Do ut des

Ero riuscito ad entrare in un esclusivo circolo sportivo romano, di quelli frequentati da gente importante, grazie all’invito della mia amica Lavinia, ricca figlia di nobiltà capitolina. Ero lì con lei con uno scopo preciso: trovare qualcuno disposto ad aiutarmi in un mio progetto, una idea imprenditoriale che avevo. Avevo bisogno di appoggi per riuscire a farlo, aiuti finanziari ma anche appoggi politici. Io ero giovane e non ero nessuno. Avevo bisogno di qualcuno che potevo trovare solo in quel posto.

Lavinia mi introdusse e mi presentò a qualcuno che lei conosceva, in modo che io potessi esporre il mio piano, ma ricevetti soltanto finti apprezzamenti e deboli manifestazioni di interesse.

“Quello chi è?” chiesi ad un certo punto a Lavinia indicando un uomo che parlava in mezzo ad altri con fare istrionico e con evidente carisma.

Lei si girò, lo guardò, e fece una faccia strana.

“Quello… quello potrebbe essere l’uomo giusto per te. Di sicuro come può muovere lui le cose ce ne sono pochi. Ma è meglio se ci stai alla larga.”

“Perché?” chiesi io deluso dal fatto di vedere una possibile soluzione sfuggirmi senza neanche provarci. “Ma chi è?”

“Lui… lui non è nessuno. Ufficialmente. Almeno che io sappia. Ma ha una moglie potente e lui ci sa fare. Sa tenere i rapporti. Sa ottenere favori per tutti, ma vuole sempre qualcosa in cambio.”

“Come tutti, no?” chiesi io insistendo nel non abbandonare subito quella pista.

“Sì, ma… lui ha una certa fama…”

“Che fama?”

“Tutti sanno che è un erotomane.”

“Un erotomane?” chiesi stupito.

“Sì. Se gli chiedi qualcosa vuole sicuramente qualcosa di sessuale come contropartita.”

“Ah.” risposi deluso. Io ero disposto a tutto per ottenere finanziamenti al mio progetto, ma probabilmente non avevo nulla da offrire a quell’uomo. “Ma tu lo conosci? Cioè lui ti conosce e potresti presentarmelo? Così, tanto per sentire cosa mi dice.” non mi davo per vinto.

“Ti ho detto che è un erotomane. Secondo te può non conoscere una ragazza come me? Credi che non ci abbia provato più volte a portarmi a letto?”

“Ah. E tu?”

“Ma per chi mi hai preso?” rispose Lavinia con tono offeso anche se la nostra amicizia era così profonda che non se l’era veramente presa per la mia insinuazione sotto forma di domanda.

“Dai, fammi questo favore. Fammici parlare. Non si sa mai. Giusto per non lasciare nulla di intentato.”

“Ok. Va bene. Ma mi pesa, lo vedrai. Vedrai quanto farà il viscido con me. Lo faccio solo per te.”

“Grazie, grazie. Sei la migliore amica che io possa avere.”


“Allora? Raccontami. Cosa ti ha detto? È servito il mio sacrificio di lasciargli fare il viscido con me per presentarti a lui?” Lavinia mi telefonò quella sera dopo che ci eravamo persi di vista nel circolo. Io ero rimasto a parlare con quell’uomo che aveva dimostrato disponibilità ad ascoltarmi, ma lei ad un certo punto se ne era andata.

“Allora… be’… di sicuro lui potrebbe smuovere un sacco di ingranaggi. Sarebbe proprio quello che mi servirebbe per poter partire.”

“Ma? Non mi sembri del tutto soddisfatto.”

“Eh… ma… ma ovviamente avevi ragione. È un pervertito e non lo nasconde. Non si fa scrupoli. È stato piuttosto esplicito.”

“Cosa ti ha chiesto?”

“Ad un certo punto del discorso, dopo avermi elencato tutti quelli che poteva contattare e che potevano essere interessati al mio progetto mi ha detto chiaro e tondo che voleva qualcosa in cambio per il suo interessamento. Mi ha detto che è ricco che io non avevo nulla che potevo dargli che lui non potesse procurarsi da solo. Eccetto una cosa.”

“Il sesso.”

