C’era una prima volta…

Racconti giovanili

Questa è una raccolta di racconti che ho ritrovato in un vecchio disco e che avevo scritto prima di aprire il sito di analcoholic. Non credo di averli mai pubblicati prima e non ricordo perché non lo avessi fatto una volta creato il sito, a dire il vero non ricordavo neanche di averli scritti, ma non penso fossero peggio dei miei primi racconti pubblicati. Forse sono un po’ ingenui, non del tutto completati, ma credo abbiano dignità di essere pubblicati tenendo conto di quello che sono: le mie prime prove di scrivere racconti erotici. Alcuni sono stati sicuramente la base per scriverne altri simili anche perché le fantasie erotiche che evocano sono più o meno sempre quelle. Quasi tutti evocano delle prime volte e da questo viene il titolo della raccolta. Forse questo è un po’ il tratto che li identifica come racconti giovanili nel senso che erano il frutto di fantasie generate da quelle che inevitabilmente erano tante prime volte.

…con un superdotato

Il numero di bicchieri di birra vuoti che c’erano sul tavolo del pub giustificava gli argomenti sui quali i nostri dialoghi si erano incentrati. Non ricordo chi di noi amiche avesse tirato fuori il discorso ma eravamo finite a parlare di dimensioni. Di quelle dimensioni, che agli uomini diciamo sempre che non ci importa e non ci facciamo caso, ma, a sentire le mie amiche, non ero l’unica ad apprezzare.

Ognuna portava a testimonianza le sue esperienze ed ognuna cercava di stimare con le mani il più lungo con cui aveva avuto a che fare. Il tasso alcolico non aiutava ad essere precise e probabilmente nei ricordi le cose sono sempre meglio di quello che erano in realtà. Inoltre molte di noi probabilmente tendevano ad esagerare per fare bella figura con le altre. In definitiva sembrava che tutte avessimo avuto a che fare con superdotati da guinness dei primati.

Maggior realismo sembrò esserci nel descrivere le dimensioni dei propri compagni del momento. A quanto sembrava ero tra le più fortunate e il fidanzato di Giorgia, il figo che tutte le invidiavamo, non sembrava essere poi così invidiabile.

“E non avete qualcuno fra le mani da consigliarmi? qualcuno di ben dotato?” fu Silvia a fare questa domanda, una delle poche single presenti al tavolo.

“Roberto non ti va bene?” chiese Lisa ridendo, riferendosi ad uno spasimante di Silvia dall’aspetto piuttosto da sfigato. Tutte noi storcemmo la bocca e la prendemmo in giro.

“Guardate che a volte ci sono degli insospettabili che in mezzo alle gambe valgono più di tutti gli altri.” intervenne Sara, fin a quel momento abbastanza silenziosa. La guardammo.

“A chi ti riferisci?” chiese una di noi.

“Mah… me ne a parlato il mio ragazzo. Ha detto che in palestra dove va lui c’è un tipo anonimo, bruttino, mingherlino, biondo slavato, uno a cui non daresti un soldo che però sotto la doccia dà la paga a tutti. Dice che c’ha una mazza impressionante.”

Tutte cominciarono a prenderla in giro: “Ma il tuo ragazzo ti dice queste cose?” “Ma non è che è un po’ gay?” eccetera.

Io invece mi persi nei miei pensieri. Io andavo nella stessa palestra del ragazzo di Sara. Stavo riflettendo per capire chi fosse il tipo di cui parlava. non mi venne in mente, ma ero decisa a scoprirlo.

Lo guardai che faceva i pesi. Effettivamente non l’avevo mai notato. Rispetto ai fisici che si potevano ammirare in palestra il suo passava inosservato. Forse era per quello che non ci avevo mai fatto caso perchè a guardarci bene, in effetti, si notava che il rigonfiamento dei pantaloncini sembrava essere niente male. Lo guardai meglio in viso. Non era neanche bruttissimo, era proprio insignificante.

Si chiamava Ottavio. Lo studiai nelle settimane successive, soprattutto guardavo dove andava quando usciva dalla palestra. Non volevo farmi vedere che lo approcciavo dentro la palestra.

Studiai un trucchetto: un giorno chiusi la catena della mia bici attorno al palo e anche alla sua bici. Feci in modo di uscire subito dopo di lui. Finsi stupore quando me lo fece notare, dicendo di non essermene accorta, e finsi ancor meglio di non trovare più le chiavi. Le cercai, tornai dentro la palestra fingendo di cercarle. Alla fine gli dissi che ne avevo un altro paio a casa. Gli chiesi se mi accompagnava. Insistetti un po’. Sembrava timido e non del tutto sveglio: non sembrava aver colto le mie intenzioni.

Arrivati a casa mi sentii la protagonista di un filmetto erotico di serie B per il modo in cui cercai di provocarlo. Sembrava in imbarazzo ma non si fece avanti, per cui alla fine fui diretta ed esplicita.

Mi avvicinai a lui, parlandogli nell’orecchio mentre con la mano gli tastavo il pacco.

Non ricordo le parole che usai. Lui non disse niente ma la reazione che ebbe fra le gambe era quella desiderata. Sentii crescere fra le mie mani qualcosa che anche da molle sembrava enorme. Mi abbassai tirandogli giù i pantaloni della tuta. Rimasi senza parole alla vista di un pene sproporzionato rispetto ad un corpo per il resto gracile.

Lo trascinai, tirandolo per il membro, in camera da letto.

Glielo leccai a lungo. Era profumato, aveva appena fatto la doccia. Temevo quasi di non riuscire a prenderlo in bocca. Con una mano facevo su e giù lungo l’asta e con l’altra giocavo con i suoi testicoli gonfi.

Feci quasi fatica a infilargli uno dei preservativi del mio ragazzo.

“Fai piano.” mi venne spontaneo dirgli prima che mi infilzasse con quell’arnese. Fu gentile, forse abituato e consapevole delle sue dimensioni.

Mi chiese come mai lo avevo attirato a casa. perchè proprio lui. Fui sincera. Gli dissi che avevo sentito parlare della sua dotazione. Non sembrò stupito né offeso. Mi chiese se ci sarebbe stata un’altra volta. Gli dissi che forse sì. Ma che non si aspettasse altro. Gli dissi che ero impegnata. Gli dissi di non cercarmi. Sarei stata io a farmi avanti se lo volevo di nuovo (dentro di me sapevo che l’avrei fatto ben presto).

Lui sembrò pensarci su.

“Per te è un problema?” gli chiesi.

“No, no. Non sarebbe la prima volta.”

“Ci sono altre ragazze come me?”

“No. Di solito sono uomini.” lo guardai basita. “Sai, mi vedono sotto la doccia e vogliono provarmi.”

“E tu… quindi sei bisex?”

“Be’, non proprio. Però pur di scopare va bene lo stesso. Sai con le ragazze ho un po’ di problemi. Si spaventano quando me lo vedono. Poi almeno così riesco a fottere qualcuno nel culo. Le ragazze non me lo concedono mai.”

“Ah no?” chiesi io e ci pensai su. effettivamente faceva un po’ paura, però… chissà come deve essere sentirselo nel sedere. Ebbi un brivido.

“Perché, tu me lo concederesti?”

Sospirai eccitata. “Dipende. Se fai il bravo forse un giorno…”

Il mio ragazzo fu molto contento. Da quel giorno cominciai a farmi scopare nel culo quasi sempre e in una maniera che lui definì “da pornostar”. Volevo fare pratica, abituarmi ed imparare a controllare bene i muscoli anali.

Non sospettò mai il vero motivo di quella mia disponibilità. Gli andava più che bene e non faceva domande.

