieri sera a cena. Ho capito che tipo sei. Ho capito che puoi essere coinvolto e non farai casini.” rispose in modo lapidario.
“O… ok…”
Si aprì il portone e salii.
11
Una casa veneziana di lusso, arredata con gusto in modo moderno e piena di opere d’arte, con i suoi tipici pavimenti, le finestre che affacciavano su un canale e un’altana sul tetto.
L’amante di mia moglie mi accolse vestita in maniera insolita. Tacchi a spillo, di quelli con la suola rossa, calze con reggicalze, guepiere di latex e guanti senza dita che le coprivano tutto l’avambraccio. La mutanda era fatta da delle cinghie di cuoio che reggevano, sul davanti, un penzolante cazzo finto nero di discrete dimensioni, uno strap on.
Mi fece cenno di fare silenzio. Poi mi portò verso la camera da letto, scostando leggermente la porta per farmi sbirciare dentro.
La stanza era in penombra, solo un sottile taglio di luce filtrava tra le persiane semichiuse e permetteva di vedere il resto della stanza. Mi diede l’impressione di guardare un quadro. Un disegno. Nella mia testa quella immagine si trasformò in un disegno di Manara.
Al centro, il culo nudo di mia moglie che dormiva a pancia in giù. Una gamba piegata, l’altra arrotolata nel lenzuolo. Sulle gambe, sulla schiena, sul culo si intravedevano delle zone più lucide rispetto al resto della pelle. I residui secchi di schizzi di sborra, intuii.
Ai suoi fianchi, nel grande letto matrimoniale, dormivano i due uomini, anch’essi nudi. Uno sulla schiena, col cazzo mollemente adagiato sulla pancia. L’altro su un fianco e ne vedevo la schiena. Qua e là, sul letto, c’erano almeno tre preservativi usati.
“Ti eccita?” mi sussurrò la padrona di casa dietro di me, col mento appoggiato alla mia spalla e il suo cazzo finto che sentivo toccare il mio fianco.
Mi allontanai dalla porta, per parlare più liberamente.
“Cosa cazzo è successo stanotte in quella stanza?” chiesi tagliente.
“Non hai guardato abbastanza porno da immaginartelo?” rispose lei sarcastica.
“Ci sono cose che non so se voglio immaginarmele.”
“E però le vuoi sapere?”
“Forse è meglio saperle che immaginarle. Almeno non mi sento responsabile di eccitarmi per cose che magari non sono successe.”
“Per cosa ti sentiresti in colpa? Non vuoi pensare che tua moglie sia più troia di quello che è veramente? Cosa potresti immaginare per cui se invece non l’ha fatto le faresti un torto giudicandola capace di cose che non farebbe? Scusa la domanda contorta ma credo che ad essere ancora più contorta sia la tua sessualità.”
“Vuoi farmelo dire, eh? Vuoi farmelo immaginare. Non ci vuole troppa fantasia. Non bisogna aver visto troppi porno. In quella stanza c’era una donna e c’erano due cazzi. Non ci vuole molto a pensare cosa può essere successo. Ci vuole invece molto a credere che lei possa averlo fatto.”
“Hai detto un’inesattezza. Di cazzi in quella stanza, questa notte, ce n’erano tre.” dopo aver detto quello diede un colpetto al suo cazzo finto che le penzolava davanti al pube e fece un sorrisetto malizioso.
“Erano previsti i due americani? Com’è andata la serata? Perché li avete invitati?” provai a cambiare parzialmente discorso per non pensare a mia moglie in mezzo a tre cazzi. Non riuscivo a credere potesse averli presi tutti e tre ma se per un solo attimo ci fossi riuscito probabilmente avrei sborrato nelle mutande senza neanche toccarmi.
“Non erano previsti. Nulla era previsto. Mi piace l’improvvisazione.”
“Non si direbbe.”
“Cosa vuoi dire?”
“Che mi sembri una che tiene tutto sotto controllo.”
“Sì, è così. Ma tenere tutto sotto controllo non vuol dire pianificare tutto. Anzi è proprio il contrario. Tutto lasciato all’improvvisazione e tengo sotto controllo l’improvvisazione.”