“Sì, più o meno. Io ingenuamente gli ho detto di non essere omosessuale e neanche bisex. Lui si è messo a ridere. Ha detto che sono giovane e che devo ancora capire che ciò che si fa in un rapporto sessuale può non aver nulla a che fare col proprio orientamento sessuale. Ha sostenuto anche lui di essere eterosessuale. Ma che c’è un tipo di sesso in cui non fa differenza se si scopa un uomo o una donna, quello che fa la differenza è il rapporto di forza, il ruolo che ciascuno ha. Attivo o passivo, dominante o sottomesso.”

“Sì, insomma i suoi soliti discorsi per poi scoparsi qualcuno. Ovviamente tu hai rifiutato.”

“Non è che ho rifiutato. Non voleva una risposta. Lui mi ha semplicemente detto: questi sono i termini dell’accordo, io ti aiuto se tu… insomma. Cioè se voglio che mi aiuti devo solo rendermi… ehm… disponibile a… insomma hai capito.”

“Certo. Che stronzo pervertito. Quindi è stato inutile. Ora a chi pensi di rivolgerti?”

“Non lo so. Cioè. In realtà io… cioè… ci sto pensando.”

“A cosa?”

“Cioè voglio dire… in fondo… se lui veramente avesse il potere di dare il via a tutto… forse un piccolo sacrificio ci potrebbe stare…”

“Non ci credo. Davvero ci stai pensando? Ad andare con lui? Cioè a farti scop… che poi sarebbe farti inculare, da lui?”

“A tanti piace, no? Non sarà poi così terribile. E male che vada me la cavo con… cioè via il dente e via il dolore, una cosa così.”

“Guarda che lui… cioè non è normale… non è come fare qualcosa che non ti piace tanto o come farlo con una che non ti piace… è diverso.”

“Tu l’hai fatto, no?”

“Cosa?”

“Di prenderlo… dietro. Poi forse a noi uomini piace anche di più perché abbiamo… la prostata, no? Dicono che stimolarla è piacevole.”

“No, ma tu non hai capito. Te l’ha detto anche lui. Non sarebbe sesso. Sarebbe sottomissione. Sarebbe una cosa… forse anche violenta. Gli servirebbe per imporre il suo predominio e quindi non baderebbe minimante al tuo piacere.”

“Ok. Capisco. È che sono proprio disperato. È forse la mia ultima possibilità, poi dovrò abbandonare i miei sogni.”

“Dai, vedrai che avrai altre occasioni.”

“Grazie, Lavi.”

“Di niente. Un bacio. Ci sentiamo domani.”


Dopo qualche giorno ero da Lavinia. Era sera ed eravamo nel suo appartamentino in centro. Avevamo bevuto un po’ e stavamo chiacchierando come facevano sempre.

“Scusami, posso riaprire un discorso di qualche giorno fa?” dissi io trovando il coraggio che cercavo da tutta la sera.

“Che discorso?”

“Quello… insomma… il discorso del concedersi sessualmente, per ottenere qualcosa…”

“Non hai ancora rinunciato, allora?” mi chiese con tono accusatorio.

“No, lo ammetto. Per questo volevo chiederti alcune cose.”

Lei sbuffò, ma si mise in attesa di sentire cosa volevo.

“Volevo sapere… ehm… tu quanta esperienza hai di… rapporti anali?”

“Davvero mi chiedi una cosa del genere?” tra noi c’era molta confidenza ma certi limiti non li avevamo mai superati.

“Sì. Scusami, puoi anche non rispondere…”

“No. Ok. Va bene. Ne ho… un po’. A qualche mio ex ragazzo piaceva molto e quindi…”

“Mi puoi dire com’è?”

“In che senso?”

“Cioè, quanto fa male? Come bisogna fare per… farselo piacere?”

“Allora. Sì, può far male. Ti devi preparare. Deve essere tutto ben lubrificato. Ma poi quello che conta è lasciarsi andare del tutto fidandosi totalmente di chi te lo sta facendo. Praticamente se ti abbandoni completamente e non cerchi di difenderti dal possibile dolore allora non proverai dolore. È un po’ un paradosso: se cerchi di non sentire dolore lo senti e viceversa. E a quel punto diventa piacevole. Anche molto.”

“Mi aiuteresti?”

“In cosa?”

“Cioè me lo faresti provare?”

“In che senso?” sgranò gli occhi.

“No, cioè non voglio farlo io a te. Voglio che lo fai tu a me.”

