sodomia

Do ut des

Ero riuscito ad entrare in un esclusivo circolo sportivo romano, di quelli frequentati da gente importante, grazie all’invito della mia amica Lavinia, ricca figlia di nobiltà capitolina. Ero lì con lei con uno scopo preciso: trovare qualcuno disposto ad aiutarmi in un mio progetto, una idea imprenditoriale che avevo. Avevo bisogno di appoggi per riuscire a farlo, aiuti finanziari ma anche appoggi politici. Io ero giovane e non ero nessuno. Avevo bisogno di qualcuno che potevo trovare solo in quel posto.

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Entrai nel salone a braccetto con mio marito. Molti soffermarono il loro sguardo su di me appena mi riconobbero. In parte era dovuto al mio aspetto fisico: quella sera ero perfetta. Trucco, capelli freschi di parrucchiere, vestito elegante, costoso e che mi valorizzava al meglio. Non che andassi sciatta al lavoro, anzi, ma quella sera ero pronta per un galà. L’altro motivo per cui molti mi guardarono era perché quella era una serata importante per il gruppo di cui faceva parte la mia azienda e importantissima per alcuni di noi, tra cui forse me stessa, il cui nome era sulla bocca di molti.

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Scambio di potere

Il taxi mi lasciò di fronte all’ingresso del ministero. Scesi stando attenta a dove appoggiavo i tacchi a spillo sui sanpietrini e poi mi diressi sculettando incerta verso la portineria. Mi chiesi cosa pensasse il tassista e cosa pensassero le guardie nel vedere una bella donna agghindata come per una serata di gala avvicinarsi ad uno dei palazzi del potere nazionale. Probabilmente erano abituati a vederne di ogni, in quanto ingranaggi di basso grado di un sistema non immacolato.

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Una matrigna per amica

Fu un periodo strano quell’estate dei miei quarantasette anni. Ero da poco rimasta senza lavoro mentre il mio compagno Giorgio proprio in quel periodo doveva seguire un cantiere all’estero e quindi stava via per settimane. Erano quasi sei anni che stavamo insieme, ma non eravamo sposati. Lui aveva cinque anni più di me e un figlio, Omar, di vent’anni avuto con la sua ex moglie. Omar viveva insieme al padre e quindi con me. Anche Omar non aveva un lavoro e aveva deciso svogliatamente di provare ad iscriversi all’università. In quella estate, dunque, io ed il ragazzo ci ritrovammo a casa entrambi senza molto da fare.

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