“Quindi anche il farmi salire? L’accogliermi vestita così? Non c’è nulla di premeditato?”
“Ero già vestita così. Rimasta così da questa notte. Mi sono solo aggiustata il reggicalze e ho indossato le scarpe. Poi mentre salivi ho pensato di rimettermi anche questo.” diede un altro colpetto allo strap on.
“Perché?”
“Ho pensato che ti sarebbe piaciuto.”
“Perché mai dovrebbe piacermi?”
“Sei un uomo, a tutti gli uomini piace in qualche modo il cazzo, vero o finto che sia. Ai due americani è piaciuto.”
“E a mia moglie?”
“Anche a lei, ma lei già lo conosceva.”
“E a te? A te piace il cazzo? O piace solo la figa?”
“A me piace l’eccitazione. Mi piace quando i cazzi diventano duri. Mi piace farli diventare duri, magari per cose inaspettate. Ma preferisco il corpo femminile. Quello maschile mi piace quando dona piacere ad un corpo femminile. Come questa notte i due corpi degli americani hanno donato piacere a quello di tua moglie.”
“Anche insieme?”
“Anche insieme. E mi piacciono i corpi maschili quando assumono atteggiamenti femminili, cioè ad esempio si lasciano penetrare. Come questa notte i due corpi degli americani.”
Nella mia mente si formarono le immagini di tutti gli intrecci di corpi che potevano essere successi quella notte in quella stanza. Mi piegai su me stesso, premendo le mani contro il mio pacco, cercando inutilmente di non far sgorgare la sborra.
12
Dalla camera da letto uscì, assonnato e barcollante, uno dei due uomini. Si presentò, nudo com’era, in cucina dove io e la padrona di casa stavamo continuando a parlare anche dopo il mio involontario orgasmo.
Lei lo salutò e mi presentò, come fosse la cosa più naturale del mondo, come marito della donna che si era scopato con l’amico. Lui mi squadrò con stupore. Era lui ad essere nudo ma mi sentii tale anche io e provai vergogna.
Fu lei a ribaltare nuovamente la sensazione di vergogna perché, sempre in modo del tutto naturale, si spostò dietro di lui e gli fece sentire il cazzo finto contro i glutei. Poi gli diede una leggera spinta contro la schiena e lui istintivamente si piegò in avanti appoggiandosi al tavolo.
Lo sodomizzò così, con lentezza e naturalezza. Notai il suo cazzo ergersi e il suo viso contorcersi in espressioni di piacere miste a fastidio. Ci fissammo negli occhi, provando vergogna a vicenda. Io per essere stato fatto cornuto da lui e dall’amico. Lui per farsi vedere mentre si lasciava penetrare nel culo da una donna. Io per trovare eccitante quella visione e provare una certa invidia. Lui per non riuscire a nascondere quanto gli stesse piacendo farsi fare una cosa normalmente considerata poco virile.
Finita quell’insolita situazione lei gli disse, con tono deciso che non ammetteva repliche, di andare a vestirsi, di svegliare l’amico senza disturbare mia moglie e poi di andarsene. L’uomo entrò solo per un attimo nella stanza ma poi uscì subito. Al nostro sguardo interrogativo sentì il bisogno di spiegare.
“Non sono lì i miei vestiti.” disse indicando verso un’altra zona della casa. “E loro sono svegli.” aggiunse.
Incuriosito andai verso la camera, seguito dalla padrona di casa. Sbirciai dentro. Non avevo fatto in tempo a prevedere cosa avrei potuto vedere ma la scena mi avrebbe probabilmente sorpreso in ogni caso. Tra i due la più sveglia era mia moglie ed era piegata su di lui e si portava con le mani alla bocca il cazzo di lui, che però era moscio. Sembrava volerlo disperatamente risvegliare. Lui si lamentava, nel dormiveglia. Non l’avevo mai vista così desiderosa di avere un cazzo duro da mettersi in bocca. Rimasi stupito anche dalla incapacità di lui di raggiungere una erezione, ma non ero a conoscenza di quanto quel cazzo fosse sfiancato dalla nottata trascorsa.
Mia moglie, ignara di avere due spettatori, era palesemente contrariata dal non riuscire ad ottenere quello che voleva.