“…” sembrò ancora più stupita.

“Voglio dire… hai qualche sextoy, no… quindi se tu mi aiutassi a provare com’è a prenderne uno finto, mi aiuti a prepararmi… insomma mi alleno per concedermi a… cioè nel caso io decida di concedermi…”

“Hai già deciso, vero?”

“Forse…”

“Guarda che non è la stessa cosa con uno finto… soprattutto non è la stessa cosa rispetto a lui…”

“Cosa vuoi dire?”

“Niente, che la sua fama non è limitata al fatto che è un pervertito erotomane… ma anche per la sua dotazione… importante. Dicono che è grazie a quello che ha fatto strada…”

“O… ok. Però a maggior ragione se mi preparo un po’ prima… forse poi sarà meno traumatico…”

“Ma quindi cosa vuoi che facciamo?”

“Non so, guidami tu. Prendiamo uno dei tuoi sextoy e me lo fai provare, cioè vorrei che fossi tu a… da solo non credo sia la stessa cosa.”

“Ma… adesso?”

“Sì… se ti va.” dissi con fin troppo entusiasmo.

“Prima però dovresti prepararti…”

“Cioè?”

“Cioè pulirti…”

“Sono pulito.”

“…dentro.”

“Ah. E come…?”

“Io ho le cose per farlo… un clistere.”

“Ah.”

Mi spiegò come fare, mi diede lo strumento e mi disse di andare in bagno, chiedendomi se avevo bisogno di una mano per farlo. Imbarazzato risposi di no. Già mi vergognavo di tutto il resto che avremmo fatto di lì a poco, figurarsi farmi un clistere davanti alla mia amica.

Dopo una decina di minuti tornai fuori dal bagno. Trovai Lavinia che mi aspettava sul suo letto dove aveva disposto i sextoy di cui disponeva, tre vibratori colorati di dimensioni diverse e un tubetto di gel lubrificante.

“Beh?” disse con aria corrucciata guardandomi entrare nella stanza.

“Cosa?”

“Pensi di farlo così?” disse indicando con un gesto il mio corpo dalla testa ai piedi.

“In che senso?” chiesi non capendo.

“Non ti spogli?” disse alzando le spalle come fosse un’ovvietà. In effetti lo era.

Mi denudai dandole le spalle. Provavo imbarazzo nel farlo. Noi eravamo sempre stati solo amici, non avevamo mai fatto nulla di sessuale tra noi, pur essendo molto intimi. La vergogna o forse il pensiero di cosa stavo per fare o forse semplicemente l’idea che Lavinia mi vedesse nudo mi provocò una erezione. Girandomi verso di lei mi venne istintivo coprire con una mano il pene eretto.

Lei mi guardò e non trattenne una risatina.

“Che c’è?” dissi quasi offeso.

“No, niente, scusami. Mi fa solo un po’ ridere il tuo pudore visto quello che ti sto per fare.”

“Hai ragione, è che…” tolsi le mani, mostrandole la mia erezione.

“Ah. Ok.” commentò lei soffermando il suo sguardo sul mio cazzo un po’ più di quello che mi sarei aspettato.

“Scusa.” dissi istintivamente.

“No, no. Meglio così. Se sei eccitato viene sicuramente meglio quello che dobbiamo fare.”

“Ok. Cosa dobbiamo fare?” chiesi sembrano stupido ma il senso era quello che attendevo istruzioni. Lei capì.

“Stenditi qui sul letto. A pancia in giù. E lascia fare a me.”

Obbedii. Poi sobbalzai quando appoggio una mano delicatamente su una mia chiappa.

“Inizio un po’ con le dita, ok?”

Non dissi niente, nascosi la testa nel cuscino. Poi sentii una sensazione fredda e umida e un tocco leggero intorno all’ano. Un po’ di massaggio e poi un dito si insinuò. Era piacevole ma era solo un dito. Andammo avanti così per alcuni minuti.

“Tutto ok? Ora provo col vibratore piccolo.” mi disse Lavinia sussurrando. L’impressione è che anche lei fosse un po’ eccitata dalla situazione insolita.

La sensazione cambiò leggermente, non tanto per l’ingombro ma per la temperatura dell’oggetto. Il dito era caldo, il vibratore freddo.

