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  • Una storia fra lui, lei e l’altro
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4 – Lui

Quel sesso riappacificatore fu un fuoco di paglia. I mesi successivi furono tragici da quel punto di vista: poche volte, poco soddisfacenti per entrambi.

“Qual è il problema?” chiesi un giorno, esasperato.

“Non lo so.” rispose lei scontrosa.

“Ma tu lo vuoi fare o no?”

“Non lo so. No. Forse no. Non lo voglio fare.”

“Perché?”

“Da quando è successo quello che è successo ho perso la voglia.”

“Da quando è successo cosa? Da quando non lo fai più con l’altro. Con me lo facevi solo per accontentarmi? In realtà ti interessava solo farlo con lui?” avevo la voce un po’ alterata dalla rabbia.

“No, mi piaceva farlo anche con te. Ora non più. Forse è un momento. Magari passa.”

“Eh… sì… passa.” ero furioso, “In realtà ti piaceva di più farlo con lui, vero?”

“No, non è così…”

“Ah no? Non ti piaceva con lui?” sibilai.

“Certo che mi piaceva, che discorsi!”

“Allora con chi era meglio? Con me o con lui?” non sapevo perché le stavo chiedendo una cosa del genere, non sapevo se volevo veramente sentire la risposta, però credo fosse un modo per punirla o per farla sentire in colpa.

“Ma che domande sono?”

“Rispondimi. Era più bello con lui o con me?”

“Era… era diverso.”

“Diverso? Cosa vuol dire diverso?”

“Senti,” fece lei con voce ferma e risoluta, “credimi che è meglio anche per te che con lui fosse diverso. Perché con te c’è un amore che non potrei avere per nessun altro e quindi anche il sesso come lo faccio con te non riuscirei a farlo con nessun altro.”

“C’è amore? Forse c’era.” risposi io facendo l’offeso.

“No, no, no… amore… c’è ancora. Scusami. Devo superare questo momento. Vedrai che torneremo ad amarci come prima.”

Dopo quella discussione ci furono dei miglioramenti. Facemmo un weekend fuori in cui passammo molto tempo a coccolarci e venne spontaneo rifare sesso come ai vecchi tempi. Fu in quella occasione che, spinto forse anche da un inconscio masochista, volli indagare un po’

di più.

“Senti cara, tu mi hai detto che come fai sesso con me non potresti farlo con nessun altro, no?” ricordo che questa frase gliela dissi mentre ero dentro di lei e mi muovevo dolcemente e quasi impercettibilmente.

“Sì…” sospirò lei.

“Però forse con me puoi farlo anche nel modo in cui lo faresti con altri, o no?”

Lei mi fermo, aprì gli occhi e mi fissò.

“Cosa vuoi dire?”

“Che se magari mi dici cosa devo fare, come vuoi essere… presa, io posso farlo. Puoi farlo con me anche nel modo in cui lo facevi… con lui.”

“Mmh… no, non credo.” distolse lo sguardo da me.

“Perché no?”

“Per lo stesso motivo. Se certe cose riesco a farle solo con te, certe altre non riuscirei proprio perché sei tu.”

“Guarda che io ci posso provare. Posso provare ad essere un po’ diverso in certi momenti.”

“Non sei tu. Dipende da me.” dicendo questo mi fece scivolare fuori e si girò di schiena, interrompendo così l’amplesso.

Rimasi in silenzio mentre mille pensieri affollavano la mia mente. Poi incurante di tutto le feci altre domande.

“Cosa facevi con lui che non fai con me?”

Lei si girò, mi diede una occhiata severa e poi si girò di nuovo.

“Preferisco non parlarne.”

“Perché?”

Non mi rispose. Dopo un po’ provai a girare il discorso in altro modo.

“Senti, io ho sopportato tutto, ti ho perdonata, non ti ho fatto scenate, in fondo il tuo tradimento è passato come niente fosse. Credo di avere almeno il diritto di sapere, se voglio sapere.”

Rimase muta. Io insistetti ancora fino a quando lei sbottò.

“Smettila. Lo vuoi sapere? Sei sicuro. Guarda che non ti piacerà quello che ti dirò. Eh? Vuoi saperlo? Sì, con lui ho fatto cose che con te non ho fatto, ok? Ti basta?”