“Dai, su, voglio ancora la tua dolce sborra…” mi sembrò di sentirla mugugnare.
Non mi sembrava lei, a guardarla. Non ne riconoscevo i movimenti. Non la credevo capace di certe mosse che pensavo riservate a film porno che, da quel che sapevo di lei, non guardava.
Infilò una mano sotto alle palle vuote e penzolanti di lui. Giocò con esse fra le dita e poi sempre con le dita andò più in basso a stimolarlo. Gliele infilò dentro, credo. Erano in penombra non vedevo bene cosa succedeva. Ma la sua successiva mossa fu inequivocabile. Andò con la testa sotto alle sue palle, sollevandogli le gambe. Con la faccia si infilò fra le sue chiappe. Mia moglie stava leccando il culo ad un uomo che conosceva da poche ore.
Arrivò il terzo spettatore. L’amico di lui, dopo essersi rivestito raggiunse me e l’amante di mia moglie per assistere alla scena.
Il suo amico, quello con la lingua di mia moglie nel culo, finalmente si stava risvegliando, cioè il suo cazzo tornò a dare segni di vita.
“Davvero è tua moglie?” mi chiese lui, in inglese.
“Sì.”
“E ti piace quello che sta facendo?”
Prima di rispondere, istintivamente, guardai al mio fianco. Mi vergognavo a dirlo, per di più di fianco alla donna amante di mia moglie che però mi sorrise maliziosa e comprensiva.
“Sì.” deglutii nervosamente.
“Davvero?” continuò lui, stupito.
Non gli risposi. Ci penso la donna al mio fianco, non con le parole ma con un gesto. Afferrò il polso di lui e gli portò la mano davanti a me, per fargli tastare il mio pacco, indubitabilmente durissimo per l’eccitazione.
Io rimasi spiazzato da questo gesto e ancora di più dal fatto che lui non si ritrasse. Lasciò la mano lì, continuando a tastarmi. Anzi per sentirmi meglio aderì al mio corpo da dietro. Sentii il suo cazzo che si irrigidiva contro il mio culo.
“Ehi, basta. Stop.” dissi io poco dopo ritraendomi.
“Scusami. Pensavo ti piacesse.” disse lui, alzando le mani.
“Gli piace, ma non vuole venire mentre guarda sua moglie che viene scopata.” concluse lei e non mi sentii di smentirla.
Dentro alla camera, intanto, l’altro uomo si era definitivamente svegliato e il suo cazzo aveva preso del tutto vigore. Aveva ribaltato la situazione. Ora era lui a condurre il gioco e aveva stretto mia moglie tra il materasso e se stesso. La stava scopando. Noi tre guardavamo ipnotizzati il suo culo andare su e giù e i piedi di mia moglie ondeggiare in alto.
“Non viene anche a te voglia di fotterlo?” sentii lei che mi sussurrò questa frase all’orecchio. La guardai stranito. Indicava il culo di lui. “Non vorresti scopare il culo dell’uomo che sta scopando tua moglie? Non trovi che sia bello e invitante?”
“Eh? No…” risposi io quasi scandalizzato ma in realtà era un pensiero che non avevo fatto ma che venendomi suggerito da lei, effettivamente, si rivelava interessante…
“E allora cosa vorresti fare? Andare a baciare tua moglie?”
“Eh… sì.” risposi quasi vergognandomi di quella mia voglia che invece avevo già dentro senza che mi venisse suggerita.
13
“Come avete iniziato? Come ti ha conosciuta? Chi sei tu?”
Inondai di domande la padrona di casa. Gli americani se ne erano andati. Mia moglie era rimasta a letto, riaddormentandosi subito dopo l’ultima scopata. Era ancora ignara della mia presenza in quella casa.
“Non le hai fatte a lei queste domande?”
“Mi ha detto pochissimo. Non mi ha detto quasi niente di te. Non vuole o non ci riesce.”
“Tiene troppo a te e a paura di farti conoscere una lei diversa.”
“Ma a piace questa lei diversa… cioè mi piace sia l’una che l’altra, per quel che ho potuto vedere.”
“In una galleria d’arte.”
“Cosa?” non avevo capito la risposta.
