In cerca di una casa fa conoscenza con la titolare dell’agenzia immobiliare, una donna affascinante e intrigante.
Sotto casa mia c’era un’agenzia immobiliare. E io dovevo cambiare casa. La titolare era una donna tra i quaranta e i cinquantanni. L’avevo incrociata diverse volte mentre entrava o usciva dall’ufficio e mi aveva sempre colpito. Non l’avrei definita bellissima, ma era molto appariscente. Alta e magra, quasi mascolina in certi tratti, e con due gambe lunghe e molto belle che metteva molto in mostra. Infatti indossava quasi sempre minigonne e calze, oppure leggings, e scarpe col tacco altissimo.
Un giorno mi decisi ad entrare in agenzia per cominciare la ricerca di una nuova casa, visto che quella in cui ero era piccola ed ero in affitto. Era venuto il momento, a poco più di trent’anni di trovare una sistemazione più definitiva.
Appena dentro rimasi subito colpito dalla visione che avevo davanti. La titolare dell’agenzia, di cui poi avrei imparato il nome: Antonella, era in bilico su una scaletta mentre posizionava in una mensola in alto delle cartelle che contenevano presumibilmente documenti. Vestiva nel suo consueto stile per cui ebbi una perfetta visuale delle sue belle gambe coperte dai dei leggings aderenti in finta pelle. Restai alcuni istanti ad ammirarla, prima che lei si accorse della mia presenza.
Antonella era una tipa molto spiccia, andava subito al sodo e fu molto rapida ed efficiente nel cominciare a propormi delle possibili soluzioni per le mie esigenze. Nei giorni seguenti mi fissò le prime visite ad alcune case. Mi propose, ed io accettai subito, di andare con il suo scooter a due posti per evitare il traffico. Lei guidava ed io dietro. Furono strani i percorsi dall’agenzia alle varie case, con il mio corpo appoggiato alla sua schiena, ma questo creo subito una sorta di intimità.
Chiaramente Antonella, per capire quali erano le mie esigenze, mi fece anche qualche domanda personale e venne così a conoscenza del fatto che avevo appena chiuso una storia di anni con la mia ex ragazza. La sua partenza e la conseguente impossibilità di continuare a dividere l’affitto era stata infatti uno dei motivi che mi aveva spinto a cercare un appartamento da comprare.
Più avevo contatti con Antonella e più mi piaceva. Come ho detto non la consideravo bellissima, ma era molto affascinante. Non riuscivi a non guardarla. Inoltre sembrava una donna decisa e sicura di sé. Ogni giorno si vestiva in modo diverso, sempre con scarpe nuove e bellissime e sempre con outfit che valorizzavano il suo fisico e le sue gambe in particolare.
Credevo che lei si fosse accorta dei miei sguardi che indugiavano su di lei. Probabilmente notava quanto gli uomini la guardassero quando andava in giro e penso che questo attrarre le attenzioni le piacesse molto. Io però ero un po’ imbarazzato perché in sua presenza mi sentivo vulnerabile. Ero attratto da lei, ma in un modo diverso da come ero stato attratto dalle donne in precedenza. Ero in soggezione, capivo di non essere lucido perché il mio cervello si perdeva in fantasie scatenate dal suo corpo.
Un giorno tornammo da un giro dopo aver visitato tre appartamenti, belli ma probabilmente troppo al di sopra delle mie capacità di spesa. Fu un giro lungo e stancante. Rientrammo in agenzia e Antonella propose di fare il punto della situazione su tutte le case che avevo visitato, per scartare quelle che non mi interessavano. Si sedette alla scrivania e con un gesto molto naturale (era molto spontanea nel suo modo di fare, il suo essere provocante sembrava in lei connaturato) si tolse le scarpe sotto al tavolo di vetro. Non era la prima volta che le intravedevo i piedi e già avevo notato quanto fossero belli e curati. La visione delle sue estremità mi causava delle strane sensazioni. Non ero mai stato un feticista dei piedi ma di fronte a quelli di Antonella mi sembrava quasi di diventarlo. Ne ero attratto e percepivo in me delle strane voglie, quasi voglie di mettermi ad adorarle i piedi, di leccarglieli e di prostrarmi a lei in modo sottomesso.
