Ispirato da R. che spero gradisca lo stravolgimento della storia.
Ero appena uscita dalla doccia quando sentii il suono del campanello. Corsi fuori dal bagno lasciando gocce d’acqua per terra perché non mi ero ancora asciugata bene del tutto. Era un corriere con un pacco per me.
“Può lasciarlo lì appena dentro la porta?” chiesi trafelata.
“No, mi spiace signora, è obbligatoria la firma e la consegna a mano.”
“Può venire su, allora?”
“Sì.”
“Grazie.”
Corsi di nuovo in bagno, presi l’asciugamano e me lo legai sopra ai seni. Poi tornai verso la porta di casa. Mi soffermai un attimo ad osservarmi allo specchio. Ero presentabile. Sì, ok, l’asciugamano arrivava appena a coprire culo e pube ma dovevo solo prendere un pacco e fare una firma. I capelli erano ancora bagnati e spettinati e ricadevano su spalle e schiena restandovi appiccicati per la loro umidità. Ero scalza. “Speriamo che il corriere non sia un vecchio bavoso.” pensai sapendo che avrei comunque destato il suo interesse maschile nel presentarmi in quel modo.
Era un ragazzo. Neanche poi male. Notai il suo sguardo che mi percorse il corpo. Colsi il suo desiderio che il nodo dell’asciugamano si sciogliesse proprio mentre mi dava il pacco e la tavoletta su cui firmare. Io sentii che un lembo del telo si aprì leggermente mentre mi chinavo in avanti. Non penso che lo fece in modo sufficiente da lasciare scoperto un pezzo di pelle nuda, ma nel caso il ragazzo avrebbe notato che mi ero appena depilata completamente. Gli sorrisi prima di salutarlo, lui sorrise indietro. La mia visione l’aveva gradita. Gli sarei rimasta in testa per il resto della giornata, probabilmente. Mi sentii fiera di me. E anche un pochino eccitata.
Il pacco. Lo aprii impaziente. Intuivo da chi arrivasse ed infatti era così. Conteneva una busta, un qualcosa di morbido avvolto in della carta e un pacchettino. Aprii la busta. C’erano le istruzioni.
“Spogliati nuda.”
Lasciai cadere a terra l’asciugamano e fin qui ero già pronta.
“Indossa le scarpe più eleganti che hai. Vai davanti ad uno specchio.”
Presi le mie décolleté Gianvito Rossi dorate ed andai di fronte allo specchio che avevo nella cabina armadio.
“Apri il pacchetto e indossa quello che c’è dentro.”
Una collana di perle. Elegante e bellissima. Ero nuda, in tacchi e collana. Mi sentivo bella. Mi venne da toccarmi. Mi scattai una foto. Poi gliela avrei mandata.
“Ora indossa il vestito e nient’altro.”
Avvolto nella carta c’era un tubino nero leggero con spalline. Era perfettamente della mia taglia. Mi cadde addosso avvolgendo il mio corpo ed esaltandone le forme meglio che se fossi nuda. Arrivava a metà coscia, aderiva perfettamente a fianchi e culo e sul davanti rimaneva teso sui seni. Ero eccitata e i capezzoli restavano evidenti attraverso il tessuto.
Dal vestito era caduto un foglietto e riguardava l’ultima istruzione contenuta nella busta. Era un biglietto per uno spettacolo alla Scala, sabato sera: l’opera Il principe Igor di Borodin.
“Sabato vieni così vestita. Nient’altro. Niente. Ti concedo solo un po’ di trucco e un paio di orecchini. Troverai un’auto ad aspettarti sotto casa. Buono spettacolo.”
Mi eccitai ancora di più. Adoravo quelle sue soprese, il modo in cui mi controllava e in cui io obbedivo a tutte le sue richieste. Gli inviai la foto di me nuda mentre intanto iniziavo a toccarmi per raggiungere un orgasmo prima di andare a finire di asciugarmi e vestirmi.
Esitai un momento prima di uscire così com’ero in strada. Mi sentivo esposta, quasi nuda. Lo ero sotto al vestito e mi sembrava che chiunque mi avesse guardato l’avrebbe intuito. Era così esplicito. Fu l’imbarazzo a frenarmi, ma fu anche l’eccitazione.
