“Ciao, dove sei?” la chiamai un pomeriggio di qualche giorno dopo la nostra prima scopata.
“Sono in studio. Che vuoi?” mi rispose in modo un po’ brusco.
“Volevo sentirti, anche io sono in ufficio. Stavo per andare a casa ma mi sono detto, magari la aspetto qui, se vuole passare.”
“Perché dovrei?”
“Perché a me è venuta voglia di scopare, magari anche a te.”
“Era meglio se non rispondevo al telefono.”
“Preferisci se ne parliamo di persona?”
La conversazione proseguì per qualche minuto sulla stessa falsariga. Lei tirava indietro e io insistevo, lei era sgarbata ed io accondiscendente, lei si negava ed io le dicevo qualche porcata. Si concluse con lei che negò che sarebbe passata, ma io aspettai lo stesso in ufficio.
Dopo circa mezz’ora lei mi mandò un messaggio.
“Sei ancora in ufficio?”
La chiamai e senza neanche salutarla o chiederle niente cominciai a darle istruzioni su dove doveva entrare e che scala doveva prendere.
“Non c’è più nessuno?” disse con tono timoroso entrando nel mio ufficio.
“No, siamo soli.”
La baciai. Mi resi conto che non ci eravamo ancora baciati. Lei da rigida e nervosa si sciolse.
“Mettiti lì.” le dissi indicando il divano che avevo a fianco della scrivania. “No, appoggiati sulle ginocchia… Fammi vedere il culo… Mamma mia che culo che hai…”
Rovistai nel cassetto. Tirai fuori i preservativi ed il lubrificante.
“Che fai?” mi chiese accorgendosene.
“Ti voglio scopare.”
“Sì, ma quello?” indicò il tubetto nella mia mano.
“Voglio farti il culo, no? Mi sembra ti sia piaciuto l’altra volta.”
“Sì, ma…”
“Cosa?”
“L’altra volta mi hai colto di sorpresa. Non volevo.”
“Però ti è piaciuto, no? È questo che conta.”
“Sì, ma… io… non l’avevo mai fatto prima.”
“Come?” strabuzzai gli occhi. “Cosa vuoi dire?”
“Eh… che non l’avevo mai preso… dietro.”
“Cosa? Eri vergine di culo? Ti ho sverginato il culo? Porca troia. A saperlo…”
“A saperlo… cosa?”
“Non lo so. Non credevo e anzi, fattelo dire, ma non hai proprio dato quell’impressione ed io di donne ne ho inculate, eh? Ne ho anche sverginate, ma come te nessuna.”
“Come me in che senso?”
“Come te che… boh… che lo hanno preso con quella tranquillità. Fattelo dire: sembri nata per quello, sembri nata per prenderlo in culo. Con il culo che hai poi… Non ci posso credere che nessuno abbia mai provato a fartelo prima.”
“È un complimento? Comunque si, ci hanno provato, mio marito ci prova da anni, ma mi sono sempre rifiutata, oppure mi faceva male.”
“Certo che è un complimento. E con me hai sentito male?”
“No… con te no.”
“Bene… allora scopri quel culo che lo rifacciamo.”
Scosse la testa.
“Dai, troia, fammi vedere quel culo che ora te lo apro.”
Non disse niente, ma dopo qualche istante si girò e non mi guardò più. Lo interpretai come un segnale per poter procedere. Dopo qualche minuto le sue urla di godimento risuonavano nei miei uffici vuoti.
Ero un po’ dispiaciuto di non essermi goduto il momento in cui sentiva per la prima volta un cazzo entrarle nel culo, ma in compenso ero al settimo cielo per avere a disposizione quel culo magnifico, tutto e solo per me.
“Che sfigato deve essere il marito” pensai fra me e me.