We are the champions

Come festeggiare una vittoria con la propria ragazza…

Carlos vinse un contrasto vicino alla linea laterale. Si sollevò molta sabbia ma poi lui riuscì a rilanciare in avanti il pallone, proprio verso di me che aspettavo in attacco. Il lancio però era leggermente corto. Il difensore avversario si staccò da me per anticiparmi ma non riuscì ad arrivare direttamente sul pallone che invece rimbalzò in modo irregolare sulla sabbia della spiaggia in cui si svolgeva quel torneo di beach soccer del quale stavamo giocando gli ultimi istanti della finale. Il pallone scavalcò così il difensore e venne verso di me, anche se un po’ laterale rispetto al mio corpo. Diedi una occhiata veloce al portiere e alla posizione della porta. Potevo fare una sola cosa e la feci. Mi lanciai verso il pallone in semi rovesciata e lo colpii. Male ma lo colpii. Svirgolai il tiro che però si impennò superando in pallonetto il portiere. Mentre ricadevo a terra vidi il pallone entrare in porta. Subito dopo venni sepolto dai miei compagni che mi festeggiavano. Avevamo vinto. Il tempo era scaduto. Avevamo vinto il torneo.

A sera uscimmo a festeggiare. Andammo a mangiare e poi a bere in un locale della località costiera che ospitava quel torneo. Eravamo noi cinque giocatori e la mia ragazza, l’unica che ci aveva seguito in quei giorni di trasferta per partecipare a quel torneo. Eravamo euforici. Facemmo diversi giri di superalcolici. Fino al momento di tornare verso l’hotel dove alloggiavamo. I miei quattro compagni procedevano davanti a noi cantando. Io e Alessia, la mia ragazza, eravamo qualche metro indietro. Io non mi sentivo molto lucido.

Arrivammo dove c’era un po’ di vegetazione ed uno di loro si fermò per pisciare, subito imitato dagli altri tre.

“Tu non vai?” mi chiese ridendo Alessia e tastandomi l’uccello da sopra i pantaloncini.

“No… sono andato prima nel pub…” farfugliai.

“Mm, però mi sembri pronto per fare altro…” commentò lei sentendo che mi stavo indurendo.

Si mise in punta di piedi per darmi un bacio sulla guancia, senza smettere di toccarmi il cazzo, e poi mi parlò nell’orecchio.

“Senti, prima nel locale mentre ero in mezzo a voi mi è venuta in mente una cosa un po’ pazza, un po’ porcella… Sarà che ho bevuto un po’… Però pensavo che può essere l’occasione giusta per giocare un po’… Quando ci ricapita… Siamo tutti allegri e un po’ ubriachi… Siamo fra amici… Insomma, hai capito?”

Io la guardai con aria di chi non aveva capito nulla di quello che diceva.

“Dai. Cosa ne dici? Qualche volta mi hai detto che ti sarebbe piaciuto vedermi in mezzo a tanti ragazzi, no?”

“Cosa stai dicendo?” ero ubriaco, non capivo cosa mi stesse dicendo. O forse lo capivo ma facevo finta di no.

“Allora? Hai qualcosa in contrario?”

Gli altri ripresero a camminare ed io gli andai dietro, seguito da Alessia. Arrivammo all’hotel, salimmo al nostro piano e stavamo per salutarci. Quando lei interruppe i nostri saluti.

“Sentite, ragazzi, perché non venite un po’ nella nostra camera? Dai, stasera bisogna festeggiare fino in fondo. È ancora presto.”

Nessuno si oppose, neanche io, ma nessuno neanche intuì cosa sarebbe successo. Alessia sembrava la più lucida di tutti e la più determinata. Entrati in camera li fece sedere sul letto. Io mi accomodai su una poltroncina laterale. Due di loro si lasciarono cadere stesi sul letto, ma poi si ridestarono presto appena si accorsero di cosa stava succedendo.

Alessia annunciò che si sarebbe spogliata per noi come premio ed iniziò a muoversi sensualmente togliendosi i vestiti. I ragazzi fecero qualche applauso e urlo di approvazione rivolto a lei. Qualcuno cominciò a girarsi verso di me, per capire se la cosa che stava succedendo avveniva con la mia approvazione. Io ero troppo poco lucido per intervenire. E in fondo mi stavo eccitando. Alessia rimase in tacchi e perizoma. Si era tolta il reggiseno dando loro la schiena e quando si girò aveva le mani che coprivano le tette.

“Dai faccele vedere.” borbottò qualcuno.

“Solo se anche voi mi fate vedere qualcosa.” rispose lei.

Il più ubriaco di loro iniziò a sbottonarsi i pantaloni.

“Vuoi vedere questo?” disse mentre stava per estrarre il cazzo dalle mutande.

“Cazzo fai, amico?” disse il mio amico meno brillo girandosi poi verso di me, come per indicare che dovevo intervenire io, la ragazza era la mia.

“Bravo. Fammelo vedere. Fammi vedere se te l’ho fatto diventare duro.” disse Alessia, lasciando tutti di stucco.

Quando il primo cazzo duro fece capolino lei tolse le mani dal seno e poi andò verso di lui. Si inginocchiò e lo prese in bocca.