Ad un certo punto Antonella si stiracchiò e si lasciò andare all’indietro contro lo schienale della sua poltroncina. Nel fare così alzò le gambe e appoggiò i piedi nudi sul tavolo. Non sembrava averlo fatto in modo studiato per provocarmi ma semplicemente perché era a suo agio nel mostrarsi così e nell’attirare la mia attenzione.
Io deglutii nervosamente e rimasi imbambolato a fissare quei piedi perfetti. Al mio naso giunse persino un leggero afrore non spiacevole, ma soltanto l’odore di piedi che hanno passato la giornata in un paio di scarpe col tacco.
Tra noi salì il silenzio. Dopo un po’ riuscii a distogliere lo sguardo dai suoi piedi ed incrociai quello di Antonella che mi stava guardando. Sorrise. Aveva capito tutto. Forse lo aveva fatto apposta per provocarmi.
Io senza dire niente tornai a sfogliare i fogli con le case visitate, ma spostai l’altra mano fino a farla arrivare a contatto con i suoi piedi. Lei non li ritrasse ed io presi coraggio. Cominciai a palparglieli e a massaggiarli.
“Tutto il giorno su quei tacchi, ti faranno male…” dissi per spiegare il mio gesto senza però alzare lo sguardo, vergognandomi.
“Già.” disse lei con tono tranquillo e mi lasciò fare. Con la coda dell’occhio vidi che sorrideva.
Dopo poco smisi di far finta di consultare le carte e mi dedicai soltanto a massaggiarle i piedi. Mi spostai andando dalla sua parte della scrivania. Mi inginocchiai e lei appoggiò i piedi sulle mie spalle. A turno ne prendevo uno con le mani e lo massaggiavo. Poi mi venne spontaneo iniziare anche a leccarlo. Ero completamente succube di Antonella che mi guardava con aria soddisfatta.
Fu mentre avevo in bocca il suo alluce sinistro che mi accorsi con la coda dell’occhio di un movimento proveniente dalla strada. La gente passava davanti alla vetrina dell’agenzia. Fuori cominciava a fare buio e dentro avevamo acceso la luce. Eravamo quindi perfettamente visibili, potevano vederci se guardavano tra uno spazio e l’altro delle locandine che illustravano le varie proposte immobiliari.
In quel momento mi vergognai. Mi alzai improvvisamente interrompendo l’attività.
“Ehm, scusami… mi sono lasciato un po’ prendere…” dissi imbarazzato mentre riprendevo le mie cose per andarmene.
“Tranquillo. Era piacevole.” mi rispose lei, quasi materna e allo stesso tempo maliziosa.
Quasi senza salutare, rosso in volto, uscii dall’agenzia e salii a casa. Poco dopo mi arrivò un messaggio di Antonella. Conteneva soltanto un indirizzo e un orario. Una nuova casa da visitare.
“Ci sei?” mi chiedeva dopo quell’informazione.
“Sì.”
“Ok. Vediamoci direttamente là stavolta.” mi comunicò.
***
Il giorno dopo presi la metropolitana e mi recai nel luogo dell’appuntamento. Ero un pochino in ritardo ma quando arrivai davanti al portone Antonella non c’era. Le mandai un messaggio. Lei mi rispose subito.
“Sono già qui. Sali.” e mi diede le istruzioni su quale scala dovevo prendere.
Arrivai al piano indicato ed entrai. Mi accolse Antonella ma subito capii che c’era qualcosa di strano. Lei indossava un paio di scarpe delle sue solite, più da serata che da ufficio, e delle calze velate con la riga dietro. Molto sexy, come sempre. Sopra invece aveva una specie di trench corto nero, legato in vita. Un capo più da esterno che da portare in casa. Il trench era sufficientemente corto da mostrare l’estremita delle calze che parevano essere delle autoreggenti oppure sostenute da un reggicalze.
Ma a parte l’abbigliamento più audace del solito quello che mi colpì fu la casa. Era perfettamente arredata con uno stile moderno, minimalista ed elegante, ma soprattutto era grande, enorme. Entrai in un salone e si intravedeva un corridoio con diverse altre stanze.
“Bellissima… ma non posso certo permettermi questa casa…” dissi entrando mentre mi guardavo attorno e mi spogliavo della giacca.
“Non ti ho fatto venire qui per farti vedere questa casa.” disse Antonella alle mie spalle. Percepii un rumore di un vestito che cadeva a terra e mi girai. “Questa è casa mia.” aggiunse.