“Ora mi raccomando, resta rilassato, lascialo entrare.” mi mostrò il cazzo di gomma che avrebbe usato. Le dimensioni cambiavano notevolmente rispetto a ciò che mi aveva infilato fino a quel momento. Poteva essere un cazzo vero e neanche di quelli piccoli.

“Ma quello tu lo usi per…” mi venne istintivo chiederle. Lei mi fulminò con lo sguardo come a dire che erano cose private. Io però mi immaginai Lavinia che si masturbava da sola infilandosi quel cazzo dove le piaceva. Sentii il mio cazzo vicino all’eiaculazione.

“Respira e lasciati andare.” disse puntandolo contro il mio ano. Spinse. Mi sentii allargare. Mi innervosii. Mi irrigidii. Sentii male e la cosa peggiorò.

“No, ferma.”

“Ok, vado più piano. Tu rilassati.”

Mi venne paura. Persi anche tutta l’eccitazione. Se sentivo così quello cosa sarebbe stato con quello di quell’uomo? Quella sera non concludemmo più molto. Non andammo oltre. Io, sconfortato, volli interrompere tutto.

Le sere successive quel rito sodomitico si ripeté ogni volta. Quasi sempre ogni sera andava meglio della precedente, salvo qualche passo indietro. Cominciavo a sentirmi pronto. Eravamo arrivati al punto in cui Lavinia faceva entrare e uscire con rapidità e forza il cazzo finto e io lo accettavo senza problemi, anzi quasi con piacere. Senza quasi. Con piacere, ma cercavo di non darlo a vedere perché mi vergognavo di fronte a Lavinia.

Infine una sera arrivai da lei con un nuovo acquisto. Un dildo di dimensioni notevoli. Le chiesi di usarlo su di me. Feci fatica, sentii male, ma capii che potevo farcela.

Poi scherzammo sul fatto che glielo lasciavo come regalo. Lei disse che non lo voleva, che era troppo grosso, che non se ne faceva niente. Probabilmente era così ma io, quella sera, tornando a casa la immaginai che lo usava anche lei e il pensiero mi eccitò e mi portò poi a segarmi. Rimasi un po’ turbato dai pensieri che stavo sviluppando su quella che restava ancora solo un’amica. Mi dissi che era per non pensare al resto, a quello che stavo per fare con quell’uomo.


“Allora? Com’è andata?” mi chiese Lavinia appena ci vedemmo. Sapeva che avrei dovuto incontrarlo. Glielo avevo detto nonostante sapevo che avrebbe provato a dissuadermi un’ultima volta dal farlo. Non tanto per l’atto fisico in sé, ma per le implicazioni che quello comportava. “Male, direi, dalla tua faccia.”

“Mah… cioè non è andata…”

“Non lo avete fatto?” chiese quasi con speranza.

“No. Cioè, allora. Lui prima di farlo mi ha fatto tutto un discorso. Il concetto era che lui adora sottomettere uomini o donne che siano e che non c’è niente di meglio come sottomissione del rapporto anale. Per gli uomini perché è una cosa da cui di solito rifuggono e per le donne perché avrebbero un’alternativa e se invece danno il culo vuol dire che cercano la massima sottomissione.”

“Si, insomma, bla bla bla… il solito porco che percepisce il sesso solo come sopraffazione dell’altro.”

“No, invece, ti stupirà ma poi ha fatto un altro discorso e alla fine è quello che mi ha fregato. Lui ha detto appunto che ama sottomettere ma lui vuole assolutamente che il sottomesso provi piacere. Lui dice che in quel modo la sottomissione è massima, e a lui piace di più. Anzi gli piace solo così. Dice che provare piacere nel farsi sottomettere è la perversione che a lui piace. Quindi il concetto era che io dovevo provare piacere nel farmi inculare da lui, altrimenti la sottomissione non era valida e con essa tutto il nostro accordo. Ha detto che la scelta di inculare e non fare altre pratiche sessuale serve proprio a quello, perché non si può fingere il piacere in quel caso. Lui se ne accorge se uno finge che gli piaccia in culo. Dice che neanche le donne lo ingannano. Il culo non mente, ha detto.”

“E quindi?”

“E quindi lo abbiamo fatto ma io ero nervoso, non mi sono rilassato, mi faceva male, non mi è piaciuto. E insomma ci siamo fermati subito.”

