La casa era piccola e non tenuta benissimo ed era poco dietro la pineta, in una zona isolata. Dentro c’era confusione, tanta roba ammonticchiata e non era il massimo della pulizia. Un posto da cui normalmente sarei scappata in fretta, un posto in cui normalmente l’ultimo pensiero che mi sarebbe venuto sarebbe stato quello di farci sesso.
Il cane scorrazzava in casa saltando e scodinzolando fra di noi, che intanto eravamo rimasti di nuovo un po’ in imbarazzo, incerti sul da farsi.
“Vuoi farti una canna?” mi propose l’uomo per rompere nuovamente il ghiaccio, dopo i fatti successi in spiaggia.
Non ne avevo mai fumata una, neanche ai tempi dell’università quando fra i miei amici andavano forte. Non mi era mai piaciuto lasciarmi andare del tutto, perdere in qualche modo il controllo, rilassarmi in modo eccessivo. E forse questo mio atteggiamento ora iniziavo a pagarlo e avevo bisogno di superarlo.
“Sì.” gli risposi convinta ma quasi stupita da me stessa.
Lo vidi prepararne una con maestria. Mentre lui faceva quello io, non sapendo che altro fare, iniziai a spogliarmi, appoggiando delicatamente e in modo ordinato i vestiti su un piccolo ripiano che mi sembrava abbastanza pulito. Lui mi guardò divertito fino al momento in cui rimasi completamente nuda di fronte a lui, completamente vestito e con una canna in mano.
Ce la fumammo sul divano. In silenzio.
Mi sentii leggera, spensierata. In quel momento avrei dovuto essere a stressarmi sul lavoro e invece ero in compagnia di un uomo sconosciuto che nel giro di poco mi avrebbe scopato. Sentivo un forte senso di colpa per quello che stavo facendo, anche perché stavo per tradire mio marito oltre che non rispettare i miei impegni. Ma quel senso di colpa lo stavo scacciando, come mai avevo fatto prima, e questo mi faceva sentire bene.
“Finiscitela pure.” mi disse il mio compagno di fumata mentre si lasciava scivolare giù dal divano per posizionarsi fra le mie gambe aperte. Ricominciò a leccarmi, come già aveva fatto in spiaggia, evidentemente gli piaceva molto farlo ed io non lo fermai di certo. Da quanto tempo qualcuno, cioè mio marito, non mi aveva leccato la fica così a lungo e con così tanta golosità?
“Girati.” mi disse ad un certo punto e mi fece posizionare con le ginocchia a terra e il busto sulla seduta del divano, a pecorina, completamente esposta. E riprese a leccarmi da dietro, facendomi stare costantemente in uno stato di quasi orgasmo.
Sussultai quando la sua lingua, risalendo, si insinuò fra le pieghe dell’ano. In quel momento il senso di colpa per quello che stavo facendo risalì impetuoso. Non avrei dovuto essere lì e però mi stava piacendo immensamente trasgredire in quel modo. Lo spazzai via grazie alle ondate di un orgasmo potente, accompagnato da una visione perversa: io nella stessa posizione e con la stessa lingua su per il culo, ma nella sala riunioni che mi attendeva quella mattina, di fronte a tutti quelli che mi avevano aspettata invano.
“Quanto cazzo sei porca? Ti voglio scopare…” mormorò l’uomo, tirandosi su.
Mi girai a guardarlo, vogliosa e desiderosa di essere penetrata dal suo cazzo duro. Lo osservai mentre si apprestava a farlo, mentre appoggiava la cappella contro le mie labbra umide.
“Aspetta, non hai un preservativo?” gli chiesi in un barlume di lucidità, tornando per un attimo quella responsabile.
“No, cazzo… li ho finiti… non pensavo di avere una occasione così…” disse lui sconfortato.
Io sentii che ne avevo troppa voglia per fermarlo. Capivo che se avessi interrotto quella situazione a causa di un comportamento razionale sarei ricaduta nella vecchia me stessa e avrei rinnegato quella liberazione, quell’uscire dagli schemi, quella mia rinascita. Ma come potevo farmi scopare senza protezioni? Provai a trovare una soluzione.
“Senti…” dissi. “Io è da anni che scopo solo con mio marito… e anzi negli ultimi mesi l’abbiamo fatto pochissimo… quindi… cioè… di me ti puoi fidare… sono sana…”
“Io…” intevenne lui fermandosi a riflettere in modo che mi sembrò sincero. “Io è da questa estate che non scopo. C’è una che viene qui in vacanza con i figli ma senza il marito. E viene qui a farsi scopare tutte le volte che può… quindi anche io credo di essere a posto, se ti fidi.” concluse speranzoso.
“Con lei lo facevi protetto?”
“Non sempre… più che altro nei giorni a rischio per motivi anticoncezionali…”
“Oh cazzo!” esclamai.
“Cosa?”
“Eh, manco ci stavo pensando a quello… cioè io mi fiderei anche di te però…” mi misi a conteggiare mentalmente i giorni. “Eh… sarei un po’ a rischio come periodo del mese. Merda.”
“Be’, però se per il resto ti fidi…” azzardò lui.
“Cosa?”
“Un modo ci sarebbe…”
“E quale?”
Non mi rispose a voce. Si infilò due dita in bocca, umettandole bene di saliva e poi le premette contro il mio ano, già ammorbidito dal suo lavoro di lingua.
“No… non l’ho mai fatto…” dissi incerta.
