Una serata di musica e distrazioni.
“Quanti in questo teatro?”
Lei si sporse leggermente appoggiandosi al parapetto del palco per scrutare la platea e gli altri palchi. Io ne ammirai per l’ennesima volta quella sera la bellezza e l’eleganza. Indossava scarpe col tacco altissimo e la suola rossa. Calze con la riga dietro e un vestito rosso che le aderiva al corpo e si apriva con uno spacco sulle gambe e con una ampia scollatura sulla schiena. Una serie di gioielli le adornavano collo e viso, messi bene in mostra dai capelli raccolti e tirati su. L’apertura sulla schiena del vestito la obbligava a non indossare un reggiseno ed io sapevo anche che non aveva indossato nulla neanche sotto: l’unica cosa era un reggicalze per tenere su le calze.
“Tre, direi. Sì, tre.” mi rispose infine dopo un po’.
Mi avvicinai a lei, le poggiai una mano sul culo, palpandoglielo e guardai anche io verso gli altri spettatori presenti nel teatro.
“Uno so chi è.” le dissi facendo cenno col mento verso un uomo in piedi nelle prime file della platea.
“Mh mh” mi confermò lei.
“E gli altri chi sono?” nel domandarlo spostai la mano attorno al suo corpo, insinuandola nello spacco.
“Quinta fila. Quello vicino alla bionda.”
“Quello? Non ci credo.” non mi sembrava il suo tipo, poi riflettei. “La bionda è sua moglie?”
“Sì.”
“C’era anche lei?”
“Sì.”
“Ora capisco. Poi, chi è il terzo?”
“Palco a destra di quello centrale, secondo ordine.”
Aguzzai la vista per individuare l’uomo che vi era seduto.
“Ma è…”
“Sì, è lui.”
“Ah, però.”
Con la mano intanto mi ero insinuato più a fondo ed ora le stavo accarezzando la pelle liscia del pube, appena sopra al clitoride, un modo per stuzzicarla, per farle venire voglia senza però eccitarla del tutto.
“Quattro.” disse lei improvvisamente. Stava guardando verso l’ingresso della platea per cui controllai chi fosse appena entrato.
“Non può essere quello. E’ un vecchio.”
“No, non lui. La maschera. Non l’avevo visto, ma in effetti dovevo pensarci che doveva esserci anche lui.”
“La maschera? Quel ragazzo?”
“Sì. L’ho conosciuto in palestra.”
Col dito affondai infilandolo fra le sue labbra umide. Lei si ritrasse, si fece indietro e si sedette.
“Fermati. L’opera è lunga. Non puoi eccitarmi già adesso, siamo solo all’inizio della serata.”
La guardai sorridendo con aria di sfida. Mi portai il dito intinto nei suoi umori sotto le narici e lo annusai platealmente. Poi me lo misi in bocca. Lei ricambiò lo sguardo.
Le luci si abbassarono per qualche istante. L’opera stava per iniziare.
***
“Chiamane uno. Scegli tu chi. Fallo venire nel nostro palco. Scopatelo.”
Questo le avevo sussurrato varie volte durante il primo atto dell’opera lirica. Lei dapprima mi aveva liquidato con un sorriso e un gesto della mano. Ma io avevo insistito ed avevo aggiunto alle parole delle carezze. Poi l’avevo vista prendere in mano il telefono, indugiare un attimo e poi scrivere a qualcuno. Dopo averlo fatto aveva appoggiato la mano in mezzo alle mie gambe e aveva verificato la presenza della mia erezione.
Durante l’intervallo era stata molto nervosa. Non aveva voluto abbandonare il palco per fare un giro e incontrare gente. Si guardava attorno, probabilmente per controllare i gesti di quello a cui aveva iscritto, ma io non riuscii a capire chi fosse.
“Lo ha letto.” mormorò ad un certo punto, in una delle tante volte che aveva controllato il telefono in quei pochi minuti.
“Mi ha risposto.” annunciò poco dopo, senza specificare altro.
Quando si spenserò le luci per l’inizio del secondo atto lei si rivolse a me.
“Credo arriverà fra poco. Tu che fai? Esci subito?”