L’autista che mi aspettava fuori dalla sua auto parcheggiata davanti a casa mi diede la conferma. Fu professionale ma lo notai il modo in cui mi guardò. E mi accorsi di quante volte mi lanciò uno sguardo attraverso lo specchietto. Io ricambiavo e sorridevo divertita del fatto che non riuscisse ad osservare più in basso dove avrebbe visto le mie gambe aperte e la mia figa esposta all’aria.
A teatro il mio aspetto si confondeva di più in mezzo a tante donne eleganti. Certo non ce n’erano molte provocanti come me, ma erano comunque appariscenti per cui non sentii tutti gli sguardi maschili su di me, nel loro tentativo di spogliarmi con l’immaginazione.
La maschera mi accompagnò al palco laterale riservato per me e appena prima di augurarmi buona serata estrasse dalla sua giacca una busta e me la consegnò, senza aggiungere altro.
Dentro c’era un foglio e una striscia di seta.
“Indossala durante il secondo atto, quando inizia la danza delle fanciulle polovesiane.”
La striscia di seta era una benda. Mi voleva cieca, mi voleva concentrata soltanto sugli altri sensi. Avrei dovuto ascoltare la musica e, mi immaginai, percepire le altre sensazioni che lui aveva in mente per me.
L’opera iniziò, io non riuscii a seguirla con attenzione. La mia mente era rivolta ad altro. Fremevo nell’attesa di sapere cosa mi sarebbe successo durante il secondo atto. Mi concentrai solo per essere sicura di non perdere il momento giusto.
Sapevo bene qual era il pezzo a cui si riferiva. Me lo aveva fatto ascoltare nei mesi precedenti. Aveva cercato di rendermi edotta di tutte le cose che sapeva lui sulla musica e si era concentrato spesso su quel brano. In realtà aveva già tutto in mente. Era stata una preparazione a questa serata. Non vedevo l’ora che arrivasse il momento. Ero eccitata.
Quando mi legai la benda dietro alla testa mi accorsi di come la musica diventò parte di me. Nel buio c’era solo quello e il mio udito era diventato più attento, tanto da sentire il rumore della porta del palco aprirsi. Qualcuno era entrato. Lui era entrato. Ero nervosa, ma anche eccitata.
Sobbalzai quasi di paura quando sentii un tocco leggero partire dalla mia spalla e andare verso il collo, fin dietro l’orecchio. Un brivido percorse il mio corpo. Da un altro leggero tocco sul fianco capii che dovevo alzarmi. La musica accompagnava i miei movimenti lenti. Lui mi porse una mano per aiutarmi a spostarmi senza vedere niente. Mi condusse verso la parte retrostante del palco, al riparo dalla vista di chiunque. Mi spinse contro la parete a cui io appoggiai le mani.
Una sua mano iniziò, a ritmo di musica, a risalire dalla mia caviglia percorrendo tutta la gamba. Quando l’orchestra aumentò il ritmo le sue dita avevano trovato la mia figa bagnata e desiderosa di essere aperta. Cominciò a masturbarmi in perfetta sincronia con le note. Io mi stavo sciogliendo. Faticavo a reggermi in piedi per l’eccitazione.
Poi ci fu una brevissima pausa, un istante di silenzio prima del rullare dei tamburi e dell’accentuarsi degli archi. Qualcosa di duro, di caldo, sostituì la sua mano. Il suo cazzo, il suo bel cazzo grosso si fece largo tra le mia labbra accoglienti.
Non riuscii a trattenere qualche gemito, ma ero sicura che i suoni che avrei emesso sarebbero stati coperti dalla musica. Mi dava i colpi restando a tempo con l’orchestra. E quando la musica rallentò anche il suo cazzò rallentò. E poi di nuovo impetuoso, come l’opera di Borodin.
Lo sentivo forte, grosso, inarrestabile. Quasi più del solito. Ero travolta da lui e dalla musica. Dalla sua potenza e dalla sua dolcezza nei momenti più tranquilli. Di mio colavo e godevo. Un orgasmo quasi continuo, senza mai raggiungere veramente l’apice ma senza che mai si spegnesse.