Con Ottavio mi vidi un paio di volte, prima di sentirmi pronta.

…in vacanza

Lei e le sue vacanze alternative. Anna era molto più coraggiosa e spregiudicata di me, nonostante io avessi qualche anno più di lei. Ma come potevo dirle di no. L’amavo alla follia e il suo lato selvaggio attizzava il ragazzo per bene che era in me.

“Le vacanze dopo la maturità sono quelle più lunghe. Non avrò altre occasioni così.” mi disse. “E poi i miei mi lasciano andare. Penso si fidino di te.” aggiunse.

Lei aveva pochi soldi e il budget della vacanza sarebbe stato minimo. Mi offrii di pagare per lei ma non ne volle sapere. Il programma era che non c’era programma. Si andava dove capitava. Magari in autostop. Avevamo con noi una tenda. L’idea del campeggio libero era da preferire ad altre opzioni.

Partimmo verso il sud italia. Una meta in mente in realtà c’era. La sua idea era di girare per le isole greche.

In un autogrill scroccammo il passaggio ad un camionista, al quale probabilmente passò per la testa di buttarmi fuori dall’autotreno in corsa per potersi fare la mia esuberante ragazza. Si accontentò di ammirarla nella sua canottierina lungo tutto il viaggio.

Dopo un paio di giorni eravamo a Brindisi. Avevamo dormito anche in una stazione di Roma. Nonostante la situazione disagevole Anna era sempre euforica e su di giri. Ci scappò una scopata notturna tra i binari deserti.

Non so come, mischiandoci alle famigliole, ci ritrovammo sul traghetto pur privi di biglietto. L’euforia per questa mossa e un finto timore di essere scoperta le fece proporre di nasconderci in bagno fin quando non fossimo partiti. Inutile dire che passammo l’attesa scopando. Me lo lavò e mi fece un lungo pompino. Cominciavo ad apprezzare la vacanza priva di comodità.

Sul ponte della nave, durante la notte, avvolti nel sacco a pelo, allietammo un gruppo di ragazzi tedeschi che ogni tanto smettevano di parlare per ascoltare i mugolii di Anna.

Nel Peloponneso ci concedemmo una volta un alberghetto, ma devo ammettere che la scopata in un letto vero, fu meno passionale delle altre.

Una coppia di donne inglesi – secondo Anna lesbiche, da come la guardavano – conosciute in una taverna, ci diede un passaggio fino ad Atene. Dormimmo in un ostello dalle parti del Pireo, una classica bettola.

Prendemmo il primo traghetto che capitò, stavolta pagando.

Passammo non più di due o tre giorni in ogni isola, dormendo possibilmente in spiagge isolate, facendo l’amore sotto le stelle e il bagno di notte. Spesso mangiavamo solo una volta massimo due al giorno, cercando di abbuffarci in quelle occasioni.

Acquistammo confidenza con quella vita randagia. Col lavarsi nei bagni dei locali pubblici, col portare il meno possibile i vestiti, in modo che si sporcassero poco. Anna era bellissima, scarmigliata, abbronzatissima e sexy da morire. E aveva sempre voglia di scopare. E quando dico sempre intendo sempre.

Una sera, a Mykonos, avevamo compagnia sulla spiaggia. Ci unimmo ad un gruppo variegato di ragazzi, di varie nazionalità. Fu il classico falò sulla spiaggia, con contorno di chitarre, spinelli e alcool. Col passare del tempo la gente, aiutata dal bere e dal fumare, perdeva piano piano le proprie inibizioni. Molti cominciarono a denudarsi, alcuni a pomiciare per poi passare a qualcosa di più. I più sobri si appartavano nel buio, quelli meno lo facevano davanti a tutti.

Fu la prima volta dall’inizio della vacanza che io e Anna ci staccammo un po’ l’uno dall’altra. Avevo bevuto e non sapevo più dove era. Non ero molto cosciente e la biondina scandinava – non seppi mai di che nazionalità fosse esattamente, né come si chiamasse – che mi si strusciava contro non mi aiutava nel restare lucido.

Nei ricordi confusi di quella sera ho il flash di quando mi sembrò di riconoscere Anna, poco lontano, in ginocchio sulla sabbia, con un trio di ragazzi attorno che le puntavano i cazzi eccitati in faccia e lei che non disdegnò l’offerta. Sono quasi sicuro che fosse lei, ma io intanto mi stavo scopando la biondina e la cosa non mi colpì.

Non parlammo più di cosa avevamo fatto quella sera. L’unico strascico fu che Anna non ritrovava più le mutande. Già un paio le aveva abbandonate in giro. Decise che non le sarebbero più servite, al massimo aveva quelle del bikini.

Prendemmo un traghetto che non sapevamo neanche dove fosse diretto. Al mattino presto, approdando su un isola, ci guardammo e ci chiedemmo: “Che facciamo? Scendiamo?”

Un’alzata di spalle fu la risposta e ci ritrovammo in questo porticciolo con un paesino alle sue spalle. Sembrava un posto molto poco turistico. Eravamo scesi quasi solo noi.

Effettivamente si rivelò un’isola molto povera delle classiche attrattive per turisti, ma a noi ci piacque molto questo aspetto selvaggio. Anche i prezzi erano decisamente più bassi che nelle altre.

Dopo il primo giorno decidemmo di esplorare l’isola. Prendemmo un motorino e cominciammo a girarla. Sembrava molto piccola rispetto alle altre in cui eravamo stati.

“Bello! Andiamo lassù?” disse Anna indicando una casetta spersa sulla montagna. Non fu facile arrivarci, le strade spesso non portavano dove sembrava.

La casa era abitata. Anna non si fece scrupoli e fece subito amicizia con il proprietario. Era un uomo, intorno alla trentina. Si chiama Kostas. Era un bel ragazzo, dal fisico imponente. Anna mi disse che le sembrava una statua greca. Portava una leggera barba incolta ed aveva i capelli neri come la pece.

Fu molto ospitale. Ci invitò in casa, ci offrì il formaggio prodotto dalle sue capre. Ci chiese di restare a cena. Gli piaceva la compagnia degli stranieri, poi parlava anche italiano. A sera arrivò in casa anche sua moglie Kalliope, che lavorava in paese nel municipio. Anche lei era la classica bellezza ellenica, lunghi capelli mossi, pelle scura e due labbra che ispiravano pensieri impuri.

Ci diedero il permesso di posizionare la tenda nel loro cortile. La casa era piccola. Ci offrirono di stare dentro ma rifiutammo convinti.

Quella notte Anna fu insaziabile.

“Sssshhh, dai che ci sentono!” le dissi ad un certo punto.

“E allora? Staranno scopando anche loro. Te li immagini?” me li immaginai e le venni dentro.

Il giorno dopo successe una cosa strana. Kalliope insistette molto con Anna perchè passasse la giornata con lei. Diceva che tanto non aveva molto lavoro e le avrebbe fatto compagnia. Anna, sempre pronta a nuove esperienze la seguì.

“E io che faccio?” chiesi sorpreso.

“Resta qui, aiuta Kostas con le capre e con l’orto.” fu la risposta, detta come se fosse una cosa ovvia.

E così feci fin quando la calura ci spinse a rientrare nella fresca abitazione.

Kostas si bagnò sotto la doccia che c’era in giardino e rientrò in casa. Nudo. Indugiai, forse troppo, ad osservargli il pene penzolante fra le gambe. Il corpo di Kostas, come detto, era perfetto proprio come quello di una statua, con l’unica differenza che il suo affare fra le gambe era molto più grosso di quelli delle statue. La pelle lucida e bagnata rendeva il tutto ancora più sexy.

Sì, il pensiero che mi venne – e che mi sconvolse – era che era sexy.