“E quindi? Tutto finito? Tutto per niente?”

“No. Ha detto che possiamo riprovare.”

“Ah. E pensi che riuscirai la prossima volta?”

“Devo.”

“Vuoi che… insomma, vuoi allenarti ancora?”

“Se… se ti va…”

“Ok. Mi va.”

“Solo che… non so come dire… con te ormai sono troppo a mio agio… con te è facile…”

“Forse ho una idea per metterti un po’ a disagio…” disse mordendosi un labbro con aria maliziosa.

“O… ok…” risposi un po’ timoroso

Tornammo in camera sua, mi spogliai e mi stesi a pancia in su, diversamente dal solito.

“Sai, una cosa che mi ha messo a disagio con lui è che non ha voluto mettermi a quattro zampe come mi immaginavo per scoparmi da dietro. Mi ha messo così come sono, come una donna ha detto lui. Anzi lui ha detto come una troia.”

“Bravo, allora mettiti così. In effetti è più imbarazzante. Ed è perfetto per quello che ho in mente.”

“Sì, era molto umiliante offrirmi così per lui… e lo è anche con te.”

“Bene…” disse ungendosi le dita e iniziando a stimolarmi sotto le palle. “Allora, dimmi, ce l’aveva veramente così grosso?”

“Be’, sì… molto grosso…”

“Più del cazzo finto che mi hai regalato?”

“Mi… mi sembra di sì…” balbettai mentre Lavinia mi aveva infilato almeno tre dita nel culo.

“Più grosso della mia mano?” mi fece vedere davanti al viso la sua mano con le dita tutte unite e strette fra loro.

“No, be’, più della tua mano no…” dissi e quasi non feci in tempo a finire la frase. Lei portò la punta delle quattro dita all’apertura del mio ano e iniziò a spingere, lentamente ma inesorabilmente. Mi sentii dilatare nel momento in cui il punto più largo delle nocche cercava di entrare.

“Aaaah” urlai nel sentire che la mano di lei entrava fino al polso e oltre.

Quel gesto, quella dilatazione, il capire di aver superato un limite, la situazione umiliante e imbarazzante di fronte a lei, il suo sguardo diabolico mentre lo faceva, compiaciuto ed eccitato, il pensiero che sarei riuscito a provare piacere anche con quell’uomo, la stimolazione della prostata. Insomma tutta una serie di cose che portarono ad una unica inevitabile conclusione. Sborrai a lungo fiotti abbondanti lì sul letto di Lavinia.

“Posso dormire qui da te stanotte?” le chiesi esausto e provato. Lei mi abbracciò.


“Non mi sembri così contento. Dopo esserti fatto il culo, hahaha, scusa per la battuta, ma sei tu che hai voluto farlo, non hai ottenuto quello che volevi? Perché sei così?”

Lavinia mi conosceva bene e capì subito che non era andato tutto come dai piani il mio incontro con l’uomo che avrebbe dato una svolta alla mia vita.

“Mi hai detto che è andato tutto bene. Che ti è proprio piaciuto. Che non hai dovuto fingere. E che anche lui è rimasto soddisfatto, che ti ha detto che aveva già messo in moto i suoi contatti, che c’è qualcuno interessato. Insomma, hai ottenuto ciò che volevi. Magari il modo in cui l’hai fatto non è proprio convenzionale, magari moralmente speravi che le cose andassero in maniera diversa, ma insomma tutti questi discorsi pensavo li avessi superati.”

“Sì, sì. Non è quello.”

“E cosa è allora?”

“Che c’è… un ultimo ostacolo… non è finita.”

“Ah. Mi spiace. Ed è un ostacolo difficile? Non pensi di superarlo?”

“È che… non dipende da me.” dissi abbassando gli occhi.

“E da chi dipende?” chiese Lavinia, pronta a darmi sostegno morale, ancora ignara.

“Da… te.”

Il suo viso si corrucciò nell’espressione di chi non capiva.

“Cosa vuoi dire?” mi chiese un po’ preoccupata.

“Il finanziatore. Quello che è pronto a metterci soldi, a far partire il mio progetto. È entusiasta, è convinto, è seriamente interessato. Tanto che me lo ha già presentato. Ma vuole in cambio una cosa.”

“E che cosa?”