Poi, quando la musica si fece più sospesa, quasi in pausa preparatoria al finale, sentii che la collana di perle che portavo al collo si slacciò. Istintivamente cercai di bloccarla con una mano, ma trovai la sua. Non si era slacciata da sola, l’aveva fatto lui volontariamente. Capii subito dopo il perchè.
Il suo cazzo era appena scivolato fuori dalla mia figa ma venne subito sostituito dalla sua mano, anzi dalle sue dita, anzi dalla collana che lui mi spinse dentro.
L’orchestra stava aumentando pian piano ritmo e volume mentre lui mi rigirava le perle dentro alla figa. Io stavo per impazzire. Volevo urlare ma non potevo. Godevo ma dovevo contenermi. Questo suo gesto così insolito e inaspettato mi aveva eccitato a dismisura. Adoravo queste sue trovate perverse.
Ma il suo piano era perfetto ed aveva in mente ancora qualcos’altro. Seguendo il crescendo musicale lui appoggiò il suo turgido membro contro il mio ingresso posteriore, quello per cui dovevo essere veramente molto eccitata per poterglielo concedere senza problemi. E quello era il momento. Mi aprì come niente. Sarà che intuivo il momento delle sue spinte perché in sincronia con la musica, sarà che i miei umori colavano lungo le gambe e i miei muscoli erano ormai totalmente rilassati ed io ero nelle sue mani.
Mentre tutta la gente a teatro raggiungeva il pathos emozionale guidato dalle armonie del compositore russo, io godevo e lui mi sborrava in culo. L’applauso che ne seguì lo sentii quasi come se fosse rivolto a noi due e questo mi fece crollare a terra, esausta e completamente ebbra di piacere.
Quasi non mi accorsi che lui era uscito dal palco. Mi tolsi la benda qualche minuto dopo, mentre l’opera riprendeva e mi ritrovai sola nel palco e mezza nuda a causa del vestito che si era aggrovigliato intorno ai miei fianchi. La collana di perle scivolò fuori dalla mia figa ed io me la rimisi al collo così, umida e odorosa com’era. Una goccia si staccò da essa e lentamente scivolò lungo il mio corpo, passando tra i seni. Con un fazzolettino mi pulii attorno al buco del culo dal quale però non era uscito quasi niente. Tutta la sborra era ancora dentro di me.
Rimasi imbambolata e sognante per gli altri atti dell’opera. Rilassata e compiaciuta e restai così fino a casa quando solo il buttarmi sotto la doccia mi ridestò e riportò sulla terra.
“Grazie per ieri sera.” gli scrissi.
“Ti è piaciuta l’opera?” mi rispose sornione.
“L’opera? La tua opera.”
“Non era mia. Era di Borodin.”
“Scemo. Sai cosa intendo.”
“No, dimmi, cosa intendi?”
“L’opera che è stata fatta… sul mio corpo.”
“Al tuo corpo?”
“E alla mia mente.”
“E cosa è stato fatto?”
“Sono stata… presa, posseduta.”
“E da chi?”
“Da te?”
“Da me? Sei sicura? Mi hai visto?”
“No, ma…” mi sorse un dubbio.
“Come fai a sapere che ero io?”
“Beh, eri tu… no?”
Lui non mi rispose più. Lo fece apposta credo. Per farmi pensare, rimuginare. Ripensai alle sensazioni. Ripensai a quel cazzo, a quelle mani, ai suoi gesti. Non poteva che essere lui. Chi altri avrebbe potuto essere. Certo che era lui… eppure…
In quei momenti ero sopraffatta dalle emozioni e non avevo avuto modo di fermarmi a pensare, ma in effetti c’era stata qualche sensazione anomala. Quando avevo sfiorato la sua mano che mi toglieva la collana… C’era stato qualcosa di strano, a ripensarci ora. Poteva non essere la sua mano? L’avevo appena toccata, non potevo rendermene conto.