Non mi forzò. Quasi non disse niente. Però fu evidente cosa voleva e ancor più evidente, per la sproporzione fisica, che non avrei potuto oppormi, neanche se avessi voluto. E l’impressione, probabilmente giusta, fu che non mi volli opporre in nessun modo.

Fino a quel momento gli unici contatti, peraltro solo visivi, che avevo avuto con altri sessi maschili erano fra le docce del calcetto. Lì, invece, in quella sperduta isola greca, venni preso da quella sorta di dio greco. Mi cacciò il cazzo in bocca, glielo masturbai con le mani, gli leccai il petto e le natiche e si prese la mia verginità anale.

Mi abbandonai a lui. Fu una sensazione insolita, ma mi sentii femminile. Mi piacque essere posseduto. La gerarchia, il fatto che lui fosse il maschio dominante era chiaro e venne tutto in modo molto naturale.

Ero molto in imbarazzo quando tornarono le due donne. Sapevano tutto? Era stato tutto organizzato?

Anna non diede impressione di sapere. Colsi invece uno sguardo fra i nostri due ospiti. Kalliope sapeva e Kostas le aveva appena fatto capire come era andata.

A cena Kostas si rivolse a me, con tono neutro: “Stasera, se non hai nulla in contrario, ci dormo io con Anna. Tu puoi stare con Kalliope.”

Rimasi interdetto e mi guardai attorno. Tutti al tavolo guardavano me e tutti erano già d’accordo e a conoscenza della cosa. Anna mi sorrise e mi fece l’occhiolino. Capii che moriva dalla voglia di scopare con Kostas. “Come ti capisco.” avrei potuto dirle. Questo pensiero mi fece arrossire.

Guardai Kalliope. Capii che ci avrei guadagnato molto anche io. E dissi “Ok”, a mezza voce.

Anna ovviamente aveva preferito stare fuori casa. Si erano sistemati in giardino, fuori dalla tenda. Dalla finestra potevamo vedere i loro corpi illuminati dalla luna. E potevamo udirli senza difficoltà.

Kalliope era bellissima. Si era vestita con un peplo, come se fosse una donna greca dell’antichità. Sotto era nuda.

“Prendimi come se fossi un ragazzo.” fu il suo modo per dirmi che la dovevo sodomizzare.

Capì la mia esitazione.

“Non l’hai mai fatto?” mi chiese. Scossi la testa. Mi prese e mi guidò dentro di lei.

Acquisii ritmo e profondità. Il suo culo era accogliente e mi sembrò che anche lei stesse godendo.

“Neanche Anna l’ha mai fatto?” mi chiese girandosi a guardarmi. Scossi nuovamente la testa. “Kostas sarà al settimo cielo. Non capita spesso di farsi due culi inviolati in un solo giorno.” commentò maliziosa.

Su quell’isola ci fermammo parecchi giorni. Sempre in loro compagnia. Dopo lo scambio di coppia avvenne anche l’orgia tutti e quattro insieme. In quell’occasione avevo un timore che ad un certo punto si presentò. Bastò lo sguardo di Kostas ed io mi sciolsi ai suoi piedi.

Fu ancora più disturbante essere sodomizzato da un uomo sotto gli occhi amorevoli della mia fidanzata neanche ventenne, che lo incitava e fissava rapita il suo randello che entrava e usciva dal mio sedere.

Guardando poi Kostas fare la stessa cosa a Kalliope e ad Anna mi impressionai pensando che lo aveva fatto anche a me.

Non finii mai di ringraziare Anna per aver insistito per fare quella vacanza e non avemmo dubbi quando si trattò di scegliere la metà per il viaggio di nozze.

…con un uomo

L’ho intuito da come mi guarda, da come mi saluta, da come mi viene sempre ad aiutare quando faccio pesi.

È un uomo sui quaranta. Assiduo frequentatore della palestra tanto da sfoggiare un fisico muscoloso e asciutto come neanche un ventenne come me.

È evidente che gli piaccio. Cerca sempre un contatto, è molto amichevole. Si mette in mostra, sia tra le macchine della palestra che negli spogliatoi dove rimane spesso nudo molto più del dovuto.

Io sono etero. Ho una splendida ragazza mia coetanea che mi ama e mi fa dei pompini favolosi.

Guardo spesso le ragazze che ci sono in palestra. Ce ne sono alcune con dei culetti spettacolari, avvolti in pantacalze aderenti. Vederle fare step o aerobica è uno spettacolo.

Non ho mai preso in considerazione l’idea di andare con un uomo. Almeno fino a quando non mi sono accorto di avere uno spasimante.

Mi ritrovo a navigare su internet su siti gay. Sento in me una curiosità inaspettata. Rifuggo l’ipotesi, ma, quasi involontariamente, mi accorgo di accogliere le avances dell’uomo in modo meno ostile.

Lui probabilmente ha intuito qualcosa. Una incrinatura nella mia corazza di eterosessuale. E una sera in cui siamo solo io e lui negli spogliatoi si fa avanti in modo diretto.

“Perchè non vieni a bere qualcosa da me dopo?” mi chiede.

“Non so se sono pronto.” gli rispondo.

“Non ti preoccupare, non sei costretto a fare nulla… che tu non voglia.”

Ecco, forse di questo ho paura. Di fare cose di cui non pensavo di avere voglia.

Non vado da lui. Non scherziamo, non so neanche perché certe cose mi passano per la testa.

Esco con la mia ragazza, piuttosto. Un giretto per locali, con alcuni amici.

La riporto a casa. Sta per scendere dall’auto. La fermo per un braccio. La guardo supplichevole e indico fra le mia gambe.

“Ti prego, stasera ne ho bisogno.”

Mi guarda un po’ contrariata, ma poi mi sorride. E si cala su di me. Mi slaccia i jeans, estrae il cazzo, lo tocca, si avvicina con la bocca e… vengo. Così, subito. Lei ride.

“Cazzo, eravamo proprio eccitati stasera, eh?”

Mi da un bacio sulla guancia, mi saluta, scende dall’auto e va verso casa sculettando.

Io rimango lì immobile per qualche minuto. Sono tutto impiastricciato e sono sconvolto. Quando sono venuto non stavo pensando a lei.

Negli spogliatoi della palestra devo sempre nascondere un principio di erezione. Non ho il coraggio di farmi avanti. Lui mi guarda, mi sorride, ma non mi dice niente.

Un giorno sto camminando col borsone a tracolla verso la palestra. Mi si affianca un’auto. È lui.

“Vuoi un passaggio?” mi chiede.

“Ma…” esito. “Siamo praticamente arrivati.” dico indicando l’edificio della palestra.

“Pensavo che oggi potremmo saltare l’allenamento, tu che dici?”

Aprii la portiera e salii in auto con lui, come un automa, senza pensare.

“Dove andiamo?” chiesi dopo un po’ con la voce che faticava ad uscire da dentro di me.

“Ti porto a casa mia. A rilassarci un po’. Ti va?” mi disse tranquillo. Poi allungò una mano verso la sua destra ma non per cambiare marcia, ma per toccarmi fra le gambe. Sentì che ero duro e quella fu la mia risposta.

…per la carriera

Ho sempre avuto una passione per il teatro e la recitazione. Era solo un hobby ma mi capitava spesso di fare la comparsa o delle piccole parti in qualche teatro della città. Fu in una di quelle occasioni che conobbi Patrick, un bellissimo ragazzo con l’aspirazione di diventare un attore affermato.

Flirtammo durante tutte le prove. La sera della prima scopammo mezz’ora prima di andare in scena, nel suo camerino, forse per sciogliere la tensione.