“Dai, tirate fuori anche i vostri.” disse poi rivolta ai miei amici che non se lo fecero ripetere due volte. Il più assennato mi rivolse una ultima occhiata per capire cosa ne pensavo. Io rimasi inerme sulla poltrona. Volevo fermarla, ma il cazzo mi stava diventando duro anche a me.

Poco dopo i quattro erano in piedi attorno ad Alessia in ginocchio. Lei teneva un cazzo in bocca e altri due in ciascuna mano. Poi dopo un po’ cambiava posizione andando a dare piacere anche al quarto che per un po’ aveva dovuto segarsi da solo.

“Cazzo che troia la tua ragazza.” commento uno.

“Gran figa e succhia bene.” disse l’altro.

“Beato te.” concluse il terzo.

L’ultimo si limitò a grugnire mentre lei lo faceva sborrare con la bocca. Si fece schizzare sul viso e sul seno da tutti e quattro.

Tra la stanchezza, l’alcool bevuto e l’orgasmo appena raggiunto tutti e quattro si stesero chi a terra, chi sul letto. Alessia venne gattonando verso di me. Aveva sul viso un sorriso diabolico e tanti schizzi di sborra.

“Ti è piaciuto guardarmi che lo succhiavo ai tuoi amici?” mi chiese. Io non ebbi il coraggio di rispondere. Lei iniziò a sbottonarmi i pantaloni e mi tirò fuori il cazzo. “Sì. Ti è piaciuto.” commentò trovandolo durissimo.

Poi avvicinò il suo viso al mio. Sembrava volermi baciare. Era tutta sporca di sborra di altri ragazzi. La bloccai. Lei capì. Si girò un attimo a guardarli. Poi mi venne ancora più vicina.

“Non ci stanno guardando, tranquillo.” mi rassicurò come se il mio unico problema fosse non farmi vedere da loro mentre baciavo la mia ragazza sporca della loro sborra.

E forse aveva ragione perché quando appoggiò le sue labbra alle mie io non mi tirai indietro. Erano salate. Avevano un sapore che non avevo mai sentito prima. La mano di Alessia mi stava stringendo il cazzo e faceva su e giù. Venni con la sua lingua ancora in bocca.

Restammo alcuni minuti tutti in silenzio. Qualcuno forse si era anche addormentato. Alessia si era accoccolata ai miei piedi. Per un po’ era l’unica che dava segni di vita, si stava masturbando lentamente mentre assaporava nella mente ciò che aveva appena fatto.

Il primo a riprendersi fu Carlos. Tra noi era il più forte a giocare, era di origini sudamericane ed era anche, incidentalmente, quello col cazzo più grosso. Mi era parso che da parte di Alessia ci fosse stato più gusto nel succhiare lui rispetto agli altri.

“Dai, Ale, vieni qui, fatti scopare.” disse indicando il letto ed il suo cazzo di nuovo in tiro.

“Ehi, amico, calma.” intervenni io. “È la mia ragazza e tu così non le parli. Il pompino è stata una cosa eccezionale, siamo tutti un po’ ubriachi e stiamo festeggiando, ma la cosa finisce qui. Quindi adesso ognuno torna nella sua cam…”

Venni interrotto. Alessia si era alzata e mi aveva messo un dito sul naso e sulla bocca, come nel gesto di stare zitto.

“Dai, amore. Stasera vale tutto.” sussurrò.

Io rimasi impietrito mentre lei andava verso il letto, si toglieva il perizoma e si metteva a pecora sul bordo. Osservai mentre Carlos la scopava sbattendola e tenendola per i fianchi. Poi mi godetti lo spettacolo di lei scopata anche dagli altri tre che, vedendo la nuova prospettiva di godimento, erano tornati subito in forze. L’ultimo, sono sicuro, ne approfittò anche per infilarglielo nel culo. Lei ebbe tanti orgasmi. Fu come guardare un porno super eccitante. E la mia ragazza era la protagonista. Mi segai e venni insieme all’ultimo di loro.

Il mattino dopo nessuno fece nessun riferimento a quello che era successo la sera prima. Ci fu quasi un patto non detto fra noi di considerare tutto frutto dell’ubriacatura collettiva. Anche successivamente i miei compagni di squadra furono sufficientemente discreti da non ricordare mai, almeno in mia presenza gli eventi di quella notte.

Poi arrivò il momento di iscriversi ad un nuovo torneo e di organizzare la trasferta.

“Senti, tu vieni da solo o con Alessia?” mi chiese uno dei miei compari.

“Con… con Alessia.” bofonchiai sospettoso.

“Ok. Dico alla mia di non venire, allora.”

Quando disse questa frase lo guardai negli occhi. E tutti gli altri guardarono me. Ci fu un momento di silenzio. Sostenemmo ciascuno lo sguardo dell’altro per diversi secondi.

“Oh, si vince anche stavolta, eh?” disse Carlos.

Lo guardai per alcuni lunghi istanti.

“Certo che vinciamo anche questo, è chiaro.” conclusi e la tensione si sciolse. Ci scambiammo un cinque e alcune grida di incoraggiamento. Il mio cazzo era barzotto.

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