“Dove cazzo sei?” le domandai brusco appena finalmente rispose al telefono che fino a poco prima risultava staccato.
“Ero… ero in studio, con un cliente.” mi rispose con voce incerta, colta di sorpresa dalla mia domanda.
“Non è vero, ho chiamato in studio perché non ti trovavo, la segretaria mi ha detto che eri uscita.”
“Sì, ok. Ero con un cliente ma non ero in studio.” balbettò.
“Non ti credo.”
“Senti vengo a casa, ne parliamo quando arrivo, va bene?”
Le chiusi il telefono in faccia e cercai di sbollire la mia rabbia.
–Entrò in casa trafelata, ma apparentemente più tranquilla e lucida di come mi aveva risposto al telefono.
“Allora? Dov’eri?” le chiesi con tono freddo.
Lei mi guardò, sembrò soppesare le parole, sembrò attendere l’arrivo del coraggio.
“Senti, sei stato tu a dirmelo. Sei stato tu a spingermi di nuovo a farlo. Sei stato tu a tirare fuori tutti quei discorsi durante il sesso.”
“Quindi eri con lui? Di nuovo con lui.”
“Sì, ero con lui. Sei contento? Mi sembravi volerlo più di me.” alzò il tono di voce.
La guardai, serio.
“Perché non me l’hai detto?”
Abbassò gli occhi, sembrò solo in quel momento in difficoltà.
“Non ero sicura.” mormorò a mezza voce.
“Di cosa non eri sicura?”
“Che tu lo volessi veramente. Che stavolta potevo veramente dirtelo.”
“Te l’avevo detto però: il mio consenso in cambio della condivisione.”
“Sì, ma non è facile per niente.” urlò lei con voce rotta.
“Cosa non è facile?”
“Vaffanculo! Per me non è facile!” cominciò a piangere.
La andai ad abbracciare. Restammo così per qualche minuto. Poi iniziai a baciarle le guance umide per le lacrime e infine ci baciammo in bocca.
–Più tardi mi spiegò cosa intendeva.
“Non è facile per me perché con lui sono una persona diversa, una persona che mi piace ogni tanto essere ma di cui mi vergogno. Ed è difficile per me farti conoscere questa me stessa diversa.”
“Io, però, è proprio questo che vorrei sapere. Non ti posso avere nel modo in cui ti ha lui, ma almeno vorrei vedere come sei.”
“No, questo è proprio escluso.”
“Cosa?”
“Non mi vedrai mai con lui, se questa è la tua condizione scordatelo.”
“Perché?”
“Non riesco a concepire di essere con entrambi. Non riuscirei proprio io a convivere con me stessa.”
“Quindi non verrò mai coinvolto.” constatai.
“Era questo che volevi? Era per questo che volevi che ricominciassi con l’amante? Era per fasse sesso a tre?”
“No… no. Cioè era una idea, certo. Ma la spinta a volere che tornassi ad avere un amante mi arriva da dentro, non so neanche io perché, ma è un pensiero che una volta entrato nel mio cervello non se ne va più.”
“Quindi, cosa vuoi veramente?”
“Io… ti voglio vedere felice. E quando andavi anche con lui lo eri. E voglio che siamo felici insieme. E voglio fare più sesso con te e del sesso migliore. E da quando… da quando parliamo di lui a letto mi sembra sia così…”
“È vero…” mi interruppe lei.
“Però vorrei fare in qualche modo parte della tua felicità. Vorrei sapere che lo vedi, vorrei sapere cosa fate. Vorrei anche vederti, ma se questo per te è troppo mi accontenterò dell’immaginazione.”
“Non so se riesco…”
“A far cosa?”
“A dirti tutto.”
“Già qualcosa mi hai detto. Vedrai che ce la farai. Ti abituerai. Io non ti giudico. So chi sei e come sei con me. Sono solo curioso di conoscere l’altra te che a quanto pare con me non sarai mai. Mi piace anche quella te, da quel poco che ho sentito.”
Interrompemmo il discorso per fare l’amore.
–“Dimmi una cosa,” le dissi mentre eravamo nudi a letto abbracciati, “Io lui l’ho mai incontrato?”
Lei sollevò la testa e mi guardò. Ci pensò un attimo e poi mi rispose.
“Una volta sì, all’inizio della storia. A quel galà di beneficenza di Natale organizzato dal mio studio. Anche lui era stato invitato. E ci siamo incrociati. Te l’ho presentato, vi siete stretti la mano.”
A quella notizia sentii un vuoto nello stomaco. Una sensazione che già mi era capitata quando pensavo a lei con lui.
“E tu come ti sei sentita mentre tuo marito stringeva la mano al tuo amante?” le chiesi quasi timoroso della risposta.
“È stata una sensazione stranissima, mai provata prima e che faccio fatica ad inquadrare.
Solo una parte di ciò che componeva questa sensazione sono riuscita a riconoscerla, diciamo così.”
“Cioè?”
“Mi sono sentita eccitata. Mi sono sentita bagnata.”
Cercai di rievocare quella serata, cercai di riportare alla memoria le facce della gente che lei mi aveva presentato quella sera. Forse vagamente lui lo ricordavo, ma senza dettagli. Mi venne in mente una cosa, però: tornati a casa avevamo scopato e avevamo scopato meglio del solito.
“E tu come ti senti?” mi chiese lei con tono premuroso.
“In che senso?”
“Ora che sai di averlo incontrato. Ti dispiace che te l’abbia presentato nel momento in cui ti stavo mettendo le corna con lui?”
“Uhm… no. È anche per me una sensazione strana. Lui ti scopava ed io ero il marito ignaro.
È una sensazione di inferiorità per me. È una sorta di umiliazione, a posteriori.”
“Scusami, allora.”
“No, non devi scusarti. È difficile da spiegare, ma mi fa male quando dalle cose che mi dici mi fai sentire inferiore a lui, umiliato da lui. È tremendo… ma in qualche modo è… non so come dire… lo desidero.”
“Cosa vuoi dire?”
“È un dolore piacevole, che bramo. È una sensazione che… mi eccita.”
Lei mi fissò come se volesse scrutarmi dentro per capire cosa avevo in testa.
“Forse ti capisco.”
“Davvero?”
“Forse è simile a quello che provo io.”
“Cioè?”
“Spesso con lui mi sono sentita… degradata, umiliata. Mi sono sentita in un modo che mi vergogno a ripensarci. Mi vergogno, ma… mi eccito.”
“Ah. Allora forse in qualche modo siamo simili.”
“Ok. Forse questo renderà più semplice raccontarti le cose… ma devi avere pazienza, per me non sarà facile.”
“Neanche per me.”