Diventammo amanti. Lui non era impegnato ma io sì, e a lui andava bene di avere una storia solo di sesso. A un uomo va sempre bene questa soluzione ma lui non cercava proprio una storia impegnativa, era troppo concentrato sul cercare di lanciare la sua carriera.

Si teneva molto, curava il suo aspetto e il suo corpo in maniera maniacale. Per questo era un piacere aggiuntivo scoparselo. Vedere e sentire i muscoli guizzanti, la pelle liscia e depilata era fantastico. Era l’uomo più bello con cui avessi mai scopato. Tra le gambe non sfigurava ed inoltre aveva un culo tondo e sodo che apprezzavo molto. Glielo afferravo per spingerlo ancora di più dentro di me.

Un giorno, mentre gli stavo facendo un pompino e gli palpavo i glutei con le mani, mi venne l’idea di infilargli un dito fra le chiappe. Avevo imparato, durante gli anni del college, che a molti ragazzi piaceva.

Non se l’aspettava ma venne immediatamente, gradendo, a quanto mi parse, la novità.

“Volevo parlarti dell’altra volta.” mi disse quando ci vedemmo la volta successiva. Sembrava imbarazzato. “Non so come dirtelo, ma mi è piaciuto molto quello che mi hai fatto.”

“Intendi il pompino con dito nel culo?” chiesi io, spudorata.

“Sì, proprio quello. Nessuno me l’aveva mai fatto.”

“Vi piace sempre a voi uomini ed è una mia specialità. Non devi vergognarti che ti sia piaciuto. Vuoi che te lo rifaccia?”

“Sì, ma vorrei provare senza il pompino. Voglio gustarmi meglio la sensazione.” dicendo così si girò e si abbassò i pantaloni porgendomi le terga. Io mi infilai il dito in bocca per insalivarlo per bene. La situazione mi divertiva.

Una sera era venuto a casa mia, a fine spettacolo. Stavamo scopando.

“Ma tu li usi i vibratori?” mi chiese mentre mi pompava vigorosamente.

“Non quando ho a disposizione un bel cazzo come il tuo.” gli risposi.

“Sì, ma ne hai?” si era interrotto ed era uscito da me.

“Sì, ma perchè lo chiedi?”

“Posso vedere che cosa hai?”

“Uff, va bene, se fai così però mi tocchera anche usarli. Non si interrompe in questo modo una scopata.”

“Questo, con questa forma particolare, come lo usi?” mi chiese mentre si girava fra le mani un plug anale.

“Beh, questo si usa infilandoselo nel didietro.” dissi, sentendomi un po’ imbarazzata. Non mi piaceva far sapere cosa facevo in certe serate solitarie.

“E lo usi spesso?”

“Beh… ogni tanto.” mentii.

“Me lo faresti provare?”

“Guarda, facciamo che mi metti nel culo il tuo. Perchè dobbiamo usare un oggetto? Preferisco quello vero.”

“No, non hai capito. Vorrei che tu lo usassi su di me.”

“Stai scherzando?”

“No, non scherzo. Guarda.” mi indicò il suo cazzo, durissimo e che puntava verso l’alto. A quanto pare era molto eccitato dall’idea.

“Ti ho portato un regalo.” mi disse una sera. Con sè aveva un pacchetto. “In realtà forse è più un regalo per me che per te, ma spero che piacerà anche a te usarlo.”

Lo scartai, guardandolo sospettoso. Era uno strapon, una cintura fallica. Mi venne da sorridere. Lo guardai.

“Spogliati.” gli dissi con tono imperativo e sexy. Lui non aspettava altro. Fu nudo in un istante e si posizionò a quattro zampe, col culo verso l’alto. Sculettava invitante mentre io indossavo il regalo.

Piacque sicuramente più a lui che a me, a giudicare dalle sue reazioni, ma mi divertii anche io. La situazione era eccitante, l’inversione dei ruoli mi stimolava. In più la pressione del fallo finto sul mio clitoride mi provocò più di un orgasmo.

Ci incontrammo nel solito bar vicino al teatro. Aveva detto che doveva parlarmi.

“Credo di essere gay.” disse improvvisamente dopo qualche convenevole. Io lo guardai basita.

“Da come mi hai sempre scopato mi sembra difficile pensarlo.”

“Ok, te lo concedo. Probabilmente sono bisex, ma sento di preferire sempre di più gli uomini.”

“Guarda che il fatto che ti piaccia essere penetrato analmente non fa di te un gay.” mi fece cenno di parlare più piano, effettivamente mi ero lasciata prendere. La donna dietro di lui, da come sorrideva e lo guardava, forse mi aveva sentito.

“Dicevo” continuai sussurrando “che ci sono molti etero a cui piace essere sodomizzati, ma finchè è una donna a farlo non c’è nulla di omosessuale in questa pratica.”

“Non è solo quello. È che mi piace essere preso. Essere sopraffatto, dominato. Ho voglia di sentire un corpo virile che mi fa tutto quello che mi fai tu.”

“Ma… lo hai provato. intendo: l’hai fatto con un uomo?”

“Sì.”

“Con chi? Se non sono indiscreta.”

“Con XXXXX.” disse un nome conosciuto nell’ambiente dello spettacolo. Un nome grosso, un nome potente. Un nome che apriva le porte di una carriera.

“Ok. Sei gay o vuoi solo fare carriera?” gli chiesi, un po’ acida.

Lo perdonai. Continuammo a vederci ogni tanto e alcune volte lo convincevo anche a scopare. Quando lo facevamo lui aveva un ruolo solo maschile, in pratica lo facevo tornare etero per un po’.

Si mise insieme ad un ragazzo. Era vero che si sentiva più gay che etero ma era anche vero che si faceva scopare per fare carriera. La sua carriera veniva sempre prima di tutto.

Io gli cambiai la vita, aprendolo a nuove esperienze, ma anche lui mi lasciò qualcosa. Il suo regalo non rimase inutilizzato. Col mio uomo non lo usai mai, ma con gli altri giovani attori che seducevo e portavo a letto raramente non lo tiravo fuori. Quasi nessuno si rifiutava e i pochi che lo facevano in genere ci ripensavano la volta successiva. Diventai una esperta nell’inculare i maschi.

…in ufficio

Ero in bagno e sentii bussare.

“Occupato” dissi ad alta voce.

Poco dopo andai ad aprire la porta per uscire. Mi ritrovai davanti una mia collega, una di un altro ufficio, che conoscevo poco. Una tipa carina. Mi ostruiva l’uscita.

“Scusami se ti ho disturbato.” disse

“Non c’è problema.” risposi, non capendo perchè mi chiedeva scusa e perchè mi stava davanti senza spostarsi.

Si fece avanti lei, costringendomi quindi a rientrare nel bagno. Aveva uno sguardo strano. E movenze sensuali.

Mi mise una mano sul petto, mentre con un piede si richiudeva la porta alle spalle.

“Non te l’ho mai detto ma tu mi piaci.” mi disse con voce roca ed eccitata. Con gli occhi mi lanciava sguardi a cui era difficile resistere.

“Forse non è il caso.” dissi combattendo contro il mio super-io. Mi ero già eccitato. Il cazzo era già duro e tendeva la stoffa dei jeans.

“Perchè no?” chiese lei facendosi sempre più vicina e scendendo con la mano.

“Ho una compagna.” dissi io cercando l’unico motivo che mi spingeva a rifiutare quella situazione.

Con la mano era arrivata a palparmi il sesso. “Mi sembra che lui sia d’accordo.”

Provai a respingerla ancora un po’, ma lei non desisteva e la mia convinzione nel farlo era molto flebile.

Si inginocchiò e cominciò a slacciarmi i pantaloni.