Sotto al trench indossava soltanto la lingerie. Aveva un reggicalze ed una mutandina striminzita. Sopra un corpetto con reggipetto senza spalline. Le braccia invece erano coperte, dal gomito al polso, da un manicotto lucido come tutto il resto.
Rimasi impietrito a osservarne il corpo tonico e l’abbigliamento succinto. Per un attimo lei era seminuda ed io completamente vestito. La situazione di chi comandava chi poteva essere equivocata, ma si chiarì ben presto.
“Pe… perché?” mi uscì fuori questa domanda stupida.
“Perché cosa?” disse lei avvicinandosi a me e mettendomi un dito sotto al mento.
“Perché… perché io?”
“Perché credo che tu farai tutto quello che voglio, giusto?” mi sorrise.
“S… sì… cosa vuoi che faccia?”
“Spogliati. Voglio vederti nudo.”
Eseguii senza fiatare. Mi piaceva come Antonella mi dava gli ordini e ogni volta che le guardavo le gambe o i piedi mi veniva voglia di adorarla e sottomettermi a lei. Non mi era mai capitato prima con nessun’altra.
Quando mi tolsi anche i boxer mi venne istintivo coprirmi con le mani il cazzo duro, ma lei mi rimproverò subito.
“Fatti vedere. Ecco, così, bravo. Mh, sì, direi che ho scelto bene. Hai l’indole giusta per obbedire e hai anche un bel corpo. Ci divertiremo.”
Mi inginocchiai e cominciai a baciarle i piedi e leccarle le gambe salendo e scendendo lungo quelle meraviglie. Ogni tanto lei toglieva un piede dalla scarpa e me lo porgeva perché io potessi adorarlo meglio. In altri momenti, mentre salivo lungo le sue gambe, usava il piede, con o senza la scarpa, per stimolare il mio cazzo. Io mi sentivo già vicino ad una sborrata, ma lei sembrava capire quando era il momento giusto per fermarsi.
Mi portò poi in camera, tirandomi letteralmente per le palle con la mano. Arrivati lì si tolse le mutande, sapientemente indossate sopra al reggicalze, e si stese sul letto. Voleva essere leccata. Non esitai un istante e mi tuffai verso quella figa depilata e adornata da un tatuaggio.
La leccai a lungo. La portai più volte all’orgasmo. La leccai anche più in basso, attorno al buco del culo. Lei mi dava indicazioni e mi premeva la testa contro di lei, a volte anche con i piedi dimostrando buone doti da contorsionista.
Poi mi fece stendere sul letto e mi salì sopra, sedendosi sullla mia faccia. Proseguii la mia opera con lingua e dita e finalmente anche lei si dedicò un po’ a me. Nella posizione del 69 cominciò a leccarmi nella zona del cazzo. Ma non si dedicò molto a lui. Quasi subito mi tirò verso di lei le gambe e si abbassò con la testa per andarmi a leccare nello stesso punto in cui la stavo leccando io: il culo.
“Aaaah” quasi urlai per la sorpresa.
“Che c’è?” fece lei.
“No, niente, non me l’aspettavo… non sono abituato.”
“Non te l’ha mai fatto nessuna?”
“Ehm… no.” risposi quasi vergognandomene.
“Quindi… mi vuoi anche dire che…” si interruppe per infilarsi un paio di dita in bocca per inumidirle di saliva, poi portò le stesse attorno al mio buco del culo iniziando a massaggiarlo, “…mi vuoi dire che nessuna ha mai giocato col tuo culo?”
“No.”
“Mh, ma con chi sei stato? Come si fa a non voler giocare con questo culetto sodo?”
“Ehm, non so… che ti devo dire?”
“Ma quindi…?”
“Sì?”
“Quindi mi vuoi dire che questo culetto è…” fece una pausa ad effetto, “…vergine?”
“Beh… sì, certo… ovvio.” risposi un po’ impaurito sospettando già le intenzioni di Antonella. Sospettandole ma in fondo, anche se non l’avrei mai ammesso, bramandole.
“Oh… wow… che bello: un culetto di maschio ancora vergine. Mi fanno impazzire i culi vergini. Di uomo soprattutto. Siete così belli quando scoprite il piacere che si può avere dalla sodomia passiva. Mmmh, girati, fattelo guardare bene.”