“Hai chiesto dove ci siamo conosciute. In una galleria d’arte. Lei faceva la custode.” sì, era vero, lo faceva da giovane.
“E tu?”
“Io ero appesa alle pareti, disegnata da un artista amico.”
“Ah.” me la immaginai, disegnata nello stile di Manara. “E come sei passata dalle pareti alla…” stavo per dire alla sua figa, ma mi sembrò volgare.
“Come sono passata dall’essere disegnata ad essere la padrona sessuale della tua futura fidanzata? Venne tutto molto naturale. Scambiammo due parole. Mi riconobbe nel disegno. Mi confessò di invidiarmi, che lei non avrebbe avuto il coraggio di posare. Io capii subito che tipo fosse. Inibita ma vogliosa di sbocciare. Chiacchierammo per ore. Uscimmo a cena insieme. Dopo cena già ci stavamo baciando. Quella notte lei sperimentò il primo rapporto saffico. E anche il primo rapporto in cui si lasciò andare del tutto, lasciò tutto il controllo a me.”
“E poi? L’hai spinta tu all’esibizionismo? Mi ha accennato a episodi… nella pubblica via…”
“Spinta non è la parola giusta. Ho smesso di trattenerla. Vuoi sapere la prima volta?”
“La prima volta di… esibizionismo? Sì, certo.”
“Chiesa dei Miracoli. Sul ponte che c’è davanti. Era stanca, si era seduta sugli scalini. Le ho detto che era molto bella. Le ho fatto una foto. Avevo sempre con me una macchina fotografica, ancor prima che si usassero i cellulari per questo. Sono un’appassionata di fotografia.”
“Vedo.” dissi guardandomi attorno e ammirando tutte le foto appese ai muri, molte a tema erotico e molte raffiguranti proprio lei.
“Lei mi ha guardato, maliziosamente ma arrossendo. Non ci siamo dette niente, ci siamo intese con gli occhi. Lei allora ha sollevato la gonna, si è sfilata rapidamente le mutande e poi ha aperto le gambe, lasciando la gonna tesa dalle ginocchia.”
“Quindi…”
“Sì, quindi mostrando sotto la sua nudità. È rimasta così alcuni minuti, con gli occhi chiusi, con la figa in vista.”
“E…” deglutii e mi sistemai sulla poltrona, per lasciare spazio al cazzo che si stava ingrossando.
“Vuoi sapere se l’ha vista qualcuno? Sicuramente. Io ho notato un turista che le ha fatto una foto.”
“Ah. E tu? Non le hai scattato un’altra foto?”
Non mi rispose. Si alzò in piedi e andò verso la libreria che occupava una intera parete del salotto. Cercò qualcosa. Tirò fuori un album e iniziò a sfogliarlo. Io mi alzai, curioso, per andare a vedere anche io.
“Fermo lì.” mi intimò. Io mi bloccai.
“Non posso vedere?” implorai.
“No. Puoi vedere solo quello che decido io. Spogliati intanto.”
“Cosa?”
“Spogliati. Voglio vedere la tua eccitazione.”
“Ma…” provai a obiettare ma mi gelò con lo sguardo e fece il gesto di chiudere l’album e metterlo via. Quindi obbedii.
Mi sentii sotto esame mentre tornava verso di me squadrando il mio corpo seminudo. Ma per quanto era duro il mio cazzo, probabilmente, superai brillantemente l’esame. Mi passò l’album. Erano disegni, sempre di Milo Manara. Il diario di Sandra F.
C’era disegnata proprio la scena che aveva descritto. Una che poteva essere mia moglie giovanissima e bellissima, com’era all’età a cui l’avevo conosciuta, seduta sui gradini di un ponte con una chiesa dietro. Le gambe aperte, la gonna tirata su e la figa esposta.
Un disegno. Cosa voleva dire? Perché esisteva un disegno uguale alla situazione che mi aveva appena descritto come vera? Si era forse inventata tutto ispirandosi a quello? Forse lo avrei pensato fino a quel giorno, lo avrei pensato se non avessi visto di cosa era capace mia moglie.
“Segati pure, se vuoi.” mi suggerì o forse mi ordinò.