“Ti eri mai fatta leccare la fica da uno sconosciuto in spiaggia?”
“No, neanche quello…”
Di nuovo una lotta interna a me stessa, tra il senso di colpa e la lussuria che spingeva per continuare ad osare, con la paura che un momento del genere, un momento per uscire completamente dal mio solito modo di essere non sarebbe più tornato se lo avessi interrotto. Vinse la lussuria, anche perché si alimentava proprio con il senso di colpa, col piacere di superarlo, per una volta.
“Ok, inculami.” conclusi risoluta.
Lui si sputò sul cazzo e lo puntò contro il mio buco del culo.
“Aspetta…” dissi quasi allarmata.
“Tranquilla, faccio piano. Sono bravo. Non sai quanta pratica ho fatto questa estate, con quella.”
“No, non volevo dire questo. Anzi. Non farti troppi scrupoli. Ne ho bisogno. Devo sentirmi punita per quello che sto facendo.”
“Ok.” e iniziò a farsi largo inesorabilmente attraverso il mio sfintere.
Era stata una piccola concessione al mio senso di colpa. Il sentirmi presa in quel modo animalesco non per mia volontà ma per costrizione. Ma il dolore iniziale si trasformò ben presto in piacere e la verità dovetti ammetterla anche con me stessa. Volevo essere lì, volevo ricevere quella sodomizzazione da quello sconosciuto. Al diavolo la vecchia me, che non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Quanto cazzo era bella e piacevole quella inculata ad opera di un cazzo caldo e reale rispetto alle tante inculate metaforiche ricevute sul lavoro, compresa quella che probabilmente avrei ricevuto quella mattina, se avessi fatto il mio dovere.
E mentre il cazzo di lui stantuffava con effettiva maestria nel mio culo, nella mia testa si formò un’altra immagine. Quella volta non ero nella sala riunioni, ma ero nella mia camera da letto e ad assistere non c’erano i clienti ma c’era mio marito. Con lui non scopavo in un modo decente da troppo tempo. Colpa mia sicuramente, ma forse anche lui non riusciva a farmi lasciare andare come lo ero con quello sconosciuto. E nonostante lo amassi capii che da quel momento in avanti c’era una cosa a cui non avrei potuto rinunciare più: delle scopate così, clandestine, bestiali, passionali. Sesso per il gusto di fare sesso. Mi era sempre mancato, ero sempre stata troppo inibita.
Le ultime ondate di piacere si infrangevano contro la mia mente. L’atto sodomitico era finito già da alcuni minuti e sentivo la sborra colare fuori dal mio buchetto. Ero in estasi, completamente dissociata dalla realtà. Non mi ero mossa, ero rimasta nella stessa posizione, da cagna. Il mio amante, invece, si era seduto esausto, crollando sul divano al mio fianco. Impiegai un po’ di tempo per ricollegare le mie sensazioni alla realtà.
Una lingua mi leccava la fica, con ampie e rapide lappate. Non poteva essere la sua, era ovvio, ma non me ne resi conto subito. Mi girai spaventata. Il suo cane stava gustandosi i miei succhi che avevo abbondantemente espulso durante tutto l’amplesso.
“Oddio.” dissi, senza però distogliermi.
“Ti piace?” chiese lui beffardamente.
“No…” bofonchiai.
“Devo fermarlo?”
“No.” dissi più decisa.
“Perché?”
“Non lo so. È troppo folle per fermarlo. Sono impazzita. Non sono più io.”
“Anche quella che scopavo questa estate si faceva leccare da lui.”
“Ah…” mi sentii meglio a sentirglielo dire. Non ero solo io ad essere impazzita, allora.
“Ed è andata anche oltre…” lui fece questa allusione.
“Fermati.” lo intimai.
“Perché?”
“Perché non sono in me. Non so cosa potrei fare. E quindi ti fermo prima che qualsiasi cosa possa anche essere solo immaginato.”
“Perché potresti farlo anche tu?” mi incalzò.
“Non voglio neanche pensarci.”
“Però ci stai pensando, vero?”
“Basta, stronzo. Inculami di nuovo, se vuoi, fammi quello che vuoi, ma non farmi pensare.”
Mi rialzai, scacciando via il suo cane, e fissando il suo padrone con rabbia negli occhi.
“Quello che voglio?”
“Sì. Tu. Ma puoi farmi quello che vuoi. Tu.” dissi spaventata ma risoluta.
“Ci vieni a pranzo con me? In un ristorantino sul porto?”
“Ok…” risposi quasi delusa.
“Ma prima…” alzò una mano mettendola fra i nostri due visi e la chiuse a pugno. “La vedi questa?”
“Sì.”
“Visto che non posso infilare il cazzo nella tua bella fica…”
“Cosa?” chiesi temendo di aver capito.
“Ti ci infilerò la mano…”
Deglutii nervosamente, spaventata. Ma non tanto dall’azione che lui mi stava prospettando. Ero spaventata dalla mia reazione intima, quella che stavo nascondendo a lui e a me stessa. Ero curiosa, ero vogliosa di provare. Di superare ogni mio limite. Di essere perversa come mai prima. Avevo superato un bordo e stavo cadendo in un burrone ma mi stava piacendo. Non avevo nessuno che mi giudicava. Nemmeno me stessa ed era quella la cosa incredibile.
Potevo fare quello che volevo. E soprattutto quello che non volevo.
Quando il cane è il migliore amico della donna e non solo dell’ uomo 😉