Lingua lunga

Una ragazza si lascia scappare qualche parola di troppo sulle fantasie erotiche di coppia.

“Scusa che cosa hai detto?” dissi alla mia ragazza sconvolto da quello che avevo appena sentito. Mi stava parlando, mi stava raccontando della serata precedente quando era uscita con alcune amiche. La ascoltavo distrattamente fino a quando il mio cervello rielaborò le frasi che aveva appena sentito.

“Ma niente, quello che ti ho detto, si scherzava.” rispose lei stupita dalla mia reazione.

“No, no. Ripetimi quello che tu hai detto.”

“Ma cosa?”

“Quest’ultima parte. Quella in cui hai parlato delle fantasie che ci facciamo noi a letto. Ma con chi stavi parlando?”

“Con… con tutti. Cioè ognuno parlava ad alta voce, non so chi stesse ascoltando.”

“Chi c’era?”

“Le mie amiche… e qualche loro fidanzato o amico.”

“Ma perché te ne sei venuta fuori con quelle frasi? Perché hai detto una cosa del genere?”

“Ma perché ti agiti tanto? Dai, eravamo tutti un po’ ubriachi, si parlava…”

“Si parlava di cosa?”

“Non so, si parlava dell’essere gelosi. Tutti che raccontavano quanto i propri fidanzati o alcuni ex fossero gelosi, cose del genere. Allora io ho pensato di parlare bene di te.”

“Parlare bene? Ma cosa hai detto esattamente?”

“Ho detto che tu invece non eri geloso.”

“E basta? Prima non hai detto così.”

“No, vabbè, dopo hanno voluto saperne di più, non ci credevano.”

“E quindi cosa hai detto?”

“Ho detto che non sei geloso e che anzi…”

“Anzi? Hai detto così?”

“Sì, ho detto così e…”

“E cosa?”

“E qualcuno in effetti si è stupito. Voleva sapere cosa intendevo.”

“Chi?”

“Le mie amiche soprattutto.”

“E tu cosa hai detto?”

“Io ho spiegato cosa intendevo. Ho detto che ti piace quando io esco vestita un po’ provocante. Che ti piace se mi guardano.”

“Hai detto così?”

“Sì. Mi pare di sì.”

“E poi?”

“Poi ho detto che ad esempio il vestito che avevo ieri ti avevo chiesto se era troppo sexy per uscire da sola e tu mi hai detto che andava benissimo.”

“E loro cosa hanno detto?”

“Non ci credevano. Anche i ragazzi. Qualcuna mi ha detto che ero fortunata ad avere te. Allora io ho continuato. Mi sembrava di parlare bene di te, non capisco perché tu sia arrabbiato per quello che ho detto.”

“Finisci di dirmi tutto quello che hai detto e vediamo se mi devo arrabbiare.”

“Dopo mi hanno fatto domande. Mi hanno chiesto se non hai paura che qualcuno ci provi con me.”

“E tu?”

“Io ho detto che ti piace sentire quando qualcuno ci ha provato con me.”

“Hai detto proprio così.”

“Sì, penso di sì. Ho detto che io te lo dico e tu… e tu ti ecciti e poi scopiamo.”

“Veramente?”

“Sì… in effetti forse ero più ubriaca di quello che pensavo… a mente fredda mi vergognerei un po’ a dirlo.”

“E cos’altro hai detto?”

“Ho detto… ho detto che ci piace immaginare…”

“Cosa?”

“Che le nostre fantasie a letto sono… sono fantasie con altri.”

“Ma ti rendi conto che hai raccontato a tutti le nostre cose intime?” dissi molto alterato.

“Sì, in effetti forse ho esagerato… ma non ero lucida e poi tutti mi incitavano a dire di più, mi sembrava che stessi dicendo cose belle della nostra coppia… sono cose che ci piacciono a entrambi, perché dovrei vergognarmene?”

“Sì, hai ragione, solo che… cioè diciamo che sono fantasie che normalmente non sono molto accettate. Mi hai fatto fare la figura del cuckold.”

“Del che cosa?”

“Cuckold. Sono quelli a cui piace se la propria donna lo fa con altri.”

“Beh, se tu lo sei che male c’è?”

“C’è che socialmente non è accettato. Cioè non si dovrebbe sapere. Ora tutti penseranno che sono cornuto. Anzi, quasi peggio, che voglio esserlo.”

“Beh, no.”

“No, in che senso?”

“Cioè, in effetti sanno che lo sei già.”

“Cosa?”

“Non ci credevano. Dicevano che tu lo dicevi così tanto per dire ma che in realtà eri come tutti gli altri. Che mi illudevi di non essere geloso, che erano solo fantasie ma che all’atto pratico non l’avresti mai consentito.”

“E tu cosa hai detto?”

“Io…” abbassò gli occhi. “Io ho detto che invece era vero e che la scorsa estate…”

“Hai raccontato del tizio nel villaggio turistico?”

“Sì.”

“Cosa hai raccontato?”

“Beh… tutto.”

“Cioè?”

“Cioè che io ti avevo detto che mi piaceva quel tipo e che la sera dopo tu mi hai spinto a ballare con lui e che poi mi hai detto di tornare in stanza e che tu mi avresti raggiunto dopo un po’ e quindi poi quando sei arrivato…”

“… sono rimasto a guardare mentre ti facevi scopare… cazzo! Ma dovevi proprio dire tutto?”

“Scusami… non mi sono controllata… pendevano tutti dalle mie labbra, ero al centro dell’attenzione, mi sentivo migliore di tutti a raccontare quelle cose…”

“Cazzo…”

“Sei arrabbiato con me?” mi fece gli occhi dolci.

“Sì.” dissi guardando altrove.

“Davvero? Posso fare qualcosa per farmi perdonare?” mi disse avvicinandosi a me.

“No.” risposi secco.

Lei mi toccò. Aveva visto il bozzo nei pantaloni. Ero duro. Durissimo. Ero seccato che lei avesse svelato agli amici i miei gusti sessuali, però ero anche eccitatissimo. Mi vergognavo che ora tutti sapessero e lo trovavo umiliante. Umiliante come assistere alla monta della propria ragazza da parte di un altro. Faceva tutto parte dello stesso sottile confine tra piacere e gelosia che rendeva queste fantasie così inebrianti per me.

Lei non disse altro. Mi abbassò i pantaloni e prese in bocca il mio cazzo. Ormai mi conosceva. Aveva capito quanto fossi eccitato, nonostante tutto. Non escludo che tutto il suo racconto fosse volto ad arrivare a quello. Mi balenò l’idea che forse si era inventata tutto, solo per eccitarmi. Non riuscii a decidere dentro di me che ipotesi preferissi tra il fatto che mi avesse sputtanato di fronte a tutti o che fosse così perversamente coinvolta nelle mie fantasie da prendere in giro la mia mente.

In ogni caso una cosa volevo fare. La presi per le spalle e la feci alzare. Poi la girai. La sbattei sul divano. Le abbassai i pantaloni e le mutande con foga, sentii anche un rumore di stoffa che si lacerava. Poi le puntai il cazzo contro la fica. Anzi no. Ci sputai soprai e cercai di inumidirlo. Si meritava di prenderlo in culo, la troietta.

Chissà se poi questo lo avrebbe raccontato alle sue amiche.

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