Lo feci, fissando quel disegno che si trasformava in immagine reale e in quel modo non se ne sarebbe mai più andata dalla mia memoria, già lo sapevo. Durai poco, pochissimo. Giusto il tempo di sentire, mentre mi sborravo in mano, la voce di mia moglie alle mie spalle.
“E tu che ci fai qui?”
14
Mina, così mia moglie chiamava la sua amante. Non mi disse il suo vero nome nonostante passammo l’intero pomeriggio in compagnia.
Sulle prime mia moglie si incazzò per la mia presenza, ma complice anche il fatto che mi sorprese in una situazione imbarazzante quanto poteva essere la sua, si calmò abbastanza in fretta. Fu anche Mina a smorzare subito gli animi. Aveva un fortissimo ascendente su di lei. Mia moglie faceva tutto quello che lei le diceva.
“Da quanto sei qui?”
“Da abbastanza da averti visto con l’americano.”
“Non avresti dovuto venire. Non ti avevo invitato.”
“L’ho fatto io.” intervenne Mina. “Si merita di essere coinvolto.”
“Grazie.” le dissi esplicitamente.
“Ma io non volevo coinvolgerti così tanto.”
“Perché? Io ti accetto così. Anzi a me piace così. Mi piaci ancora di più. So che non dovrei approvare che mia moglie faccia sesso con altri, ma mi piace troppo quello che ho visto, mi piace troppo scoprire chi puoi essere.”
“Non so se piace a me.”
“In che senso? Cosa vuoi dire?”
“Mi vergogno di come sono. Non so se mi piaccio.”
“Ma come? Non ti piace quello che fai? Mi sembra di sì.”
“Certo che mi piace. Mi piace troppo. Per quello non so se mi piaccio quando sono così. Perdo il controllo, potrei fare qualsiasi cosa. Ho paura che tu mi veda come sono con lei. Mi succede qualcosa. Come un click che scatta dentro di me e non ho più limiti.”
“Tranquilla.” intervenne Mina. “È solo un gioco. Te l’ho già spiegato. Tu non perdi il controllo, lo stai soltanto cedendo temporaneamente a me. E di me ti puoi fidare.”
Le due donne si avvicinarono, si abbracciarono e poi iniziarono a baciarsi dolcemente ma intensamente, per lunghi minuti. C’era amore in quel bacio, non soltanto lussuria.
Io le guardai, segandomi lentamente. Poi si trasferirono in bagno, Mina si spogliò ed entrarono nella grande doccia. Mia moglie sembrava inerme, si lasciava condurre, si lasciava lavare. L’altra si prese cura di lei, esercitando un dominio dolce. La coccolava, la puliva con la spugna su tutto il corpo. C’era un gradino all’interno della doccia, sul quale mia moglie si sedette stendendo la schiena all’indietro. Mina si dedicò con amore a pulirle, ad accarezzarle e quindi a stimolarle tutta la zona del pube.
Vidi un nuovo orgasmo di mia moglie, diverso da quelli che aveva con me, diverso da quello che le avevo visto avere prima.
15
Quella sera decisero di andare di nuovo a mangiare fuori e mi vollero con loro anche se durante la cena io risultai poco più che un soprammobile. Venni costantemente ignorato da loro due che, palesemente, amoreggiavano fra loro. Mi domandai se qualcuno stesse osservando la dinamica che c’era al nostro tavolo e, nel caso, che cosa potesse pensare. Forse ero invidiato per essere in compagnia di due belle donne o forse ero compatito per essere evidentemente al di fuori dei loro interessi.
Qualunque cosa potessero pensare sarebbero rimasti sorpresi se fossero riusciti a ricostruire i gesti compiuti nell’unico momento in cui si ricordarono che ero a cena con loro. Fu Mina a dare il via alla cosa, come sempre. Spezzò un pezzo di pane e lo passò a mia moglie, sussurrandole qualcosa di perverso nell’orecchio. Lei allora fece sparire il pezzo di pane al di sotto del piano del tavolo. Nascosta da tutti, anche da me che però potei intuirne i movimenti, portò il pezzo di pane tra le sue gambe, sotto la gonna. Non indossava niente sotto, di questo ero stato messo a conoscenza. Dunque il pezzo di pane poté essere intinto e sfregato negli umori che Mina per tutta la sera aveva contribuito a rendere abbondanti. Fatto quello il pezzo di pane mi venne offerto. Era bagnato, era profumato. Lo gustai, trattenendo a fatica un principio di orgasmo.