“Sa che tu sei mia amica. E tu gli piaci un casino. Vorrebbe… ecco… anche lui un favore sessuale.”

“Eh? Non se ne parla neanche, ma per chi mi ha preso?”

“Eh, lo so.” dissi sconsolato.

“Oh. No, scusa. Ma non può chiedere una cosa del genere. Cioè cosa c’entro io. Sei tu che… No, dai, deve esserci un altro modo. Non può negarti questa cosa solo per me.”

“Hai ragione. Ma mi è sembrato irremovibile. Pazienza. Ci sono andato vicino.”

“Io… cioè… io non posso… mi capisci, vero?” disse lei quasi con le lacrime agli occhi.

“Sì, sì, capisco. Non ti preoccupare. Non avrei dovuto neanche dirtelo.”

“Ma… come te lo ha detto?”

“Cioè?”

“Voglio sapere con quali parole questo uomo ha avuto il coraggio di chiedere una cosa simile.”

“Ha detto… no, va be’, ma che importa come l’ha detto?”

“Dimmelo. Voglio capire il livello di quest’uomo.”

“Mi ha chiesto di te. Ha chiesto se sei la mia ragazza. Era quasi dispiaciuto quando gli ho detto di no. Allora mi ha chiesto quanto ero tuo amico. Quando gli ho detto che eravamo molto amici, molto stretti è sembrato sollevato. Ha pensato che quindi ti avrei potuto convincere e che tu avresti accettato. Io gli ho chiesto ‘convincere a far cosa?‘ E lui ha fatto una battuta.”

“Che battuta?”

“Ha detto che da sempre sogna di far fare un giro al suo cazzo dentro al tuo, ehm, culetto aristocratico.”

“Che porco. Ma tu che gli hai detto?”

“Io? Mah, niente.”

“Come niente?”

“No, va be’…”

“Cioè non hai provato a sentire se era veramente una richiesta irrinunciabile?”

“No, mi ha un po’ spiazzato.”

“E quindi gli hai detto di no ed è saltato tutto?”

“Ehm, no.”

“In che senso?”

“Non gli ho detto di no.” dissi vergognandomi.

“E cosa gli hai detto? Dimmi la verità.” mi guardò sospettosa e incazzata.

“Gli ho detto che… che avrei provato a convincerti.”

“Davvero?”

“Sì, cioè, forse gli ho detto anche che ci saresti stata…”

“Cosa?!? Ma perché gli hai detto così?” mi aggredì Lavinia.

“Non lo so. Mi ha colto di sorpresa. Non mi aspettavo una richiesta del genere e sul momento non me la sentivo di lasciar perdere tutto…”

“Ma tu mi vuoi dire che…?”

“Cosa?”

“Che tu pensavi che io avrei accettato? Lo pensi ancora? Cioè tu vorresti che io accettassi?”

“Io… non so… forse… non è una cosa così tremenda… io l’ho fatta, ecco.”

“Ma… ma tu l’hai fatta per te, cioè per il tuo sogno… io invece sarei solo trattata come una puttana…”

“Lo faresti per me…”

“Vaffanculo! Come puoi chiedermi una cosa così…?!”

“No, scusa. Non sono io ad averlo chiesto, cioè è stato lui…”

“Ma tu gli hai dato corda. Anzi, tu pensi che dovrei farlo… bell’amico…”

“Ma… io… scusami… non intendevo…”

Quella litigata si concluse lì e per qualche giorno io e Lavinia non ci sentimmo.


Invitai Lavinia a cena fuori in un bel ristorante. Volevo festeggiare e lei era la persona con cui volevo farlo. Sembravamo una coppietta di fidanzati e forse l’idea cominciava a non sembrarmi così assurda.

Alla fine le cose si erano risolte. Il finanziatore si era detto disponibile, avevamo fondato una società. La mia idea stava partendo, non sapevo se avrei avuto successo ma almeno ci stavo provando.

Lavinia era visibilmente contenta per me, ma allo stesso tempo sembrava avere dei pensieri.

“Ti ha poi mai detto cosa lo ha convinto a finanziarti?” mi chiese ad un certo punto, dopo che io le avevo raccontato nel dettaglio tutte gli stravolgimenti di quei giorni frenetici.

“No. Credo che alla fine lo consideri un investimento interessante. Cioè, forse se fossi riuscito a parlare subito direttamente con lui… potevo risparmiarmi quella cosa che ho fatto…”

“Mmh, non credo.” disse Lavinia.