“Mmmmh, com’è grosso!” disse mentre ne tracciava la forma con le dita contro il tessuto dei boxer, che subito dopo mi abbassò.

Mi appoggiai al lavandino dietro di me mentre lei iniziava a leccarmelo per poi prenderlo in bocca.

Lasciai ogni remora e mi abbandonai al piacere. Era bravissima e lo faceva con impegno e passione. Appoggiai la mano sulla sua testa, nel più classico dei gesti.

Improvvisamente si aprì la porta del bagno. Un nostro collega ci vide, sbarrò gli occhi e richiuse la porta subito, scusandosi. Per fortuna era uno che quasi non conoscevo.

Lei non fece un piega. Si interruppe per un attimo ma, visto che l’intruso se ne era andato subito, riprese con vigore il pompino.

“Sto per venire.” le dissi non conoscendo le sue intenzioni. Glielo ripetei subito dopo, sembrava non avermi sentito.

Invece mi aveva sentito ma non aspettava altro. Le schizzai in gola una quantità di sperma esagerata, era da qualche giorno che non lo facevo con la mia donna.

Ingoiò tutto e mi ripulì con la lingua il cazzo. Poi si rialzò e, sorridente, mi chiese se mi era piaciuto.

“È stata una delle cose più belle che mi siano mai capitate.” le risposi sincero.

“Non sarà l’ultima.” mi disse lei maliziosa. “Ora, se non ti scoccia, ho bisogno del bagno.”

“Certo, certo.” dissi io ed uscii.

Quel pomeriggio, alla mia scrivania, non produssi molto, perso nel rimembrare l’avvenimento.

…con l’amica

“Ma come mai andate proprio a Roma?” chiesi alla mia ragazza mentre l’accompagnavo in stazione. Stava partendo con una sua amica. Andavano a festeggiare l’addio al celibato dell’amica, loro due da sole.

“Perché me lo chiedi?” disse lei.

“Perché di solito, a Roma, ci vai per un altro motivo.”

A questo punto devo fare una premessa. La mia ragazza ha un amante. Io lo so e non ho nulla in contrario. Vive lontano, quando si vedono scopano soltanto, senza implicazioni sentimentali, e poi lei mi racconta tutto. Non sono geloso. Ce l’aveva da prima che ci mettessimo insieme. Provo un sottile piacere ad essere umiliato dai suoi racconti nei quali lui si dimostra sempre più dotato, più bravo e più uomo di me. Per il resto la vita sessuale fra noi due procede a gonfie vele e, anzi, quando torna da un weekend con lui scopiamo sempre meglio e più spesso. Le condizioni che le ho posto è che non ne abbia altri, soprattutto a mia insaputa, e che sia discreta: non voglio che si sappia in giro.

“Ok. Effettivamente andiamo lì proprio per quel motivo.” confessò.

“Ma, scusa, e la tua amica la lasci da sola?”

“Da sola?”

“Sì, mentre tu e mister A… insomma hai capito.”

“No, no. La porto proprio da lui.” la risposta mi lasciò a bocca aperta.

“Ma come? Cioè la porti da lui a scopare?”

“Sì. È un addio al celibato, no?”

“Ma lei lo sa?”

“Certo che lo sa. In un certo senso me l’ha chiesto lei. Non esplicitamente ma io ho capito che le sarebbe piaciuto. Con tutte le volte che gliene ho parlato…”

“Come scusa? Gliene hai parlato?”

La mia ragazza fece la faccia di chi era stata colta con le mani nel sacco per aver parlato troppo.

“Sì, scusami. Ma lei è la mia migliore amica. Sa tutto.”

“Cosa?” mi incazzai “Come sa tutto? Eravamo d’accordo che non lo dicevi a nessuno!”

“Va be’, scusami. Sai le confidenze fra amiche. Lo sapeva prima che mi mettessi con te. Una volta mi ha chiesto se avevo smesso di vederlo. Non le ho potuto mentire.”

Non parlammo per il resto del viaggio.

“Ma il suo futuro marito lo sa?”

“Sa che cosa? Che la porto a farsi scopare da uno stallone oppure che tu sei un cornuto?” mi rispose con tono acido, arrabbiata perchè mi ero arrabbiato con lei. “Non sa nulla. Ovviamente non sa nulla e non saprà nulla. Non è mica sportivo come te.”

“Ma cosa farete? Tu non te lo scopi questa volta? Oppure lo farete in tre?”

“Vedo che ti è già passata l’incazzatura e cominci già a fantasticare. Ti è già venuto duro all’idea di me che la lecco mentre viene sodomizzata dai suoi 23 centimetri? Non so cosa faremo, non ho programmato nulla. È un addio al celibato.”

Venimmo interrotti dall’arrivo dell’amica al binario da cui partiva l’eurostar per roma. Era molto tirata la sua amica ed insieme erano proprio una coppia di fighe da far girare la testa per strada.

La salutai e rimasi un po’ imbambolato. Nei pantaloni avevo un’erezione paurosa, dato che sapevo cosa stava andando a fare mentre lei non sapeva che io sapevo.

“Divertitevi.” dissi.

“Oh, sicuramente.” dissero in coro ridendo.

Arrivato a casa mi sparai una sega.

…in fila

Sono in fila alla cassa del supermercato. Nella fila a fianco alla mia noto una bella donna, più vecchia di me, vestita in maniera molto tirata, con una minigonna dalla quale spuntano due gambe molto sexy. La sto fissando da qualche secondo, ammirandone il corpo, quando mi accorgo che anche lei mi sta guardando per cui distolgo lo sguardo, imbarazzato dall’essere stato colto in fallo.

Ogni tanto cerco di osservarla, con la coda dell’occhio. Sembra che lei stia continuando a fissarmi. Prendo un po’ di coraggio e torno a guardarla in modo esplicito. Ci fissiamo negli occhi e lei sorride.

Le nostre file procedono a momenti alterni, ma alla fine giungiamo dalla rispettiva cassiera nello stesso istante. Anche mentre mettiamo via la nostra spesa continuiamo a lanciarci qualche occhiata.

Al momento di pagare il mio bancomat ha qualche problema e perdo tempo. Quando mi giro vedo che è sparita. Penso che il sottile gioco seduttivo che si era instaurato fra noi sia finito.

La vedo, più lontano, che spinge il carrello. Ne osservo l’ancheggiare sensuale. Mi dirigo anche io in quella direzione. Non tanto per seguirla ma perché è la strada verso la mia auto.

Neanche a farlo apposta vedo che arriva all’auto parcheggiata a fianco alla mia.

“Ma mi stai seguendo?” mi dice appena mi vede arrivare.

“No.” mi difendo. “Questa è la mia macchina.”

“Ah…” fa una espressione delusa. “Peccato.” aggiunge e sorride maliziosa.

“Però avrei voluto farlo in ogni caso…” azzardo io.

“Sei ancora in tempo.” dice e sale in macchina.

Io butto la spesa dentro alla rinfusa. Lascio il carrello lì e parto sgommando per seguirla.

Non facciamo molta strada. Siamo in una zona residenziale, di case singole. Lei entra in un giardino. Io parcheggio lì a fianco.

“Cosa sei venuto a fare?” mi chiede con aria di sfida.

“Nulla che non voglia anche lei.”

“Portami dentro la spesa.”

“Come mai ti sei tolto la fede? Al supermercato l’avevi. L’hai lasciata in macchina?” mi dice mentre le appoggio le sporte in cucina.

“Sì.” ammetto.

“È la prima volta la tradisci?”

“Sì.”

“Perché lo fai?”