Avrei riconosciuto il suo modo di gemere mentre mi scopava, ma con la musica non lo avevo potuto sentire bene. E il suo cazzo? Non potevo non riconoscere il suo cazzo e il modo in cui lo usava. Ero sicura che fosse lui? Le dimensioni sembravano quelle, anche se…
Quando mi era entrato in culo nella mia testa era balenato il sollievo per essere così tanto eccitata perché mi ero sentita aprirmi dietro come non mai. Mi ero sentita allargata, forse più del solito. O era soltanto una sensazione dovuta al contesto di eccitazione incontrollabile.
Ma se non era lui, chi altro avrebbe potuto essere? Perché mi aveva fatto mettere la benda? Solo per aumentare le mie sensazioni uditive e tattili oppure perché non dovevo vederlo? Oppure solo per fare poi questo giochino perverso di farmi nascere i dubbi?
Arrivò la sua risposta, che però era un’altra domanda:
“Ti ecciterebbe di più se fossi stato io su quel palco o se fosse stato un altro uomo, a te sconosciuto?”
Stavo per rispondergli ma poi mi bloccai. Qual era la risposta vera? Perché il pensiero che potesse essere un altro invece di spaventarmi mi stava facendo eccitare ancora di più? L’idea di essere stata così troia per qualcuno che neanche conoscevo era perversamente folle ma eccitante.
“Perché avresti dovuto farmi scopare da un altro?” gli risposi rilanciando con una domanda.
“Perché adoro quando fai la troia. Non ti sentivi già sufficientemente troia solo per come eri vestita? Con niente sotto. Come ti sentivi ad accorgerti come ti guardavano? Come ti sei sentita quando la maschera ti ha fatto passare per farti salire le scale davanti a lui? Hai pensato che potesse guardarti il culo e accorgersi che sotto eri nuda, vero?”
Sì, era vero, ci avevo pensato, avevo fatto caso a quel suo gesto e mi ero eccitata a sculettargli davanti. Ma come faceva a sapere come si era comportata la maschera. Che avessero un accordo fra loro era evidente perché era stato lui a darmi la busta con la benda. Potevano avere un accordo più ampio che prevedeva che fosse lui a dovermi scopare nel palco. Ma la maschera era un ragazzo giovane. Un bel ragazzo, anche. Ma non mi sembrava nel suo stile scoparmi in quel modo. Ma se non lui, chi altro?
“Quindi chi è stato? Dimmelo. Sei stato tu, vero? Non mi prendere in giro.” dissi disperata.
“Che importa chi è stato?”
“Come che importa? Certo che importa. Voglio sapere chi mi ha scopato. Chi mi ha inculato. Chi mi ha infilato le perle nella figa. Dai, sei stato tu. Questa cosa della collana non può che essere stata una tua idea.”
“Potrei averglielo suggerito.”
“Stronzo. Dimmi la verità.”
“Facciamo così. Ho dei biglietti anche per sabato prossimo. Ci andiamo insieme. E ti scoperò su quel palco. Stavolta sarò io, lo saprai, non ti benderò e vedremo se noterai differenze.”
“Tutto uguale? Il vestito, il palco, la collana… il cazzo nel culo?”
“Tutto uguale… o forse no… me lo dirai tu.”
Era stato lui, era stato sicuramente lui. Era il suo stile. Chi altri poteva scoparmi in quel modo? Chi altri sapeva farmi diventare così? Ne ero sicura… o quasi.
Non gli risposi più. Ero andata a prendere la collana e ci stavo giocando strofinandomela sulla figa e infilandocela dentro. Poi ne avevo preso una estremità e l’avevo infilata anche dietro, nel buchetto posteriore. Ero così davanti allo specchio, a gambe aperte, con le perle che collegavano i miei due orifizi. Mi sfiorai il clitoride e schizzai fino a sporcare lo specchio e sputai fuori dalla figa anche il gioiello che restò a penzolare fuori dal culo.
Sarebbe interessante leggere una continua di questo racconto che approfondisca la voglia di entrambi di farle provare altri uomini.
Grazie per lo spunto. Vedrò se trovo l’ispirazione giusta per scriverlo.