Scelta per le sue qualità, anche quelle inconfessabili…
I
l’avevo incontrato qualche giorno prima ad una riunione di lavoro. era un uomo affascinante, circa quarant’anni, bel fisico e molto elegante. avevamo battibeccato durante tutta la riunione. non eravamo d’accordo su nulla ed inoltre sembrava che ci avesse preso gusto a contraddirmi. in fondo io ero solo una ragazza neolaureata. se anche avevo ragione non me la avrebbe mai data.
a fine riunione, però, mi concesse l’onore delle armi. mi raggiunse in corridoio, a distanza da tutti gli altri e mi disse:
“complimenti dottoressa. lei è proprio un osso duro. ho apprezzato come difende le ragioni del suo cliente. non è che per caso le interessa un lavoro? non mi dispiacerebbe averla dalla mia parte, la prossima volta.”
“ci penserò.” risposi.
“mi lascia il numero? così ci sentiamo per incontrarci.”
“non sarà solo un trucco per estorcermi il numero?” feci questa battuta, ma poi mi morsi la lingua. avevo esplicitato che il nostro scontro lavorativo si era svolto anche su un piano di seduzione. avevo fatto capire che avevo colto anche io la tensione erotica che si era unita a quella professionale. lui la prese comunque bene e replicò con un battuta.
II
“prima sono molto impegnato, venga alle 19, così nessuno ci darà noia.” mi disse al telefono. mi aveva chiamata il giorno successivo, per vederci l’indomani. “se poi il colloquio si conclude come mi auguro la porto fuori a cena per festeggiare.”
fui turbata da questa proposta che faceva sembrare il colloquio più come un appuntamento galante che di lavoro. pensai che lavorare con uno che ci provava con me non sarebbe stato l’ideale. poi pensai che era davvero un bell’uomo e che anche io ne ero attratta. il che rendeva le cose ancora più pericolose. riflettei sul fatto che normalmente gli uomini con cui avevo a che fare ci provavano costantemente, per merito della mia bellezza. io giocavo sul mio essere sexy anche al lavoro, ma non avevo mai pensato di andare oltre al gioco seduttivo. con quest’uomo, invece, sentivo che sarei stata capace di superare qualche limite. avevo paura e nel contempo desiderio.
“la avviso che ci sarà anche il mio socio, così conoscerà anche lui.” questa precisazione mi rassicurò e nello stesso tempo mi smorzò una sensazione trasgressiva che sentivo al basso ventre.
III
“dottore, allora io vado.” disse la segretaria, giovane e carina, affacciandosi nello studio. io ero seduta su un divanetto. lui stava ultimando il lavoro della giornata ma mi aveva già fatto entrare nel suo studio, dicendo che aveva quasi finito. andata via la segretaria eravamo dunque rimasti soli. dalle finestre entrava la luce del tramonto.
mi alzai per guardare fuori. ero vestita in modo molto elegante. professionale ma sexy. indossavo degli stivali, una gonna aderente lungo fino al ginocchio, una camicia. avevo i capelli tirati su e qualche gioiellino ad impreziosire il mio volto.
“chiamo il mio socio così iniziamo.” disse lui. sembrava aver proprio atteso che la segretaria se ne andasse, o era stata solo una coincidenza?
ebbi un sussulto quando lo vidi entrare. era più giovane e persino più bello. più che una coppia di professionisti sembravano usciti da una rivista di moda. tutta questa situazione mi fece essere un po’ imbambolata durante la prima parte del colloquio. temetti di stare facendo una brutta figura. i miei pensieri si perdevano negli occhi dei miei interlocutori.
IV
“questa è la cifra che potremmo darti ogni mese.” mi passarono un foglietto con sopra dei numeri. mi sembrava che ci fosse uno zero di troppo. mi sembrava troppo alta.
“al mese?” chiesi per essere sicura di avere capito bene.