“Perché lei mi ha stregato. Il modo in cui mi guardava. Il suo aspetto. La sua sfacciataggine nel provocare, poi farsi seguire e infine accogliere uno sconosciuto. tutto ciò mi promette grandi cose.”

“Cose che con tua moglie non fai?”

“Anche.”

“Che cosa? Dimmi cosa pensavi mentre eravamo in fila. Dimmi cosa pensavi mentre mi seguivi.”

“Mentre eravamo in fila pensavo a come poteva scopare una come lei. Mentre la seguivo verso la macchina le osservavo il culo. Mi chiedevo se era solita concederlo ai suoi amanti.”

“Interessante. Mi sa che dovrai scoprirlo da solo.”

Ci spostiamo in camera da letto.

“Spogliati. Io faccio una telefonata.” mi dice e fa un numero sul cellulare.

“Ciao amore. Dove sei? … quindi non ce la fai ad arrivare per pranzo? … peccato. … senti, sei da solo? … posso parlare liberamente? … ok. Allora non sono da sola. … no, c’è un ragazzo con me … l’ho incontrato al supermercato … mi ha seguito fino a casa … com’é? È bello, ha un bel fisico. Ha un cazzo notevole, già in erezione. … Sì, è già nudo davanti a me. … Siamo in camera. … Sì, sì, poi stasera ti racconto tutto. … Vuoi che l’accenda? … adesso gli chiedo se è d’accordo. … Le pile dove sono? … dici che è carica? ok. … Penso sia un appassionato del culo, non ti dispiace vero? … sì, lo so che a te non lo concedo quasi mai, ma lo sai che lo tengo per gli amanti, no? … dai non fare storie, stasera magari sarò generosa. … Ok, dai ti lascio. … come? vuoi che te lo passi? ok, ma fai presto che me lo voglio fare.”

Mi passa il telefonino.

“Pronto?”

“Salve, sono il marito cornuto della troia che hai di fronte. Come ti sembra mia moglie?”

“È… è bellissima.”

“È una puttana, scopatela per bene. Quanti anni hai?”

“Vent.. aaah… ventisette”

“Cos’hai?”

“Niente, scusi, è che sua moglie me lo ha preso in bocca.”

“Dille che è una troia, trattala male, sfondale il culo.”

Lei mi prende il cellulare e chiude la comunicazione.

“Lascia perdere il cornuto. Pensa a me adesso.”

…nel culo

Io ero seduto sulla sedia e le guardavo che si spogliavano a vicenda, lentamente e sensualmente. Indossavano entrambe della lingerie molto sofisticata e sexy.

La mia amica si muoveva più sicura. L’altra ragazza si vedeva che era più nervosa. Ogni tanto vedevo che la mia amica le sussurrava qualche parola all’orecchio.

“Lo vuoi vedere, prima?” sentii che le chiedeva. Lei annuì e poi si voltarono entrambe verso di me.

“Spogliati.” mi disse la mia amica.

Io mi alzai e cominciai a slacciarmi i pantaloni. L’unico indumento che ancora indossavo. Estrassi il cazzo e me lo menai un po’, nonostante fosse già duro.

“È bello, vero?” le chiese. L’altra aveva una espressione indecifrabile. In parte eccitata, in parte spaventata.

“Tranquilla, ti piacerà. Starà molto attento. Non sentirai male.” queste parole gliele disse mentre l’altra si era posizionata a pecorina. Subito dopo le sfilò il perizoma, accarezzandola.

“Ora prendo il gel lubrificante. Tu rilassati e lasciami fare. Ne userò molto, così sarà più agevole.”

Io, pur dovendo di lì a poco assumere il ruolo attivo per definizione, ero considerato quasi come se fossi solo uno spettatore.

La mia amica fece scendere dal tubetto diverse gocce di lubrificante ed iniziò a spalmarglielo bene nella fessura e nel buchetto, infilandole furtiva le dita dentro.

Intanto me lo passò a me, in modo che lo usassi per ricoprire il mio cazzo sul quale avevo indossato il preservativo.

Avevo le mani appoggiate ai fianchi della ragazza. La punta del cazzo era appoggiata al suo sfintere anale. Ancora non avevo iniziato a premere.

La mia amica la accarezzava e le parlava nell’orecchio.

“Lasciati andare. Non opporre resistenza. Se ti opponi ti fai male, se ti lasci penetrare sentirai solo piacere. Spingi un po’ in fuori, come se dovessi andare in bagno. Quando senti aprirti abbandonati e goditela.”

Io fui più dolce possibile. Non fu difficile. O la mia amica era una buona maestra oppure l’allieva era vogliosa e portata.

Dopo cinque minuti la stavo sodomizzando con ampi movimenti che facevano quasi uscire del tutto il cazzo prima che glielo ripiantassi interamente nel culo.

La ragazza sotto di me godeva ripetutamente.

La mia amica intanto era venuta dietro di me e mi abbracciava e baciava sul collo. Ogni tanto con le mani, ancora unte e scivolose, scendeva lungo la mia schiena verso i miei glutei per andare a stimolare il mio buchetto.

“Sei diventato bravissimo.” mi disse.

“Merito tuo.” risposi.

“Te lo dicevo. I migliori sono quelli che l’hanno provato in prima persona.”

Questa frase mi fece andare i ricordi a quella volta in cui la situazione era molto simile a quella di quel momento. Soltanto che io ero al posto della ragazza. La mia amica aveva sempre il ruolo di maestra e al posto mio c’era un altro ragazzo.

Aveva voluto insegnarmi l’arte della sodomia e dovevo necessariamente partire dal ruolo passivo.

…con una escort

Nei cinque anni successivi alla laurea non avevo fatto altro che lavorare. Inserito in una grande multinazionale grazie ad una conoscenza, mi ero dedicato totalmente alla carriera, trascurando tutto il resto per puntare a scalare i vertici della società.

Non ero fiero di tutto ciò che avevo fatto per ottenere le promozioni. Non pochi colleghi che avevo scavalcato mi consideravano, probabilmente a ragione, uno stronzo. La totale dedizione alla causa, ma soprattutto l’aver coltivato la giusta rete di rapporti mi avevano portato dove ero. Un livello sicuramente alto per uno della mia età, il trampolino verso il grande successo.

Era il giorno dopo la promozione ed ero, da solo, nel mio grande appartamento. Potevo considerarmi già piuttosto ricco e i nuovi stipendi che sarebbero arrivati mi toglievano ogni preoccupazione per il futuro.

Ma non ero felice. Mi chiedevo dove fossero finiti questi ultimi cinque anni e con chi potessi condividere la buona notizia.

Avevo avuto qualche storiella con alcune ragazze, ma le avevo tutte poste in secondo piano rispetto al lavoro e se ne erano ben presto andate.

Ripensai alle scopate che avevo fatto in questi cinque anni e, con orrore, mi resi conto che riuscivo quasi a ricordarmele tutte, indice inequivocabile del loro esiguo numero.

Penso che nessuno avrebbe mai immaginato che uno come me, carino, intelligente e benestante, scopasse così poco.

Cazzo, avevo un sacco di soldi e quella sera volevo farmi una scopata come si deve. Al diavolo il lavoro, dovevo cambiare le mie priorità e, se non l’amore, dovevo anteporre almeno il sesso.

Non sapevo cosa fare. Come trovare una donna? Pensai al metodo per andare sul sicuro. Andai su internet, alla ricerca di annunci di escort. Volevo una professionista. Volevo una notte perfetta.

Trovai un sito interessante. Su Milano c’erano indicate molte ragazze e di ognuna di esse si potevano vedere foto, specialità e i commenti di chi le aveva provate. Sfogliai a lungo quelle pagine, non mi volevo accontentare, cercavo il meglio.