“No, io sto qui, mi guardo l’opera.”
“Ma… come?”
Le feci cenno di fare silenzio, indicando il sipario che si alzava.
“Voi fate pure. Non vi disturberò. Non vi guarderò neanche.”
Mi guardò stupita.
***
“Eccolo.” la sentii sussurrare mentre si alzava. Io non avevo sentito nulla ma lei evidentemente era più concentrata di me sul rumore di qualcuno che bussava alla porta dela palco rispetto a me che ero concentrato sulla musica e sul canto.
Fu uno sforzo di volontà notevole non ruotare mai neanche di poco la testa per controllare cosa avveniva all’interno del palco rispetto a quello che avveniva davanti a me. Ma questo aumentò se possibile ancora di più il mio stato di eccitazione.
Con gli occhi seguii i movimenti del direttore d’orchestra, esaminai la scenografia, osservai la recitazione di cantanti e comparse. Con le orecchie invece cercai di percepire qualsiasi suono mi aiutasse a capire cosa avveniva alle mie spalle.
In base alle mie sensazioni, se dovessi ricostruire i fatti, direi che dopo un breve conciliabolo tra i due lei si inginocchiò per prendergli in bocca il cazzo. Udii infatti qualche grugnito di lui e dei risucchi da parte di lei. Mi chiesi subito se i vicini di palco potessero sentire qualcosa, ma probabilmente il tutto era sovrastato dalla musica, tanto che anche io facevo fatica a percepire qualcosa in gran parte dei momenti.
Poi credo che lei si alzò e secondo me si appoggiò alla parete di fondo volgendo verso di lui le terga. Ci fu un momento di musica molto tenue e mi parve di sentire da parte di lei un: “Aspetta!”
Quando l’orchestra esplose in un crescendo qualcosa si mosse dietro di me e lei lanciò anche un breve urletto. Conoscendola bene sono sicuro che in quel momento lui le era appena entrato nel culo.
Li sentii scopare, accompagnati dalla musica che si faceva intensa e incalzante, ma non a sufficienza da coprire del tutto i loro orgasmi che percepii chiaramente e forse non fui l’unico a coglierli.
Il mio, di orgasmo, invece fu silenzioso e passò inosservato. Senza neanche toccarmi mi inondai le mutande di sborra. Per sicurezza mi slacciai i pantaloni, per evitare che si macchiassero.
Vidi brevemente una lama di luce illuminare il palco e poi sentii la porta chiudersi. Lui se ne era andato. Mi girai. Vidi lei appoggiata alla porta, ansimante e con la gonna ancora tirata su. Andai verso di lei. Le misi una mano sulla fica, lei mi bloccò il polso.
“No, fermo.”
Non le ubbidii del tutto e continuai a muovere le dita dentro di lei che invece infilò l’altra sua mano nelle mie mutande, afferrandomi il cazzo non più del tutto duro.
“Sei tutto sporco.” mi disse estraendo la mano con le dita ricoperte di sborra.
“Tu invece mi sembri pulita… davanti.”
Lei mi guardò maliziosa e iniziò a ciucciarsi le dita. Io la imitai leccandole la mano con sopra la mia stessa sborra.
Intanto il cazzo mi era tornato duro. Mi abbassai mutande e pantaloni e la presi per i fianchi sollevandola. Lei si avvinghiò con le gambe a me e la calai sul mio cazzo. La spinsi contro la porta. Lunghi e lenti affondi. La sentii venire più volte, seppur silenziosamente, mentre io, appena venuto, potevo godere di un lungo periodo di resistenza.
“Me lo dici chi era? Chi è che ora sa che il tuo uomo è un cornuto che lascia che la moglie si scopi un altro alle sue spalle? Chi era di quei quattro? Era la giovane maschera?”
“No. Non te lo dico.”
“Perché?”
“Perché non era nessuno di quelli di prima. Te ne ho tenuto nascosto uno.”
“Perché?
“Perché so che così ti piace ancora di più.”
Le sborrai in fica.
Dietro di noi, intanto, il tenore e la soprano cantavano di amori e tradimenti.