Venni ignorato anche fuori dal ristorante. Mentre ero impegnato a pagare loro due uscirono e si erano già allontanate quando anche io fui fuori dal locale. Cominciai a seguirle, in un pedinamento esplicito, simile a quello della sera prima, che non ero riuscito a mantenere segreto. Le osservai amoreggiare in modo più evidente della sera prima, più libere e senza condizionamenti.
Ad un certo punto, mentre camminavano lungo una fondamenta, a mia moglie cadde la giacchetta che portava sulle spalle. Mi affrettai a raccoglierla, pensando non se ne fosse accorta, ma entrambe si girarono in quel momento, come a controllare che io fossi ancora alcuni metri dietro di loro e che stessi appunto recuperando quel capo di vestiario. Capii dunque che quell’abbandono era voluto. Ed infatti la dinamica proseguì.
Man mano che si inoltravano in zone sempre meno frequentate mia moglie lasciava andare capi di abbigliamento, che io raccoglievo seguendo i loro passi. Non ne aveva indosso molti e quindi non le ci volle molto per ritrovarsi nuda, scarpe col tacco escluse, a girare per le calli di una Venezia per lo più dormiente.
Era estremamente eccitante la scena, anche se relativamente pericolosa. Era eccitante in modo evidente anche per lei, che camminava incerta e si fermava per toccarsi o per non incespicare a causa delle mani di Mina, che periodicamente si insinuavano fra le sue gambe.
Incrociammo dei turisti stranieri. La guardarono stupiti. Forse pensarono di aver bevuto più di quello di cui si erano resi conto.
Non sapevo dove fossero dirette, non sapevo dove e come sarebbe finito quel gioco perverso, ma lo scoprii ben presto.
Mina sosteneva di improvvisare ma invece a me sembrava che fosse tutto ben organizzato. Giunsero ad piccolo campo che si affacciava su un canale e andarono proprio verso il corso d’acqua, scendendo qualche gradino. Fu in quel momento che, nell’ombra vidi la sagoma scura di un gondola. Ci salirono sopra. Il gondoliere, palesemente, le stava aspettando. Mia moglie stava salendo, completamente nuda, su una gondola.
Feci qualche passo di corsa, per raggiungerle prima che la gondola si allontanasse. Richiamai la loro attenzione.
“Aspettaci a casa.” mi liquidò con un gesto di sufficienza Mina. Poi si rivolse al gondoliere. “È il marito.” disse.
Il gondoliere mi guardò, sorridendo sornione. Era un bell’uomo, assomigliava ad un attore d’altri tempi.
Sparirono dietro l’angolo, nel buio dei canali vuoti della notte veneziana.
Io rimasi lì, con i vestiti di mia moglie in mano, non sapendo cosa fare. Poi corsi via, cercai di intercettarli, di vederli passare, di capire dove potevano essere diretti. Mi fermai su ogni ponte, cercando di scorgere qualche movimento nell’acqua. Poi desistetti e andai verso l’unico posto dove potevo andare: a casa di Mina.
Mi sedetti sul gradino, appoggiato con la schiena al portone, con i vestiti in grembo. Sarebbero arrivate prima o poi. Mia moglie non poteva trascorrere la notte nuda in giro per Venezia. Qualcuno l’avrebbe vista. Non era invisibile, non era come in quel fumetto di Manara.
Appoggiai la testa all’indietro e mi appisolai.
16
Mi svegliai di soprassalto, cadendo all’indietro. Qualcuno aveva aperto la porta alla quale ero appoggiato. Era Mina.
“Ah, eccoti qui.” commentò mentre io capivo chi ero, dov’ero e cosa mi era successo. “Vieni su, c’è qualcosa che ti piacerà.”
“Ma… da dove siete entrate?” chiesi quando riacquistai lucidità.
“Dal canale, siamo arrivate con la gondola.” disse indicando verso dove probabilmente il palazzo aveva l’ingresso dall’acqua.
“Mi… mia moglie è di sopra?”