Il primo criterio di scelta era chiaramente in base alle fotografie. Poi guardavo cosa offrivano. Se tra i servizi non era previsto il sesso anale le scartavo subito.

Alla fine avevo ristretto la scelta a tre ragazze, quando cliccai su un banner pubblicitario di un’altra escort, colpito dalla foto evocativa. Finii sul suo sito e cominciai ad esplorarlo. Sembrava molto interessante anche lei.

Aveva una galleria di foto molto ricca. Un corpo stupendo, un culo paradisiaco e due gambe lunghe. Lessi qualche recensione dei clienti: la descrivevano come una furia a letto indugiando sulla sue capacità orali e sull’accoglienza del suo posteriore.

Stavo già per fare il suo numero sul cellulare quando vidi un link che indicava “nuove foto”. Volli guardare anche quelle e quando si aprirono ebbi una sorpresa. Io quella ragazza la conoscevo.

In quelle foto si intravedeva il volto della escort. La riconobbi subito, anche se erano molti anni che non la vedevo. Non sapevo si fosse trasferita a Milano e soprattutto non sapevo che avesse intrapreso quella carriera.

Era Camilla, una mia compagna del liceo, una bellissima fin da giovane, dietro alla quale tutti sbavavano ma che non si era mai concessa a nessuno. In cinque anni mai si era saputo che fosse andata con un ragazzo.

Dopo la maturità non ne avevo saputo più nulla, anche dagli altri che continuavo, saltuariamente a frequentare. Si era trasferita e nessuno ne aveva più saputo nulla.

La chiamai. Riconobbi la voce. Fissai un appuntamento per quella sera. Ero straeccitato. Ricordavo quante seghe mi ero sparato pensando a lei, immaginando che dietro quella maschera da verginella si nascondesse un fuoco.

Andai all’appuntamento con un mazzo di rose. Suonai e mi fece salire. Mi accolse sulla porta. Intravidi lingerie e scarpe col tacco. Le allungai i fiori, lei ringraziò poi focalizzò il mio volto. Rimase a bocca aperta. Poi si mise a ridere.

Temevo che avrebbe reagito male, vedendosi scoperta nella sua attività da una persona del suo passato. Invece fu tranquilla. Passammo la prima ora a parlare. A raccontarci delle nostre vite. Non aveva timore a dichiarare quello che faceva per vivere.

“Sai qual è la cosa più pazzesca?” le chiesi. “Tu al liceo eri considerata la più figa della scuola, ma avevi la fama da suora. Non la davi a nessuno. Sei cambiata o ci hai ingannato tutti?”

Rise e sembrò pensarci su.

“Sono cambiata, anche se dentro ero già quella che sono oggi. Avevo solo bisogno di sbloccarmi.”

“Quante seghe che ci hai fatto sprecare…”

“Beh, vediamo di rimediare. Sei venuto qui per scopare o per parlare?” mi disse e mi guardò maliziosa.

La richiamai il giorno dopo. E anche quello dopo ancora. Dopo una settimana non volle più essere pagata da me.

“Che cosa significa?” le chiesi.

“Tu per me non sei più un cliente. Io per te sono ancora una puttana?”

“Per me no, ma per gli altri? Lo sei ancora?”

“Se non devo più esserlo neanche per gli altri basta che me lo dici.”

Dopo un mese mi licenziai. Io e Camilla partimmo zaino in spalla per un viaggio per tutta l’Europa e forse oltre. Ci sentivamo tornati ventenni.

Ogni sera in un posto diverso. Ogni sera scopavamo e ci amavamo. Avevamo tanti soldi da parte, sia io che lei, ma cercammo di pagarci il viaggio guadagnando sul posto i soldi.

Ci bastava andare su internet, mettere qualche annuncio e trovavamo un cliente per Camilla. Iniziammo anche a mettere annunci di tipo diverso. A volte ero io a portare a casa la pagnotta, quasi mai con donne.

…in gruppo

Sono quasi geloso di questa sua nuova amica. Non mi parla quasi mai di lei anche se vanno sempre in giro insieme e noto che da lei subisce una grande influenza. La mia ragazza, Carolina, ha 25 anni. Elisabetta, la sua nuova amica, ne ha invece intorno ai 40.

Mi sembra uno strano rapporto. Non so come e dove si sono conosciute. Vanno sempre a fare shopping insieme e spesso Carolina torna con vestiti e scarpe molto più audaci di quelli che ha sempre portato. Ora si veste più elegante, più sexy. Tutto ciò non mi dispiace affatto, Carolina è una ragazza bellissima, ma fino ad ora si era sempre un po’ nascosta.

Inoltre mi sembra stia cambiando anche nel sesso. è sempre stata piuttosto pudica e ritrosa nel fare qualcosa di diverso dal solito. Ultimamente invece è più disponibile, più porca e dagli accenni che fa credo ci sia lo zampino di Elisabetta.

Io, però, Elisabetta non la sopporto. Le poche volte che l’ho vista mi è sembrata una stronza, una che si approfitta della gioventù e dell’inesperienza di Carolina. Mi sembra che cerchi di plagiarla in qualche modo, ma non so che intenzioni abbia. Se provo a dire qualcosa a Carolina, però, lei si arrabbia per cui per ora assisto impotente alla loro amicizia.

Sto guidando nella sera sui colli vicino a Torino. Siamo diretti alla casa di Elisabetta. Carolina mi guida, conosce la strada. Non sapevo fosse già stata a casa sua.

Siamo stati invitati ad una festa, un ricevimento. Io ero molto contrariato, non volevo venirci, ma Carolina ha insistito tantissimo e non accettava rifiuti.

Ero di cattivo umore mentre mi preparavo, vestendomi in modo molto elegante, come da richiesta. Quando ho visto Carolina l’umore mi si è alzato: era stupenda, con un vestito a tubino che le fasciava il corpo in maniera quasi indecente. Autoreggenti e scarpe aperte con un tacco vertiginoso. I capelli tirati su, un trucco leggero e il tocco di guanti di seta che le coprivano tutto l’avambraccio fin oltre al gomito.

Non l’avevo mai vista così sexy. Avrei voluto prenderla all’istante. Ci provai ma lei mi respinse.

“Dai, dopo, non adesso.”

Questa vaga promessa, mi fece mantenere a lungo l’erezione che mi era esplosa in un attimo.

Le osservai il culo mentre uscivamo. Non notai, sotto al vestito, nessun segno di biancheria. Possibile che fosse senza? Non l’aveva mai fatto. Non mi sentii di chiederglielo.

Arriviamo alla villa, una bella casa immersa nel verde. Elisabetta ci accoglie e noto con fastidio ma con una punta di eccitazione, l’intimità fra le due donne, che si abbracciano, si baciano, e si riempiono a vicenda di complimenti. Ma è soprattutto come si guardano che mi turba. Sembrano due amanti.

Elisabetta è molto espansiva anche con me. Devo dire che è bellissima, ha un fascino ineguagliabile e un corpo da far invidia alle ventenni. Mi abbraccia e si stringe a me. Sento il morbido del seno sul mio petto e temo che lei invece abbia sentito il duro del mio cazzo premerle sulla pancia.

Non conosciamo nessuno alla festa. Nemmeno Carolina conosceva il marito di Elisabetta e ne sono quasi sollevato, perché è un uomo molto affascinante e nei cinque minuti nei quali ci parliamo riempie di complimenti Carolina, facendola ridere come una stupida. Se l’avesse già conosciuto mi sarei sentito in testa un paio di corna.

La gente è in genere più vecchia di noi, ma mi colpisce come siano tutti molto belli. Comincio a rilassarmi e a godermi la festa.