“In che senso?”

“Non voglio assolutamente sminuire la tua idea. Cioè secondo me è una grande idea e hai ragione a dire che può essere un investimento interessante. Ma credo che quel tipo di uomini si muova solo se ottiene qualcosa in più. Anche solo per stabilire un rapporto di potere.”

“Be’, ma alla fine lui non ha ottenuto nient’altro che la sua quota per futuri guadagni.”

“Ehm. Veramente no.”

“Cosa vuoi dire?”

“Ci sono stata.”

“In che senso?”

“Ci sono andata a letto. Ci ho fatto sesso.”

“Cosa??? Ma… tutti quei discorsi… perché lo hai fatto?”

“Per te.”

“Ma non dovevi… ora mi sento in colpa.”

“No, non sentirti in colpa. Dovevo perché te lo meritavi. Te lo dovevo come amica. E poi l’ho fatto anche per un altro motivo.”

“Che motivo?”

“Ehm. Una cosa difficile da spiegare. Un pensiero che mi entrato dentro. Ripensavo a quello che avevi fatto tu. Lo avevo trovato estremamente degradante per te. E quello che mi era stato chiesto era degradante per me. Ma questo degrado in qualche modo mi attirava. È come quando non riesci a non guardare una cosa schifosa. Non ti piace ma la guardi. E un po’ alla fine ti piace. Ti disgusta ma ti piace.”

“Sì, un po’ capisco.”

“E quindi non riuscivo a pensare ad altro. Anche la sua espressione: culetto aristocratico. Il mio essere stata cresciuta con questa mentalità da nobile, l’educazione che ho ricevuto ad essere sempre perfetta. Volevo per una volta non esserlo. Volevo per una volta scendere agli inferi. Ho preso informazioni su quell’uomo. Mi ripugnava e per questo mi attirava ancora di più. Ho passato notti a masturbarmi con quel cazzo finto che hai preso tu. Pensando che fosse lui. E quindi alla fine l’ho chiamato.”

“Gra… grazie… non so cosa dire.”

“Non devi dire niente. Ho scelto io di farlo.”

“Ma cosa avete fatto?”

“Cosa vuoi che abbiamo fatto? Si è fatto il giro che voleva farsi.”

“Ma ti è… come dire… piaciuto, almeno?”

“È la domanda che mi sono fatta appena l’ho lasciato. Non mi è piaciuto. Però mi è piaciuto… che non mi sia piaciuto. Era quello che cercavo. Essere umiliata e degradata. Io che sono sempre stata ammirata e riverita. Credo che qualcosa si sia smosso dentro di me anche grazie alle cose che abbiamo fatto tra noi.”

“Quindi non ti sei pentita di averlo fatto?”

“Di sicuro no per il fatto che poi tu hai ottenuto quello che sognavi. Tu ti sei pentito?”

“Uhm. No, direi di no.”


Accompagnai Lavinia fin sotto casa. Poi le diedi un bacio sulla guancia e la salutai.

“Non sali?” mi chiese con tono implorante.

“Vuoi che salga?” chiesi ingenuamente.

Salimmo. Lavinia era diversa dal solito. Mi tenne per mano mentre entravamo in casa sua.

“Ti va di farlo ancora?” mi sussurrò mentre mi accomodavo sul divano.

“Co… cosa?”

“Quello che facevamo…”

“Vuoi farlo?” quando ero in imbarazzo non sapevo far altro che ripetere la domanda.

“Mi piacerebbe. E anche altro.”

“Altro?”

“Sì.”

“Cioè vuoi fare sesso?”

“Sì. Sesso. O forse amore.”

“Che significa? Non siamo amici?”

“Forse qualcosa in più, no?”

“Fo… forse sì. Per me sì. Già da un po’, in effetti.”

“Davvero?”

“Sì, ti amo, Lavinia.”

“Oh. Anche io.”

5 commenti su “Do ut des”

  1. Pingback: Potere – analcoholic

  2. Beh il lavaggio rettale mi ricorda qualcosina..

    Ma senti sono dispiaciutissima del tuo sito cancellato è davvero riprovevole..ma da senza nessuna comunicazione o preavviso.

    Io ci sono anche qui 👄

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