“Esattamente. Di sopra, sopra.” disse e non capii quella precisazione.
Arrivati nella sala mi guardai attorno. Non la vedevo. Andai verso la camera ma Mina mi fermò.
“Di sopra.” disse indicando verso l’alto.
Salimmo sull’altana che dominava i tetti del sestiere e lì in effetti c’era mia moglie. Ancora nuda, ovviamente, e non era sola.
Il gondoliere era con lei.
Mina mi fermò. Io istintivamente stavo andando verso di lei.
“Guarda. Ti piacerà.”
Era appoggiata al parapetto col culo. Il gondoliere le era vicinissimo, la sovrastava fisicamente. Stavano parlandosi. Poi lei si girò, si piegò in avanti appoggiandosi con una mano al parapetto. Allungò l’altra mano verso di lui, portando le dita all’interno della sua bocca. Lui gliele leccò e quando lei le tirò fuori luccicavano di saliva. Se le portò tra le chiappe. Iniziò a masturbarsi il culo con le dita. Lui la lasciò fare per un po’, piegandosi verso di lei per sussurrarle qualcosa nell’orecchio ogni tanto. Poi lui ricambiò il gesto infilando le sue dita nella bocca di lei. Se le fece inumidire di saliva per bene e poi si apprestò a sostituire le dita di lei, nel culo. Prima una, poi un paio. Tirò fuori una boccetta e lasciò colare sulla sua mano un liquido viscoso. E le dita diventarono presto tre.
“Me lo ha chiesto lei.” mi sussurrò Mina. “Voleva rifarlo.”
Enfatizzò la prima sillaba di rifarlo.
“Voleva fartelo vedere. Sapeva che ti sarebbe piaciuto. Sapeva che avresti colto il riferimento. Mi ha detto che eri stato tu a farle leggere quel fumetto, quello in cui c’era quella scena. Ne era rimasta molto colpita. Mi aveva chiesto di ricrearla. Di trovare l’uomo giusto per farla.”
Sentii un gemito forte di mia moglie, mentre il gondoliere aveva finito le dita da infilare dentro di lei e le stava allargando al massimo l’ano.
“Io…” mormorai mentre ragionavo a voce alta. “Ci impiegai qualche anno di frequentazione per trovare la confidenza necessaria a farle conoscere i fumetti erotici che amavo. Dovevo essere sicuro che non interpretasse male quella mia passione. Quindi questo vuol dire che…”
“Che importa? Goditi lo spettacolo.” mi suggerì Mina, dicendomi di non pensare al fatto che ero stato tradito con lei, e con chiunque lei le avesse procurato, più a lungo di quello che avevo immaginato e che mia moglie avesse ammesso.
La mano aveva oltrepassato lo sfintere, che si era serrato per quel che poteva attorno al polso dell’uomo. Mia moglie urlava il suo orgasmo incontenibile sui tetti di Venezia.
“Invece importa.” dissi. “Importa perché mi eccita che abbia continuato a tradirmi. Che non abbia resistito, guidata dalla lussuria. E che voglia continuare a farlo, davanti a me.”
Mia moglie si sporse in avanti, come se volesse cadere giù. Sembrò quasi che a trattenerla su fosse soltanto il pugno dell’uomo infilato nel suo culo. Intanto godeva come mai l’avevo vista godere. Sembrava completamente in estasi, quasi priva di coscienza.
Capii di averne allevato le fantasie erotiche. Le avevo raccontato le mie passioni, avevo condiviso con lei le opere che mi stimolavano e lei le aveva assimilate più di quello che mi aveva confessato. Avevano fatto nascere in lei uno spirito di emulazione. Grazie a Mina, poi, aveva potuto metterle in pratica. Con me non aveva avuto il coraggio. Certe cose è più facile farle con qualcuno che non hai davanti tutti i giorni, qualcuno con cui parli di cosa mettere nella lista della spesa, con cui parli di portare giù la spazzatura, qualcuno che ti deve continuare a vedere come la buona moglie e madre di famiglia.
Non come una a cui piace farsi infilare una mano nel culo, sopra un’altana nella notte della città più romantica del mondo.
Un altro meraviglioso racconto.
Le aspettative nn sono mai deluse
Grazie