È ormai tardi. Se ne sono andati quasi tutti. Io mi sono lasciato coinvolgere in una discussione su temi economici con il marito di Elisabetta ed è da un po’ che non ho Carolina al mio fianco e ignoro dove sia.

Mi guardo attorno e non c’è più nessuno oltre al marito e a un’altra coppia, sui trent’anni. Lui è seduto con noi e interviene nella discussione mentre la moglie e seduta sul bracciolo della poltrona e ci ascolta. Lui le accarezza, languidamente, le belle gambe fasciate da delle calze a rete.

“Dov’é Carolina?” mi chiedo ad alta voce guardando l’orologio.

“Le ho viste salire poco fa.” mi dice il marito di Elisabetta.

“Si è fatto tardi, sarà ora di andare.” dico io.

“Vieni, andiamo a cercarle.” mi dice e sorride.

Lo seguo su per le scale, lui mi precede. Da una porta socchiusa esce una lama di luce. Lui si gira e mi fa cenno di fare silenzio, invitandomi poi a sbirciare nella fessura.

Le vedo, riflesse in uno specchio. Sono sedute sul letto ed Elisabetta sta sussurrando a Carolina qualcosa nell’orecchio e le annusa il collo. Carolina ha gli occhi chiusi e sembra inebriata.

Io rimango impietrito. Elisabetta inizia a baciarla sul collo. Carolina sembra abbandonarsi a lei. Elisabetta, con una mano, le palpa un seno e poi scende lungo la pancia infilandosi fra le gambe della mia ragazza che lancia indietro la testa e poi si stende sul letto.

Vedo che le tira su il vestito e mi accorgo che sotto non aveva niente. Vedo le dita con le unghie smaltate di Elisabetta farsi largo nel sesso di Carolina.

Guardo un attimo il marito, al mio fianco, che mi sorride e mi invita a far silenzio e a continuare a guardare. Io sono eccitatissimo e non riesco a fare altro.

In un attimo le due donne sono nude, eccetto scarpe e autoreggenti. Elisabetta fa spostare Carolina, mettendola a quattro zampe sul letto e immergendo il suo volto fra le gambe. Carolina gode di questo trattamento. Dalla posizione di Elisabetta mi sembra che si dedichi anche a leccarle il culo, non solo la vagina. Sono sconvolto nel vedere Carolina farsi fare queste cose. Con me non è mai stata così, nonostante io ci abbia provato.

Osservo Elisabetta prendere una boccetta e usarne il liquido contenuto sul culo della mia ragazza. Glielo spalma con la mano e intuisco che un paio di dita si devono essere introfulate nel buchetto vergine tra le chiappe. Carolina geme e appoggia il viso sul letto, rimanendo inarcata, col culo verso l’alto.

Mi distraggo un attimo perchè sento al mio fianco altre presenze. L’altra coppia che era rimasta è salita ed ora osservano anche loro lo spettacolo. Io vorrei fermare tutto, sto impazzendo, ma sono bloccato dall’eccitazione.

Torno sulle due donne ed Elisabetta ha indossato una mutanda particolare, con un pene finto attaccato sul davanti. Il marito ormai ha aperto del tutto la porta della camera. Lei vede che la stiamo guardando ma non fa una piega. Carolina invece è ad occhi chiusi e non sa di avere degli spettatori.

Entriamo timidamente nella camera mentre Elisabetta introduce, dolcemente e lentamente, il fallo nero nell’ano della mia ragazza. Assisto immobile alla perdita della verginità anale della mia fidanzata che sembra godere come mai ha fatto con me.

Credo di essere già venuto dentro le mie mutande, ma il mio cazzo non accenna a sgonfiarsi. Le altre persone nella stanza iniziano a spogliarsi. In breve rimango l’unico vestito.

Carolina apre gli occhi e mi vede. Non sembra particolarmente turbata. Nel suo sguardo c’è solo lussuria. Mi fa cenno di avvicinarmi. Mentre continua ad essere inculata mi slaccia i pantaloni e prende in bocca il mio cazzo, già sporco di sperma. Prima d’ora me lo leccava raramente e mai aveva voluto assaggiare il mio liquido.

Elisabetta la tira a sé, staccandola da me, e la fa girare, pur continuando a fare avanti e indietro con fallo di lattice nel culo. Io le guardo e sento una bocca impadronirsi del mio cazzo. È il marito. Continuo a sentirmi in totale balia degli eventi e non ho reazioni di nessun tipo. Lascio che un uomo mi succhi il cazzo, sotto gli occhi, apparentemente divertiti, di Carolina.

Mentre subisco la fellatio sento una lingua farsi strada fra le mie chiappe. È la ragazza della coppia, mentre viene scopata dal marito. Dopo poco usa anche un dito e me lo infila su per il buco del culo.

Vengo una seconda volta nella bocca del marito di Elisabetta. Intanto l’altra ragazza ha iniziato a spalmarmi del lubrificante fra le natiche e suo marito è salito sul letto, dietro di me, con evidenti intenzioni.

“No.” interviene Elisabetta. “Lasciatelo a me.” dice imperativa.

Mi fanno mettere nella stessa posizione che aveva prima Carolina ed Elisabetta mi priva della verginità anale con lo stesso fallo usato poco prima con la mia ragazza. Non avrei mai accettato a freddo una cosa simile, ma sto godendo come non mai.

Carolina intanto è finita in mezzo alla coppia: si slingua con lei e viene scopata da lui. Il marito di Elisabetta, rimasto inoperoso, ha la buona pensata di usare l’altro mio orifizio, infilandomi un po’ a forza il cazzo in bocca.

Siamo tutti nel letto esausti dopo questa orgia.

“Cerchiamo di essere ospitali.” dice ad un certo punto Elisabetta, rivolgendosi poi a me. “Finora ti abbiamo usato, ma magari vuoi anche decidere tu le danze. C’è qualcosa che possiamo offrirti?”

Ci penso un attimo, mentre il mio cazzo si erge nuovamente.

“Non mi ero mai fatto fare un pompino da un uomo, nè io lo avevo mai fatto. Il mio culo era vergine fino a stasera e mai avevo visto altri scopare la mia ragazza. Questa è la sera delle novità, per cui ne voglio altre. Non ho mai inculato la mia ragazza. Non ho mai inculato nessuno a dire la verità. Vorrei iniziare stasera. Ma non con Carolina. Voglio iniziare da te, Elisabetta, e poi continuare con tutti gli altri presenti in questa stanza.”

“Non vedo l’ora di provarlo.” disse Elisabetta guardandomi il cazzo. “Noto con piacere che Carolina non mi aveva mentito riguardo alle tue dimensioni.”

“Tu sapevi come sarebbe andata la serata?” è l’alba e stiamo tornando verso casa.

“Non immaginavo tutto quello che è successo. Ma Elisabetta mi aveva promesso certe cose.” mi rispose carolina.

“Era la prima volta che lo facevi con lei?”

“Sì, fino ad ora tra noi c’erano state solo parole. Elisabetta mi ha aperto un mondo e volevo sperimentarlo, ma dovevi esserci anche tu.”

“Sapevi che ti avrebbe inculato?”

“Sì. Lei voleva essere la prima. Spero non ti dispiaccia. Ora non te lo negherò più.”

“Non mi dispiace. Quella scena è stata la cosa più eccitante che abbia mai visto. Sapevi anche in che modo sarei stato coinvolto io?”

“Sì lo sapevo.”

“Ed eri d’accordo?”

“Sì. In particolare non vedevo l’ora di vederti tra le mani di Elisabetta. Me lo aveva detto che avrebbe preso anche il tuo culo ed io mi bagnavo a questa idea.”

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