Mi fece stendere a pancia in giù e cominciò a palparmi ed impastarmi i glutei, commentando ad alta voce.
“Mmh, che bello sodo e muscoloso. E guarda il buchetto… così indifeso e stretto.”
“Che… che cosa vuoi fare?”
“Cosa voglio fare? Adesso lo vedrai…” Antonella si alzò in piedi sul letto.
“No, aspetta…” provai a dire io tirandomi su e girandomi ma lei mi zittì.
“Zitto. Lasciami fare. Fidati di me.” nel dire questo sollevò un piede e lo portò vicino alla mia bocca attendendosi che io glielo leccassi e adorassi come avevo fatto fino a quel momento. Capii che era simbolico. Se glielo avessi preso in bocca voleva dire che accettavo quello che voleva farmi. Se mi fossi rifiutato probabilmente il nostro rapporto sarebbe finito lì.
Glielo presi in bocca. Lei ridacchiò e si godette la mia lingua intorno alle dita.
“Girati. Come prima.” mi ordinò poi.
Io obbedii e lei appoggiò il suo alluce, ancora tutto insalivato, in mezzo alle mie chiappe, proprio sul buco. Spinse un po’, dicendo di rilassarmi e non oppormi. Io sentii il mio sfintere aprirsi per accogliere il suo dito.
“Bravo, così.”
Non durò molto questo accenno anomalo di penetrazione. Lei andò verso l’armadio a rovistare in alcuni cassetti. Ne tirò fuori una cintura che si legò in vita e poi mi mostro due falli finti. Uno piccolo, viola e dalla forma affusolata e l’altro più grosso, nero, dall’aspetto realistico.
“Quale vuoi?” mi chiese sorridendo beffarda.
Io intimorito indicai quello piccolo. Lei rise e lo buttò via, incastrando invece l’altro nella sua cintura.
“Dai, su, sii uomo. L’altro non lo sentiresti neanche.”
Mi tranquillizzai un po’ vedendo quanto lubrificante ci mise sopra. Poi mi fece girare in modo che potessi osservarmi nello specchio. Anzi, in modo che lei potesse osservarmi in faccia.
“Mi piace vedere le facce che fate quando lo prendete in culo.” mi spiegò.
Fu delicata all’inizio. Attese che il mio sfintere si abituasse. Mi indicò come rilassare i muscoli, come spingere come se dovessi andare in bagno. Pian piano lo insinuò dentro di me, poi lo tirò fuori e lo rimise dentro. Mi stava scopando.
“Ecco. Ecco il momento in cui cominci ad apprezzarlo e non capisci più niente. Ti vedo che stai godendo con un cazzo finto in culo. Sodomizzato da una donna. Ti fa impazzire e te ne vergogni. Il tuo ego di maschio si sente minacciato ma non te ne frega niente perché in questo momento vuoi solo sentirti posseduto da quella cosa che entra ed esce dal tuo culo. Vi adoro a voi uomini quando lo prendete in culo. Per le donne è solo un altro modo di essere scopate, sì, si sentono e diventano più porche, ma voi uomini cambiate proprio prospettiva, scoprite una cosa nuova, vi arricchite, diventate anche femmine e questo vi piace ma vi spaventa.”
Continuò a parlare per tutto il tempo in cui mi inculò. E non durò poco. Dopo un po’ smisi di ascoltarla. Mi concentrai solo sulle sensazioni fisiche, che erano insolite ma piacevoli.
Rimasi da lei quella sera. Passai gran parte della serata ad adorarle i piedi. Passai gran parte della serata con un plug infilato nel culo.
***
“Sicuro di voler cercare casa?” mi domandò il mattino dopo.
“Ehm… certo… e come faccio se no?”
“Resta qui.” mi disse risoluta.
“Ma… ma come?”
“C’è una sola condizione: finché stai ai miei giochi questa è casa tua.”
“E… e se non ci sto?”
“Ci starai. Ti ho capito subito. Non ho mai trovato uno che si è lasciato coinvolgere così in fretta in modo totale.”
“E che altri giochi faremo?”
“Ti piaceranno. E non sempre saremo soli.”
La guardai. Mi guardò. Abbassai lo sguardo.
Avevo trovato casa.