I – lui
quando ci precedette su per le scale per mostrarci la camera mi attardai un attimo, per osservare da sotto le gambe nude e cercare di scorgere qualcosa oltre il bordo del lungo maglione che le copriva il fondoschiena. non vidi nulla che non fosse già visibile.
ci aveva accolto scalza. era la proprietaria di un bed and breakfast in una piccola cittadina norvegese di cui ora non ricordo più il nome. io ed il mio amico fummo colpiti da quella bellezza nordica, che rientrava in tutti gli stereotipi di noi maschi latini. ci chiedevamo se le gambe nude fossero indice di disinibizione.
II – lui
quando uscimmo in cerca di una cena, era nella cucina, insieme ad un ragazzo dalla stazza e dall’aspetto molto vichingo. quando passammo davanti alla porta e salutammo, avemmo l’impressione di averli disturbati. lui cingeva lei con un braccio intorno alla vita. probabilmente si stavano baciando. probabilmente ora che gli unici clienti erano usciti avrebbero scopato. non ricordo cosa mangiammo ma ricordo che discorsi facemmo a cena, forti del fatto che l’italiano non era compreso dalla cameriera.
III – lui
rientrammo nella casa di cui lei affittava una stanza e la trovammo nel salottino, illuminato solo da una abat-jour mentre leggeva un libro seduta in poltrona. ci accolse con apparente piacere, e cominciammo un dialogo grazie al buon inglese di tutti e tre. era ancora a gambe e piedi nudi, raccolti sotto di sé, in un modo tipicamente femminile di sedersi. mentre parlava si aggiustava continuamente una ciocca bionda, che continuamente le scendeva davanti agli occhi azzurro ghiaccio.
scoprimmo che il ragazzo visto prima non era il suo fidanzato, ma solo un amico. l’interpretazione da dare a questa amicizia non fu del tutto chiarita. sapemmo solo che lei avevo cercato di trattenerlo fino al nostro ritorno ma lui non aveva voluto.
IV – lui
a dispetto delle azioni che compì conservò una freddezza nordica. fu lei a interrompere la conversazione che stava pian piano virando verso argomenti tabù, chiedendo, con molta naturalezza, se ci andava di salire in camera a fare sesso. come rifiutare tanta ospitalità? fu sempre lei a dirigere le operazioni con il tono di chi spiega a qualcuno un compito da svolgere. ci fece spogliare, fece stendere il mio socio sul letto, lei si mise sul bordo sulle ginocchia sporgendo le terga verso di me che rimasi in piedi, all’altezza giusta per scoparla da dietro mentre lei era piegata in avanti per praticare del sesso orale.
V – lui
le variazioni furono tutte su quel tema. uno davanti e uno dietro. lei godeva, partecipava, ma dava anche l’impressione di star facendo della semplice ginnastica. di certo non ci lamentammo. la sua insistenza nel continuare a lungo durante la notte, mettendoci anche alla prova, indicò che sicuramente il tutto era a lei gradito. di certo il mattino dopo ci sentimmo in obbligo di darle un extra, sostanzioso, rispetto al costo dell’alloggio. non parve sorpresa, non parve indignata e non diede impressione di volerlo rifiutare.
VI – lui
mentre il treno risaliva la norvegia e il nostro viaggio riprendeva il suo corso rievocammo la notte. ci maledicemmo per non averle fatto neanche una foto.
“sai, se ripenso a lei le immagini che ho in testa sono più quelle del suo volto mentre parliamo in salotto, più che quelle del sue chiappe che accolgono il mio sesso. cosa vorrà dire? siamo sicuri che sia successo per davvero?”
tirai fuori la mappa. “secondo te riusciamo a rifare una sosta nella via del ritorno? che dici se cambiamo itinerario?”
“ma sai quanto le abbiamo lasciato? qui è già tanto se abbiamo i soldi per tornare a casa.”