“sì, ma come capirai per una cifra del genere sarà richiesto un impegno particolare.”
“certo, io sono una che non ha paura di lavorare tanto.”
“non si tratta solo di lavoro.” mi dissero quasi in coro e mi guardarono sorridendo. mi tremarono le gambe e sentii una strana eccitazione farsi largo nel mio corpo.
ci guardammo per alcuni istanti, in silenzio. non ero sicura di avere intuito bene.
“torna un attimo alla finestra, come eri messa prima quando guardavi fuori.” mi disse il mio futuro capo.
io eseguii. cosa stavo facendo? lo volevo veramente fare? mi dicevo di no, ma non resistevo.
“sei molto bella. se ti chiedessi di alzarti la gonna, lo faresti?”
non risposi, ma lo feci. misi in mostra, nella penombra della stanza, il mio culo che tanti giudicavano perfetto, coperto solo da delle mutandine che si infilavano fra le chiappe.
mi venne vicino il socio. mi abbracciò da dietro. mi bacio sul collo e con una mano mi palpò il culo.
“non ti forzeremo a fare nulla. sarai sempre anche tu a volerlo fare. ti piacerà.”
“com’è?” chiese l’altro.
“già molto bagnata” rispose lui, tastandomi il pube infilando le dita sotto le mutandine.
“dimmi solo una cosa.” mi sussurrò nell’orecchio. “sei abituata a prenderlo nel culo? ti piace?”
pensavo che non sarei riuscita a parlare, ma dalla mia bocca uscì un “Sì.” che suonò proprio come una accettazione di tutto, un via libera su tutto.
“allora andremo molto d’accordo.” disse. mi afferrò un polso e guidò la mia mano sul suo cazzo che, non so come, aveva estratto dai pantaloni. sentii le gambe cedere al percepire il turgore e le dimensioni.
V
telefonai al mio ragazzo dal bagno del ristorante di lusso in cui eravamo andati, come preventivato, a festeggiare l’accordo raggiunto. quando eravamo entrati avevo sentito tutti gli sguardi su di me. ero una bella ragazza, insieme a due begli uomini eleganti, ma il terribile sospetto che mi venne fu che loro fossero conosciuti e che tutti capissero cosa significava la mia presenza insieme a loro. mi sembrava che tutti potessero intuire cosa fosse successo pochi minuti prima nel loro ufficio. questo pensiero mi fece quasi cedere le gambe e nello stesso tempo mi fece salire una eccitazione perversa e colpevole.
durante la telefonata mentii su molte cose. non gli dissi la vera cifra che avrei guadagnato. non gli dissi come erano i miei due nuovi capi. non gli dissi dell’indolenzimento che sentivo nei muscoli anali, così intensamente sollecitati poco prima.
mi sentii tremendamente in colpa quando si mostrò molto felice per me e la mia nuova opportunità di lavoro.
gli dissi che mi avevano detto di avere grandi aspettative professionali su di me, che non avevano mai avuto una così brava, preparata e decisa. era vero che me l’avevano detto, ma omisi di dirgli anche il resto del discorso che mi avevano fatto, nel quale avevano elogiato il fatto che mi ero concessa a loro in modo così completo fin dalla prima volta.
“bene, dai, stasera festeggiamo!” mi disse il mio ragazzo, alludendo a qualcosa di inequivocabile.
“ah, non so. sono molto stanca, non aspettarti troppo…” gli risposi, mordendomi la lingua e scacciando il senso di colpa gigantesco. reso ancor più grande dal fatto che poco prima mi era nata una voglia inconfessabile. appena abbandonato il tavolo, infatti, dirigendomi in bagno con i loro sguardi piantati sul mio fondoschiena, mi ero chiesta se non poteva scapparci un ulteriore salto in studio dopo cena. quel pensiero mi aveva fatto sentire estremamente troia, ma non riuscivo a scacciarlo. avevo sorriso pensando alle loro facce quando glielo avrei proposto.