Io in quel momento stavo male. Stavo male perché sapere quella verità faceva male. Ma stavo ancor più male a non sapere quale era veramente quella verità. Avevo una cosa che mi girava nella testa, un dubbio che non potevo lasciare inesplorato. Perché un dubbio del genere era in realtà una certezza, l’unica possibilità che non fosse come pensavo era chiedere.

Una flebile speranza di una risposta negativa.

“Ma… con lui… ti ha… ti sei… hai fatto sesso anale?” cercavo le parole giuste. C’erano parole giuste per chiedere una cosa del genere alla propria moglie?

Fu interminabile l’attesa della risposta. Che arrivò sottoforma di un sussurro e che non fu certo negativa.

“Perché?” fu l’unica cosa che mi uscì.

“Perché sì.” fu la risposta, forse inevitabile.

“Perché con me no?”

Avevo provato in tutti quegli anni a convincerla a farlo, lei si era sempre rifiutata per paura del dolore. Le poche volte che aveva acconsentito a provare non era andata bene.

“Guarda, la risposta che ti darò non ti dispiacerà neanche troppo secondo me: il tuo è larghissimo, te l’ho sempre detto, mi fa paura prendere quel coso dietro.”

Ebbi un attimo un moto di orgoglio. Nulla rende più felice un uomo di sapere di essere più dotato di un suo rivale. Però durò poco.

“Quindi lui ce l’ha più piccolo?” chiesi tronfio.

“Ce l’ha… più sottile.”

“Quindi sì.”

“Più sottile ma più lungo.”

“Molto più lungo?”

“Eh… abbastanza.”

Fui deluso. Ma almeno era un pareggio.

“Quindi è solo questo? Solo questione di dimensioni?” mi maledii subito per non essermi accontentato della prima risposta.

“Quello e… i modi.”

“Cioè?”

“Cioè… quando noi abbiamo provato io sentivo che tu avevi paura di farmi male e così ero sicura che mi avresti fatto male. E lo apprezzo, eh. Capivo che era un segno di amore. Tu sei così premuroso, così attento a me… Anche solo il fatto che mi chiedessi se ero a posto, se lo volevo veramente…”

“E lui invece?”

“Lui è tutto il contrario. Dava l’impressione che non gliene fregava niente se mi avesse fatto male o meno, ma si capiva che lo faceva perché sapeva che non mi avrebbe fatto male. E non me lo ha mai chiesto… se lo è preso.”

“Non sembra una cosa bella ciò che dici…”

“No, no, intendiamoci. Non mi ha mai fatto nulla di male, non mi ha mai forzato o usato violenza. Non mi avrebbe più rivisto se avesse fatto qualcosa del genere.”

“Ti piaceva?” domandai a mezza voce.

Non rispose, perché non c’era bisogno che rispondesse.

Mi sentii umiliato dal confronto con l’amante di mia moglie, eppure ero stato proprio io a indurla ad esporlo. Mi sentivo sminuito nel ruolo di maschio. Ero geloso e invidioso di lui.

Ero consapevole che lui aveva visto una lei che io non avrei mai potuto vedere.

In tutto ciò c’era un particolare che non mi tornava, una cosa che non mi spiegavo, ed era il mio cazzo che era rimasto duro durante tutta la conversazione. L’idea di mia moglie che lo prendeva in culo. Era l’idea fissa che avevo da anni. Era la mia fantasia erotica principale su di lei. Sapere che lei non era più vergine lì mi sconvolgeva in senso sia positivo che negativo.

Avevo una voglia matta di prenderla. Le saltai sopra, le feci sentire il cazzo, duro come poche volte, tra i glutei. Lei un po’ si divincolò, chissà se faceva così anche con lui? Questo dubbio mi rinvigorì ulteriormente. Spinsi. Lei urlò. Forse cominciai ad entrare. Lei stava lasciandomi fare.

“Così?” le grugnii nell’orecchio Lei ansimò. Mi sembrò di sentirla dire un sì. Spinsi ancora. Con la cappella dovevo aver oltrepassato lo sfintere. Poi urlò di dolore e si liberò di me.

“Scusa.” le dissi ansimante mentre ci fissavamo negli occhi.

Lei mi sorrise e mi accarezzò una guancia.

“Dai, riproveremo.” mi disse amorevole.

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