La prima volta che lo vidi mi fece subito una cattiva impressione. Anzi, a dire il vero la prima volta che lo vidi non ci feci neanche caso. Mi venne presentato in studio come imprenditore nel campo nautica, amico di uno degli altri soci, che noi come studio avremmo seguito per affiancarlo in un accordo extra-giudiziale. Probabilmente quel giorno ero presa da altre faccende e, sapendo che non me ne sarei occupata, gli diedi distrattamente la mano e lo cancellai subito dalla mia mente.
“Ha chiesto espressamente se lo puoi seguire tu.” mi disse qualche giorno dopo il mio collega suo amico.
“Io?”
“Evidentemente hai fatto colpo. Gli sei piaciuta. Fa sempre un po’ il marpione.”
“Ha bisogno di un avvocato, mica di una fidanzata.” commentai acida e credetti che la cosa si sarebbe chiusa lì.
Invece poco tempo dopo venne organizzato un nuovo incontro a cui fui pregata di partecipare. Gli altri avevano già deciso, lui era irremovibile per cui mi ritrovai a lavorare per lui. All’inizio temevo peggio, in realtà al di là di numerosi complimenti, sempre nei limiti, si comportò da normale cliente ed io mi comportai da avvocato: raggiungemmo l’accordo, lui fu soddisfatto e per festeggiare mi invitò ad un aperitivo e in quel momento cambiò.
“Cosa ne dici se proseguiamo il nostro rapporto, ma non più sul piano lavorativo?” insinuò dopo aver brindato.
“Non vedo su che piano dovremmo continuarlo.” risposi io, sulla difensiva.
Lui non era un brutto uomo, ma non rispecchiava certamente i canoni della bellezza. Non era neanche molto alto. Aveva qualche anno più di me, sette per la precisione. Però aveva fascino, sapeva catturare la tua attenzione e sapeva rendersi interessante. Col senno di poi devo dire che era la sua apparente sicurezza in se stesso a renderlo così.
“Suggerirei sul piano sessuale.” mi rispose con molta naturalezza.
Io quasi sputai il prosecco che stavo bevendo e lo guardai con occhi sgranati, come per rimproverarlo per ciò che aveva appena detto.
“Eddai,” continuò tranquillo, “tu sei sposata, io lo sono stato e non cerco legami stabili. Tu sei una bellissima donna e da quando ti ho visto sono roso dal tarlo di come tu sia a letto.”
“Beh, è un tarlo che ti rimarrà.” cercai di chiudere il discorso con un sorriso di circostanza.
In realtà basto quella proposta così esplicita per inserire anche dentro al mio cervello un piccolo tarlo, anzi per risvegliarlo perché già vi si era insinuato il giorno in cui, chiacchierando di facezie (di uomini, in particolare) con la segretaria dello studio venne fuori che lei con lui ci era stata qualche anno prima.
“E com’è andata?” le chiesi curiosa.
Lei abbassò la voce, si guardò intorno sospettosa e poi mi rispose.
“La verità? La verità è che lo rifarei con lui oggi stesso.”
“Davvero?” la guardai stupita, “Non l’avrei detto.”
“Fidati.”
Mi ritrovai così di fronte ad una avance esplicita che venne, nei giorni successivi, più volte riproposta. Mi telefonava spesso anche se lavorativamente parlando non avevamo più nulla da dirci per insistere ed ottenere almeno un altro aperitivo.
Essere così cercata e corteggiata, con quella costanza, non mi succedeva da quando ero adolescente o poco più e la cosa non posso negare che mi lusingasse. Incontrarlo più volte, in un atmosfera rilassata diversa da quella del lavoro, cominciò anche a farmelo apprezzare un po’ come persona, o comunque a trovarlo interessante per quel suddetto fascino di cui era dotato.
Inoltre aveva quel modo di fare che dava l’idea, corroborata dalla testimonianza della segretaria, che fosse un bravo amante.
Se a tutti questi fattori aggiungiamo che quella sera avevo bevuto qualche bicchiere in più, che lui si era offerto di riportarmi a casa col suo macchinone, che a casa non c’era mio marito ad aspettarmi e mi sentivo più libera del solito, forse si spiega perché ci fermammo in quel parcheggio deserto nell’area industriale e, dopo qualche sua frase detta con quella voce suadente e convincente, io mi chinai, gli sbottonai i pantaloni e presi il suo cazzo in bocca.
Feci una doccia lunghissima quella sera. Rimasi con la bocca aperta sotto il getto caldo, come per ripulirla da ciò che avevo fatto.
Non posso dire che mi avesse forzato. Sì, aveva una mano appoggiata sulla mia nuca, ma non stava spingendo. Mi sarei potuta togliere se avessi voluto, come facevo sempre con mio marito. Ma era successo qualcosa fra le mie gambe, un calore da orgasmo senza neanche essermi sfiorata. Una sensazione di degrado, di essere una qualsiasi puttana di strada che fa un pompino in macchina. Una sensazione allo stesso tempo di totale libertà, di uscire da me stessa, dalla mia vita seria, per bene e priva di trasgressioni.
Con la doccia cercai di cancellare ogni traccia, anche se mio marito sarebbe tornato soltanto il giorno dopo, ma sapevo che di tracce da cancellare ce ne sarebbero state altre.